I Commissione - Resoconto di giovedì 20 luglio 2006

TESTO AGGIORNATO AL 25 LUGLIO 2006


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SEDE REFERENTE

Giovedì 20 luglio 2006. - Presidenza del presidente Luciano VIOLANTE. - Interviene il viceministro per l'interno Marco Minniti.

La seduta comincia alle 10.

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare.
C. 40-326-571-688-890/B.
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Gianpiero D'ALIA (UDC), relatore, si sofferma sulle modifiche apportate nel corso dell'esame presso il Senato, che, al di là di taluni ritocchi formali, riguardano essenzialmente la soppressione dell'articolo 4, recante la previsione di una procedura aggravata per l'adozione, da parte della Commissione d'inchiesta, di provvedimenti limitativi delle libertà costituzionalmente garantite, cui si accompagna l'introduzione, all'articolo 1, comma 2, del divieto, per la Commissione di inchiesta, di «adottare provvedimenti attinenti la libertà personale e la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione». Tale divieto segue alla consueta formula, mutuata dall'articolo 82 della Costituzione, secondo la quale «la Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse


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limitazioni dell'autorità giudiziaria». Al riguardo osserva che il lavoro svolto in prima lettura presso questa Commissione era stato diretto a introdurre delle garanzie procedurali per l'esercizio dei poteri di inchiesta spettanti alla Commissione ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, al fine di impedire un eventuale ricorso a tali poteri oltre i limiti dell'inchiesta, che è finalizzata all'espressione di un giudizio politico. Da questo punto di vista, la previsione del quorum dei due terzi per l'adozione di provvedimenti limitativi dei diritti di libertà era volta a garantire i destinatari dei provvedimenti stessi. Al riguardo ritiene che, sebbene la finalità sottesa all'intervento modificativo compiuto presso il Senato possa essere nella sostanza condivisibile, la soluzione adottata in concreto, limitando i poteri di inchiesta attivabili dalla Commissione, comporti il rischio di pregiudicare l'efficacia della attività di inchiesta, soprattutto con riferimento alla impossibilità di disporre l'accompagnamento coattivo di un testimone o di procedere al sequestro di corrispondenza.
Rileva quindi che nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento è stato soppresso il comma 4 dell'articolo 2, volto a prevedere che la Commissione di inchiesta, nell'esercizio delle sue funzioni, può consultare soggetti o realtà associative impegnate nella lotta contro le attività delle organizzazioni criminali di tipo mafioso e similari, osservando tuttavia come tale modifica non pregiudichi la effettiva possibilità per la Commissione d'inchiesta di ascoltare i soggetti in questione.
Il Senato ha quindi inciso sull'articolo 5, comma 4, stabilendo una limitazione della possibilità per l'autorità giudiziaria di ritardare la trasmissione di copia di atti e documenti richiesti dalla Commissione di inchiesta. Al riguardo, il testo approvato dalla Camera prevedeva che ciò potesse avvenire solo con decreto motivato e per ragioni di natura istruttoria, stabilendo altresì che tale decreto avesse efficacia per sei mesi e potesse essere rinnovato, mentre il testo approvato dal Senato precisa che tale rinnovo può avvenire una sola volta.
Evidenzia quindi la modifica della formulazione della disposizione relativa alle collaborazioni di cui può avvalersi la Commissione, prevista dall'articolo 7, comma 3. Alla consueta formula secondo la quale la Commissione può avvalersi dell'opera di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria e di tutte le collaborazioni che ritenga necessarie, viene aggiunto il periodo «di soggetti interni ed esterni all'Amministrazione dello Stato autorizzati, ove occorra, dagli organi a ciò deputati e dai Ministri competenti». Viene quindi omesso il riferimento, tradizionalmente presente, all'»opportuno coordinamento con le strutture giudiziarie e di polizia», ai fini del quale, secondo il testo approvato dalla Camera, «la Commissione può avvalersi anche dell'apporto di almeno un magistrato e un dirigente dell'Amministrazione dell'interno, autorizzati, con il loro consenso, rispettivamente dal Consiglio superiore della magistratura e dal Ministro dell'interno».
Ritiene, in conclusione, che l'attenzione di questa Commissione debba concentrarsi sulla definizione dei poteri attribuiti alla Commissione d'inchiesta.

Roberto ZACCARIA (Ulivo) dichiara preliminarmente di condividere una impostazione che sia volta a limitare l'esercizio, da parte della Commissione d'inchiesta, dei poteri relativi ai provvedimenti limitativi della libertà personale nell'ottica di assicurare maggiori garanzie a vantaggio dei soggetti destinatari dei provvedimenti stessi. Da questo punto di vista, tuttavia, ritiene che la disposizione introdotta all'articolo 4 del provvedimento da questo ramo del Parlamento sia stata oggetto di errata interpretazione da parte del Senato, che ne ha disposto la soppressione, in quanto essa era finalizzata precipuamente a stabilire delle garanzie procedurali nell'esercizio di poteri di indagine che la Costituzione e la prassi applicativa riconoscono alle Commissioni di inchiesta. In ordine alla questione del parallelismo dei poteri tra l'autorità giudiziaria e le Commissioni d'inchiesta, di cui all'articolo 82 della Costituzione, osserva come il dibattito dottrinale sul tema si sia sempre


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incentrato sulla questione relativa alla possibilità di disporre, con la legge istitutiva di una Commissione di inchiesta bicamerale, un ampliamento di tali poteri per la Commissione e non, come invece si sta verificando in questa sede, sulla opposta prospettiva di limitarne l'esercizio. Questa Commissione ha ritenuto di dovere affrontare questo profilo problematico, introducendo, appunto, delle garanzie procedurali, mentre il Senato ha compiuto la diversa scelta di limitare sostanzialmente i poteri attivabili dalla Commissione di inchiesta; ritiene che tale scelta sia non coerente con il dettato costituzionale e inopportuna sotto il profilo politico, in quanto priva la Commissione «antimafia» di sostanziali poteri di inchiesta, configurandola, di fatto, come una Commissione di indagine. Sottolinea al riguardo come la dottrina abbia costantemente tracciato il confine tra i poteri d'indagine e quelli d'inchiesta stabilendo che solo questi ultimi contemplino, ad esempio, la possibilità di disporre la forzata comparizione del testimone. In particolare il testo approvato dal Senato sembra volto a tutelare i diritti di libertà di cui agli articoli 13 e 15 della Costituzione, mentre da tale garanzia non sarebbero coperte le libertà di cui all'articolo 14 della Carta costituzionale. Conclude sottolineando come l'eccessiva urgenza di approvare il provvedimento in esame potrebbe pregiudicare la futura funzionalità della Commissione di inchiesta; per tale motivo ritiene che il testo approvato dal Senato debba essere opportunamente modificato.

Giacomo STUCCHI (LNP), soffermandosi sulle modificazioni apportate dal Senato in ordine alla questione relativa ai poteri di inchiesta che incidono sui diritti di libertà, valuta non negativo il testo licenziato dall'altro ramo del Parlamento, ma ritiene altresì necessario definire con chiarezza la portata dei poteri da attribuire alla istituenda Commissione, che a suo avviso devono essere congrui rispetto all'esercizio delle funzioni ad essa spettanti, nonchè evitare che l'urgenza di approvare definitivamente il provvedimento possa pregiudicare la funzionalità della Commissione stessa.

Gabriele BOSCETTO (FI) ritiene preliminarmente che le preoccupazioni emerse nel corso dell'esame presso il Senato, che hanno portato quel ramo del Parlamento ad approvare le modifiche in questione, siano comprensibili. Non giudica altrettanto condivisibili le preoccupazioni espresse dal deputato Zaccaria, ritenendo che il complessivo assetto dei poteri attribuiti alla istituenda Commissione non ne pregiudichi una efficace funzionalità. Richiama in proposito la disposizione recata dall'articolo 3, comma 1, non modificata dal Senato, che a suo avviso consente alla Commissione di continuare ad avvalersi, come in passato delle audizioni a testimonianza. Conclude esprimendo il proprio orientamento favorevole ad approvare il provvedimento nel testo licenziato dal Senato.

Marco BOATO (Verdi) manifesta le proprie perplessità in ordine alla ipotesi di approvare il testo licenziato dal Senato, osservando come il principio del bicameralismo perfetto consenta alle singole Camere di pervenire a conclusioni anche difformi sui singoli punti oggetto dei provvedimenti esaminati, sia pure nell'ottica di un confronto volto a giungere ad una convergenza finale, ma certamente non prevede che una Camera diventi solo un organo di ratifica delle decisioni adottate dall'altra, come si sta invece verificando in questo avvio di legislatura per la Camera dei deputati rispetto ai provvedimenti approvati dal Senato. Si sofferma sull'esame svolto sul provvedimento in titolo da parte della 1o Commissione del Senato, stigmatizzando alcuni riferimenti critici che sono stati rivolti verso taluni deputati. Osserva che le modifiche apportate al testo nel corso dell'esame presso il Senato, seppure siano state deliberate in modo condiviso, non solo per questo motivo devono essere confermate da questa Commissione. Intervenendo sul merito di tali modifiche, ritiene comunque accettabile, seppure non necessaria, quella apportata all'articolo 7,


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comma 2, che prevede la possibilità di avvalersi anche di collaborazioni di soggetti interni ed esterni all'Amministrazione dello Stato autorizzati, ove occorra, dagli organi a ciò deputati e dai Ministri competenti e la conseguenziale soppressione del riferimento all'opportuno coordinamento con le strutture giudiziarie e di polizia. Ritiene inoltre accettabile la modifica recata all'articolo 5, anche se dichiara di non condividerne i contenuti. Si sofferma quindi sulla modifica apportata alla procedura per l'adozione dei provvedimenti limitativi dei diritti di libertà, osservando come il testo approvato da questa Commissione sia stato oggetto di erronea interpretazione da parte della omologa Commissione del Senato. Non condivide quindi la scelta da quest'ultima operata in merito al comma 2 dell'articolo 1, che reca una forte limitazione dei poteri attribuiti alla Commissione d'inchiesta. Analogamente non ritiene condivisibile la soppressione del comma 4 del medesimo articolo 2, che prevedeva la consultazione di soggetti o realtà associative impegnati nella lotta contro le attività delle organizzazioni criminali di tipo mafioso e similari. Ritiene che tale soppressione assuma un significato sgradevole in quanto elimina un segnale, da parte di un ramo del Parlamento, di considerazione nei confronti di quella parte della società civile impegnata nella lotta contro la mafia, che veniva individuata quale interlocutore istituzionale della Commissione d'inchiesta.. Afferma quindi di condividere le preoccupazioni espresse dal deputato Zaccaria sul rischio, di trasformare la Commissione d'inchiesta «antimafia» in una sorta di Commissione di indagine. Nel ricordare che sulla disciplina delle modalità di esercizio dei poteri di inchiesta era stato raggiunto alla Camera un consenso unanime, auspica che, a fronte delle modifiche introdotte al Senato, anch'esse a larga maggioranza, sia possibile trovare una intesa tra i gruppi per una opportuna riformulazione delle relative disposizioni, proseguendo eventualmente l'esame del provvedimento in sede legislativa.

Gabriele BOSCETTO (FI), intervenendo a nome del proprio gruppo, ritiene inopportuno che l'esame di un progetto di legge recante l'istituzione di una Commissione d'inchiesta avvenga in sede legislativa, ma si dichiara disponibile ad assicurare un iter veloce del provvedimento in titolo.

Jole SANTELLI (FI), rivolta al relatore D'Alia, chiede di precisare se, a suo avviso, la procedura definita nel testo approvato in prima lettura dalla Camera relativamente all'adozione di provvedimenti incidenti sui diritti di libertà costituzionalmente garantiti sarebbe stata applicabile anche per disporre l'accompagnamento coattivo di un testimone.

Gianpiero D'ALIA (UDC), relatore, rispondendo alla domanda rivoltagli dal deputato Santelli, afferma che anche tale provvedimento sarebbe stato riconducibile a quelli per la cui adozione sarebbe stato necessario utilizzare la procedura in questione.

Jole SANTELLI (FI), proseguendo il proprio intervento, rileva che una eventuale dilatazione dei tempi per l'approvazione del provvedimento in esame, rischierebbe di pregiudicare una tempestiva istituzione della Commissione «antimafia». Con riferimento alla disposizione introdotta dal Senato, secondo la quale la Commissione in nessun caso può adottare provvedimenti attinenti la libertà personale e la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione, ricorda di aver presentato, nel corso dell'esame in prima lettura da parte di questa Commissione, l'emendamento 4.1 avente un contenuto sostanzialmente identico, che aveva successivamente ritirato, alla luce delle perplessità emerse in quella sede in ordine alla sua formulazione e della constatazione che la prassi consolidata esclude la possibilità per la Commissione di inchiesta di adottare provvedimenti limitativi della libertà personale diversi dall'accompagnamento coattivo di testimoni. Si chiede se non sia possibile in fase di discussione in Assemblea


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rappresentare quale sia per la Commissione la corretta interpretazione della norma, che a suo avviso sarebbe volta ad escludere espressamente la sola possibilità di disporre l'arresto di un testimone e non l'accompagnamento coattivo, consentendo così un approvazione del provvedimento nel medesimo testo licenziato dal Senato.

Maurizio TURCO (RosanelPugno) condivide le opinioni espresse dal deputato Zaccaria, dichiarandosi contrario alla proposta testè formulata dal deputato Santelli, di precisare la corretta interpretazione della norma in questione nel corso della discussione in Assemblea. Dichiara la propria contrarietà in ordine alle modifiche apportate dal Senato, che prevedono una eccessiva limitazione dei poteri della Commissione d'inchiesta. Ritiene preferibile approfondire l'esame per giungere ad una soddisfacente formulazione del testo, anche se ciò dovesse comportare una dilatazione dei tempi di approvazione. Preannuncia un voto contrario qualora si dovesse ritenere di non apportare modifiche al testo approvato dal Senato.

Gianpiero D'ALIA (UDC), relatore, si sofferma sull'andamento dei lavori presso la 1a Commissione del Senato, osservando come dopo l'approvazione dell'emendamento Calvi 1.100, con cui è stato previsto in nessun caso la Commissione può adottare provvedimenti attinenti la libertà personale e la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione ed è stato conseguentemente soppresso l'articolo 4 che prevedeva la procedura aggravata per l'adozione dei provvedimenti incidenti su diritti di libertà costituzionalmente garantiti, sono stati dichiarati preclusi ulteriori emendamenti che prevedevano che l'adozione di provvedimenti aventi ad oggetto ispezioni, perquisizioni o sequestri dovessero essere approvati con la maggioranza dei due terzi dei componenti. Sottolinea che la presentazione di questi due emendamenti, da parte rispettivamente dei senatori Calvi e Palma, indica che la ratio sottesa alla norma approvata da questa Commissione era stata in sostanza condivisa. Rileva quindi l'opportunità di introdurre nel testo una disposizione di analogo contenuto, integrandolo con un espresso riferimento alla applicabilità dell'articolo 133 del codice di procedura penale in ordine all'accompagnamento coattivo dei testimoni. Concorda infine con le osservazioni svolte dal deputato Boato in ordine alla inopportunità della soppressione della disposizione che prevedeva la consultazione, da parte della Commissione «antimafia», di soggetti o realtà associative impegnate nella lotta contro le attività delle organizzazioni criminali di tipo mafioso.

Luciano VIOLANTE, presidente, concorda con il relatore D'Alia sull'opportunità di recuperare i contenuti dell'emendamento presentato al Senato dal relatore Calvi, volto a prevedere che la Commissione adotta le deliberazioni di provvedimenti aventi ad oggetto ispezioni, perquisizioni o sequestri a maggioranza dei due terzi dei componenti, con atto motivato e nei soli casi e modi previsti dalla legge.

Il Viceministro Marco MINNITI, soffermandosi sull'andamento dei lavori presso la 1a Commissione del Senato, rileva che nella discussione relativa ai due emendamenti richiamati dal relatore D'Alia è emersa chiaramente la volontà di conservare in capo alla Commissione di inchiesta il potere di procedere a ispezioni, perquisizioni e sequestri; con riferimento ai sequestri è emersa, altresì, l'esigenza di una disciplina più puntuale. Con riferimento all'ipotesi di accompagnamento coattivo dei testimoni, ritiene che vi sia una sostanziale convergenza di opinione tra i due rami del Parlamento. Ricorda, infine, che l'emendamento soppressivo del comma 4 dell'articolo 2 è stato approvato a maggioranza, senza quindi quella larga convergenza che si è registrata su altre scelte adottate dal Senato.

Domenico BENEDETTI VALENTINI (AN) ricorda che, nel corso dell'esame in prima lettura del provvedimento in titolo, aveva già espresso le ragioni volte a motivare


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l'inopportunità di prevedere espressamente la consultazione da parte della Commissione di inchiesta di soggetti o realtà associative impegnate nella lotta contro le attività delle organizzazioni criminali. Ribadisce infatti che una simile previsione, oltre a non tenere in conto il fatto che la Commissione d'inchiesta comunque dispone di un generale potere di audizione di soggetti appartenenti alla realtà sociale, rischierebbe non solo di creare ingiustificabili disparità di trattamento in ordine alla scelta dei soggetti da audire, ma potrebbe creare immotivate situazioni di aspettativa ad essere ascoltati, nonché un uso strumentale delle associazioni, che in certi casi potrebbero anche essere costituite appositamente. Condivide inoltre la modifica di cui al comma 3 dell'articolo 7, in materia di collaborazioni, introdotta nel testo grazie all'approvazione di un emendamento presentato al Senato dal proprio gruppo. Ritiene che si debba evitare di dare luogo ad una contrapposizione netta con il Senato in ordine alla questione di cui al comma 2 dell'articolo 1 ed alla soppressione dell'articolo 4, in materia di poteri attribuiti alla Commissione d'inchiesta, che non necessariamente, a suo avviso, deve disporre delle identiche prerogative dell'autorità giudiziaria. Si dichiara quindi favorevole al testo approvato dal Senato, ferma restando comunque la disponibilità ad esaminare ipotesi di modifica, purchè a seguito di un dibattito non affrettato.

Orazio Antonio LICANDRO (Com.It) si dichiara preoccupato in ordine alla eventualità che si possa delineare una netta contrapposizione tra i due rami del Parlamento sul provvedimento in esame. Ritiene inoltre condivisibile la formulazione elaborata dal Senato in ordine ai provvedimenti incidenti sui diritti di libertà costituzionalmente garantiti, comunque l'importanza di limitare l'esercizio di tali poteri e dichiarandosi perplesso in ordine a formulazioni che prevedono maggioranze qualificate. Ritiene inoltre opportuno ripristinare la disposizione che consente alla Commissione d'inchiesta di ascoltare le associazioni impegnate nella lotta contro le organizzazioni mafiose. Condivide la modifica recata all'articolo 5, comma 4, che prevede che la possibilità dell'autorità giudiziaria di ritardare la trasmissione di copia di atti e documenti richiesti dalla Commissione con decreto motivato rinnovabile una sola volta.

Graziella MASCIA (RC-SE) rileva in primo luogo l'esigenza di approvare il provvedimento entro la pausa estiva. In ordine ai contenuti, osserva che le modifiche apportate nel corso dell'esame presso il Senato rendono eccessivamente limitata l'attività della istituenda Commissione. Pur sottolineando di non condividere la soppressione, da parte del Senato, della disposizione che espressamente prevedeva la consultazione di soggetti o realtà associative impegnate nella lotta contro le attività delle organizzazioni criminali di tipo mafioso, ritiene più importante cercare di giungere a una generale condivisione sul provvedimento nel suo complesso in tempi rapidi.

Roberto ZACCARIA (Ulivo) ritiene che sia condivisibile il percorso indicato dal relatore D'Alia, esprimendo altresì un apprezzamento per l'intervento svolto dal deputato Mascia sull'opportunità di limitare l'esame ai soli temi sui quali appare possibile arrivare ad una generale condivisione. Da questo punto di vista si dichiara favorevole a riprendere i contenuti dell'emendamento presentato al Senato, ma non votato perché dichiarato precluso, dal relatore Calvi, volto a prevedere che la Commissione adotta le deliberazioni aventi ad oggetto ispezioni, perquisizioni o sequestri a maggioranza dei due terzi dei componenti, con atto motivato e nei soli casi e modi previsti dalla legge, che potrebbe rappresentare una soluzione ampiamente condivisibile.

Luciano VIOLANTE, presidente, osservato preliminarmente come i rapporti tra i due rami del Parlamento debbano ispirarsi al principio della leale collaborazione, con riferimento ai temi in esame,


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rileva che esiste una diffusa condivisione circa l'opportunità di modificare la norma che disciplina i poteri attribuiti alla Commissione d'inchiesta. Ritiene che, in presenza di un accordo generale, l'eventuale approvazione di modifiche al testo non pregiudicherebbe la possibilità di giungere all'approvazione definitiva del provvedimento prima della pausa estiva dei lavori. Per quanto concerne la soppressione, da parte del Senato, della disposizione che prevedeva la consultazione di soggetti o realtà associative impegnate nella lotta contro le attività delle organizzazioni criminali, ritiene che essa non pregiudichi comunque l'esercizio di tale facoltà da parte della Commissione d'inchiesta. Si sofferma quindi sulla limitazione della possibilità, per l'autorità giudiziaria, di ritardare la trasmissione di copia di atti e documenti richiesti dalla Commissione per ragioni di natura istruttoria, sottolineando che il termine per lo svolgimento delle indagini preliminari nei processi di mafia è fissato in due anni, mentre la modifica apportata dal Senato prevede che l'autorità giudiziaria possa ritardare la trasmissione di copia di atti e documenti richiesti dalla Commissione per non oltre un anno. A tale riguardo ritiene che debba maturare una adeguata riflessione circa l'opportunità di armonizzare i relativi termini.

Gianpiero D'ALIA (UDC), relatore, ritiene che debba individuarsi una soluzione che eviti un possibile vulnus nell'azione sia dell'autorità giudiziaria sia della Commissione d'inchiesta.

Luciano VIOLANTE, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, dichiara chiuso l'esame preliminare e avverte che il termine per la presentazione degli emendamenti è fissato alle ore 18 di lunedì 24 luglio 2006.

Modifica all'articolo 27 della Costituzione concernente l'abolizione della pena di morte.
C. 193 cost. Boato e C. 523 cost. D'Elia.
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Marco BOATO (Verdi), relatore, prende atto con favore della tempestività con cui si è proceduto alla calendarizzazione dei provvedimenti in esame. Dopo aver ricordato che essi riprendono proposte di legge costituzionale presentate nelle precedenti legislature, chiarisce che sono volti ad espungere dalla Carta costituzionale l'unica previsione di possibile ricorso alla pena di morte che ancora residua nell'ordinamento italiano, contenuta nell'articolo 27, quarto comma, della Costituzione, il quale, come è noto, ammette una possibile eccezione alla generale esclusione della pena di morte. Rileva che le proposte di legge costituzionale in esame, di identico contenuto e sottoscritte da deputati appartenenti a una pluralità di gruppi, sono nei contenuti identiche a quelle presentate nella precedente legislatura e approvate, in testo unificato, in prima lettura dalla Camera dei deputati.
Rileva innanzitutto come la civiltà giuridica italiana, già dalla fine del XIX secolo, riprendendo l'insegnamento di Cesare Beccaria, abbia negato il diritto dello Stato a condannare i cittadini alla pena capitale; coerentemente con questa impostazione, il primo codice penale dell'Italia unitaria, adottato nel 1889 sotto il Governo Zanardelli, fra i primi in Europa, non contemplava la pena di morte tra le pene comminabili. Ricorda poi che la pena di morte fu successivamente reintrodotta nell'ordinamento, negli anni venti del secolo scorso, e la sua reintroduzione fu confermata nel Codice penale del 1930 per i delitti contro la personalità dello Stato e per i più gravi delitti comuni; essa, tuttavia, fu poi nuovamente soppressa dal decreto legislativo luogotenenziale 10 agosto 1944, n. 244 e, dopo un temporaneo ripristino, come misura eccezionale e temporanea contro le più gravi forme di delinquenza, ad opera del decreto legislativo luogotenenziale 10 maggio 1945 n. 234, fu infine definitivamente abolita proprio dall'articolo 27, quarto comma, della Costituzione che, però, come ricordato ne prevede la comminazione per i casi previsti dalle leggi militari di guerra.


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Osserva poi che della eccezione al principio generale del rifiuto della pena di morte non ci si è mai avvalsi, in quanto nessuna condanna alla pena di morte è stata eseguita dopo l'entrata in vigore della Costituzione, risalendo l'ultima esecuzione al 4 marzo 1947. Ricorda poi che, in attuazione del dettato costituzionale, venne emanato il decreto legislativo 22 gennaio 1948, n. 21, che dispose l'abolizione della pena di morte prevista da leggi speciali diversa da quelle di militare e di guerra, compreso il codice penale militare di pace; più di recente, la legge 13 ottobre 1944, n. 589, ha disposto l'abolizione della pena di morte anche dal codice penale militare di guerra e dalle leggi militari di guerra e la sostituzione con la pena massima prevista dal codice penale. Ricorda poi che, come si evidenzia dalla lettura dei lavori parlamentari su tale legge, il legislatore ha voluto introdurre una formula ampia e irreversibile di abolizione della pena di morte dall'ordinamento italiano. Ripercorre quindi i tentativi di modificare l'articolo 27 della Costituzione già portati avanti senza successo nel corso della XIII e XIV legislatura. In particolare, ricorda come il 14 aprile 1999 l'Assemblea della Camera avesse approvato in prima deliberazione una proposta di legge costituzionale in materia, senza che tuttavia l'iter venisse successivamente ripreso al Senato; al riguardo, ricorda come, nella relazione per l'Assemblea il relatore Maccanico avesse affermato che quell'intervento costituiva «il punto di partenza di un comune percorso culturale e politico, che appare doveroso per i parlamentari di un paese democratico fondato sui diritti dell'uomo». Ricorda poi come anche nella scorsa legislatura, il 4 giugno 2002, la Camera dei deputati abbia approvato in prima deliberazione, con un'amplissima maggioranza, il testo unificato di cinque proposte di legge costituzionale, sottoscritte di esponenti di tutti i gruppi politici, nelle quali si prevedeva proprio la soppressione dell'eccezione contemplata dal quarto comma dell'articolo 27 della Costituzione; il testo approvato dalla Camera riprendeva quello già ricordato, approvato dallo stesso ramo del Parlamento, in prima deliberazione, nel corso della XIII legislatura. Ricorda inoltre che il testo approvato dalla Camera è stato successivamente trasmesso al Senato della Repubblica e che la Commissione Affari costituzionali del Senato ne ha concluso l'esame in sede referente il 18 dicembre 2002, senza apportare modificazioni al testo; dopo un rinvio in Commissione, l'esame si è nuovamente concluso il 2 luglio 2003, con l'approvazione di un nuovo mandato al relatore a riferire favorevolmente all'Assemblea sul testo approvato dalla Camera, senza che tuttavia l'Assemblea del Senato riuscisse ad avviare la discussione sul provvedimento entro la fine della legislatura. Osserva poi che la relazione alla proposta di legge C. 523 ripercorre in modo puntuale le iniziative assunte a livello internazionale per l'abolizione della pena di morte, in particolare su impulso dell'associazione «Nessuno tocchi Caino» e del Partito radicale transnazionale, registrando una straordinaria convergenza di maggioranza ed opposizione in Italia. A tale riguardo, ricorda che, nel 1994, una risoluzione per la moratoria fu presentata per la prima volta all'Assemblea generale dell'ONU dal primo Governo Berlusconi; tale risoluzione fu battuta per soli otto voti, ma nel 1997, su iniziativa del Governo Prodi, la Commissione dell'ONU per i diritti umani ha approvato a maggioranza assoluta una risoluzione che chiede una moratoria delle esecuzioni capitali, in vista dalla completa abolizione della pena di morte: per la prima volta un organismo delle Nazioni Unite ha ritenuto la pena di morte una questione attinente ai diritti umani e ha considerato la sua abolizione «un rafforzamento della dignità umana e un progresso dei diritti umani fondamentali». Ricorda quindi la forte riduzione del numero di Paesi membri dell'ONU in cui è ammesso il ricorso alla pena di morte, passati dai 97 del 1994 ai 55 di oggi: tale evoluzione è stata merito, tra l'altro, della campagna politica condotta dall'associazione «Nessuno tocchi Caino» e, a questo


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proposito, ricorda che domani avrà luogo la presentazione dell'annuale rapporto sull'applicazione della pena di morte curato da questa associazione. Fa quindi rinvio alla relazione alla propria proposta di legge costituzionale C. 193, che pure ripercorre le principali vicende internazionali relative alla progressiva abrogazione della pena di morte. Ricorda innanzitutto le numerose iniziative assunte dall'Unione europea ed in particolare la dichiarazione sull'abolizione della pena di morte, allegata al Trattato di Amsterdam, e la Carta dei diritti fondamentali proclamata a Nizza, la quale prevede che nessuno possa essere condannato alla pena di morte né giustiziato e che nessuno può essere estradato verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposto alla pena di morte o a trattamenti inumani o degradanti. Osserva quindi come l'abolizione della pena di morte rappresenti attualmente condizione necessaria per l'appartenenza all'Unione europea e per l'adesione all'Unione di nuovi Stati, ciò che ha portato, tra l'altro, all'abolizione della pena di morte da parte della Turchia. Passa quindi a ricordare le iniziative di carattere internazionale assunte in sedi diverse dall'Unione e, in particolare, l'importante ruolo svolto dal Consiglio d'Europa e dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa. Cita in particolare il Protocollo n. 6 alla Convenzione per la tutela dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, relativo all'abolizione della pena di morte in tempo di pace, adottato nel 1983. Il passo avanti successivo si è a suo avviso compiuto con l'adozione del Protocollo n. 13 del 2002, allegato alla Convenzione per la tutela dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, il quale prevede l'abolizione totale e indiscriminata della pena di morte, escludendo, in via di principio, anche tutti quei casi per cui tale pena poteva essere ancora prevista, contemplati nel Protocollo n. 6 alla Convenzione. Sottolinea come tale ultimo Protocollo sia attualmente aperto alla firma degli Stati membri del Consiglio d'Europa e come, al fine di poter ratificate il Protocollo, l'Italia debba prima necessariamente modificare l'articolo 27 della Costituzione, rendendo così impossibile, attraverso la legislazione di rango primario, la reintroduzione della pena capitale nel nostro ordinamento. Auspica infine che la sollecitudine con cui la Commissione ha proceduto a calendarizzare le proposte di legge costituzionali in esame consenta di varare rapidamente, pur con gli approfondimenti che la natura dell'oggetto richiede, il testo per l'Assemblea.

Luciano VIOLANTE, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Procedura per la modifica degli statuti delle regioni a statuto speciale.
C. 203 cost. Zeller, C. 980 cost. Bressa e C. 1241 cost. Boato.
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Gabriele BOSCETTO (FI), relatore, ricorda innanzitutto come nella precedente legislatura il Parlamento, nell'ambito del progetto di legge costituzionale di revisione della Parte seconda della Costituzione, avesse approvato, quasi all'unanimità, una modifica dell'articolo 116 della Costituzione, prevedendo che gli Statuti delle Regioni ad autonomia speciale e delle Province autonome fossero adottati e modificati con legge costituzionale «previa intesa con la Regione o Provincia autonoma interessata sul testo approvato dalle due Camere in prima deliberazione». Il nuovo testo dell'articolo 116 prevedeva inoltre che il diniego alla proposta di intesa potesse «essere manifestato entro tre mesi dalla trasmissione del testo, con deliberazione a maggioranza dei due terzi dei componenti del Consiglio o Assemblea regionale o del Consiglio della Provincia autonoma interessata» e che «decorso tale termine senza che sia stato deliberato il diniego, le Camere possono adottare la


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legge costituzionale». Osserva quindi che le tre proposte di legge costituzionale in esame, testualmente identiche tra loro - fatta eccezione per il disposto dell'articolo 4 della proposta C. 1241, sul quale si soffermerà in seguito - ripropongono sostanzialmente le disposizioni della citata riforma costituzionale, che come è noto non ha superato il referendum confermativo, prevedendone tuttavia l'inserimento direttamente nei cinque Statuti delle Regioni ad autonomia speciale. Aggiunge che le novelle proposte dispongono appunto che le modifiche agli Statuti di autonomia debbano essere adottate con legge costituzionale previa intesa con la Regione o con la Provincia autonoma interessata, in ossequio alla volontà di dar vita a procedure di carattere pattizio, che informava la citata riforma costituzionale. Osserva inoltre che, in base alle proposte di legge in esame, l'intesa va raggiunta sul testo approvato in prima deliberazione dalle due Camere, ai sensi dell'articolo 138 della Costituzione, e il diniego alla proposta di intesa può essere manifestato entro tre mesi dalla trasmissione del testo, con deliberazione a maggioranza dei due terzi dei componenti degli organi competenti; decorso tale termine senza che sia stato deliberato il diniego, le Camere possono approvare la legge costituzionale. Nota poi che la proposta C. 1241 si differenzia dalle altre due con riguardo alla procedura per la modifica dello Statuto speciale del Trentino-Alto Adige/Südtirol: essa richiede infatti che il diniego alla proposta di intesa sia deliberato dal Consiglio regionale a maggioranza dei due terzi dei componenti, previa conforme deliberazione dei due Consigli provinciali, anch'essa a maggioranza dei due terzi dei componenti; diversamente, secondo le altre due proposte di legge costituzionali il diniego può essere manifestato sia dal Consiglio regionale sia da ciascuno dei due Consigli provinciali. Ricorda infine che tutte le proposte in esame prevedono l'abrogazione del terzo comma dell'articolo 54 dello Statuto speciale per la Sardegna, in quanto le previsioni ivi contenute non sono compatibili con la procedura che si intende adottare. Concludendo, si interroga su l'opportunità di intervenire mediante modifica degli Statuti di autonomia ovvero, come l'attuale opposizione aveva ritenuto preferibile nella scorsa legislatura, attraverso una modifica dell'articolo 116 della Costituzione, e si riserva di esprimere la propria posizione al riguardo nel seguito dell'esame.

Luciano VIOLANTE, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 12.

ATTI DEL GOVERNO

Giovedì 20 luglio 2006. - Presidenza del presidente Luciano VIOLANTE.

La seduta comincia alle 12.

Schema di decreto ministeriale sull'accesso degli studenti stranieri all'istruzione universitaria per l'anno accademico 2006-2007.
Atto n. 11.
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame.

Maurizio TURCO (RosanelPugno), relatore, rileva che lo schema di decreto ministeriale sull'accesso degli studenti stranieri all'istruzione universitaria per l'anno accademico 2006-2007, trasmesso alla Commissione per l'espressione del parere ai sensi dell'articolo 39, comma 4, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, fissa il numero massimo di visti di ingresso per l'accesso all'istruzione universitaria e di alta formazione artistica, musicale e coreutica degli studenti stranieri per il citato anno accademico. Nota poi che il decreto in questione, il quale costituisce sostanzialmente un atto dovuto, essendo previsto dalla disposizione appena citata, fissa a 47.128 il numero dei visti che possono essere rilasciati. Alla luce del fatto che lo schema di decreto in esame non contiene elementi innovativi sotto il profili normativo e non determina oneri


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aggiuntivi sotto il profilo finanziario, formula una proposta di parere favorevole, limitandosi peraltro a segnalare, sebbene sia consapevole che tale considerazione non rientra pienamente nell'oggetto della discussione, l'opportunità che il Ministero degli Esteri individui in futuro procedure di rilascio dei visti per gli studenti stranieri più snelle delle attuali.

Khaled Fouad ALLAM (Ulivo) concorda con l'ultima osservazione del relatore e suggerisce l'opportunità di valutare, proprio al fine di rendere più snelle le procedure per il rilascio del visto, se sia possibile delegare funzionari di polizia, in servizio presso le questure, ad operare direttamente presso le sedi universitarie cui si rivolgono gli studenti stranieri.

Luciano VIOLANTE, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 12.05.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

Giovedì 20 luglio 2006.

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 12.05 alle 12.15.

AUDIZIONI INFORMALI

Giovedì 20 luglio 2006.

Audizione informale di rappresentanti dell'Unione italiana ciechi, dell'Associazione nazionale privi della vista ed ipovedenti e dell'Associazione nazionale disabili visivi nell'ambito dell'esame della proposta di legge C. 26 concernente l'Esercizio del diritto di voto da parte dei non vedenti.

L'audizione informale è stata svolta dalle 14 alle 14.25.