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PDL 2

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2



 

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PROPOSTA DI LEGGE
D'INIZIATIVA POPOLARE

Delega al Governo per l'emanazione di una disciplina organica a sostegno delle organizzazioni non profit operanti per finalità di pubblico interesse o di pubblica utilità

Presentata alla Camera dei deputati nella XIV legislatura il 24 settembre 2001 e mantenuta all'ordine del giorno ai sensi dell'articolo 107, comma 4, del Regolamento


      

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Onorevoli Deputati! - Il non profit in Italia nasce da una tradizione secolare, che affonda le radici nelle grandi istituzioni caritative, educative e sanitarie sorte in Italia nel medioevo. Una tradizione che, a partire dalla seconda metà dell'800, si è espressa in opere sociali, anche di natura economico-finanziaria, promosse dalle formazioni sociali (società di mutuo soccorso, scuole, casse di risparmio, eccetera). Anzi si può sostenere con certezza che questa straordinaria tensione creativa e creatrice abbia consentito lo sviluppo di quella «welfare society» ossia la possibilità che l'uomo risponda ai bisogni di altri uomini, secondo quanto affermato dal principio di sussidiarietà. Sostenere la necessità del rispetto della sussidiarietà nella legislazione vigente e in quella futura significa difendere, attraverso un riconoscimento di metodo e non per concessione, un'esperienza di privato sociale fortemente radicata in Italia che ha prodotto e produce benessere sociale.
      Nell'indagine sul terzo settore, portata avanti dalla XII Commissione (Affari sociali) della Camera dei deputati nel corso della XIII legislatura e presentata pubblicamente a tutto il mondo non profit il 27 febbraio 2001, è infatti emerso il dato di fatto che il fenomeno del non profit rappresenta ormai una realtà rilevante dal punto di vista economico e sociale del nostro Paese. Si tratta di una realtà che ha assunto connotazioni molto diversificate e difficilmente delimitabili e, proprio per questo, richiede uno sforzo di comprensione attento e puntuale nei suoi diversi aspetti. All'interno dell'ampia definizione di non profit convivono, ciascuna
 

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con le proprie specificità, le organizzazioni di volontariato (legge n. 266 del 1991), che possono assumere la connotazione giuridica che ritengono più appropriata, purché essa sia compatibile con lo scopo solidaristico, devono avere una struttura interna democratica ed essere iscritte in appositi registri tenuti dalle regioni; le cooperative sociali (legge n. 381 del 1991), che agiscono nei settori sanitari, socio-assistenziali ed educativi perseguendo un fine che è esterno al gruppo sociale che le costituisce, essendo orientato alla promozione umana ed alla integrazione sociale dei cittadini; le organizzazioni non governative (legge n. 49 del 1987) che hanno la finalità di svolgere attività di cooperazione allo sviluppo in favore delle popolazioni del terzo mondo; le associazioni di promozione sociale (legge n. 383 del 2000); le ONLUS (decreto legislativo n. 460 del 1997, che regolamenta dal punto di vista tributario gli enti non commerciali e le organizzazioni senza scopo di lucro).
      La realtà quindi che viene fuori, dal punto di vista dell'ordinamento giuridico, è quella di diverse normative che disciplinano i molteplici profili con i quali le attività del terzo settore risultano intrecciate (quello fiscale piuttosto che quello civilistico, quello delle politiche sociali piuttosto che quello del rapporto con i poteri pubblici).
      Insieme a questi aspetti, si deve registrare però anche un'ampia parte di questo mondo che non è disciplinato direttamente da norme legislative: si pensi, ad esempio, alla mancanza di una normativa che regolamenti l'impresa sociale.
      Tutto ciò comporta spesso la disomogeneità e la mancanza di coordinamento di tutta l'attività del terzo settore, cosicché emerge, come riconosciuto anche dall'indagine della Commissione sopra citata, l'esigenza di una disciplina organica della materia, capace di andare oltre il carattere settoriale dei provvedimenti legislativi vigenti.
      Questo è il motivo che spinge a presentare una proposta di legge che regoli in maniera omogenea tutto il settore, con il presupposto che solo dando effettiva dignità al non profit, in un contesto di reale sussidiarietà orizzontale, si potrà permettere lo sviluppo del terzo settore.
      La proposta di legge presentata definisce il mondo del non profit in base a tre requisiti: il primo è che le organizzazioni non profit possano disporre di patrimonio e reddito; il secondo è che a differenza dell'impresa profit, il soggetto non profit non possa distribuire gli utili di esercizio ai propri soci; il terzo requisito è il riconoscimento al soggetto non profit della capacità di svolgere servizi di pubblica utilità.
      L'articolo 1 delega il Governo a emanare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi che omogeneizzino le attuali normative di settore.
      In particolare, come previsto dall'articolo 2, il Governo deve definire, sulla scorta di diversi elementi, lo status di organizzazione non profit, disciplinarne i contenuti, prevedere un regime fiscale agevolato e regolare le condizioni alle quali le organizzazioni non profit possono svolgere attività d'impresa.
 

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PROPOSTA DI LEGGE
D'INIZIATIVA POPOLARE

Art. 1.
(Delega al Governo).

      1. Il Governo è delegato ad emanare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi recanti un'innovativa ed organica disciplina delle organizzazioni giuridiche che, comunque denominate e regolate dalla vigente legislazione speciale di riferimento, risultino contraddistinte dall'attuazione, anche in forma indiretta, di finalità o servizi di pubblico interesse o di pubblica utilità nonché dall'assenza di finalità lucrative a diretto vantaggio dei partecipanti.

Art. 2.
(Princìpi e criteri direttivi).

      1. Il Governo esercita la delega conferita ai sensi dell'articolo 1 sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) definire lo status di «organizzazione non profit», sulla scorta di elementi giuridici, economico-sociali ed organizzativi in grado di preservare, comunque, la specificità propria degli organismi di promozione sociale, di volontariato e di cooperazione sociale;

          b) prevedere una disciplina uniforme delle organizzazioni non profit per quanto attiene in particolare a:

              1) definizione dello scopo e dei settori d'intervento;

              2) vincolo di non ridistribuzione degli utili;

              3) divieto di distribuzione del patrimonio anche alla cessazione dell'organizzazione;

 

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              4) individuazione delle diverse tipologie organizzative, nel rispetto delle specificità indicate alla lettera a);

              5) articolazione giuridica di organizzazioni parallele e complesse;

              6) obbligo d'informazione contabile e doveri fiduciari degli amministratori;

              7) impugnazioni delle delibere dell'assemblea e dell'organo amministrativo;

              8) trasformazione e scioglimento;

          c) prevedere un nuovo regime agevolato per le organizzazioni non profit che svolgono attività di utilità sociale, diretto a garantire un sistema di esenzioni fiscali in rapporto al servizio sociale svolto;

          d) prevedere un sistema di integrale deducibilità fiscale delle erogazioni liberali effettuate in favore delle organizzazioni;

          e) regolare le condizioni alle quali le organizzazioni non profit possono svolgere attività d'impresa tenuto conto, in particolare, dei seguenti aspetti:

              1) iscrizione nel registro delle imprese presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura;

              2) tenuta dei libri contabili ed obbligo di redazione del bilancio;

              3) attività economica prevalente;

              4) pubblicità della situazione patrimoniale;

              5) affidamento dei terzi creditori;

              6) responsabilità degli amministratori;

              7) stato d'insolvenza;

          f) prevedere condizioni uniformi per l'utilizzo, anche mediante forme agevolate, di personale dipendente, di lavoratori interinali e di collaboratori a carattere coordinato e continuativo.

Art. 3.
(Intese e pareri).

      1. Sullo schema di decreto legislativo di cui all'articolo 1 sono acquisiti i pareri

 

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della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e delle rappresentanze delle organizzazioni non profit; lo schema è successivamente trasmesso alle Camere per l'espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari, che si pronunciano entro un mese dalla data di assegnazione.
      2. Le regioni adeguano la propria disciplina ai princìpi del decreto legislativo di cui al comma 1 entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del medesimo.


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