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 Sintesi

Le istituzioni democratiche quali i parlamenti moderni s'ispirano al concetto di governo del popolo e per il popolo, che prospetta il "popolo" - Demos - come comunità politica: il popolo sceglie i propri rappresentanti in Parlamento e in suo nome il Parlamento delibera e decide sulle leggi e gli indirizzi politici. Il Parlamento è il simbolo e il rappresentante del Demos. Nelle società europee, come peraltro in gran parte del resto del mondo, esso è anche la principale base di legittimazione dell'autorità politica e della legislazione. Nessun altro soggetto sociale - organo governativo o autorità intergovernativa quale l'OCSE, la Banca Mondiale, l'OMC, ovvero organizzazioni non governative, partiti politici, gruppi di scienziati e di specialisti - può competere col Parlamento nel simboleggiare "il popolo" e nel dare legittimazione politica(1). Il Parlamento, peraltro, non funge solamente da simbolo di una comunità politica, ma ne è l'agente, chiamato, in ultima istanza, a rispondere al "popolo" del proprio operato legislativo e più in generale normativo.
Eppure oggi molti dei più importanti cambiamenti nella sfera sociale, tra cui alcuni di segno negativo, si verificano attraverso meccanismi che si collocano al di là del raggio visuale dei parlamenti. Cambiamenti siffatti possono mettere a repentaglio o incidere pesantemente sulla dimensione economica, politica e culturale dell'esistenza, suscitando quindi una considerevole preoccupazione generale. Se l'istituzione parlamentare vuol evitare di trovarsi emarginata rispetto alla mondializzazione e agli altri grandi rivolgimenti sociali, occorre sperimentare nuove concezioni e formule istituzionali. Nemmeno è possibile retrocedere nel tempo fino a formule di governance più semplici e coerenti. La società moderna è troppo diversificata, troppo complessa e dinamica per essere assoggettata alla supervisione minuziosa di un "centro". Al tempo stesso, nell'ambito di diverse politiche di settore è emersa una varietà di forme, estremamente flessibili e adattabili, di "self-governance", che rendono le vecchie modalità normative - p.e. particolareggiate regolamentazioni giuridiche e amministrative - meno applicabili e meno efficienti. Ciò vale soprattutto per i settori specializzati e tecnologicamente avanzati della società moderna.
Il Libro verde identifica alcune forze sociali e politiche operanti nella trasformazione delle condizioni e delle problematiche dell'agire politico e normativo contemporaneo. Successivamente, passa a considerare le implicazioni di tali sviluppi per la democrazia parlamentare. Infine, esamina le possibili risposte dell'istituzione parlamentare a queste nuove realtà. In particolare indaga se siano auspicabili e realizzabili - nel contesto dei mutamenti sociali in corso - una riconcettualizzazione e una riforma del ruolo e delle prassi dei parlamenti, individuando alcune delle opportunità che si offrono per rinvigorire e ripristinare il ruolo centrale del Parlamento quale autorità e rappresentante collettivo nelle società moderne. Il nocciolo della questione sta nella governance(2) - e in particolare nella definizione della responsabilità/accountability e dell'autorità - in relazione ai grandi mutamenti sociali.
Cinque funzioni chiave di un Parlamento moderno, che nell'ambito della trasformazione della governance di cui qui si discute appaiono problematiche, sono(3):

  • la determinazione dell'indirizzo politico,
  • la legittimazione delle decisioni e delle politiche collettive,
  • il controllo degli atti del governo e di altre autorità
  • il mantenimento di uno spazio pubblico di riflessione e discussione,
  • la tutela e l'attuazione ottimale dei valori di trasparenza, responsabilità e apertura del processo democratico in riferimento sia al Parlamento medesimo, sia ai processi di governance in atto al di fuori del raggio d'intervento parlamentare.

Tali funzioni, come vedremo in seguito, sono in relazione reciproca.
La parte I del Libro verde analizza quella trasformazione della governance e dei meccanismi regolativi che porta al sorgere di forme nuove d'attività normativa ed azione politica, tanto all'interno di una società che oltre i suoi confini. Si ha, in altri termini, una riconfigurazione del potere politico. Nel testo si rileva la crescente scientificizzazione della politica - e segnatamente il costante e sistematico ricorso alla consulenza d'esperti - e si evidenzia la crescita del ruolo delle associazioni (in specie le ONG) come veicoli dei processi decisionali collettivi. L'agire politico contemporaneo è sempre più contraddistinto dall'intervento di una molteplicità di soggetti, che non si limitano a quelli formalmente responsabili. Tra essi troviamo le autorità o istanze rappresentative di governo ufficiali (OG), il mondo dell'impresa e degli altri interessi coinvolti, assieme alle ONG, ad enti internazionali di governo ed intergovernativi come il FMI, la Banca Mondiale e l'OCSE, nonché gruppi di esperti. I rappresentanti parlamentari, a seconda dei casi, possono essere implicati o meno nel processo politico o nel gruppo che lo porta avanti. In generale, si assiste ad un netto spostamento delle più rilevanti attività legislative e d'indirizzo politico dagli organi parlamentari e dai governi centrali verso soggetti globali, regionali e locali, nonché verso soggetti attivi nei molti settori specializzati di una società diversificata moderna. In breve, la governance si sta diffondendo sempre più verso l'alto, il basso e l'esterno rispetto al Parlamento e al governo che ne è espressione.
La partecipazione diretta all'azione politica e alla soluzione dei problemi pubblica o collettiva non aveva mai raggiunto la diffusione e la portata odierne. Da ciò deriva però un elemento nuovo, vale a dire la partecipazione di gruppi ed organizzazioni più che di singoli ed autonomi cittadini: il nuovo ordine della governance che si profila è in larga misura un ordine di e per organizzazioni, attuato da organizzazioni, che riserva altresì funzioni di spicco agli specialisti. Lo sviluppo di questo tipo di governance implica cambiamenti significativi per le componenti essenziali dell'ordinamento politico: sovranità, rappresentanza, responsabilità/accountability, la natura stessa delle leggi e delle norme.
Il complesso della governance che si va delineando, nuovo e ancora imprecisato, ha ovviamente implicazioni di rilievo per il ruolo del Parlamento. La governance moderna, sempre più suddivisa in settori semiautonomi specializzati, è stratificata e multipolare; ed anche democratica, almeno nel senso che si conforma alle norme del rispetto reciproco, della correttezza procedurale e della trasparenza delle modalità decisionali. È in corso una diffusione de facto dell'autorità e del processo decisionale verso settori politici specializzati all'interno della società civile, accompagnata da un decentramento discendente verso regioni e comuni, e da un accentramento ascendente verso istituzioni e reti internazionali. In circostanze siffatte, non esiste più un centro unico. Sta perciò diventando sempre più difficile mantenere - per esempio - l'immagine pubblica della centralità della democrazia parlamentare dinanzi all'aumentare dei deficit democratici e ai forti divari tra responsabilità formali e reali possibiltà di governo. Vi sono, anzitutto, limiti all'acquisizione e al possesso di conoscenze: il Parlamento e il governo che ne è espresso non sono esperti specializzati né istituzioni di ricerca, né si può pretendere che lo siano. In secondo luogo, vi sono limitazioni organizzative. Pensiamo un attimo ai problemi connessi alla regolamentazione centralizzata dei numerosi, disparati e dinamici processi in atto nella società moderna, che coinvolgono tra le altre cose gli scambi commerciali, l'industria, le istituzioni finanziarie e monetarie, la produzione dei servizi statali, la ricerca, l'istruzione, i rapporti di genere, la sanità, le biotecnologie e gli sviluppi nelle scienze del vivente, la mondializzazione…e potremmo continuare. Una cosa è chiara: emanare dal centro, mediante leggi e politiche di governo, una normativa minuziosa rivolta ad oggetti tanto disparati è un'impresa impossibile. I tentativi in tal senso sono condannati ad essere controproducenti e fonte di nuove, forse maggiori instabilità e problemi normativi.
I nuovo tipi di governance, flessibili e coerenti con le regole della self-governance - il che va benissimo - si prestano tuttavia a facili abusi di potere e nuove forme di corruzione. Gruppi economicamente forti o altamente organizzati, oppure movimenti militanti con interessi delimitati possono concentrarsi su ambiti politici che stanno loro particolarmente a cuore; non solo sono fortemente motivati, ma sono in grado di mobilitare risorse per "pagare" la partecipazione e i "costi di transazione" della politica. Possono cooptare, comprare e snaturare in mille modi a proprio vantaggio il processo politico. Il loro impegno può assumere forme perverse come la corruzione, presunte "imprese" pubbliche e governi privati irresponsabili; può sfociare, infine, nel sovvertimento dei principi e delle forme di governance democratici.
A fronte delle molteplici e specializzate forme di governance non parlamentare, ampi gruppi e fasce di cittadini portatori di vasti interessi collettivi, ma scarsamente organizzati, si trovano ovviamente in posizione di svantaggio, mentre nella democrazia parlamentare a volte i loro voti hanno un peso nell'esprimere insoddisfazione o nel provocare la sostituzione o l'avvicendamento di élites politiche. L'impotenza di fasce di cittadini anche cospicue, ma prive di coesione, appare evidente in quelle arene politiche in cui gli attori economicamente forti, nonché i gruppi bene organizzati e le minoranze compatte (o "militanti") con interessi precisi sono in grado di mobilitare conoscenze specialistiche e altre risorse, riuscendo ad esporre in modo efficace delle argomentazioni ben strutturate, a gestire negoziati e orientare la politica. Il problema non sta soltanto nel fatto che la maggior parte dei singoli cittadini è sprovvista di risorse equiparabili per competere, nelle diverse arene politiche - o anche solo in un campo specifico -, con ad esempio le multinazionali, o con gruppi d'interesse e movimenti ad alta capacità di mobilitazione; esso sta nel fatto che molte fasce di popolazione o gruppi di persone mancano delle capacità e delle risorse necessarie per mobilitarsi, articolare i propri scopi e rivendicazioni così da negoziare cambiamenti politici. Questo riguarda soprattutto i gruppi fortemente emarginati, quali gli immigrati, che di norma sono privi dei diritti di cittadinanza, dell'istruzione e delle risorse necessarie per organizzarsi ed impegnarsi efficacemente nelle nuove forme di governance. In generale, nel nuovo ordine della governance che si sta delineando esistono rischi concreti di massicci abusi di potere: il che costituisce una validissima ragione per formulare concetti e regimi normativi che affrontino tali problemi.
Esiste, indubbiamente, un divario significativo tra la teoria normativa esplicita della democrazia e molte delle prassi di governance attuali. La teoria normativa delinea un parlamentarismo rappresentativo fondato sulla sovranità popolare. L'insieme della governance oggi emergente - denominata governance organica - coinvolge invece interessi, associazioni, lobby e organizzazioni disparate che, spesso in rappresentanza di se stesse, sono direttamente impegnate in varie forme di politica e di normazione. Tale iato, con tutti i problemi connessi, è motivo di preoccupazione per esponenti politici e organizzazioni sociali, nonché per alcuni settori della cittadinanza. Molti avvertono un senso d'incertezza istituzionale e alcuni addirittura una crisi della democrazia.
La seconda parte del Libro verde espone diverse opportunità che si offrono al Parlamento per prendere una posizione rispetto a queste trasformazioni sociali e a questi problemi emergenti ed affrontarli.
Innanzi tutto, si esaminano gli strumenti atti a potenziare l'accesso dei Parlamenti ad informazioni di alta qualità e la loro capacità di farne uso. Lo studio indica, in generale, che è possibile migliorare la qualità e la legittimità del lavoro parlamentare attraverso un esame ed una riforma dei sistemi parlamentari di documentazione e del loro ruolo. Ciò potrà essere realizzato in modo tale da permettere al Parlamento di affrontare alcuni tra i principali problemi contemporanei connessi ai rivoluzionari progressi della tecnologia, alla frammentazione della società, alla globalizzazione, all'emergere di una forte classe di soggetti politici influenti, quali in particolare le ONG, ecc. In tale contesto, è di fondamentale importanza che il Parlamento introduca maggiore responsabilità e trasparenza nel vasto e variegato agire politico e normativo che si svolge al di fuori della tradizionale sfera del Parlamento e del governo. Tale esigenza va di pari passi con quella di migliorare la capacità del Parlamento di controllare e disciplinare gli attuali sviluppi della governance(4).
Si sottolinea in particolare che l'istituzione parlamentare dovrebbe cercare di proteggere e favorire al massimo il conseguimento di valori quali la trasparenza, la responsabilità e l'apertura delle procedure democratiche in tutto il complesso della governance moderna. E' in corso un dibattito sui ruoli ed i provvedimenti che il Parlamento potrebbe assumere in materia. Il Parlamento o i suoi organi potrebbero, ad esempio, valutare l'opportunità di disciplinare e legittimare gruppi settoriali specializzati o comunità con la loro mescolanza di soggetti, enti governativi, ONG, esponenti di gruppi di pressione, specialisti vari, ecc.(5). Ciò potrebbe essere conseguito, per esempio, attraverso un'esplicita autorizzazione o una delega di poteri, come avvenuto in passato per le municipalità, le università private o le società di capitali; si potrebbe così sviluppare il concetto di cittadinanza delle organizzazioni e definire nel diritto pubblico e costituzionale il ruolo, nonché i diritti e i doveri, delle organizzazioni che partecipano a quella governance che sia di significativa rilevanza pubblica. Ciò comporta la fissazione di norme di base e principi informatori per queste ultime, senza limitare oltremodo la libertà e la self-governance. Un ulteriore compito consiste nel definire e regolamentare il ruolo degli esperti, formulando esplicitamente la natura del ruolo, i doveri, le funzioni e i criteri di responsabilità di esperti e scienziati nella politica democratica. Attualmente, lo status di questi attori e l'influenza che esercitano nella politica e nella legislazione, in maniera diretta o indiretta, sono assai ambigui. Di fatto, una delle argomentazioni a favore del coinvolgimento degli esperti nei processi di governance è che contribuiscono a prendere le decisioni "giuste", adottare le leggi o le politiche "giuste", anche quando siano incompatibili con i desideri dei cittadini o del Parlamento. Tuttavia, il loro ruolo non si fonda su una teoria normativa della democrazia, quanto piuttosto su principi di razionali tà, (vale a dire su degli elementi chiave del mondo moderno)(6) . Le costituzioni democratiche o il diritto pubblico di norma dicono poco o niente sul ruolo degli esperti, sui loro poteri, le loro funzioni e responsabilità nei processi di governo o di governance. Questo vuoto deve essere colmato. Bisognerebbe cercare di rendere più consapevole l'opinione pubblica in merito a: 1) alcune differenze esistenti fra conoscenze specializzate e temi che coinvolgono i valori fondamentali; 2) il fatto che le conoscenze scientifiche - non sempre neutrali come si presume - dovrebbero essere oggetto di controllo e di norme che disciplinino il coinvolgimento dei cittadini e definiscano le responsabilità nei loro confronti(7).
Pertanto, una costituzione moderna adeguata non dovrebbe far riferimento solo al Crlamento, al governo formale e ai cittadini, ma anche alle organizzazioni, agli altri soggetti della società civile e agli esperti. Dovrebbe inoltre definire e legittimare regole specifiche o forme ideali di governance organica, il che comporterebbe di definire, tra l'altro, i diritti, i limiti, le responsabilità, le modalità della trasparenza e dell'accountability (si veda oltre). Le forme di governance organica riceverebbero così una definizione costituzionale, e sarebbero disciplinate e legittimate più saldamente in un nuovo ordine politico democratico (che è parzialmente già in atto).
In breve, il Libro verde sostiene che il Parlamento, con l'assumere un ruolo di meta-sovrano, potrebbe e dovrebbe migliorare la propria capacità di controllo e disciplina degli sviluppi della governance, facilitando al contempo la partecipazione della società civile a tali nuove forme di governance, e la sua conoscenza di esse. Così facendo, definirebbe e attuerebbe parametri democratici generali di governance; da ciò conseguirebbe tra l'altro l'istituzione di procedure di registrazione dei gruppi o comunità di governance influenti (prevedendosi la possibilità che si dotino di propri statuti) e dell'obbligo di rendere periodicamente conto dell'operato politico o legislativo, così come sono tenuti a fare adesso i ministeri nei riguardi del Parlamento.
La parte conclusiva (Parte III) confronta le forme di self-governance con la democrazia parlamentare formale. Specifica alcune dimensioni normative ed alcuni prerequisiti dei processi di governance emergenti.
Si osserva che i modelli democratici parlamentari si collocano in un territorio definito, con una popolazione di cittadini ben precisa (Demos), omogenea o aspirante all'omogeneità, mentre le nuove forme sono sostanzialmente diverse. Esse sono infatti manifestazioni di una diffusa cultura democratica delle norme e delle procedure, ove queste vengono applicate nelle deliberazioni politiche, sia in contesti formali sia informali, prescindendo spesso dal territorio e indipendentemente dalla nazionalità, appartenenza etnica, religione, genere, ecc.
Questo Libro verde vuole accrescere nei parlamentari la consapevolezza delle mutazioni in corso nel campo politico e normativo, e del ruolo che il Parlamento può assumere all'interno di tali sviluppi. Lo studio propone di rafforzare alcune delle sue funzioni e ridimensionarne altre, suggerendo che i Parlamenti europei svolgano, come per certi versi già accade, un ruolo chiave rispetto agli attuali sviluppi facendo sì che i valori della trasparenza, della responsabilità e della democraticità delle procedure - che rappresentano il fulcro della tradizione politica europea - vengano realizzati e sviluppati nella governance contemporanea, sia essa pubblica o privata, locale, nazionale o internazionale. L'analisi condotta nello studio traccia l'architettura di un nuovo ordine politico, che combina al proprio interno forme di governance parlamentare formale e di governance organica.


1 Mény (1993:227) osserva che "…i Parlamenti rimangono le sedi per eccellenza della vita politica, e da questo punto di vista il loro pubblico, lungi dal calare, è aumentato grazie alla stampa, alla televisione e alla radio, e alla loro opera di mediazione e diffusione della discussione parlamentare.
2 La governance designa qualsivoglia schema istituzionalizzato - pubblico, privato o misto che sia - volto a disciplinare un ambito politico, sociale o culturale. Il Governo è, tra le forme pubbliche, quella che ci è più familiare , e che può assumere svariate forme. La governance privata si riferisce ai gruppi e comunità che si autoorganizzano ed autodisciplinano, come le borse, le associazioni di soggetti economici, vari tipi di comunità, professioni come quella medica che certificano ed abilitano coloro che la esercitano; in passato comunità urbane ed università private, ad esempio, nacquero come entità autogovernate, formalmente designate come tali. Forme di governance miste, secondo schemi di accordo tra privato e pubblico, sono sempre più frequenti e rivestono particolare interesse per questo studio.
3 Ciò presuppone un approccio comune ai molteplici fini e funzioni dei Parlamenti. Come evidenziato dalla nostra trattazione, una di queste funzioni è di prendere decisioni collettive. Noi più avanti proponiamo che il Parlamento, mediante una delega di poteri o la concessione di particolari statuti a dei gruppi, in tal modo abilitati a prendere decisioni collettive, possa ampliare il proprio "ruolo di presa di decisione collettiva".
4 E' bene sottolineare che non intendiamo esprimerci a favore del ritorno ad una sorta di controllo "dall'alto" sulla società civile. Si tratta piuttosto di fissare un quadro normativo esplicito che offra parametri di comportamento e più in particolare regole di apertura, trasparenza e responsabilità in settori chiave della governance che attualmente operano sfuggendo al controllo parlamentare. Esistono già alcuni sistemi per controllare o chiamare a responsabilità potenti soggetti privati, almeno rispetto a certe attività; le società, le borse, gli enti autonomi, le amministrazioni locali debbono render conto in primo luogo delle loro entrate e dei bilanci. Forme di controllo analoghe a quelle che si applicano alle attività economiche e ai bilanci stanno rapidamente diffondendosi nell'ambito della certificazione di "qualità", di "rispetto ambientale" e di "rispetto delle norme sociali". Riconosciamo che esiste il rischio -che implica poi un serio dilemma - che il Parlamento controlli e chiami a rendere conto dei soggetti privati, ricorrendo ad un tipo di regolamentazione che potrebbe essere interpretato come un controllo del tipo esercitato da una dittatura sui soggetti della società civile. Tali forme di regolamentazione sono peraltro nello stesso spirito della regolamentazione e dell'obbligo di rendiconto che si richiede alle società, alle borse, agli enti autonomi, alle amministrazioni locali e alle organizzazioni senza fini di lucro.
5 Esistono alcune differenze di prospettiva tra gli esponenti del gruppo di esperti su alcuni punti esaminati qui di seguito.
6 Il principio di razionalità non è particolarmente coerente con quello di sovranità del cittadino. Il quadro culturale occidentale è caratterizzato in verità da una contraddizione tra il valore fondante della democrazia e quello della razionalità, che prende corpo ad esempio nell'esperienza professionale (Burns, 1994).
7 Siamo grati ad Herberg Koegler per aver sottolineato questo aspetto.