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 Relazione della Giunta per gli affari delle Comunità europee  su legittimità democratica e riforma delle istituzioni  dell'Unione Europea (Doc. XVI, n. 9 del 20 maggio 1999)

ONOREVOLI SENATORI. – I problemi istitu-zionali che sono stati lasciati insoluti dal Trattato di Amsterdam, da un lato, e l’esi-genza di un maggiore avvicinamento dei cittadini alla costruzione europea, di cui si fanno interpreti i loro rappresentanti eletti, dall’altro, hanno indotto i Parlamenti a sol-lecitare un loro più attivo coinvolgimento nel processo di revisione del quadro istitu-zionale dell’Unione europea non solo in vi-sta del suo allargamento ma anche per ac-crescere la sua legittimazione democratica. Istituzioni e Trattati dell’Unione: il dibatti-to politico in corso 1. Al riguardo, alla firma del Trattato di Amsterdam è seguita una serie di iniziative – nei cui confronti la Germania ha recente-mente manifestato il proprio interesse – as-sunte dal Parlamento europeo e dai Parla-menti di Francia, Belgio e Italia, Paesi fir-matari di una dichiarazione sulle riforme istituzionali allegata al Trattato, e dal Parla-mento austriaco, che sono state realizzate parallelamente alla preparazione del Vertice informale dei Capi di Stato e di Governo, che si è tenuto il 24 e 25 ottobre 1998 a Pörtschach, e del Consiglio europeo di Vienna, dell’11 e 12 dicembre 1998. Alla luce del dibattito che si è andato sviluppando nei vari Parlamenti nazionali e nelle istituzioni comunitarie, dopo il Tratta-to di Amsterdam, sulle ulteriori riforme isti-tuzionali che si rendono necessarie nella prospettiva dell’ampliamento e per riavvici-nare i cittadini all’Europa, uno degli aspetti al centro dell’attenzione è costituito da tre nodi fondamentali rimasti irrisolti. Si tratta di un gruppo di questioni lasciate aperte dal Trattato di Amsterdam: revisione della composizione della Commissione europea, revisione della ponderazione del voto nel Consiglio ed estensione del voto a maggio-ranza qualificata nel Consiglio stesso. 2. Tali questioni sono anche richiamate nel Protocollo sulle istituzioni allegato al Trattato di Amsterdam, che prevede che al-la data del primo allargamento la Commis-sione sarà composta da un cittadino per cia-scuno Stato membro a condizione che entro tale data sia stato modificato il sistema di ponderazione del voto nel Consiglio con-templando, inoltre, una compensazione per quei Paesi che rinunceranno a nominare un secondo membro nella Commissione. Il protocollo prevede anche la convocazione di una nuova Conferenza intergovernativa un anno prima che il numero degli Stati membri dell’Unione sia superiore a venti. Al Trattato figura altresì allegata la dichia-razione sopra citata firmata da Belgio, Francia e Italia, che rileva come i risultati della Conferenza intergovernativa, non da molto conclusa, non rispondano alla neces-sità di progressi sostanziali sulla via del rafforzamento delle istituzioni. Gli stessi Stati nella Dichiarazione affermano la loro determinazione a dare seguito al citato Pro-tocollo sulle istituzioni, sottolineando l’esi-genza di procedere anche ad un’estensione significativa del ricorso al voto a maggio-ranza qualificata. 3. Nella Conferenza di Vienna dei Presi-denti dei Parlamenti sono stati altresì tra-smessi – con decisione assunta al termine della riunione dei Presidenti delle Commis-sioni specializzate negli affari comunitari dei Parlamenti dell’Unione europea e della Commissione Affari istituzionali del Parla-mento europeo, che si è tenuta a Roma su iniziativa della Camera dei deputati lo scor-so 6 novembre – un progetto di appello ela-borato dal Parlamento belga, concernente le riforme istituzionali e rivolto ai Capi di Stato e di Governo dell’Unione europea, e un documento elaborato dal presidente Ru-berti, concernente una proposta per dare concreta applicazione al principio di sussi-diarietà riconoscendo alla Conferenza degli organismi specializzati negli affari comuni-tari (COSAC) il compito di svolgere un esame preliminare del programma legislati-vo annuale della Commissione europea e di valutare la relazione annuale della Commis-sione europea sull’applicazione del princi-pio di sussidiarietà. La Conferenza di Vienna, i cui lavori so-no stati introdotti dalla relazione del Presi-dente della Camera dei deputati belga, Lan-gendries, ha discusso in particolare le varie ipotesi in ordine alle riforme istituzionali indispensabili per evitare una paralisi dell’Unione europea nella prospettiva del suo ampliamento: estensione generalizzata del voto a maggioranza nel Consiglio, salvo talune materie più sensibili, revisione dei criteri di ponderazione del voto nel Consi-glio e contestuale ridefinizione della com-posizione della Commissione europea. 4. Secondo opinioni, emerse sia alla Con-ferenza dei Presidenti che nella Conferenza degli organismi specializzati negli affari co-munitari, tenutasi a Vienna lo scorso no-vembre, i tre nodi fondamentali sopra indi-cati – benché condizione indispensabile per evitare la paralisi nella prospettiva di un’Unione europea composta da 27 Stati membri – non costituiscono elementi suffi-cienti a garantire il riavvicinamento dei cit-tadini alla costruzione europea e il rafforza-mento della legittimità democratica di tale costruzione. A tale proposito si ritiene ne-cessario procedere con decisione nel senso di un ulteriore rafforzamento dei poteri del Parlamento europeo, del consolidamento di una vera e propria politica estera e di sicu-rezza comune, che sia dotata anche di una comune difesa attraverso il definitivo assor-bimento dell’UEO nell’Unione europea, e del rafforzamento dello spazio di circola-zione e di sicurezza comune, attraverso l’accelerazione dell’applicazione delle nor-me e dei princìpi comunitari al settore della cooperazione giudiziaria e negli affari inter-ni. Un rafforzamento sostanziale della legit-timità democratica è connesso, in particola-re, alla realizzazione di una vera ed efficace politica economica e fiscale comune, che, con opportuna gradualità, riequilibri, sul versante politico, quell’integrazione mone-taria che appare eccessivamente sbilanciata sul versante burocratico e finanziario, ed in-fine, alla capacità di esprimere politiche per l’occupazione sufficientemente integrate, capaci tuttavia di porre il problema tra le priorità fondamentali della politica dell’Unione. 5. Nel quadro di tale dibattito il Vice Presidente del Senato Rognoni ha ricordato a Vienna la mozione del Senato per l’ele-zione diretta del Presidente della Commis-sione europea ed ha lanciato la proposta di svolgere referendum su scala europea per riavvicinare l’Europa ai cittadini. Il Presi-dente Violante ha illustrato la proposta cita-ta sulla sussidiarietà presentata dal Presi-dente della XIV Commissione, Ruberti, alla Conferenza dei Presidenti delle Commissio-ni affari europei lo scorso 6 novembre. A Vienna, peraltro, è emersa una ge-nerale contrarietà in merito a talune pro-poste esposte nella relazione del Presidente Langendries: svolgimento di una Confe-renza dei Presidenti dei Parlamenti ogni semestre in concomitanza con le riunioni del Consiglio europeo, sincronizzazione dei lavori delle Assemblee nazionali con gli impegni interparlamentari attraverso l’in-troduzione di una pausa settimanale dei lavori parlamentari ogni mese. La maggior parte dei Parlamenti, inoltre, condivide l’opinione che lo sviluppo della coope-razione fra i Parlamenti nazionali non deve configurare in ogni modo l’istituzione di una nuova «Camera» europea, che nell’at-tuale assetto dei poteri legislativi, aggiun-gendosi al Consiglio dei ministri, che già rappresenta gli Stati membri, e al Par-lamento europeo, non comporterebbe altro che un indebolimento del ruolo di que-st’ultimo. Tali questioni sono state deferite dalla Conferenza di Vienna alla prossima Confe-renza dei Presidenti, che si terrà a Lisbona nel mese di maggio ed in occasione della quale saranno esaminati, tra gli altri, i temi della globalizzazione, della libertà di infor-mazione, della semplificazione legislativa e, sulla base delle conclusioni di un Gruppo di lavoro costituito su proposta del Senato, lo stesso ruolo della Conferenza dei Presidenti nell’ambito della cooperazione interparla-mentare. 6. Dopo il completamento del processo di ratifica del Trattato di Amsterdam, in vi-gore dal 1 o maggio, è lecito inoltre attender-si che la Commissione europea accolga l’invito rivoltole dal Parlamento europeo, con la risoluzione del 22 ottobre 1998, a presentare una proposta di modifica dei Trattati. Tale documento potrebbe include-re, come proposto dallo stesso Parlamento europeo, una dichiarazione sui diritti dei cittadini europei. Sarà in grado il prossimo Consiglio euro-peo di Colonia (giugno 1999) di definire un’agenda di interventi adeguati sui nodi istituzionali lasciati irrisolti dal Trattato di Amsterdam? Questa tappa, in cui l’urgenza è accentuata dall’insufficienza del ruolo dell’Unione europea nella crisi e guerra del Kossovo, non può essere elusa senza com-promettere le prospettive non solo dell’al-largamento ma anche della riduzione del deficit di democrazia dell’Unione. I limiti della legittimità democratica delle istituzioni dell’Unione europea 7. Pare opportuno evidenziare che sola-mente nella seconda metà di questo decen-nio sono emersi con rilievo i limiti del li-vello di democrazia nel sistema istituzionale dell’Unione europea. Il problema dell’insufficiente grado di le-gittimità democratica delle istituzioni euro-pee, il cosiddetto «deficit di democrazia», è stato spesso lasciato in ombra con formule e auspici vaghi quali «essere vicini ai citta-dini e poter contare sulla loro adesione» oppure «garantire che nella futura Europa le decisioni siano prese il più possibile vicino ai cittadini». Che i meccanismi organizzativi e deci-sionali posti in essere dall’Unione europea appaiano assai centralistici e burocratici viene riconosciuto da tempo, con denunce di vario tipo, che, però, in certi casi, sono influenzate da interessi a livello nazionale tesi a recuperare spazi di iniziativa e potere. Anche di fronte a questi rischi, se non si opererà in tempi brevi per il superamento del «deficit di democrazia» dell’Unione, la tendenza fisiologica di talune istituzioni eu-ropee ad allontanarsi dai cittadini e dai loro problemi quotidiani, genereranno inevitabil-mente reazioni che rallenteranno il processo di unificazione europea. 8. Non pare che il principio di sussidia-rietà, anche se si riuscisse ad attuarlo in modo completo, possa risolvere i limiti di democraticità nella formazione delle deci-sioni e nella loro gestione da parte dell’Unione europea. I ripetuti auspici, al ri-guardo, espressi nei vari Consigli dei mini-stri non vedono poi atti concreti adeguati. Si possono ricordare le conclusioni del Consiglio europeo di Cardiff, del giugno 1998, che hanno evidenziato, ancora una volta, il problema: «è necessario avvicinare l’Unione europea ai cittadini ... potenziare la legittimità democratica e tradurre la sus-sidiarietà in realtà». 9. Con l’introduzione dell’euro, il 1 o gen-naio di quest’anno, si è accresciuta la con-sapevolezza che è inaccettabile che l’unione economica e monetaria (UEM) continui ad andare ad una velocità molto più elevata dell’unione politica. A questo proposito il Parlamento europeo, nella risoluzione sul Trattato di Amsterdam del 19 novembre 1997, ha ribadito che «lo sviluppo politico dell’Unione tramite il Trattato di Amster-dam è troppo limitato per poter accompa-gnare efficacemente l’UEM» e che «devono essere riconsiderati i suoi aspetti istituzio-nali, in particolare il suo controllo democra-tico» ed ancora «ogni nuova tappa verso l’integrazione europea deve accrescere la qualità democratica dell’Unione ed essere essa stessa legittimata sul piano democrati-co». Tuttavia la risoluzione del Parlamento europeo confida che il superamento del «deficit di democrazia» stia tutto nell’ambi-to delle riforme istituzionali; infatti «deplo-ra la mancanza nel Trattato di Amsterdam delle riforme istituzionali che sono necessa-rie per un funzionamento efficace e demo-cratico dell’Europa ampliata». 10. Una preoccupazione ancora più mar-cata e una maggiore consapevolezza è stata espressa nella risoluzione del Parlamento europeo del 22 ottobre 1998, in vista del Vertice di Pörtschach in Austria; infatti la risoluzione approvata recita «considerando che il sostegno dei cittadini europei può es-sere ottenuto anche in futuro soltanto se la costruzione europea sarà perseguita nella trasparenza dei poteri e delle responsabilità e se offrirà ai cittadini dei diritti diretti e reali in uno spazio europeo di libertà e di sicurezza». Ma al di là delle enunciazioni generali in tale documento si dice in modo esplicito rispetto al passato, anche recente, che «il controllo democratico della politica economica e monetaria costituiscono uno degli obiettivi della riforma istituzionale», come a dire che il Trattato di Amsterdam non è solo ingegneria istituzionale e orga-nizzativa. 11. Tuttavia è nell’articolazione del siste-ma dei poteri e dei suoi pesi e contrappesi nelle istituzioni dell’Unione che emerge un insufficiente equilibrio di sistema, non suf-ficientemente modificabile dalle proposte che emergono in questi ultimi tempi. Infatti, se viene formalmente riconosciuto che «il controllo democratico delle istanze naziona-li» viene esercitato dai Parlamenti degli Stati membri e che tali assemblee sono par-te integrante del sistema democratico dell’Unione, appare non precisa l’interrela-zione tra i Parlamenti nazionali e le istitu-zioni comunitarie. È vero che c’è sempre il rischio, o la tentazione, di una «rinaziona- lizzazione delle politiche comunitarie», ma pare debole la soluzione di restare sostan-zialmente all’auspicio, da parte dei vari soggetti dell’Unione, di una maggiore e si-stematica cooperazione con i Parlamenti nazionali. Se è decisamente importante la logica del Protocollo n. 13 allegato al Trattato di Am-sterdam, che indica nel rapporto con i Par-lamenti nazionali un elemento chiave per l’attuazione del principio di sussidiarietà – con la giusta preoccupazione che si arrivi anche al livello regionale nei rispettivi Pae-si membri – insufficienti sono le considera-zioni di fondo su come tali Parlamenti pos-sano intervenire, e in che misura, nella fase ascendente di formazione della legislazione comunitaria. 12. In sostanza la ricerca di una maggio-re legittimazione democratica resta tutta all’interno della funzionalità e dell’efficacia dell’azione dei diversi organismi dell’Unio-ne europea quali: il Consiglio, la Commis-sione, il Parlamento europeo, la Corte di giustizia, il Comitato delle Regioni ed il Comitato economico e sociale. La conferma della sottovalutazione del problema del «deficit di democrazia» esistente nell’Unio-ne è data dal fatto che, mentre la Commis-sione europea appare come l’organismo più esposto alla critica sotto l’aspetto delle ca-renze democratiche, non si manifesta un’adeguata consequenzialità per superare tale limite. La Commissione è un organi-smo composto da rappresentanti che non hanno alcun rapporto elettivo, dove l’inter-relazione con i processi democratici risulta assai lontana, e che risponde del proprio operato con modalità troppo limitate nei confronti del Parlamento europeo ed anche, con caratteri e peso diversi, nei confronti dello stesso Consiglio. Certamente, un ori-ginale tipo di esecutivo nell’esperienza co-stituzionale internazionale. Malgrado tali li-miti della Commissione se ne chiede la conferma della preminenza quale fattore di impulso politico, e non solo come garante del rispetto delle regole e dell’attuazione delle grandi scelte politiche, nell’Unione europea; se ne ribadisce l’indipendenza e, soprattutto, si chiede l’ampliamento delle sue competenze politiche. Tutto questo in un quadro, per il Parlamento europeo, anco-ra troppo limitato per quanto riguarda le re-sponsabilità legislative e di controllo così com’è disciplinato dal Trattato di Amster-dam. In sostanza, mentre l’operazione di applicazione della riforma istituzionale do-vrebbe vedere una priorità nel potenziamen-to del Parlamento europeo o, tutt’al più, una contestualità, con il ruolo della Com-missione, quest’ultima vede un’accelerazio-ne nel rafforzamento delle proprie funzioni e un’esaltazione del proprio ruolo. Infatti è lo stesso Parlamento europeo, in una propo-sta di risoluzione del novembre 1998, che parla della «necessità di salvaguardare la Commissione come sede della promozione dell’interesse comunitario, come guardiana dei Trattati, come titolare del monopolio di iniziativa legislativa, implica il rafforza-mento del concetto di indipendenza» rele-gando in una posizione troppo marginale la riaffermazione dell’esigenza di valorizzare il più possibile il proprio ruolo. Solo la vicenda traumatica che ha portato recentemente alle dimissioni della Commis-sione presieduta da Santer ha dato risalto ai problemi istituzionali di ruolo e di legitti-mità democratica della Commissione. Ap-pare sempre più inadeguata la tradizionale visione di considerare la Commissione un organo super partes, soprattutto nel mo-mento in cui si dovrà incidere sugli equili-bri finanziari in relazione ai quali i fondi strutturali dell’Agenda 2000 sono solo una componente del problema. Occorre un approccio nuovo, un vero e proprio cambiamento di sistema, con l’obiettivo di massimizzare gli spazi di de-mocrazia nei rapporti tra Commissione, Consiglio, Parlamento europeo, Parlamenti nazionali e regioni e autonomie locali, deri-vanti questi ultimi dall’attuazione della sussidiarietà. 13. Dunque se è vero che la riforma isti-tuzionale è importante per affrontare il problema della legittimità democratica nell’Unione, essa non appare sufficiente a portare la soglia di tale legittimità ad un li-vello sufficientemente sicuro per recuperare buona parte del cosiddetto «deficit di demo-crazia», proprio perché nelle indicazioni istituzionali del Trattato di Amsterdam manca un’adeguata consapevolezza dei li-miti democratici della Commissione, che genera burocraticismo e centralismo, dell’insufficiente ruolo del Parlamento eu-ropeo e della considerazione residuale del ruolo dei Parlamenti nazionali nel sistema di produzione legislativa dell’Unione. Ov-viamente queste preoccupazioni hanno va-lore se si pone la necessità di una rappre-sentanza dei cittadini dell’Europa con rango adeguato rispetto alle rappresentanze dei Governi degli Stati membri dell’Unione. 14. In conclusione, la Giunta, consideran-do che: appare evidente che una soluzione ade-guata al problema del «deficit di democra-zia» deve essere preceduta da una definitiva soluzione politica al tipo di Europa che si vuole avere: un’unione di Stati o una strut-tura federalistica; la determinazione del modello definito di Unione europea appare ormai necessaria per passare dalla prevalente unità economi-ca a quella più generale politica, tenendo conto che la guerra nell’ex-Iugoslavia mette in evidenza i limiti della sua operatività internazionale; anche senza superare definitivamente questa mancanza di una scelta di fondo, l’allargamento dell’Unione pone forti pro-blemi di rappresentanza e rappresentatività alle istituzioni, in particolare alla Commis-sione, e che, infatti, per quest’ultima si im-pongono soluzioni innovative, anche con l’allargamento previsto dall’Agenda 2000 e l’introduzione della figura dei vice commis-sari; in questo contesto sarebbe molto im-portante l’elezione diretta del Presidente della Commissione da parte del Parlamento europeo oppure una «indicazione» del Pre-sidente in occasione delle elezioni europee; il Consiglio non è adeguatamente equi-librato sul piano della sua rappresentati-vità, tenendo conto che la ponderazione dei pesi degli Stati membri e la generalizzazio-ne del voto a maggioranza potrebbero apri-re problemi nel rapporto con i cittadini di quei Paesi che per la loro dimensione ver-rebbero potenzialmente a sentirsi non ade-guatamente tutelati nei propri diritti ed interessi; occorre evitare che nella ricerca di un maggiore grado di democraticità nelle isti-tuzioni europee e, soprattutto, nella forma-zione delle decisioni e delle leggi prevalga una logica puramente formale; ridurre il «deficit di democrazia» signi-fica avere possibilità sostanziali per i citta-dini, con un chiaro e direttamente percepito meccanismo di rappresentanza, di poter in-cidere concretamente nelle piccole e anche nelle grandi questioni, su temi quali, ad esempio, la sicurezza comune e le politiche per l’occupazione; sui nodi suddetti, tenendo conto della situazione particolarmente problematica, è quindi opportuno che il Parlamento concen-tri nei prossimi mesi la propria attenzione, onde partecipare fattivamente alla ripresa del cammino della costruzione istituzionale europea; maturi appaiono i tempi, salvo una so-luzione «costituente», per l’inserimento nei trattati di princìpi costituzionali che enunci-no i diritti fondamentali dei cittadini euro-pei e i princìpi fondamentali su cui si fonda l’Unione e che una dichiarazione solenne allegata ai Trattati non pare sufficiente a ri-spondere a questa esigenza, rilevante per l’unità politica dell’Europa; propone di invitare il Governo a: a) proseguire le iniziative volte a rida-re slancio alle riforme istituzionali indi-spensabili per garantire l’operatività e l’ef-ficacia dell’Unione nella prospettiva dell’al-largamento; in particolare riguardo alla composizione della Commissione, alla ri-ponderazione del voto nel Consiglio e all’estensione dell’applicazione del voto a maggioranza qualificata; b) promuovere nell’ambito della pros-sima Conferenza intergovernativa l’adozio-ne delle riforme istituzionali necessarie per riavvicinare anche sul piano formale l’Unione ai cittadini, attraverso l’inclusione nei Trattati di una sezione espressamente dedicata alla tutela dei diritti fondamentali, rafforzando il ruolo del Parlamento euro-peo, soprattutto in relazione all’investitura democratica dell’Esecutivo, garantendo l’applicazione dei princìpi di sussidiarietà, proporzionalità e trasparenza della legisla-zione comunitaria, anche attraverso la defi-nizione della gerarchia delle fonti comuni-tarie, e modificando le norme sulla revisio-ne dei Trattati in modo tale da prevedere un coinvolgimento più incisivo del Parlamento europeo e dei Parlamenti nazionali; c) assicurare, nel corso del negoziato sulla revisione dei trattati, il consolidamen-to della legittimità sostanziale dell’Unione attraverso lo sviluppo della sua capacità di rispondere alle esigenze dei cittadini euro-pei, con particolare riferimento alla neces-sità di realizzare una efficace politica eco-nomica, fiscale ed occupazionale comune e una incisiva politica estera, di sicurezza e di difesa, anche attraverso uno specifico e sufficientemente rapido processo di integra-zione tra l’Unione e l’UEO.