II Commissione - Resoconto di mercoledì 31 gennaio 2007

TESTO AGGIORNATO AL 1o FEBBRAIO 2007


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INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Mercoledì 31 gennaio 2007. - Presidenza del presidente Pino PISICCHIO. - Interviene il sottosegretario per la Giustizia Luigi Li Gotti.

La seduta comincia alle 14.30.

Pino PISICCHIO, presidente, ricorda che, ai sensi dell'articolo 135-ter, comma 5, del regolamento, la pubblicità delle sedute per lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata è assicurata anche tramite la trasmissione attraverso l'impianto televisivo a circuito chiuso. Dispone, pertanto, l'attivazione del circuito.

5-00625 Contento: Sulle indagini giudiziarie relative alla cosiddetta vicenda «Unabomber».

Manlio CONTENTO (AN), illustra la propria interrogazione, la quale si riferisce agli attentati compiuti dal famigerato «unabomber», che hanno sconvolto negli ultimi anni l'opinione pubblica. Sottolinea, in particolare, come, per cercare di individuare il responsabile, sia stato costituito un pool investigativo tra le quattro procure della Repubblica interessate (Pordenone, Udine, Treviso e Venezia), il cui coordinamento è stato affidato alle procure generali di Trieste e Venezia, evidenziando altresì come, nel corso dell'attività investigativa, si siano verificate diverse fughe di notizie, la più grave delle quali ha riguardato i risultati di una perizia, avente ad oggetto un paio di forbici assertivamente sequestrate presso il luogo di residenza dell'unico indagato di cui è conosciuta l'identità.
La difesa di quest'ultimo avrebbe dimostrato, oltre ogni dubbio, l'intervenuta manomissione di un importante reperto raccolto in occasione di un'azione criminosa che, fortunatamente, non ha avuto conseguenze. Tale manomissione parrebbe essere stata posta in essere durante le attività di indagine affidate a pubblici ufficiali e, fatto inaudito, con l'intento di poter confermare la coincidenza tra le


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tracce lasciate sul reperto e quelle prodotte dall'utilizzo delle forbici sequestrate all'indagato.
Inoltre, le fasi precedenti alla scoperta della difesa si sono contraddistinte per l'ennesima fuga di notizie, alcune delle quali facevano espresso riferimento a talune riunioni svolte dalle procure coinvolte per vagliare i risultati della corrispondenza delle tracce, acclarata dalla perizia disposta in sede di incidente preliminare. In tali circostanze, su alcuni articoli di stampa, apparivano frasi virgolettate attribuite ai capi di alcune delle procure coinvolte. Le conseguenze dell'incidente probatorio hanno messo in luce l'inconsistenza degli elementi raccolti dagli investigatori e dimostrato le commissioni di gravi reati volti a sorreggere l'ipotesi accusatoria nei confronti dell'indagato.
Tra l'altro, appare del tutto singolare che, a distanza di anni dal primo episodio attribuito ad «unabomber», i responsabili degli uffici delle procure coinvolte non abbiano raggiunto il consenso sulla competenza territoriale al fine di attribuire ad una sola di esse le conseguenti attività di indagine, ma abbiano preferito tentare un difficile coordinamento creando un apposito pool investigativo, di cui non si conoscono natura, durata, trattamento ed attività svolta.
Alla luce degli ultimi avvenimenti, vi sarebbero innumerevoli elementi per ipotizzare un intervento del Ministro competente, il quale, nel corso di un'intervista televisiva, ha dichiarato di non aver ancora deciso se assumere o meno iniziative in proposito.
Si auspica che, a distanza di diversi giorni, il Ministro abbia sciolto il dubbio, soprattutto di fronte alla gravità dell'accaduto e alla necessità di chiarire le ragioni che hanno impedito alle procure coinvolte di giungere ad un accordo, nel rispetto delle norme processuali, sulla competenza territoriale.
Ritiene quindi che vadano comunque scongiurati, per il futuro, coinvolgimenti di più procure rispetto a quella competente, che non sembrano aver giovato, nel caso specifico, ai risultati delle indagini ma, semmai, pregiudicato le medesime anche attraverso improvvide fughe di notizie.
Chiede, pertanto, se il Ministro della Giustizia non intenda disporre un'ispezione presso gli uffici giudiziari interessati allo scopo di accertare tali circostanze evitando che pubblici ufficiali coinvolti nei recenti sviluppi possano continuare ad operare con funzioni di polizia giudiziaria.

Il Sottosegretario Luigi LI GOTTI risponde all'interrogazione nei termini riportati in allegato (vedi allegato 1).

Manlio CONTENTO (AN), ringrazia il Sottosegretario per la risposta fornita, della quale peraltro si dichiara insoddisfatto. Sottolinea, infatti, come, in casi meno rilevanti per i diritti della persona, siano state disposte ispezioni nei confronti degli uffici giudiziari. È, quindi, incomprensibile il comportamento del Ministro, non solo di fronte alla gravità dell'accaduto, che ha compromesso il prestigio delle istituzioni coinvolte, ma anche con riferimento alle funzioni che risulterebbero svolte, tuttora, da ufficiali di polizia giudiziaria cui potrebbero essere addebitate responsabilità penali.
Ulteriore elemento a giustificazione della invocata ispezione va ravvisato nella ripetuta fuga di notizie circa dettagli relativi alle indagini o agli accertamenti in corso, la cui pubblicazione pare coincidere, a volte, con la scelta circa la decisione di sciogliere o mantenere il pool investigativo appositamente creato allo scopo. Inutile aggiungere che l'ispezione dovrebbe verificare anche tali circostanze con l'intento di chiarire quali iniziative siano state assunte per evitare il protrarsi di tali episodi o per quali ragioni non si sia intervenuti mantenendo inalterate le modalità organizzative di affidamento delle investigazioni.
Ancora più grave, inoltre, si appalesa la questione relativa alla competenza per territorio in ordine alla indagini sugli episodi criminosi compiuti. A fronte di specifiche disposizioni del codice di procedura penale volte a disciplinare tale aspetto, risulterebbe essere stata assunta


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una linea di «competenza concorrente» che, anche alla luce degli ultimi sviluppi, non sembra aver facilitato le investigazioni ma, anzi, averle rese più complesse con il ricorso a riunioni tra uffici diversi aumentando il rischio di fughe di notizie se non altro in occasione delle stesse.
Senza volere entrare nell'area riservata alla valutazione degli uffici giudiziari interessati, appare infine auspicabile che questi ultimi giungano ad un definitivo chiarimento sulla competenza e, conseguentemente, circa l'esigenza di mantenere ancora il pool investigativo o non piuttosto, anche alla luce dei risultati delle indagini, ricorrere ad altri moduli organizzativi diretti ad evitare il ripetersi di prassi non in linea con la riservatezza che tali compiti dovrebbero richiedere.

5-00626 Neri: Sui fondi attribuiti al Tribunale di Bolzano dal Ministero della giustizia.

Karl ZELLER (Misto-Min.ling) illustra l'interrogazione, della quale è cofirmatario, con la quale si chiede al Governo di fornire i capitoli e gli importi delle entrate a titolo di spese di giustizia e di diritti di cancelleria nonché gli importi delle pene pecuniarie inflitte e riscosse nell'ambito dei processi civili e penali del Tribunale di Bolzano e l'ammontare delle somme ad esso attribuite e delle spese effettuate dal medesimo negli ultimi 3 anni.

Il Sottosegretario Luigi LI GOTTI risponde all'interrogazione nei termini riportati in allegato (vedi allegato 2).

Karl ZELLER (Misto-Min.ling) ringrazia il Sottosegretario per la risposta fornita, della quale si dichiara soddisfatto.

La seduta termina alle 14.40.

SEDE CONSULTIVA

Mercoledì 31 gennaio 2007. - Presidenza del presidente Pino PISICCHIO. - Interviene il sottosegretario per la Giustizia Luigi Li Gotti.

La seduta comincia alle 14.40.

Sistema di informazione e sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto.
C. 445 Ascierto ed abb.
(Parere alla I Commissione).
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Alessandro MARAN (Ulivo), relatore, rileva come il testo unificato in esame, volto a riformare il sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica ed a modificare la disciplina del segreto di Stato, si componga di 44 articoli, suddivisi in sei titoli, dedicati rispettivamente alla struttura del sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica, alle disposizioni organizzative, alle garanzie funzionali, allo stato giuridico del personale e norme di contabilità, al controllo parlamentare, alla disciplina del segreto ed alle disposizioni transitorie e finali.
Sottolinea quindi come la competenza della Commissione giustizia riguardi prevalentemente le disposizioni che modificano il codice di procedura penale, nonché quelle di natura penale sostanziale.
Il testo si basa essenzialmente sui contenuti della proposta di legge C. 2070, presentata dai deputati componenti del COPACO, alla quale la Commissione Affari costituzionali ha apportato alcune significative modifiche.
Per quanto attiene ai punti più significativi del testo unificato, osserva preliminarmente che la responsabilità della politica informativa e della sicurezza è nel complesso attribuita al Presidente del Consiglio dei ministri, a cui fanno riferimento i due Servizi di sicurezza di competenza l'interna (SIN) l'altra esterna (SIE). Più in particolare, il Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica è composto dal Presidente del Consiglio dei ministri, dal Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica (CISR), dall'Autorità delegata (Ministro senza portafoglio al quale Presidente del Consiglio dei ministri può delegare le funzioni non attribuitegli in via esclusiva), ove istituita, dal Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS), dal Servizio di informazione per la sicurezza esterna (SIE), dal Servizio di informazione per la sicurezza interna (SIN).
Ai sensi dell'articolo 1, al Presidente del Consiglio dei ministri sono attribuiti, in via esclusiva, alcune competenze, tra le quali si segnalano l'alta direzione e la responsabilità generale della politica informativa e della sicurezza, nell'interesse e per la difesa della Repubblica e delle istituzioni democratiche poste dalla Costituzione a suo fondamento, l'apposizione e la tutela del segreto di Stato, nonché la conferma dell'opposizione del segreto di Stato. Il Presidente del Consiglio dei ministri provvede al coordinamento delle politiche di informazione e di sicurezza, impartisce le


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direttive e, sentito il Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica (CISR), emana ogni disposizione necessaria per la organizzazione ed il funzionamento delle attività del Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica.
Al Servizio di informazione per la sicurezza esterna (SIE) è affidato il compito di ricercare ed elaborare nei settori di competenza tutte le informazioni utili alla difesa della indipendenza, della integrità e della sicurezza della Repubblica, anche in attuazione di accordi internazionali, dalle minacce provenienti dall'estero. Spettano al SIE inoltre le attività in materia di «controproliferazione» concernenti i materiali strategici, nonché le attività di informazione di sicurezza, che si svolgono al di fuori del territorio nazionale, a protezione degli interessi politici, militari, economici, scientifici, industriali dell'Italia. È, altresì, compito del SIE individuare e contrastare al di fuori del territorio nazionale le attività di spionaggio dirette contro l'Italia e le attività volte a danneggiare gli interessi nazionali. Il SIE, che risponde al Presidente del Consiglio dei ministri, informa tempestivamente e con continuità i Ministri della difesa e degli affari esteri per i profili di rispettiva competenza.
Il Servizio di informazione per la sicurezza interna (SIN), invece, ha il compito di ricercare ed elaborare tutte le informazioni utili a difendere, anche in attuazione di accordi internazionali, la sicurezza interna della Repubblica e le istituzioni poste dalla Costituzione a suo fondamento da ogni minaccia, da ogni attività eversiva e da ogni forma di aggressione criminale o terroristica. Spettano al SIN le attività di informazione e di sicurezza, che si svolgono all'interno del territorio nazionale, a protezione degli interessi politici, militari, economici, scientifici, industriali dell'Italia. È, altresì, compito del SIN individuare e contrastare all'interno del territorio nazionale le attività di spionaggio dirette contro l'Italia e le attività volte a danneggiare gli interessi nazionali. Così come il SIE, anche il SIN risponde al Presidente del Consiglio dei ministri ed informa tempestivamente e con continuità il Ministro dell'interno per i profili di sua competenza.
Le funzioni attribuite a SIE e SIN non possono essere svolte da nessun altro ente, organismo o ufficio.
Gli articoli 14, 15 e 16 introducono nuove disposizioni nel codice di procedura penale.
In particolare, l'articolo 14 introduce l'articolo 118-bis del codice di procedura penale, avente ad oggetto la richiesta di copie di atti e di informazioni da parte del Presidente del consiglio dei ministri. Secondo tale disposizione il Presidente del Consiglio dei ministri, può ottenere dall'autorità giudiziaria competente, anche in deroga al divieto stabilito dall'articolo 329, direttamente o a mezzo del direttore generale del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, copie di atti di procedimenti penali e informazioni scritte sul loro contenuto ritenute indispensabili per lo svolgimento delle attività connesse alle sue funzioni e, in particolare, per le esigenze anche ispettive dei servizi di sicurezza. L'autorità giudiziaria può altresì trasmettere le copie e le informazioni anche di propria iniziativa. Ai medesimi fini l'autorità giudiziaria può autorizzare l'accesso diretto di funzionari delegati dal Direttore generale del DIS al registro delle notizie di reato anche se tenuto in forma automatizzata.
Ulteriore modifica al codice di procedura penale è prevista dall'articolo 15, volto ad inserirvi l'articolo 256-bis, che disciplina l'acquisizione di documenti, atti o altra cosa da parte dell'autorità giudiziaria presso le sedi dei servizi di sicurezza. Si prevede che in tali casi l'autorità giudiziaria procede personalmente sul posto all'esame della documentazione e acquisisce agli atti quella strettamente indispensabile ai fini dell'indagine. Nell'espletamento di tale attività, l'autorità giudiziaria può avvalersi della collaborazione di ufficiali di polizia giudiziaria. Opportunamente si prevede che quando ha fondato motivo di ritenere che i documenti, gli atti o le cose esibite non siano quelle richieste o siano incomplete, l'autorità giudiziaria


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informa il Presidente del Consiglio dei ministri, che provvede a disporre la consegna di ulteriori atti o, se ne ricorrono i presupposti, a confermare l'inesistenza di ulteriori documenti, atti o di altre cose. Nelle ipotesi previste dall'articolo in esame, il Presidente del Consiglio dei ministri autorizza l'acquisizione del documento, dell'atto o della cosa ovvero conferma il segreto di Stato entro sessanta giorni dalla trasmissione. Se il Presidente del Consiglio dei ministri non si pronuncia in tale termine, l'autorità giudiziaria acquisisce il documento, l'atto o la cosa.
L'articolo 16 introduce nel codice di rito l'articolo 256-ter, secondo cui quando devono essere acquisiti documenti, in originale o in copia, per i quali il responsabile dell'ufficio detentore eccepisce il segreto di Stato, l'esame e la consegna dei documenti sono sospesi; i documenti sono sigillati in appositi contenitori e trasmessi prontamente al Presidente del Consiglio dei ministri. In questi casi, il Presidente del Consiglio dei ministri autorizza l'acquisizione del documento, dell'atto o della cosa ovvero conferma il segreto di Stato entro sessanta giorni dalla trasmissione. Se il Presidente del Consiglio dei ministri non si pronuncia entro tale termine, l'autorità giudiziaria acquisisce il documento, l'atto o la cosa.
Nel titolo III viene espressamente disciplinata la possibilità per gli appartenenti agli organismi di intelligence di porre in essere determinate tipologie di condotte illecite, necessarie per esigenze di sicurezza nazionale (articolo 17). A tal fine si prevede una specifica autorizzazione (articolo 18), di competenza del Presidente del Consiglio dei ministri. In casi di assoluta necessità e urgenza, l'autorizzazione può essere preventivamente rilasciata dal direttore del servizio, ma deve essere ratificata dal Presidente del Consiglio dei ministri. L'autorizzazione costituisce una speciale causa di giustificazione, che può essere fatta valere dinanzi all'autorità giudiziaria (articolo 19). Le eventuali violazioni sono sanzionate penalmente (articolo 20). Al comma 4 dell'articolo 17 sono poste le condizioni che possono giustificare la commissione di reati, stabilendo che la speciale causa di giustificazione si applica quando le condotte sono poste in essere nell'esercizio o a causa di compiti istituzionali dei servizi di sicurezza, in attuazione di un'operazione deliberata e documentata ai sensi dell'articolo 18 e secondo le norme organizzative del Sistema di informazione per la sicurezza nonché quando sono indispensabili per il conseguimento degli obiettivi dell'operazione, che non siano altrimenti perseguibili, e risultano proporzionate agli obbiettivi in base ad una compiuta valutazione e comparazione degli interessi pubblici e privati coinvolti.
In nessun caso possono essere autorizzati reati specificamente diretti a mettere in pericolo o a ledere la vita, l'integrità fisica, la personalità individuale, la libertà personale, la libertà morale, la salute o l'incolumità delle persone. La speciale causa di giustificazione non si applica, altresì, ai reati di attentato contro organi costituzionali e contro le assemblee regionali, di cui all'articolo 289 del codice penale, agli attentati contro i diritti politici del cittadino, di cui all'articolo 294 del codice penale, ai delitti contro l'amministrazione della giustizia, salvo che si tratti di condotte di favoreggiamento personale o reale indispensabili alle finalità istituzionali dei servizi di sicurezza e poste in essere nel rispetto rigoroso delle procedure fissate dall'articolo 18, sempre che tali condotte di favoreggiamento non si realizzino attraverso false dichiarazioni all'autorità giudiziaria e non cagionino intenzionalmente uno sviamento degli accertamenti da questa disposti. Inoltre, si specifica che le attività previste nell'articolo 17 «non possono essere svolte nei confronti di sedi di partiti politici rappresentati in Parlamento, di sedi di organizzazioni sindacali, ovvero nei confronti di giornalisti professionisti iscritti all'albo».
Come si è detto, l'articolo 19 disciplina l'opposizione della speciale causa di giustificazione all'autorità giudiziaria. Questa viene effettuata dal direttore del Servizio interessato. In questo caso, il procuratore della Repubblica interpella immediatamente


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il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che sia data conferma della sussistenza dell'autorizzazione. Gli atti delle indagini sul fatto e quelli relativi alla opposizione sono separati e iscritti in apposito registro riservato, per essere custoditi secondo modalità che ne tutelino la segretezza. Quando l'esistenza della speciale causa di giustificazione in esame è opposta nel corso dell'udienza preliminare o del giudizio, il Presidente del Consiglio dei ministri è interpellato dal giudice che procede.
Se il Presidente del Consiglio dei ministri conferma l'esistenza della speciale causa di giustificazione, il procuratore della Repubblica dispone la trasmissione in archivio degli atti, da custodire secondo modalità, determinate dallo stesso procuratore, che ne tutelino la segretezza; il giudice, a seconda dei casi, pronuncia sentenza di non luogo a procedere o di assoluzione. Analoga procedura di custodia degli atti viene seguita quando è sollevato il conflitto di attribuzione fino a che il conflitto non si sia risolto.
Quando l'esistenza della speciale causa di giustificazione è eccepita dall'appartenente ai servizi di sicurezza al momento dell'arresto in flagranza o dell'esecuzione di una misura cautelare, l'esecuzione del provvedimento è sospesa e la persona è accompagnata dalla polizia giudiziaria nei propri uffici per esservi trattenuta per il tempo strettamente necessario ai primi accertamenti e comunque non oltre ventiquattro ore, salvo che in tale termine non sia pervenuta la conferma del direttore del servizio interessato. In questo caso la persona è trattenuta negli uffici della polizia giudiziaria sino a quando perviene la conferma del direttore del servizio interessato. Il comma 11 prevede che, se necessario, il procuratore della Repubblica chiede conferma al Presidente del Consiglio dei Ministri che conferma o smentisce l'esistenza della causa di giustificazione entro dieci giorni dalla richiesta. Se la conferma non interviene nel termine indicato, essa si intende negata e l'autorità giudiziaria procede secondo le ordinarie disposizioni. È da chiedersi se, ai sensi dell'articolo 13 della Costituzione, la persona possa essere trattenuta oltre 48 ore senza che nel frattempo non sia intervenuta la convalida del fermo da parte dell'autorità giudiziaria.
L'articolo 20 introduce una nuova figura di reato nel caso vi sia una condotta di preordinazione illegittima delle condizioni per il rilascio dell'autorizzazione di cui all'articolo 18, stabilendo che questa sia punita con la reclusione da due a cinque anni. Considerata la gravità del fatto potrebbe essere opportuno prevedere un pena edittale più elevata.
Altra disposizione rientrante nella competenza della Commissione giustizia è l'articolo 27, che si riferisce alla tutela del personale nel corso di procedimenti giudiziari. Si prevede che quando, nel corso di un procedimento giudiziario, devono essere assunte le dichiarazioni di un addetto ai servizi di informazione, l'autorità giudiziaria procedente adotta ogni possibile tutela della persona che deve essere esaminata, tra le quali anche la videoconferenza.
Vi è poi una disposizione che interviene anche sulla materia delle intercettazioni. L'articolo 28, infatti, stabilisce che l'autorità giudiziaria, quando abbia acquisito, tramite intercettazioni, comunicazioni di servizio di appartenenti al Sistema di informazione per la sicurezza e non ricorra l'esigenza di prevenire o interrompere la commissione di uno o più delitti, trasmette la documentazione acquisita al Presidente del Consiglio dei ministri al fine di sapere se alcune delle notizie acquisite siano coperte dal segreto di Stato. Il presidente del Consiglio dei ministri risponde entro dieci giorni. Trascorso tale termine, si intende che le comunicazioni non siano coperte da alcun segreto.
Il titolo IV ha per oggetto il controllo parlamentare.
Viene istituito il Comitato parlamentare per la sicurezza nazionale, composto da cinque deputati e cinque senatori. Il Comitato dispone sostanzialmente di poteri assimilabili a quelli delle Commissioni parlamentari d'inchiesta: procede ad audizioni, effettua ispezioni o sopralluoghi,


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acquisisce tutta la documentazione e gli elementi informativi ritenuti di interesse. Non può essere opposto al Comitato il segreto istruttorio (si prevede una disposizione di identico tenore di quella prima richiamata in relazione alla Commissione antimafia), nè quello d'ufficio, nè quello bancario o professionale (salvo quello tra difensore ed assistito).
L'articolo 36 stabilisce che i componenti del Comitato, i funzionari e il personale di qualsiasi ordine e grado addetti al Comitato stesso e tutte le persone che collaborano con il Comitato oppure che vengono a conoscenza, per ragioni d'ufficio o di servizio, dell'attività del Comitato sono tenuti al segreto relativamente alle informazioni acquisite, anche dopo la cessazione dell'incarico. Tuttavia, al contrario di quanto previsto per le Commissioni di inchiesta non si è ritenuto opportuno introdurre una disposizione penale volta a prevedere l'applicazione dell'articolo 326 del codice penale in caso di violazione del segreto. In effetti, tale disposizione è comunque applicabile quando colui che abbia violato l'obbligo del segreto possa essere considerato pubblico ufficiale od incaricato di un pubblico servizio. Per evitare dubbi interpretativi sull'applicabilità della disposizione e per consentire la sua applicazione a tutti i soggetti tenuti al segreto (non tutti rientrano nelle categorie di pubblico ufficiale od incaricato di un pubblico servizio) potrebbe essere opportuno inserire nel testo un richiamo all'articolo 326 del codice penale.
Il titolo V stabilisce una nuova disciplina del segreto di Stato, che deve essere finalizzato alla difesa delle istituzioni democratiche poste dalla Costituzione a fondamento della Repubblica, al libero esercizio delle funzioni degli organi costituzionali, alla indipendenza dell'Italia rispetto ad altri Stati, alla tutela degli interessi economico-finanziari strategici per la collettività, al corretto svolgimento delle relazioni con altri Stati e con organizzazioni internazionali, alla difesa delle istituzioni e alla sicurezza militare, anche nell'ambito di missioni internazionali. La nuova nozione di segreto di Stato appare essere eccessivamente lata e non strettamente finalizzata all'obiettivo di limitarne il ricorso ai soli casi in cui esso sia effettivamente indispensabile per la tutela dell'integrità e dell'indipendenza della Repubblica, la difesa delle istituzioni democratiche, la tutela degli interessi economici della collettività, il corretto svolgimento delle relazioni con altri Stati e con organizzazioni internazionali, la difesa della Patria e la sicurezza militare, anche nell'ambito di missioni internazionali. In particolare, suscita più di una perplessità l'allargamento della nozione di segreto di Stato agli interessi economico-finanziari strategici per la collettività.
La responsabilità e la competenza per l'apposizione, l'opposizione e la tutela del segreto di Stato compete al Presidente del Consiglio dei ministri. Ordinariamente il vincolo cessa decorsi quindici anni dalla sua apposizione, o, in mancanza di questa, dall'opposizione; tuttavia, il Presidente del Consiglio dei ministri può disporre che tale durata sia protratta, fino a raddoppiarsi. Analogamente, il Presidente del Consiglio dei ministri può disporre la cessazione anticipata del vincolo quando ritenga siano venute meno le esigenze che ne determinarono l'apposizione. In nessun caso possono essere oggetto di segreto di Stato fatti eversivi dell'ordine costituzionale, fatti costituenti reato di devastazione, saccheggio o strage diretta ad attentare alla sicurezza dello Stato, strage semplice o associazione di tipo mafioso. Coerentemente con tali princìpi, sono modificate alcune disposizioni del codice di procedura penale in materia di opposizione e conferma del segreto di Stato.
In particolare, è stato sostituito l'articolo 202 del codice di procedura penale avente ad oggetto il segreto di Stato.
In primo luogo si stabilisce che la disciplina del segreto di Stato non si applica solo ai testimoni, come attualmente previsto dal codice di procedura penale, ma anche all'indagato ed all'imputato. Anche costoro hanno il divieto di riferire riguardo a fatti coperti dal segreto di Stato. In caso di opposizione del segreto, l'autorità giudiziaria ne informa il


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Presidente del Consiglio dei ministri, ai fini dell'eventuale conferma, sospendendo ogni iniziativa volta ad acquisire la notizia oggetto del segreto. Qualora il segreto sia confermato e per la definizione del processo risulti necessaria la conoscenza di quanto coperto da segreto di Stato, il giudice dichiara non doversi procedere per l'esistenza del segreto di Stato. Se entro sessanta giorni dalla notificazione della richiesta il Presidente del Consiglio dei ministri non dà conferma del segreto, l'autorità giudiziaria acquisisce la notizia e provvede per l'ulteriore corso del procedimento. L'opposizione del segreto di Stato, confermata con atto motivato dal Presidente del Consiglio dei ministri, inibisce all'autorità giudiziaria l'acquisizione e l'utilizzazione, anche indiretta, delle notizie coperte dal segreto. Al fine poi di recepire un principio affermato dalla giurisprudenza costituzionale, il testo prevede che, anche in caso di opposizione del segreto di Stato, non è in ogni caso precluso all'autorità giudiziaria di procedere in base a elementi del tutto autonomi e indipendenti dagli atti, documenti e cose coperte dal segreto.
All'articolo 204 si prevede che non possono essere oggetto del segreto previsto dagli articoli 201, 202 e 203 fatti, notizie, documenti, cose relative a condotte poste in essere, da parte degli appartenenti ai servizi di sicurezza, in violazione della disciplina concernente la speciale causa di giustificazione prevista per attività del personale dei servizi di sicurezza.
L'articolo 40 ha per oggetto le classifiche di segretezzaattribuite per circoscrivere la conoscenza di informazioni, documenti, atti, attività, cose ai soli soggetti che abbiano necessità di accedervi e siano perciò abilitati, in ragione delle proprie funzioni istituzionali. Il sistema delle classifiche di segretezza finora è stato affidato a un sistema di norme secondarie. Le classifiche attribuibili sono: segretissimo, segreto, riservatissimo, riservato. Le classifiche sono effettuate sulla base dei criteri ordinariamente seguiti nelle relazioni internazionali. Chi appone la classifica di segretezza individua, all'interno di ogni atto o documento, le parti che devono essere classificate e fissa specificamente il grado di classifica corrispondente ad ogni singola parte. La classifica di segretezza è automaticamente declassificata a livello inferiore quando sono trascorsi cinque anni dalla data di apposizione; decorso un ulteriore periodo di cinque anni, cessa ogni vincolo di classifica. Qualora l'autorità giudiziaria ordini l'esibizione di documenti classificati per i quali non sia opposto il segreto di Stato, gli atti sono consegnati all'autorità giudiziaria richiedente, che ne cura la conservazione con modalità che ne tutelino la riservatezza, garantendo il diritto delle parti nel procedimento a prenderne visione senza estrarne copia.
Si riserva quindi di formulare, all'esito del dibattito che si svolgerà in Commissione, una compiuta proposta di parere.

Pino PISICCHIO, presidente, sottolinea la delicatezza della materia oggetto del provvedimento, evidenziando talune delle problematiche più rilevanti poste dal testo in esame, con particolare riferimento agli articoli 14, 19 e 39.

Gino CAPOTOSTI (Pop-Udeur) segnala l'esistenza di un'ulteriore questione, sottolineando come l'articolo 5, comma 3, inspiegabilmente, non contempli il Ministro della giustizia.

Gaetano PECORELLA (FI) rileva come il provvedimento in esame presenti, oltre a quelli già evidenziati, molti ulteriori aspetti che meriterebbero di essere attentamente approfonditi, risultando pertanto del tutto inadeguati i tempi ristretti a disposizione della Commissione. Inoltre, se si fossero tenuti in considerazione gli ambiti di competenza della Commissione giustizia, quest'ultima sarebbe stata chiamata ad esprimere, quantomeno, un parere «rinforzato» ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis del Regolamento della Camera.

Enrico BUEMI (RosanelPugno) concorda sul fatto che il provvedimento ponga


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numerose e delicate questioni, il cui esame richiederebbe molto più tempo rispetto a quello a disposizione della Commissione. Evidenzia, in particolare, come il provvedimento presenti un gran numero di disposizioni che sembrano rientrare prevalentemente nel tipico ambito di competenza della Commissione giustizia.

Paolo GAMBESCIA (Ulivo) si associa alle considerazioni testé svolte, poiché molti aspetti del provvedimento coinvolgono intensamente la competenza della II Commissione, la quale, soprattutto in materia di diritto e procedura penale, ha il precipuo compito di definire i limiti ed i confini del rispetto dei diritti individuali. Esprime, inoltre, perplessità su talune disposizioni e, in particolare, su quella che prevede l'intervento dei servizi segreti nell'ambito delle materie economiche e finanziarie.

Pino PISICCHIO, presidente, con riferimento alle osservazioni dell'onorevole Pecorella, fa presente come un'eventuale richiesta di nuova assegnazione del provvedimento ai sensi dell'articolo 73 comma 1-bis del Regolamento, dovrebbe essere deliberata dalla Commissione.

Silvio CRAPOLICCHIO (Com.It) ritiene inopportuna una simile proposta, anche perché la Conferenza dei presidenti di gruppo ha fissato per lunedì 5 febbraio l'inizio della discussione generale in Assemblea.

Gaetano PECORELLA (FI) ribadisce come il provvedimento incida sensibilmente sul codice penale e sul codice di procedura penale, oltre a disciplinare una parte importante dei rapporti fra Magistratura e Governo. Sottolinea quindi come la tendenza, particolarmente evidente in questa legislatura, ad attribuire alla Commissione giustizia, in sede consultiva, provvedimenti che invece dovrebbero essere assegnati in sede referente, risulti confermata nel caso di specie, poiché il provvedimento in esame avrebbe dovuto essere assegnato in sede referente alle Commissioni riunite affari costituzionali e giustizia. Allo stato, pertanto, l'unica soluzione praticabile per restituire alla Commissione giustizia, sia pure in minima parte, le proprie prerogative, appare quella di richiedere una nuova assegnazione ai sensi dell'articolo 73 comma 1-bis.
Nel replicare all'onorevole Crapolicchio, osserva altresì come una deliberazione della Conferenza dei presidenti dei gruppi dovrebbe porsi in secondo piano di fronte all'esigenza di esaminare, nei modi e con i tempi appropriati, un provvedimento tanto delicato e idoneo ad incidere così sensibilmente sui diritti della persona.

Pierluigi MANTINI (Ulivo) condivide l'esigenza, espressa dall'onorevole Pecorella, di assumere iniziative per restituire alla Commissione giustizia la pienezza del proprio ambito di competenza, ma ritiene che occorra un maggiore senso della misura. Ritiene, infatti, che il provvedimento in esame sia prevalentemente di competenza della Commissione affari costituzionali, e che, in tale Commissione, lo stesso sia stato esaminato in modo adeguato e con l'ampia partecipazione di tutti i gruppi. In linea di principio, riterrebbe condivisibile anche l'idea secondo la quale la Commissione giustizia potrebbe essere chiamata a rendere un parere cosiddetto «rinforzato», ma solo a condizione che tale soluzione, dal punto di vista procedurale, fosse in grado di incidere sull'iter del provvedimento, consentendo di ottenere tempi maggiori per l'esame in Commissione.

Enrico BUEMI (RosanelPugno) concorda sul fatto che il provvedimento avrebbe potuto essere assegnato in sede referente alle Commissioni riunite affari costituzionali e giustizia, in considerazione delle numerose disposizioni che rientrano nella prevalente competenza della Commissione giustizia.

Pino PISICCHIO, presidente, fa presente come la materia della riforma dei servizi segreti, in base al Regolamento della Camera e dalla circolare del Presidente della


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Camera del 16 ottobre 1986, rientri senz'altro nella competenza prevalente della Commissione affari costituzionali benché, nel provvedimento in esame, siano riscontrabili numerose sovrapposizioni con le competenze della Commissione giustizia.
Precisa quindi come, proprio in considerazione del marcato coinvolgimento delle competenze della Commissione giustizia, si potrebbe anche richiedere che la stessa venga chiamata a rendere un parere «rinforzato» ai sensi dell'articolo 73 comma 1-bis, ma tale richiesta, ove formulata e approvata dalla Commissione, verosimilmente non inciderebbe sull'iter del provvedimento e sulla relativa calendarizzazione in Assemblea.

Nino MORMINO (FI) condivide le preoccupazioni sulla ristrettezza dei tempi a disposizione della Commissione in ordine all'esame del testo unificato elaborato dalla I Commissione, il quale interviene in maniera rilevante anche su una serie di disposizioni penali di natura sia sostanziale che processuale. Si tratta di disposizioni che attengono in maniera diretta alla competenza della Commissione Giustizia, la quale avrebbe dovuto esaminarle in sede referente, anche se in congiunta con la Commissione Affari costituzionali, piuttosto che in sede consultiva.

Gino CAPOTOSTI (Pop-Udeur) ritiene che la questione posta dall'onorevole Pecorella abbia una valenza istituzionale piuttosto che politica, in quanto ha per oggetto una sostanziale riduzione delle competenze che il Regolamento attribuisce alla Commissione Giustizia, alla quale è di fatto sottratta la possibilità di procedere ad un esame adeguato ed approfondito delle complesse questioni oggetto del testo trasmesso dalla Commissione Affari costituzionali, nonostante che queste rientrino pienamente nella competenza esclusiva della Commissione Giustizia. Se non vi sono i tempi per una nuova assegnazione a Commissioni riunite delle proposte di legge in materia di riforma del sistema di informazione e sicurezza della Repubblica e di disciplina del segreto, ritiene che almeno tali proposte siano assegnate alla Commissione in sede consultiva ai fini dell'espressione di un parere rinforzato. A parte le questioni relative al riparto di competenza tra le Commissioni, ritiene opportuno che il Presidente della Commissione Giustizia evidenzi, in occasione dell'esame del testo unificato da parte dell'Assemblea, che la Commissione, a causa della ristrettezza dei tempi a propria disposizione, non è stata messa nelle condizioni di esprimere un parere pienamente consapevole su tutte le questioni in materia di giustizia che il testo solleva. Ritiene, inoltre, opportuno che il Presidente della Commissione sottoponga al Presidente della Camera la possibilità di un eventuale rinvio dell'inizio dell'esame del testo unificato da parte dell'Assemblea. Ciò consentirebbe alla Commissione Giustizia di affrontare in maniera adeguata l'esame del testo unificato trasmesso dalla Commissione Affari costituzionali.

Pino PISICCHIO, presidente, con riferimento alle osservazioni dell'onorevole Capotosti, fa presente come la richiesta debba essere presentata ai presidenti dei gruppi parlamentari.

Lanfranco TENAGLIA (Ulivo) sottolinea come la Commissione affari costituzionali abbia svolto un esame molto approfondito, con il contributo di tutti i gruppi. Rileva quindi come al momento qualsiasi questione di competenza appaia tardiva, sottolineando come ora la priorità sia quella di dare un contributo approfondito nei tempi stabiliti. Dichiara pertanto la propria contrarietà alla proposta dell'onorevole Pecorella.

Gaetano PECORELLA (FI) ritiene che l'onorevole Capotosti abbia sollevato delle questioni importanti. Ribadisce quindi che il provvedimento avrebbe dovuto essere assegnato in sede referente alle Commissioni riunite I e II, atteso che il codice penale ed il codice di procedura penale, sui quali il provvedimento incide sensibilmente, sono senza dubbio di competenza


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della Commissione giustizia. Fa quindi presente come, delle 44 norme che compongono il disegno di legge, ben 16 incidano sul diritto penale e processuale, ritenendo pertanto inaccettabile che la Commissione giustizia sia chiamata ad esprimere un mero parere e che sia costretta ad esprimerlo nel giro di poche ore.
Contesta quindi le osservazioni dell'onorevole Tenaglia, il quale afferma che la Commissione dovrebbe comportarsi come se niente fosse, ritenendo piuttosto preferibile che la stessa non renda alcun parere, allo scopo di dare un segnale forte all'Assemblea. Inoltre, non condivide l'affermazione secondo la quale la Commissione di merito avrebbe svolto un esame approfondito, non avendo ad esempio neanche affrontato la questione della possibile correità del presidente del Consiglio. In tale contesto sarebbe quanto mai opportuno un approfondito esame da parte della Commissione giustizia.

Pino PISICCHIO, presidente, precisa ulteriormente come la richiesta, ove approvata dalla Commissione, di una nuova assegnazione del provvedimento ai sensi dell'articolo 73 comma 1-bis del Regolamento della Camera, non garantisca affatto alcun prolungamento dei tempi previsti per l'esame del provvedimento e sottolinea come i cosiddetti pareri «rinforzati» assumano una particolare forza vincolante solo nel caso in cui il provvedimento sia esaminato in sede legislativa dalla Commissione di merito.

Pierluigi MANTINI (Ulivo) sottolinea come la predetta richiesta di assegnazione, non essendo in grado di incidere sull'iter e sui tempi di esame del provvedimento, abbia un valore meramente politico.

Federico PALOMBA (IdV) ritiene evidente la prevalenza dei profili di competenza della Commissione affari costituzionali sul provvedimento, sottolineando come la relativa assegnazione effettuata dal Presidente della Camera non sia contestabile e come, in effetti, la stessa non sia stata sinora da nessuno contestata. Pur considerando eccessivamente ristretti i tempi a disposizione della Commissione per l'esame del provvedimento, ritiene comunque inutile e velleitaria una proposta di assegnazione di assegnazione ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis.

Nino MORMINO (FI) sottolinea la necessità di tempi ben maggiori per formulare un parere consapevole su un provvedimento di tale portata, sottolineando come tale problema prescinda completamente dal tipo di parere, rinforzato o meno, che la Commissione è chiamata a rendere.

Daniele FARINA (RC-SE) valuta favorevolmente la soluzione ipotizzata dall'onorevole Pecorella.

Pierluigi MANTINI (Ulivo) condivide le motivazioni alla base della richiesta dell'onorevole Pecorella ma, nel caso di specie, preannuncia il proprio voto contrario poiché ritiene prevalente l'esigenza di rispettare il calendario.

Gaetano PECORELLA (FI) formula una richiesta di nuova assegnazione del provvedimento in esame ai sensi dell'articolo, 73, comma 1-bis, del Regolamento.

Pino PISICCHIO, presidente, pone in votazione la richiesta dell'onorevole Pecorella.

La Commissione respinge la richiesta dell'onorevole Pecorella.

Gaetano PECORELLA (FI) preso atto della deliberazione della Commissione e ritenendo che il ruolo della Commissione giustizia e dei singoli deputati che la compongono risulti gravemente svilito, non solo dalla mera assegnazione in sede consultiva del provvedimento in esame, ma anche dalla ristrettezza dei tempi per l'esame dello stesso, preannuncia che il gruppo di Forza Italia non parteciperà ai successivi lavori della Commissione sul provvedimento in titolo.


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Enrico BUEMI (RosanelPugno) esprime sincero rammarico per la decisione dell'onorevole Pecorella, sottolineando come la delicatezza della materia richieda, sia pure nell'ambito dei tempi a disponibili, l'attiva partecipazione di tutti i gruppi.

Enrico COSTA (FI) ritiene intollerabile che in troppe occasioni la Commissione giustizia sia tenuta in scarsa considerazione ed invita l'ufficio di presidenza ad assumere una decisa posizione in merito.

Pino PISICCHIO, presidente, esprime vivo rammarico per la decisione assunta dal gruppo di Forza Italia, facendo peraltro presente che la Commissione continuerà ad esaminare il provvedimento, cercando di utilizzare nel modo più proficuo il tempo a disposizione. Con riferimento alle osservazioni dell'onorevole Costa, ricorda come le questioni attinenti al rispetto degli ambiti di competenza e del lavoro della Commissione giustizia siano sempre state oggetto delle proprie attenzioni e preoccupazioni. Rileva tuttavia come talvolta i lavori delle Commissioni si svolgano in tempi ristretti e concitati e come, ciò nonostante, le Commissioni siano tenute ad esercitare comunque le proprie competenze. Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 16.20.

COMITATO DEI NOVE

Disposizioni in materia di intercettazioni telefoniche.
C. 1638 ed abb./A.

Il Comitato si è riunito dalle 16.20 alle 16.30.

AVVERTENZA

I seguenti punti all'ordine del giorno non sono stati trattati:

SEDE REFERENTE

Disposizioni in materia di incompatibilità dell'esercizio della professione di avvocato per i dipendenti pubblici.
C. 615 Mazzoni.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI