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 Relazione del Presidente del Senato italiano, Nicola Mancino

Onorevoli Presidenti, Cari Colleghi,
il processo di integrazione europea sta attraversando una fase cruciale. La Convention incaricata di redigere il progetto di Carta dei diritti sta per terminare i propri lavori e si avvia a consegnare al Consiglio europeo di Biarritz il frutto della sua opera. Fra pochi mesi, a dicembre, si terrà a Nizza un Consiglio europeo nel corso del quale dovranno essere affrontati molti nodi fondamentali per la configurazione dell'architettura dell'Unione dopo Amsterdam.
L'odierna Conferenza assume perciò una rilevanza del tutto peculiare, non solo per l'alto livello istituzionale dei suoi partecipanti ma anche per il momento in cui si svolge, dovendosi a mio avviso cogliere da parte nostra quest'opportunità per favorire un più adeguato coinvolgimento degli organi rappresentativi della popolazione dell'Unione.

 1. Gli sviluppi del dibattito dei Parlamenti sulle riforme istituzionali dopo  Amsterdam

L'esigenza di pervenire ad ulteriori riforme era stata ravvisata già al momento della conclusione del Trattato di Amsterdam, nel luglio del 1997, cui figura infatti allegato un protocollo che prevede, nella prospettiva dell'allargamento dell'Unione, una nuova tornata di negoziati concernenti i nodi irrisolti della precedente Conferenza intergovernativa (CIG): revisione della composizione della Commissione e nuova ponderazione del voto in Consiglio. Al Trattato figura altresì allegata una dichiarazione firmata da Belgio, Francia e Italia che sottolinea l'esigenza di procedere anche ad un'estensione significativa del ricorso al voto a maggioranza qualificata.

1.1. Le questioni dell'efficacia dell'azione dell'Unione nella prospettiva dell'ampliamento e del deficit democratico
Coscienti dell'importanza di sciogliere i nodi lasciati insoluti da Amsterdam, al fine di evitare il rischio di una paralisi dell'Unione allargata, i Parlamenti nazionali ed il Parlamento europeo hanno sviluppato ed intensificato le occasioni di dibattito e di confronto, consapevoli che la questione della legittimità democratica delle istituzioni dell'Unione e del loro riavvicinamento ai cittadini si coniuga strettamente con quella della valorizzazione del ruolo delle Assemblee parlamentari, europea e nazionali, nella revisione delle norme fondamentali e dei processi decisionali comunitari(1).
Un indiretto riconoscimento dell'esigenza di accrescere la legittimità e la rappresentatività del quadro istituzionale comunitario viene del resto dalla decisione di allegare al Trattato di Amsterdam, sulla base del determinante impulso delle Conferenze degli organismi specializzati negli affari comunitari (COSAC) di Roma e di Dublino del 1996, un protocollo espressamente dedicato al ruolo dei Parlamenti nazionali. E' stato così inserito nei trattati il riconoscimento della COSAC ed è stato formalmente sancito il diritto dei Parlamenti nazionali ad essere informati degli atti preparatori della legislazione comunitaria(2).

1.2. La Conferenza dei Presidenti di Vienna
Il tema delle riforme istituzionali è stato così affrontato in varie sedi interparlamentari quali le stesse COSAC, in tavole rotonde promosse dal Parlamento europeo ed in incontri informali dei Presidenti delle Commissioni esteri e degli affari europei. Anche la Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti si è soffermata sull'argomento in precedenti occasioni e, da ultimo, nella Conferenza informale di Vienna, del 1° dicembre 1998, incentrata sulla relazione del Presidente Langendries(3).
Il presidente Langendries evidenziava la connessione fra il rafforzamento della legittimità democratica, nel quadro istituzionale dell'Unione europea, e lo sviluppo e la razionalizzazione della cooperazione fra i Parlamenti. Egli enucleava inoltre una distinzione fra la cosiddetta legittimità istituzionale e procedurale, da un lato, e la cosiddetta legittimità sostanziale, dall'altro. La prima riconducibile alle esigenze di completare le riforme lasciate incompiute dal Trattato di Amsterdam(4), di migliorare il funzionamento delle istituzioni europee e di individuare un nuovo modello parlamentare per l'Unione europea, basato sul ruolo complementare del Parlamento europeo e dei Parlamenti nazionali. La seconda riferibile alla capacità delle istituzioni europee di rispondere alle esigenze concrete dei cittadini su temi quali l'ambiente, l'occupazione e le politiche sociali.

1.3. Il dibattito sul futuro dell'Europa e il ruolo dei Parlamenti
Dalla Conferenza di Vienna il dibattito su questi argomenti è ulteriormente maturato e si è consolidata la consapevolezza che la tradizionale impostazione dei negoziati intergovernativi sulle riforme istituzionali incontra alcuni limiti. Si è potuto verificare, infatti, un'accentuata attenzione per il ruolo dei Parlamenti, non più chiamati ad un tardivo coinvolgimento al momento della ratifica delle scelte operate nella fase negoziale, bensì partecipi di tutto il processo di riforma con il loro fattivo apporto e contributo, come sta avvenendo appunto in seno all'organismo preposto all'elaborazione del progetto di Carta dei diritti fondamentali, significativamente denominato Convention, ai cui lavori, accanto ai 16 rappresentanti dei Governi e della Commissione, partecipano attivamente ben 46 parlamentari tra europei e nazionali, cui vanno i nostri apprezzamento e gratitudine per il lavoro svolto.
Nei mesi scorsi, sull'onda delle autorevoli proposte lanciate da diversi statisti europei(5) , sono stati ipotizzati vari modelli di riorganizzazione dell'Unione. Sulla discussione, che ovviamente non si è limitata solamente al tipo di controllo parlamentare da realizzare, ha indubbiamente inciso l'esigenza di recuperare il nesso fra l'efficacia dell'azione di Governo ai vari livelli e la rappresentatività delle istituzioni chiamate ad assumere le decisioni, materia su cui è stato promosso uno studio da parte del presidente della Commissione europea Prodi.

1.4. Il mandato della Conferenza intergovernativa definito dal Consiglio europeo di Colonia
Il Consiglio europeo di Colonia del giugno dello scorso anno ha stabilito che il mandato della nuova Conferenza intergovernativa sarebbe stato definito nel successivo vertice di Helsinki, in vista dell'avvio della CIG durante la presidenza portoghese, nel primo semestre del 2000. Al Consiglio europeo di Helsinki, del 10 e 11 dicembre 1999, il confronto si è svolto fra quei paesi che - anche al fine di garantire(6) il rispetto del calendario del processo di ampliamento - intendevano circoscrivere la nuova Conferenza intergovernativa ai tre temi che il Trattato di Amsterdam demandava a futuri negoziati (composizione della Commissione, ponderazione del voto del Consiglio ed estensione del voto a maggioranza), ed altri(7) che ritenevano necessario, invece, cogliere l'occasione offerta dalla nuova Conferenza intergovernativa per svolgere una più ampia disamina delle riforme capaci di imprimere maggiore efficacia al quadro istituzionale dell'Unione e riavvicinare il processo di costruzione europea ai cittadini.
La questione si riconnette all'esigenza di sviluppare, a monte dell'ingegneria istituzionale, un dialogo sui fini comuni. In altri termini si tratta di chiarire se, nelle scelte del mondo contemporaneo, il principio democratico possa essere tutelato solamente al livello degli Stati nazionali(8) . Bisogna infatti tener conto della necessità di disciplinare anche sul piano sovranazionale taluni fenomeni, connessi al processo di globalizzazione, che attraversano le nostre frontiere. Vanno infatti garantiti il rispetto dei principi di concorrenza, la tutela dei consumatori, l'adozione di misure di sicurezza sociale dei lavoratori, la sicurezza nelle transazioni telematiche, la protezione dei dati e la tutela della riservatezza. Ma vanno anche coordinati gli sforzi per attuare un'efficace lotta contro la criminalità internazionale, ivi compresa quella elettronica, per affrontare le emergenze ambientali transnazionali, per gestire adeguatamente le situazioni di crisi e gl'interventi umanitari.
Come opportunamente sottolineato da tutti gli statisti intervenuti nel dibattito sulla costruzione europea, nessuno, peraltro, concepisce più l'integrazione europea a scapito delle identità nazionali. Queste, con le loro peculiarità, devono costituire piuttosto un fattore culturale ed istituzionale di arricchimento della comune identità europea. Si dovrà ricercare in proposito un modello istituzionale, che, nel rispetto del principio di sussidiarietà, consenta di esercitare la sovranità a vari livelli, utilizzando per ciascun ambito lo strumento più efficace. In questo modo si rafforzerebbe anche l'esempio offerto ad altre aree del mondo più o meno martoriate dai conflitti originati dalla coesistenza di diverse identità etniche, culturali, nazionali o religiose.

1.5. La questione dell'estensione dell'ordine del giorno della Conferenza intergovernativa
Il Consiglio europeo di Helsinki, in relazione alla definizione del mandato della CIG, ha raggiunto un consenso solamente sui tre temi menzionati che costituiscono i left overs, ma non ha tuttavia escluso la possibilità di esaminare "le altre modifiche del Trattato. Alla Presidenza portoghese è stato quindi attribuito il compito di valutare la possibilità di integrare l'ordine del giorno della nuova Conferenza intergovernativa, la quale si è aperta lo scorso 14 febbraio a Bruxelles e dovrebbe concludersi, durante il semestre di presidenza francese, con il Consiglio europeo di Nizza di fine anno.
Al Consiglio europeo di Feira la Presidenza portoghese ha presentato un rapporto con il quale ha fatto constatare il consenso manifestatosi sull'inclusione nell'ordine del giorno della CIG, oltre ai left overs, della revisione dei meccanismi connessi alla "cooperazione rafforzata"(9) senza mancare di sottolineare, tuttavia, le difficoltà di ampliare la Conferenza intergovernativa ad ulteriori temi.
Vari paesi, fra cui l'Italia, avevano invece proposto di discutere anche di altri aspetti, quali lo sviluppo delle disposizioni sulla politica europea di sicurezza e di difesa, la PESD (anche al fine di consentire il definitivo assorbimento dell'UEO nel quadro istituzionale dell'Unione europea), l'integrazione della Carta dei diritti fondamentali nei trattati e la riorganizzazione dei trattati stessi.
Il Consiglio europeo, opportunamente, non ha formalizzato alcuna decisione che precludesse diverse possibili soluzioni al Vertice di Nizza di fine anno. Tenendo conto, peraltro, dell'opposizione di vari paesi ad estendere l'elenco delle materie oggetto della Conferenza intergovernativa in corso, è stata anche affacciata l'idea di lanciare, subito dopo il Consiglio europeo di Nizza, una nuova Conferenza intergovernativa ovvero di individuare nuove procedure per la revisione dei trattati, che consentano, già dal prossimo anno, di avviare una riflessione sulle ulteriori, necessarie riforme istituzionali.
La stessa Presidenza francese nonché numerosi Stati membri, fra cui l'Italia e il Belgio, hanno però sottolineato la propria indisponibilità a concludere l'attuale Conferenza intergovernativa con un Trattato insoddisfacente. Allo stato si può quindi ritenere che il prossimo Consiglio europeo di Nizza dovrà affrontare le tre questioni lasciate insolute dal Trattato di Amsterdam soprattutto al fine di evitare la paralisi dell'Unione nella prospettiva di ulteriori ampliamenti. A questi temi - ed a quelli necessariamente connessi quali l'adeguamento della composizione di altri organi dell'Unione come il Parlamento, la Corte dei conti e la Corte di giustizia nonché il Tribunale di prima istanza(10) - andrà aggiunto almeno quello della cooperazione rafforzata, sulla cui inclusione nell'agenda si è già raggiunto un accordo a Feira, e, soprattutto, ove ne maturino le condizioni, quello della Carta dei diritti, in conseguenza del mandato del Consiglio europeo di Colonia.

 2. Prese di posizione dei Parlamenti sui cosiddetti left overs, questioni istituzionali  lasciate aperte dal Trattato di Amsterdam


Naturalmente il ruolo dei Parlamenti nazionali si esplica anzitutto nella capacità di indirizzo nei confronti dei rispettivi Governi sugli argomenti oggetto delle trattative. Infatti va assumendo sempre maggiore rilievo, anche per i riflessi sull'opinione pubblica, il contributo che i singoli Parlamenti possono dare sia in termini propositivi sia per rafforzare la democraticità dei procedimenti volti a sciogliere i nodi istituzionali ancora aperti.
Dei tre temi già indicati dal Trattato di Amsterdam, quello politicamente più controverso appare, anche dai contributi pervenuti dai Parlamenti, l'estensione del voto a maggioranza qualificata nell'ambito del procedimento decisionale del Consiglio. Al riguardo, dal dibattito che si è sviluppato nei vari Parlamenti, così come è stato proficuamente esposto anche alla COSAC di Lisbona dello scorso maggio, si rileva come maggioritaria la volontà di considerare l'assunzione delle decisioni a maggioranza qualificata come norma generale.
Si rispecchiano in tale posizione, ad esempio, i Parlamenti belga, italiano, lussemburghese, il Bundestag tedesco e il Parlamento europeo. Piuttosto i contrasti emergono sulle specifiche deroghe a tale principio anche se non vi sono divisioni sul mantenimento dell'unanimità in ordine alle decisioni di natura costituzionale, che attengono a questioni basilari per l'Unione o che comunque comportino la ratifica dei Parlamenti nazionali(11).
La soluzione di tale punto appare comunque essenziale per preservare l'efficacia dei processi decisionali dell'Unione ed impedirne la paralisi quando questa sarà composta da quasi trenta Stati membri. Collegata alla questione dell'estensione del voto a maggioranza qualificata(12) , figura il meno controverso tema della riponderazione dei voti in Consiglio. Al riguardo l'obiettivo è quello di assicurare che le decisioni assunte a maggioranza rispecchino non solamente la maggioranza degli Stati membri ma anche la maggioranza della popolazione dell'Unione. Poiché il rispetto di tale principio non sarebbe garantito, lasciando immutato l'attuale criterio di ponderazione anche dopo l'ampliamento, si prospetta una serie di alternative essenzialmente riconducibili a due ipotesi, la prima delle quali prefigurerebbe l'applicazione di un sistema(13) , basato su una doppia maggioranza: dei paesi e della popolazione, senza procedere ad alcuna riponderazione. A tale ipotesi si oppongono tendenzialmente quei paesi che temono che si complichi eccessivamente il procedimento decisionale del Consiglio, nonché alcuni di quei paesi che, nella prospettiva della ridefinizione della composizione dell'esecutivo comunitario, sarebbero costretti a rinunciare ad un commissario. Per tali paesi la soluzione preferibile è quella della semplice revisione dei criteri di ponderazione, innalzando il peso del voto espresso dai paesi demograficamente più consistenti.
In merito alla questione della composizione della Commissione, la principale preoccupazione attiene all'esigenza di salvaguardare la funzionalità di tale organismo in un'Unione ampliata a circa trenta Stati membri. A tale proposito alcuni sottolineano la necessità che ciascun Paese disponga di un Commissario europeo(14) , altri, fra cui l'Italia, preferirebbero fissare il numero dei commissari a prescindere da quello degli Stati membri(15) . Pur preservando un commissario per ciascun paese, si è tuttavia ipotizzato di organizzare diversamente la Commissione, enucleandone una sorta di Gabinetto composto dal Presidente e dai Vice presidenti(16) ovvero istituendo la figura dei Commissari senza portafoglio ma con incarichi speciali assegnati dal Presidente(17).

 3. Il dibattito sulla cooperazione rafforzata


Nel contesto della discussione sulla definizione dell'ordine del giorno della CIG si è focalizzata la discussione sull'importanza della cooperazione rafforzata, che taluni preferiscono chiamare integrazione rafforzata, strumento che potrebbe costituire un ponte fra il futuro Trattato di Nizza e le tappe successive. Uno snellimento delle regole previste dal Trattato di Amsterdam per lanciare iniziative di cooperazione rafforzata potrebbe infatti consentire ad alcuni Stati membri di andare avanti nell'integrazione su settori - quali la politica economica, la cooperazione giudiziaria e di polizia o la politica di sicurezza e di difesa - in cui non sia possibile raggiungere al momento l'unanimità.
Tali paesi di avanguardia o "pionieri", come qualcuno li ha chiamati, andrebbero a prefigurare quegli assetti istituzionali cui dovrebbe poi guardare in prospettiva l'Unione nel suo insieme. Al riguardo deve essere sottolineata l'utilità degli esempi offerti dalle disposizioni sulla moneta unica e sull'incorporazione degli accordi di Schengen nell'Unione europea, che non si applicano a tutti gli Stati membri.
Tale meccanismo, previsto già dal Trattato di Amsterdam ma ancora disapplicato, per funzionare efficacemente necessiterebbe, secondo le prese di posizione di vari Parlamenti fra cui quelli italiano, francese e lussemburghese, di specifiche modifiche: l'abolizione del potere di veto da parte di quei paesi che non vi prendono parte fin dall'inizio; la sua estensione alla politica estera e di sicurezza comune (PESC); la riduzione del numero minimo di paesi necessari per attivarlo.
In mancanza di un'intesa sulla semplificazione delle suddette procedure c'è chi paventa il rischio che le cooperazioni rafforzate nascano al di fuori dei trattati. In proposito l'esperienza ci mostra(18) le difficoltà di ricondurre in ambito comunitario le intese che ne siano nate al di fuori nonché i maggiori ostacoli per l'adesione a tali accordi per quei paesi che si siano inizialmente autoesclusi.
L'introduzione di norme più flessibili sulla cooperazione rafforzata nel quadro dei trattati garantirebbe invece il carattere inclusivo ed aperto di tali esperienze, la rapida adesione dei paesi che avessero inizialmente esercitato "l'opting out" e il rispetto della coerenza con gli interessi generali dell'Unione. Come rilevato nelle prese di posizione di vari Parlamenti tale coerenza andrebbe preservata, garantendo un quadro istituzionale unico ed evitando di creare nuove strutture e segretariati ad hoc, dovendosi rendere, invece, più flessibili a questo fine le attuali istituzioni comunitarie, (Parlamento, Corte e Commissione) e salvaguardare, in particolare, il ruolo della Commissione stessa quale garante del rispetto dei trattati(19).
Anche il percorso testé delineato non è scevro di preoccupazioni e proprio a tal fine può essere proficuo un confronto in tutte le sedi opportune fra i rappresentanti dei Parlamenti. Non sarebbe infatti prudente aggirare il dibattito su quegli aspetti problematici che necessitano, invece, di adeguato chiarimento. Fra questi figura, in primo luogo, l'esigenza di evitare che la cosiddetta cooperazione rafforzata finisca per giustificare un rinvio del più importante nodo dell'estensione del voto a maggioranza qualificata nelle procedure ordinarie. Occorre inoltre escludere il configurarsi, anche lontanamente, di uno scenario con stati membri di serie "A", e paesi di serie "B" (quelli, cioè, che non partecipano a tali accordi). Oltre al carattere aperto delle "integrazioni rafforzate" andrebbe quindi garantita la possibilità di una piena ed immediata partecipazione anche dei paesi di nuova adesione(20).
Sulla credibilità delle soluzioni individuate per tale argomento si gioca probabilmente uno dei principali fattori di successo della Conferenza intergovernativa in corso.

 4. La Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea


Fra le questioni dibattute in merito alla agenda della Conferenza intergovernativa figura quella della inclusione o meno della Carta dei diritti fondamentali.
Al Consiglio europeo di Colonia del 4 giugno dello scorso anno, i Capi di Stato e di Governo hanno ritenuto mature le condizioni - "allo stato attuale dello sviluppo dell'Unione" - per giungere alla formulazione di una Carta dei diritti fondamentali.
La Convention, l'organo incaricato dell'elaborazione del progetto di Carta, ha predisposto, il 13 settembre scorso, la versione più aggiornata dell'articolato che sarà oggetto di ulteriori osservazioni generali e di un esame conclusivo entro il mese di ottobre, in modo che il testo definitivo del progetto possa essere presentato prima al Consiglio europeo di Biarritz e, poi, a quello di Nizza del dicembre di quest'anno. Il Consiglio europeo, si legge nelle conclusioni di Colonia, "proporrà al Parlamento europeo e alla Commissione di proclamare solennemente, insieme col Consiglio, una Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea sulla base di detto progetto. Successivamente esaminerà se e in che modo la Carta potrebbe essere integrata nei trattati".

4.1. Il progetto di articolato
Visto lo stato dei lavori cui è pervenuta la Convention siamo in grado di svolgere uno scambio di vedute sui contenuti, sia pure non definitivi, del progetto di articolato.
Esso afferma che l'Unione di popoli europei, organizzata sulla base del principio di democrazia e dello Stato di diritto, si fonda sui valori comuni costituiti dai princìpi universali e indivisibili di dignità della persona, libertà, uguaglianza e solidarietà.
In relazione a ciascuno di questi princìpi sono garantiti ad ogni individuo, e in condizioni di uguaglianza, specifici diritti fondamentali derivanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, dal trattato dell'Unione europea e dai trattati comunitari, dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), dalle Carte sociali adottate dalla Comunità e dal Consiglio d'Europa e dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee e della Corte europea dei diritti dell'uomo.
Il principio di uguaglianza-universalità dei diritti fondamentali applicato nella Carta non viene intaccato dalla limitata riserva di alcuni diritti politici (elettorato attivo e passivo e tutela diplomatica e consolare) ai cittadini europei, anche perché già la Corte europea di Strasburgo ha ritenuto legittima tale riserva, se motivata da "ragioni molto importanti", fra le quali può annoverarsi la stessa costruzione politica ed istituzionale dell'Unione.
Con disposizioni certamente innovative, sono estesi a cittadini di Paesi terzi, sia pure in presenza di determinate condizioni, la possibilità di libera circolazione, il diritto di presentare una petizione al Parlamento europeo e di rivolgersi al Mediatore, il diritto di accedere ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, il diritto ad una buona amministrazione da parte delle istituzioni e degli organi dell'Unione, comprendente il risarcimento per i danni causati da questi ultimi.
Un ampio dibattito si è svolto sul problema dell'indivisibilità dei diritti civili, politici ed economico-sociali. Alcuni, non condividendo tale principio, hanno proposto lo stralcio dei diritti economico-sociali, rilevandone la natura non di diritti cogenti, giuridicamente e direttamente esigibili, ma di obiettivi programmatici, di prestazioni affidate ad apposite misure di politica sociale, che i legislatori sono chiamati ad adottare, a livello comunitario e nazionale, in relazione alle condizioni economiche ed alle risorse disponibili.
Tenendo conto dell'ampio dibattito politico, giurisprudenziale e dottrinale svoltosi in passato in alcuni Stati membri, sembra prevalere la decisione di includere anche tale categoria di diritti(21) nella Carta, prescindendo da formali qualificazioni della natura degli stessi.
Il risultato raggiunto sembra realizzare un giusto equilibrio fra due valori comuni fondamentali dell'Unione: il principio di libertà dell'individuo da ingerenze e costrizioni della pubblica autorità (la libertà negativa) ed il principio di solidarietà, che richiede un comportamento attivo degli Stati e dell'Unione, compatibile con i rispettivi assetti economici e socio-normativi, in funzione del raggiungimento dell'obiettivo di realizzare condizioni di vita soddisfacenti per tutti.
Il mandato del Consiglio europeo di Colonia di catalogare i diritti vigenti nell'ordinamento comunitario è stato giustamente interpretato dalla Convention nel senso di non limitarsi ai classici diritti fondamentali(22) ma di estrapolare anche i "diritti di nuova generazione", legati ai progressi realizzati in questi ultimi decenni nella società con la ricerca scientifica e le innovazioni tecnologiche.
Fra questi "nuovi diritti" rientrano il diritto alla tutela e alla salvaguardia dell'ambiente, legato al rispetto del principio dello sviluppo sostenibile (art. 36); il diritto alla protezione della salute, della sicurezza e degli interessi dei consumatori (art. 37), nonché il diritto all'autodeterminazione nel campo della bioetica (art. 3) e del trattamento dei dati personali (art. 8), in un contesto di compatibilità fra interessi generali tutela delle persone(23).
Alla base delle proclamazioni della Carta dei diritti sta una comune ispirazione: quella di assicurare ad ogni uomo il diritto alla vita, ad una vita libera e dignitosa, e nella quale la personalità di ciascuno possa adeguatamente svilupparsi ed esprimersi. L'affermarsi ed il diffondersi della cultura della vita, che si fonda sul principio dell'inviolabilità della dignità umana, implica che la vita del di ogni persona, in ogni momento della sua esistenza e quali che ne siano le condizioni, sia un valore fondamentale e possa svolgersi, per quanto possibile, in condizioni pari a quelle di tutti gli altri esseri umani. Non a caso il primo dei diritti fondamentali universalmente riconosciuto da tutti gli Stati ad ogni essere appartenente alla specie umana è il diritto alla vita, al rispetto della propria vita dall'inizio fino alla sua fine naturale, anche se possono sussistere notevoli differenze nel livello di tutela da parte dei diversi ordinamenti nazionali. Da ciò consegue che "nessuno può essere condannato alla pena di morte né giustiziato" (art. 2).

4.2. La questione del valore giuridico della Carta e della tutela dei diritti in essa riconosciuti
Sorge a questo punto il problema del valore che dovrà essere attribuito alla Carta e della tutela che potranno ricevere i princìpi in essa proclamati.
La soluzione di questo problema dipende essenzialmente da se e come essa si integrerà con i Trattati, anche perché lo stesso Consiglio di Colonia, mentre ipotizza tale integrazione, ne rinvia ad ulteriori decisioni l'an ed il quomodo: e ciò in ragione del fatto che taluni non ritengono ancora raggiunto il necessario livello di armonizzazione politica e istituzionale dell'Unione e non appaiono omogenei gli standards di protezione dei diritti nei diversi ordinamenti nazionali.
Le due tesi estreme sono rappresentate da quanti vorrebbero fare della Carta una solenne proclamazione politica, senza una propria specifica cogenza giuridica, e da quanti ritengono invece che l'ipotesi di inserirla nei Trattati non dovrebbe incontrare difficoltà in quanto i princìpi in essa affermati avrebbero già una propria vigenza nel diritto internazionale e comunitario e, più in generale, negli ordinamenti degli Stati membri, essendo venuti a formare parte integrante della comune cultura giuridica europea.
Sono state anche avanzate ipotesi di soluzioni intermedie: quella di farne un preambolo ai Trattati, quella di farne un protocollo allegato, aperto all'adesione di quegli Stati membri che lo ritenessero opportuno, e quella istituzionale-comunitaria di una codecisione del Consiglio e del Parlamento europeo, che la inserisca nel diritto dell'Unione.
Una volta definita la questione della posizione della Carta in rapporto al sistema delle fonti giuridiche comunitarie potrebbe porsi anche quella di individuare una eventuale clausola evolutiva che ne consenta l'aggiornamento.
E' evidente che un catalogo di diritti riconosciuti è utile nella misura in cui è accompagnato da un obbligo diffuso di darvi applicazione.
Ma sorge in proposito una delicata questione, che è stata in particolare sottolineata da tutti gli Stati candidati all'adesione all'Unione: e cioè quella del coordinamento tra la Convenzione europea dei diritti dell'uomo e la Carta in corso di elaborazione e quella del coordinamento fra la Corte europea dei diritti dell'uomo e la Corte di giustizia delle Comunità europee.
Ci si preoccupa, in altri termini, del rischio di divergenti se non contraddittorie interpretazioni giurisprudenziali dello stesso diritto (il che significa differenti standards di tutela) da parte delle varie giurisdizioni, che possono essere adite a livello nazionale, comunitario ed europeo.
Di qui l'ipotesi, da taluni avanzata, dell'adesione formale dell'Unione alla CEDU e, quindi, al meccanismo giurisdizionale della Corte europea di Strasburgo, cui l'Unione stessa affiderebbe la tutela dei diritti fondamentali.
Ma a tale soluzione si oppongono due considerazioni: innanzitutto che essa non si può realizzare senza una preventiva modifica esplicita del Trattato e, in secondo luogo, che la stessa Convenzione non contempla la possibilità che possano aderirvi organizzazioni internazionali. Non a caso l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa ha espressamente raccomandato una modifica delle pertinenti disposizioni della CEDU, che consenta appunto all'Unione di aderirvi.
Alla luce di tutto ciò la Convention - affrontata la questione all'inizio dei lavori - l'ha successivamente accantonata nella considerazione che né l'adozione di una Carta dei diritti impedisce o rende inutile la Convenzione europea dei diritti dell'uomo, né l'adesione a tale Convenzione impedisce o rende inutile l'adozione di una Carta dei diritti da parte dell'Unione europea. Specifiche clausole prevedono infatti che nessuna disposizione della Carta possa essere interpretata nel senso di limitare o ledere i diritti e le libertà riconosciuti dalla CEDU e dalle Convenzioni internazionali di cui gli Stati membri siano parti contraenti.
Le prese di posizione per attribuire un valore dichiarativo alla Carta non hanno comunque impedito di scegliere di dare al suo testo una impostazione che la rendesse pronta a divenire giuridicamente vincolante(24) .
Le preoccupazioni dei Parlamenti di taluni Paesi, caratterizzati da regimi di garanzia particolarmente avanzati, che la Carta potesse accrescere surrettiziamente le competenze dell'Unione o ledere i diritti già riconosciuti ai cittadini nei rispettivi ordinamenti costituzionali, appaiono peraltro fugati da quelle disposizioni che precisano: che la Carta non introduce competenze o compiti nuovi per l'Unione; che le sue disposizioni sono volte essenzialmente a tutelare i cittadini nei confronti delle istituzioni comunitarie; che esse si applicano agli Stati membri esclusivamente in quanto questi attuino il diritto dell'Unione (art. 50). Altre clausole prevedono inoltre che nessuna disposizione della Carta possa essere interpretata come limitativa o lesiva dei diritti e delle libertà riconosciuti dalle Costituzioni degli Stati membri (art. 52).

 5. La questione del riordino dei trattati ed il dibattito sulla Costituzione europea


Nel dibattito sul nuovo modello istituzionale dell'Unione europea è stata, fra gli altri aspetti, evocata la questione di un riordino dei trattati nella prospettiva di fondare l'Unione su un testo di natura costituzionale. L'argomento è stato particolarmente richiamato nel corso delle visite in alcuni Stati europei dal presidente della Repubblica italiana Ciampi, il quale, in un comunicato diramato congiuntamente con il presidente della Repubblica federale tedesca Rau(25) , ha sottolineato come il dibattito sulla Costituzione europea non dovrà più essere condotto nella prospettiva del "se", ma piuttosto in quella del "quando" e del "come".
I due Presidenti hanno sottolineato come vi sia una grande aspettativa nei confronti della Carta dei diritti fondamentali, che, in quanto elemento fondante di quella Costituzione, sarebbe un riferimento essenziale per i governi e le istituzioni, da un lato, e uno strumento di tutela e di garanzia per i cittadini europei, dall'altro. Ne risulterebbe dimostrato come la fonte ultima di legittimità delle istituzioni dell'Unione risieda nei cittadini e come non possa esistere un'identità europea senza un'adesione piena ai valori fondamentali di democrazia e di libertà(26).
Sono certo che anche i Paesi candidati all'adesione condividono questi valori e che l'allargamento potrà ulteriormente rafforzare il passaggio in atto da un'Europa del mercato all'Europa dei diritti(27). Quali che siano i percorsi idonei a raggiungere questi obiettivi di fondo, non si può non tener conto che vi è ormai un universale riconoscimento dell'importante funzione della Carta dei diritti in direzione di un riavvicinamento dei cittadini alla costruzione istituzionale dell'Europa

 6. Valutazioni conclusive sul ruolo dei Parlamenti


Una prima conclusione che si può trarre dalle valutazioni esposte è la necessità che, sui temi in discussione, si individui un comune denominatore fra i vari Parlamenti e che questo comune denominatore formi la base per un progressivo ulteriore avvicinamento delle posizioni, poiché, se in ipotesi un solo Parlamento rifiutasse di ratificare il nuovo Trattato, potrebbe aprirsi una crisi europea(28). La trattativa che si sta sviluppando attiene a questioni che non possono non toccare anche la responsabilità dei Parlamenti, i quali, proprio in virtù dell'articolazione interna loro propria e della loro funzione rappresentativa dell'intera e complessa società civile, possono contribuire ad individuare nuove soluzioni, che consentano di sciogliere i tanti nodi politici, sui quali ci siamo in precedenza soffermati.
Fa peraltro parte integrante di tale dibattito la riflessione sul modello parlamentare cui improntare il sistema istituzionale comunitario e sul ruolo che nel procedimento formativo delle decisioni deve spettare alle istanze rappresentative dei popoli europei.
Il cosiddetto deficit democratico, da più parti lamentato, consiste anche nel fatto che, senza coinvolgere il Parlamento europeo, siano state trasferite ad istanze comunitarie decisioni precedentemente di competenza dei Parlamenti nazionali.
Sul versante del Parlamento europeo vanno in proposito ricordate le numerose prese di posizione, che sottolineano l'esigenza di potenziarne il ruolo - in quanto Assemblea legittimata direttamente dal voto dei cittadini - e la posizione in rapporto al Consiglio, organismo espressione dei Governi.
Fra le ipotesi formulate per colmare tale deficit figura quella di generalizzare la procedura di codecisione fra Consiglio e Parlamento, applicandola, comunque, a tutti i casi in cui è prevista la votazione a maggioranza qualificata. Certo, la codecisione non manca di porre problemi: se taluni Parlamenti hanno evidenziato come essa rafforzi la democraticità del sistema comunitario, altri temono che, in assenza di una precisa gerarchia fra atti legislativi e atti amministrativi dell'Unione, essa complichi il procedimento di assunzione di decisioni di natura esecutiva.
Un ruolo maggiore del Parlamento europeo è stato invocato anche a proposito del procedimento di revisione dei trattati - la risoluzione approvata dalle Commissioni affari esteri e affari europei della nostra Camera dei deputati, lo scorso 10 febbraio, impegna il Governo a non procedere alla ratifica del nuovo trattato senza la previa approvazione delle conclusioni da parte del Parlamento europeo - e nella ratifica degli accordi internazionali conclusi dall'Unione europea, anche se non vi è unanime condivisione su tale prospettiva(29).
Infine non può sottacersi che lo stesso rapporto tra Commissione e Parlamento europeo è suscettibile di evoluzione, dopo i progressi già realizzati ad Amsterdam, dove il doppio voto, sul Presidente e sul collegio, ha già rafforzato il rapporto fiduciario fra l'Esecutivo e l'Assemblea rappresentativa dei popoli dell'Unione.
Sotto il profilo del ruolo dei Parlamenti nazionali non si può sottovalutare il loro necessario coinvolgimento nei processi decisionali comunitari - riconosciuto anche dal citato protocollo allegato al Trattato di Amsterdam - proprio al fine di colmare il cosiddetto deficit democratico.
Lo stesso Parlamento europeo ha preso atto, nella recente risoluzione dello scorso 15 giugno, che, almeno per talune materie, quale in particolare la PESC, è opportuna una azione di concerto fra le Assemblee europea e nazionali ed ha ipotizzato, per il futuro, la creazione di un organismo misto per la PESC sul modello della COSAC.
Nell'ambito dei rapporti di cooperazione e collaborazione fra i vari Parlamenti sono emerse anche proposte capaci di incidere sul ruolo dei Parlamenti nazionali nel quadro istituzionale, senza comportare modifiche dei trattati.
L'analisi del sistema comunitario mostra infatti l'emergere di relazioni fra i vari soggetti istituzionali dell'Unione e degli Stati membri, che sfuggono alla tradizionale classificazione dei rapporti tra potere legislativo e potere esecutivo e che talora determinano l'insorgere di una rete di relazioni fra i Parlamenti che, sebbene non disciplinata dai Trattati - mi riferisco, ad esempio, alla stessa Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti - è in grado di incidere indirettamente sui processi decisionali dell'Unione.
Alla costituzione di tale rete di rapporti contribuiscono, quindi, non solo organismi riconosciuti dai Trattati, quali la COSAC, ma anche il moltiplicarsi di iniziative, tavole rotonde, conferenze multilaterali proposte dal Parlamento europeo o da Parlamenti nazionali(30) , nonché l'intersecarsi di visite bilaterali di delegazioni delle Commissioni parlamentari ovvero di singoli legislatori designati come relatori nei rispettivi organismi di appartenenza. All'incidenza dei contatti diretti si aggiungono, poi, le enormi opportunità offerte dalle moderne tecnologie, sia per quanto riguarda lo scambio di testi, osservazioni, contributi ed emendamenti sia per quanto concerne la collocazione in rete e, quindi, la trasparenza di tali documenti.
Tra le proposte concrete emerse in questo ambito figura l'iniziativa lanciata con la riunione di Roma dei Presidenti delle Commissioni affari europei del novembre 1998, la quale seguì ad analoghe iniziative promosse dai Parlamenti belga e francese. Essa prevedeva, ad esempio, di rafforzare la posizione dei Parlamenti nazionali nel procedimento decisionale dell'Unione, attraverso una più concreta verifica della corretta applicazione del principio di sussidiarietà. Tale proposta contemplava una possibilità di verifica ex ante, con l'esame del programma legislativo della Commissione europea nella prima riunione utile della COSAC, ed un necessario controllo ex post, mediante un periodico esame, nella stessa sede, della specifica relazione annuale della Commissione europea. L'iniziativa(31) ha tuttavia incontrato delle difficoltà di attuazione ma merita di essere ulteriormente approfondita.
Particolarmente significativa appare quindi l'incidenza sostanziale di quel tessuto di relazioni che si va sviluppando tra i vari Parlamenti degli Stati membri, fra questi e il Parlamento europeo e fra l'insieme dei suddetti e i Parlamenti dei paesi candidati all'adesione. L'insieme di tali rapporti si ripercuote positivamente, infatti, sulla capacità delle Assemblee nazionali di svolgere un'efficace azione di indirizzo e di controllo sui rispettivi Esecutivi.
Tali iniziative, benché non riconducibili al procedimento di revisione dei trattati, contribuiscono tuttavia a configurare quella che potrebbe essere chiamata la "Costituzione materiale dell'Unione". In tutti i nostri Paesi è in corso un vivace dibattito, a proposito del futuro dell'Unione europea, sul costituzionalismo, sul federalismo, sull'integrazione e sulla sussidiarietà; concetti diversi, eppure complementari, che toccano la sensibilità di tutti i Parlamenti. Al di là delle formule, se si guarda agli aspetti concreti, le distanze, pur persistenti, potrebbero apparire meno drammatiche: i paesi disposti a parlare apertamente di federalismo, probabilmente, sono in numero inferiore rispetto a quelli disposti a partecipare alla moneta unica, che pure costituisce un fondamentale fattore di integrazione politica oltre che economica. Nel corso della sua storia la costruzione europea si è indubbiamente arricchita tanto del contributo arrecato dai sostenitori dell'approccio pragmatico quanto di quello degli ideatori dell'Europa visionaria. L'uno ha consentito di costruire delle fondamenta progressivamente sempre più solide, l'altro ha dato impulso, sia pure con alterne vicende, a periodici slanci, senza i quali la costruzione non solamente si sarebbe arrestata ma avrebbe potuto regredire.
L'esigenza di approfondire il dibattito sugli obiettivi comuni si accompagna pertanto con la consapevolezza della possibilità di raggiungere delle intese su soluzioni concrete, nonostante le distinzioni che ancora permangono su alcune formule di principio. Al riguardo, ad esempio, già appare evidente che sulla necessità di procedere ad un riordino dei Trattati - processo che, come acutamente dimostrato dall'Istituto europeo di Firenze, si può compiere anche senza una formale revisione delle relative disposizioni - si riscontra un ampio consenso, salvo che alcuni vorrebbero cogliere l'occasione offerta dal Consiglio europeo di Nizza, mentre altri preferirebbero puntare a tale traguardo dopo la chiusura del negoziato in corso.
In tale prospettiva è opportuno - e questa odierna mi pare una delle sedi più idonee - selezionare strumenti atti a raccogliere informazioni sistematiche sulle prese di posizione dei vari Parlamenti, sulle valutazioni e le riflessioni che le hanno precedute, partendo dal presupposto che una più approfondita conoscenza delle rispettive posizioni, preoccupazioni e priorità potrebbe consentire un più agile sviluppo del percorso comune, coscienti come siamo che il moltiplicarsi di relazioni orizzontali e verticali fra i Parlamenti e fra questi e le altre istituzioni degli Stati membri e dell'Unione contribuisce a plasmare quella che è stata già definita la "Costituzione materiale dell'Europa", che è parte integrante della diffusa consapevolezza di tutti gli Europei di avere in comune storia, cultura, valori, interessi ed in definitiva di condividere lo stesso destino.

1.Questione la cui attualità è dimostrata dalle decisioni assunte in merito alla composizione dell'organismo chiamato alla redazione della Carta dei diritti fondamentali.
2.Tale protocollo prevede in particolare altresì un termine minimo fra la presentazione dei progetti di atti legislativi da parte della Commissione ed il loro esame da parte del Consiglio proprio al fine di consentire alle assemblee parlamentari nazionali di esprimere il loro orientamento in conformità con i rispettivi ordinamenti.
3.Sul tema "La situazione attuale dell'Unione europea ed i compiti che ne derivano ai Parlamenti nazionali in merito alla democratizzazione e alle riforme istituzionali". Il dibattito che si sviluppò in quell'occasione fu estremamente significativo, al punto che taluni partecipanti, tra cui il Vice Presidente del Senato, Rognoni, e lo stesso relatore Langendries, proposero di istituire un gruppo di lavoro espressamente dedicato all'argomento ed al ruolo della cooperazione parlamentare.
4.Così detti "left overs", estensione del voto a maggioranza, riponderazione del voto sul Consiglio e ridefinizione della composizione della Commissione europea.
5.Ricordiamo le iniziative lanciate, in primo tempo, dall'ex presidente della Commissione europea Delors, dall'ex presidente della Repubblica francese Giscard d'Estaing e dall'ex cancelliere tedesco Schmidt e, poi, i discorsi del ministro degli esteri tedesco Fischer, del presidente della Repubblica francese Chirac, e del presidente della Repubblica italiana Ciampi. In alcune di tali prese di posizione sono stati ipotizzati dei modelli fondati su un sistema bicamerale che includesse anche rappresentanti dei Parlamenti nazionali. Tale proposta è stata tra l'altro sostenuta da esponenti del Parlamento del Portogallo, paese che ha avuto un ruolo cruciale, nel corso della sua presidenza, nell'avviare la Conferenza governativa, definirne l'ordine del giorno e svilupparne i lavori.
6.Come indicato nella risoluzione approvata dal Folketing danese lo scorso 23 febbraio.
7.Tra cui l'Italia, su questo allineata con il Presidente della Commissione europea e con il Parlamento europeo.
8.Si rileva al riguardo il dibattito sulla riforma delle istituzioni comunitarie in Senato italiano del 13 e 18 luglio 2000, citato.
9.Istituto volto a consentire ad un gruppo ristretto di paesi di accrescere l'integrazione su determinate materie in assenza di un consenso unanime fra tutti gli Stati membri.
10.Per quanto riguarda in particolare gli organismi giurisdizionali dell'Unione sono state altresì avanzate varie proposte concernenti lo snellimento delle procedure contenziose, la semplificazione delle procedure di revisione dei rispettivi regolamenti ed un'eventuale revisione delle rispettive competenze della Corte e del Tribunale di prima istanza.
11. Fra i temi più controversi rientra, ad esempio, la fiscalità, che secondo diversi Parlamenti (fra cui quelli svedese, finlandese, salvo che per le imposte finalizzate ad obiettivi ambientali, per le quali esso si dichiara disponibile al voto a maggioranza, francese, lussemburghese e olandese nonché la House of Commons britannica), non può essere oggetto di votazioni a maggioranza qualificata. In altri casi si deve rilevare la presenza di riserve da parte di taluni Parlamenti su altre materie quali l'unione economica e monetaria (Assemblea nazionale francese), deroghe al diritto comunitario e al mercato interno (Assemblea nazionale francese, Italia), l'ambiente (Austria), le politiche regionali (Austria) e di coesione e sicurezza sociale (Finlandia, Lussemburgo, Paesi Bassi e House of Commons britannica), condizioni di lavoro di cittadini di paesi terzi (Lussemburgo), l'energia (Austria, Finlandia, Francia), diritto di circolazione e di soggiorno (Lussemburgo), regime delle professioni (Lussemburgo), la cooperazione fra le amministrazioni nazionali e comunitarie in materia di visti, asilo e immigrazione (Finlandia, Senato francese e House of Commons britannica), la disciplina degli aiuti di Stato (Finlandia), il diritto d'autore (Finlandia), la cooperazione negli affari penali e di polizia (Finlandia, Francia, Lussemburgo e House of Commons britannica), la PESC, politica estera e di sicurezza comune, (Finlandia, Francia e House of Commons britannica) le relazioni esterne (Francia e House of Commons britannica), le nomine (Senato francese, Lussemburgo), le sanzioni per violazioni di diritti fondamentali (Senato francese), le elezioni e lo statuto dei deputati europei (Lussemburgo) e la scelta della sede delle istituzioni comunitarie (Lussemburgo). Si rilevano a riguardo i contributi pervenuti alla Conferenza e le risposte al citato questionario della COSAC. Ad avviso di talune Assemblee, quale la House of Lords, tuttavia, non saranno possibili significativi progressi sull'estensione del voto a maggioranza qualificata salvo che per un numero circoscritto di casi non controversi e di rilevanza essenzialmente tecnica (Si ricorda in proposito il rapporto sulla CIG del 18 luglio 2000).
12.Come evidenziato dal Parlamento portoghese nella risposta al citato questionario della COSAC. Secondo il Senato francese, in particolare, la riponderazione del voto nel Consiglio è una condizione per l'estensione del voto a maggioranza qualificata.
13.Sostenuto dalla House of Lords.
14. Come si evince chiaramente dal documento della Commissione affari europei del Parlamento irlandese adottato il 28 ottobre 1998.
15. Come proposto anche dalla House of Lords britannica nel rapporto sulla CIG pubblicato lo scorso 18 luglio.
16. Soluzione preferita dalla House of Lords, ove non fosse possibile l'intesa a limitare il numero dei Commissari a meno di venti.
17. Vi sono inoltre ulteriori aspetti inerenti al funzionamento ed all'organizzazione della Commissione oggetto di riflessione ma che talora, come nel caso della proposta di formalizzare nei trattati l'impegno assunto dagli attuali commissari a dimettersi in caso di rottura del rapporto di fiducia con il Presidente, incontrano più significative resistenze.
18. Come il lento e complesso assorbimento degli accordi di Schengen nel quadro dell'Unione nonché la perdurante impossibilità di integrare definitivamente l'UEO nei trattati.
19. Si ricordano, al riguardo, il dibattito nel Senato italiano sulla riforma delle istituzioni comunitarie del 13 e 18 luglio; il discorso del Presidente Chirac a Berlino del 27 giugno 2000; le proposte lanciate da Delors, Giscard e Schmidt, in "Agence Europe" del 20-21 marzo, del 29 marzo, del 13 e del 26 aprile 2000.
20. Talune assemblee, come la House of Lords, rilevano inoltre l'inutilità di modificare le disposizioni vigenti sulla flessibilità giacché finora non sono state mai applicate. Il Parlamento portoghese, inoltre, pur rilevando la potenzialità offerta dalla cooperazione rafforzata nel secondo e terzo pilastro, ha sottolineato i rischi che potrebbero derivare alla coesione del mercato unico dalla sua applicazione in questo ambito. Tale rischio è stato evidenziato anche dalla House of Commons del Regno Unito. Si ricordano al riguardo le risposte al citato questionario della COSAC.
21. Fra cui rientrano il diritto dei lavoratori all'informazione e alla consultazione nell'ambito dell'impresa, il diritto di negoziazione e di azione collettiva, ivi incluso il diritto di sciopero, e il diritto alla sicurezza ed all'assistenza sociale.
22. Principi quali il divieto di tratta degli esseri umani o la libertà di pensiero, di coscienza, di religione e la libertà di associazione, già oggetto da decenni di specifici strumenti internazionali di tutela.
23. Per quanto riguarda in particolare questi ultimi, si garantisce: all'articolo 3, sul diritto all'integrità della persona, l'obbligo di rispettare in medicina e biologia i principi del consenso libero e informato, il divieto delle pratiche eugenetiche, il divieto di fare del corpo umano e delle sue parti una fonte di lucro ed il divieto della clonazione riproduttiva degli esseri umani; all'articolo 8, sulla protezione dei dati di carattere generale, l'obbligo di applicazione del principio di lealtà, il consenso della persona interessata, il diritto di accedere ai dati raccolti sulla propria persona e di ottenerne la rettifica.
24. Sulle questioni sopra esposte i Parlamenti nazionali hanno espresso delle valutazioni attraverso le risposte dei rispettivi organismi specializzati sugli affari comunitari, ad un questionario della COSAC. Sostengono il carattere vincolante della Carta i Parlamenti di Belgio, Francia, Italia, Lussemburgo e Portogallo. In favore dell'assorbimento della Carta dei diritti fondamentali nel diritto comunitario si è espresso anche il Bundesrat tedesco (contributo del Bundesrat alla Conferenza dei Presidenti) il quale, in particolare, ritiene che essa debba avere carattere vincolante e che in un secondo tempo possa essere incorporata nei trattati attraverso le procedure previste dall'articolo 48 del Trattato sull'Unione europea. Sono invece favorevoli ad un valore dichiarativo Danimarca (contributo del Parlamento danese alla Conferenza dei Presidenti), Finlandia, Paesi Bassi, Svezia e Regno Unito. Circa il rapporto Carta - Convenzione europea la maggior parte dei Parlamenti nazionali ritiene che la Carta debba garantire un livello di protezione non inferiore al minimo dato dalla Convenzione europea con cui è necessario un coordinamento, auspicando un livello più elevato. Paventano in tale rapporto un rischio di complicazione e di confusione la Svezia ed il Regno Unito. Per quanto concerne il Regno Unito, in particolare, la House of Lords rilevando l'inadeguatezza di una mera dichiarazione politica a garantire la salvaguardia dei diritti umani nel quadro dell'Unione europea ha espresso le preferenza, a tal fine, per una formale adesione dell'Unione alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Al riguardo la Presidenza portoghese, nel rapporto presentato al Consiglio europeo di Feira, ha però evidenziato la difficoltà di raggiungere un consenso sull'inclusione nell'ordine del giorno della CIG della questione dell'adesione dell'Unione europea al Consiglio d'Europa. Per l'Olanda non ci saranno problemi se l'Unione europea accetterà che la Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo diventi la più alta autorità nella tutela dei diritti umani. Per la Svezia è importante assicurare che la Corte di Strasburgo diventi in materia la "prima inter pares" in Europa.
25.In occasione di una visita a Lipsia lo scorso 6 luglio.
26.L'idea di un assetto istituzionale che si basi su una Carta costituzionale è stata avanzata, se pure con diverse sfumature, sia dal presidente Chirac sia dal ministro Fischer e la proposta di procedere ad un riordino dei trattati che includa una parte di natura costituzionale basata sul riconoscimento dei diritti fondamentali e il funzionamento delle istituzioni dell'Unione è stata formalizzata sia nelle prese di posizione del Parlamento europeo che in quelle del Parlamento italiano. (Si ricordano in proposito la risoluzione della Giunta per gli affari delle Comunità europee del Senato del 15 marzo 2000, la risoluzione approvata congiuntamente dalle Commissioni III e XIV della Camera il 10 febbraio 2000 e le risoluzioni Migone ed altri e Salvato ed altri approvate dal Senato il 18 luglio 2000). Al riguardo, in particolare, il Parlamento europeo ha proposto di pervenire ad una nuova redazione dei vari Trattati in materia istituzionale procedendo al loro consolidamento in un unico testo articolato in due parti, l'una - concernente i diritti fondamentali e il quadro istituzionale - di natura costituzionale e, l'altra, concernente le politiche settoriali, soggetta a procedure di revisione semplificate.
27. In occasione dell'audizione dei rappresentanti dei Paesi candidati di fronte alla Convention, peraltro, taluni di essi, pur condividendo unanimemente la prospettiva dell'adozione di una Carta dei diritti, hanno espresso le loro preoccupazioni in merito ai condizionamenti che il conferimento di un valore vincolante alla Carta potrebbe comportare per la loro adesione.
28. Come ha opportunamente rilevato il rappresentante della Presidenza portoghese lo scorso aprile, Da Costa, nella dichiarazione riportata sull' Agence Europe del 13 aprile 2000.
29.Il Parlamento danese, ad esempio, preferisce per la revisione dei Trattati l'attuale procedura intergovernativa e non desidera in proposito una maggiore influenza del Parlamento europeo.
30.Con riunioni che tendono ad assumere carattere periodico di organismi come le Commissioni lavoro, ambiente, affari economici e monetari, affari esteri, trasporti .
31. Sostenuta alla citata Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti di Vienna dal presidente Langendries e ribadita dal presidente Violante dinanzi alla Conferenza dei Presidenti.