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PDL 151

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 151



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato SPINI

Modifiche al codice penale militare di pace in materia di reati contro la persona

Presentata il 28 aprile 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - La Commissione difesa della Camera dei deputati, durante la XIII legislatura, ha svolto un'indagine conoscitiva in materia di episodi di violenza e qualità della vita nelle caserme nell'ambito della quale è stato, tra l'altro, messo a fuoco il problema della perseguibilità degli autori di episodi di «nonnismo».
      Da una parte si è sostenuta la necessità che il fenomeno del «nonnismo» trovi una regolamentazione penale differenziata rispetto alle altre fattispecie previste dalla normativa vigente, stabilendo che il compimento di atti di «nonnismo» sia punito in modo specifico, o come figura di reato a sé o come circostanza aggravante. Andrebbe pertanto verificata la praticabilità di una modifica del vigente quadro normativo, che fornisca il necessario strumento penale per la repressione di comportamenti improntati a «nonnismo».
      A tale riguardo, sono state proposte alcune soluzioni.
      Si è ipotizzato di configurare un autonomo reato di «nonnismo», operando sul codice penale militare di pace (nella forma della novella legislativa), mediante l'introduzione di uno o più articoli nel capo III del titolo IV del libro secondo, recante norme sui reati contro la persona (articoli 222 e seguenti del codice penale militare di pace). L'inserimento nel corpo del codice consentirebbe di qualificare le nuove figure come reato militare, secondo la nozione formale fornita dall'articolo 37 del codice penale militare di pace, e, nel contempo, garantirebbe l'applicazione anche a tali nuovi reati delle disposizioni generali del medesimo codice, in un'ottica di organicità e coerenza del sistema. La nuova norma, nel qualificare il reato, dovrebbe essere formulata nel senso di prevedere che ricorre il «nonnismo» in
 

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tutti i casi in cui il militare, che offende un altro militare, si avvale della forza intimidatrice derivante dalla maggiore anzianità di servizio.
      Si è anche proposta una modifica del codice penale militare di pace, nel senso di sancire, pur senza alcun riferimento esplicito agli atti di «nonnismo», una sorta di «militarizzazione» del reato di violenza privata, con l'inserimento nel codice penale militare di pace di tale nuova figura, analogamente a quanto avviene per il codice penale comune, prima del reato di minaccia di cui all'articolo 229 del codice penale militare di pace. La modifica dovrebbe prevedere che il militare che, con violenza o minaccia o con abuso del grado o della maggiore anzianità in servizio, costringe altro militare a fare, tollerare od omettere qualcosa, sia punito con la reclusione militare.
      È peraltro necessaria, accanto alla norma generale, un'aggravante facoltativa, da applicare su valutazione del giudice, in considerazione della gravità in concreto del fatto e della sostanziale plurioffensività del reato militare. La prospettata soluzione sarebbe preferibile in quanto non implicherebbe la cristallizzazione normativa della nozione di «atti di nonnismo», ma lascerebbe alla giurisprudenza il compito di individuare le fattispecie concrete di «nonnismo» rilevanti penalmente, discriminando - compito di non facile portata - i comportamenti di cosiddetta «goliardia», ammissibili e tollerabili anche nella vita militare, dagli atti di prevaricazione tout court, meritevoli di essere sanzionati penalmente.
      Va inoltre segnalato che, con riferimento ad entrambe le soluzioni, è stata comunque rilevata l'assoluta opportunità di inserire un'aggravante speciale consistente nel compimento del fatto da parte di più militari riuniti, in quanto tale circostanza concretizza una forte soggezione del soggetto debole e rende, in definitiva, maggiormente anti-giuridico il fatto stesso.
      Vi è poi la questione relativa all'articolo 260 del codice penale militare di pace, che prevede la procedibilità dei reati solo su segnalazione del comandante di corpo. Su tale argomento sono state presentate, nella XIII legislatura, diverse proposte di legge di iniziativa parlamentare, che sembrano prospettare una duplice soluzione:

          a) una prima ipotesi prospetta l'idea di modificare radicalmente la disposizione di cui al citato articolo 260, prevedendo che l'azione giudiziaria sia procedibile d'ufficio o, comunque, a richiesta del soggetto o dei soggetti lesi;

          b) un'altra ipotesi, invece, prevede di integrare l'attuale formulazione dell'articolo 260, aggiungendo, in via alternativa, alla richiesta di procedimento da parte del comandante, la condizione di procedibilità costituita dalla querela del soggetto leso.

      Entrambe le soluzioni sembrerebbero idonee a colmare una evidente lacuna dell'ordinamento, che si era evidenziata già da diversi anni, allorché l'istituto della richiesta di procedimento era stato portato al vaglio della Corte costituzionale per la ritenuta illegittimità, con la sola notazione che sembrerebbe eccessivo stabilire la procedibilità d'ufficio anche per fatti cosiddetti «bagattellari» (quali ingiurie tra pari grado e simili), che ben possono sottostare alla decisione della parte di volere o meno la punibilità penale.
      Nella presente proposta di legge si cerca di raccordare le suesposte indicazioni integrando le disposizioni di cui agli articoli 222 e seguenti del codice penale militare di pace in materia di reati contro la persona con aggravanti specifiche che consentano di identificare come più grave il reato commesso con l'abuso del grado o della maggiore anzianità di servizio o da due o più militari riuniti, circostanze che caratterizzano quasi tutti gli episodi di «nonnismo».
      Si propone altresì di introdurre il nuovo articolo 228-bis per consentire di punire anche la violenza privata commessa con abuso del grado o della maggiore anzianità di servizio o da due o più militari riuniti, con un particolare aggravamento

 

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della pena nel caso in cui si tratti di reati di natura sessuale. Tale disposizione si rende necessaria in considerazione dell'ammissione del personale femminile nei ruoli delle Forze armate.
      Le ultime disposizioni sono volte a prevedere che la procedibilità per i reati di cui agli articoli 222 e seguenti del codice penale militare di pace consegua anche a querela di parte, oltre che su iniziativa del comandante del corpo o del reparto, introducendo peraltro la punibilità della persona che esercita funzioni di polizia giudiziaria militare la quale omette o ritarda di denunciare all'autorità giudiziaria militare una notizia di reato militare di cui sia venuta a conoscenza a causa o nell'esercizio delle sue funzioni, in analogia a quanto previsto dall'articolo 361 del codice penale.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Dopo il primo comma dell'articolo 222 del codice penale militare di pace è inserito il seguente:

      «Se il fatto di cui al primo comma è commesso con abuso della maggiore anzianità di servizio, si applica la reclusione militare fino a due anni. La stessa pena si applica se il reato è commesso da due o più militari riuniti».

Art. 2.

      1. All'articolo 223 del codice penale militare di pace sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al secondo comma, le parole: «dieci giorni» sono sostituite dalle seguenti: «venti giorni»;

          b) dopo il secondo comma è inserito il seguente:

      «Se il fatto di cui al primo comma è commesso con abuso della maggiore anzianità di servizio, si applica la reclusione militare da sei mesi a tre anni. La stessa pena si applica se il reato è commesso da due o più militari riuniti».

Art. 3.

      1. All'articolo 224 del codice penale militare di pace è aggiunto, in fine, il seguente comma:

      «Se i fatti di cui al primo comma sono commessi con abuso della maggiore anzianità di servizio, si applicano le corrispondenti pene stabilite dal codice penale. La stessa pena si applica se il reato è commesso da due o più militari riuniti».

 

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Art. 4.

      1. Dopo il terzo comma dell'articolo 226 del codice penale militare di pace è aggiunto il seguente:

      «Se il fatto è commesso con abuso della maggiore anzianità di servizio, la pena è raddoppiata. La stessa pena si applica se il reato è commesso da due o più militari riuniti».

Art. 5.

      1. Dopo il primo comma dell'articolo 227 del codice penale militare di pace è inserito il seguente:

      «Se il fatto è commesso con abuso del grado o della maggiore anzianità di servizio, la pena è aumentata di un anno. La stessa pena si applica se il reato è commesso da tre o più militari riuniti».

Art. 6.

      1. Dopo l'articolo 228 del codice penale militare di pace è inserito il seguente:

      «Art. 228-bis. - (Violenza privata). - Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il militare che con violenza o minaccia o abuso del grado o della maggiore anzianità in servizio costringe altro militare a fare, tollerare od omettere qualcosa è punito con la reclusione militare fino a due anni.
      Se la vittima è costretta a fare o tollerare atti sessuali la pena è triplicata.
      La stessa pena si applica se il reato è commesso da due o più militari riuniti».

Art. 7.

      1. Dopo il secondo comma dell'articolo 229 del codice penale militare di pace è inserito il seguente:

      «Se il fatto è commesso con abuso della maggiore anzianità di servizio, la

 

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pena è aumentata di sei mesi. La stessa pena si applica se il reato è commesso da due o più militari riuniti».

Art. 8.

      1. Dopo il secondo comma dell'articolo 260 del codice penale militare di pace è inserito il seguente:

      «I reati previsti dagli articoli 222, 223, secondo e terzo comma, 224, 226, 227, 228-bis e 229 sono perseguibili anche a querela della persona offesa».

Art. 9.

      1. All'articolo 100 del codice penale militare di pace è aggiunto, in fine, il seguente comma:

      «La persona che esercita le funzioni di polizia giudiziaria militare la quale omette o ritarda di denunciare all'autorità giudiziaria militare una notizia di reato militare di cui sia venuta a conoscenza a causa o nell'esercizio delle sue funzioni è punita con la reclusione militare da uno a tre anni».    


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