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PDL 267

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 267



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato LUMIA

Modifiche alla legge 31 maggio 1965, n. 575, in materia di azione di prevenzione patrimoniale e di attribuzioni del procuratore nazionale e del procuratore distrettuale antimafia

Presentata il 28 aprile 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - La consapevolezza della centralità del contrasto patrimoniale alla criminalità organizzata e mafiosa deve continuare ad impegnare le istituzioni e la società civile nella continua ricerca degli strumenti più moderni ed efficaci per colpire le ricchezze accumulate dalla mafia.
      A tale riguardo, significative, sono state le iniziative promosse dal Parlamento e dal Governo nel corso della XIII legislatura, al fine di aggiornare e definire concrete proposte di riforma dell'apparato normativo del contrasto patrimoniale alle mafie, anche sulla scorta dell'esperienza e dell'opera delle organizzazioni e dei soggetti del volontariato oltreché degli orientamenti della giurisprudenza e della dottrina.
      In tale quadro vanno considerati i contributi di analisi e di elaborazione proposti dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare della XIII e della XIV legislatura nelle relazioni presentate al Parlamento e approvate quasi sempre all'unanimità.
      Fondamentale, poi, è stato il lavoro della Commissione per la ricognizione e il riordino della normativa di contrasto alla criminalità organizzata, presieduta dal professore Giovanni Fiandaca, e istituita con decreto dell'allora Ministro della giustizia, professore Giovanni Maria Flick, il 15 ottobre 1998. Parte di quel lavoro, peraltro, era confluito nella proposta di legge, presentata nella XIII legislatura, recante «Nuove disposizioni contro la mafia» (atto Camera n. 2779), mirata alla riforma dell'articolo 416-bis (associazione di tipo mafioso) e dell'articolo 416-ter (scambio elettorale politico-mafioso) del codice penale e dell'articolo 12-sexies (ipotesi particolari di confisca) del decreto-legge
 

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n. 306 del 1992, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 356 del 1992, anch'essa di iniziativa del gruppo Democratici di sinistra-Ulivo.
      Anche la Direzione nazionale antimafia, ha avanzato alcune ipotesi di integrazione e di modifica della normativa vigente, con riguardo all'esercizio dell'azione di prevenzione patrimoniale e ai soggetti ad essa legittimati.
      Si tratta di soluzioni auspicate dalla magistratura e ampiamente condivise dalla dottrina, ma è di particolare rilievo il fatto che quella autorità giudiziaria, forte di un osservatorio privilegiato sul fenomeno e ricca di efficaci esperienze di contrasto alle mafie, abbia ritenuto di formalizzare e di raccomandarle all'attenzione del legislatore.
      Con la presente proposta di legge, che fa proprio il lavoro svolto dalla Direzione nazionale antimafia, riteniamo di offrire al Parlamento una valida base di discussione al fine di dare veste normativa a innovazioni necessarie per dare risposta adeguata alle esigenze di riforma del settore.

Modifica dell'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575.

      Venendo al merito specifico delle modifiche legislative, va anzitutto proposta la fondamentale modifica dell'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575.
      La certezza che la nuova frontiera del contrasto alla criminalità organizzata è costituita dall'aggressione dei patrimoni illeciti deve indurre il legislatore a operare scelte che incidano profondamente anche nel sistema dei princìpi. In quest'ottica, proprio per sperimentare l'impegno di tutte le forze politiche che siedono in Parlamento nel contrasto alla criminalità organizzata, è necessario affermare esplicitamente nel sistema normativo delle misure di prevenzione un principio di fondamentale rilevanza, cioè quello dell'obbligatorietà dell'azione di prevenzione che, al pari dell'obbligatorietà dell'azione penale, non lascerebbe spazio al pubblico ministero per scelte discrezionali nell'intervento di prevenzione sia personale che patrimoniale.
      L'azione di prevenzione dovrebbe dunque essere esercitata obbligatoriamente e d'ufficio nei confronti degli indiziati dei reati tassativamente indicati alla medesima disposizione.
      Una ulteriore modifica dell'articolo 1 attiene alle figure di reato per le quali è obbligatoria l'azione di prevenzione.
      Si propone così non solo il riordino dell'elenco dei reati inserendo nella disposizione originaria dell'articolo 1 anche quelli indicati in altre disposizioni normative, ma se ne aggiungono altri, idonei, secondo la comune esperienza, a generare e accumulare ricchezza illecita. In effetti si tratta di fattispecie già inserite dal legislatore nell'elenco dei reati alla cui condanna, in presenza di altri presupposti, consegue l'applicazione della confisca prevista dall'articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356.
      Si elencano dunque, oltre a tutti i reati previsti dall'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale (i cosiddetti delitti di criminalità organizzata) il reato di associazione per finalità di contrabbando; il reato di cui all'articolo 12-quinquies del decreto-legge n. 356 del 1992 citato; i reati commessi per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell'ordine costituzionale; gli altri reati relativi agli stupefacenti e al contrabbando.

Modifica all'articolo 2 della legge 31 maggio 1965, n. 575.

      La seconda modifica riguarda l'attribuzione al procuratore distrettuale antimafia del potere di proposta della misura di prevenzione personale, che ovviamente potrà essere esercitato in relazione ai reati per i quali egli già può svolgere indagini ai sensi dell'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale.
      Una siffatta innovazione risponde anche a ragioni sistematiche, essendo già

 

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previsto il potere di proposta del procuratore nazionale. Ovviamente il potere del procuratore nazionale e di quello distrettuale dovrà essere esercitato d'intesa tra loro per evidenti ragioni di coordinamento e di razionalizzazione delle iniziative.

Modifiche agli articoli 2-bis, 2-ter, 3-bis, 3-ter, 3-quater e 10-quater della legge 31 maggio 1965, n. 575.

      Una ratio sostanzialmente identica ispira la proposta di modifica all'articolo 2-bis. Non si comprende infatti per quale ragione non sia stato affidato al procuratore nazionale antimafia il potere di proporre l'applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali dal momento che gli è stato attribuito il potere di proposta della misura di prevenzione personale. L'esclusione è apparsa priva di ragionevolezza anche alla più autorevole dottrina(cfr. P. V. Molinari - «Titolari dell'azione di prevenzione con riferimento alle misure patrimoniali. Il procuratore nazionale antimafia dimezzato  ?» - in Cass. Pen. 1998, 607, pagg. 964 e segg.). Così come irragionevole è apparsa, alla luce della logica che ha ispirato l'istituzione delle direzioni distrettuali antimafia, l'esclusione del procuratore distrettuale antimafia dal novero delle autorità legittimate ad avanzare la proposta di applicazione delle misure di prevenzione.
      Si è ritenuto, perciò, sia per le ragioni sistematiche esposte sia per la necessità di rendere più frequente e più incisivo l'uso di tale strumento di contrasto alla criminalità organizzata, di inserire fra le autorità legittimate a propone l'applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali il procuratore nazionale antimafia e il procuratore distrettuale antimafia, ai quali, per ragioni funzionali all'esercizio del potere loro affidato, deve anche essere attribuito il potere di svolgere le necessarie indagini patrimoniali finalizzate, appunto, alla individuazione dei patrimoni illeciti.
      La corrispondente modifica dovrà apportarsi conseguentemente alle disposizioni di cui agli articoli 2-ter, 3-bis, 3-ter, 3-quater e 10-quater.
      Invero, l'esclusione del procuratore nazionale antimafia dal novero dei soggetti legittimati a promuovere l'azione di prevenzione in materia patrimoniale appare ancora più irragionevole solo che si tenga conto che al suo ufficio affluiscono tutte le informazioni in materia di criminalità organizzata ed esso, già per tale sola ragione, può ritenersi l'ufficio più idoneo per l'individuazione dei patrimoni illecitamente accumulati.
      Non possono di certo condividersi le critiche e le preoccupazioni di coloro i quali ritengono che, attribuendo simili poteri al procuratore nazionale antimafia, si creerebbe un ufficio del pubblico ministero centralizzato e invasivo rispetto agli uffici di procura periferici.
      A tal proposito va osservato che i rilievi mossi sono davvero infondati sia perché non tengono conto del fatto che nel sistema normativo vigente la titolarità della richiesta delle misure di prevenzione (personali e patrimoniali) e il potere di svolgere indagini e accertamenti è attribuito, oltre che al procuratore della Repubblica presso il tribunale del circondario dove dimora abitualmente la persona per la quale si richiede la misura di prevenzione, al questore competente per territorio, e finora nessuno ha ritenuto invasivo, rispetto agli uffici di procura, il potere di indagine e di richiesta attribuito ad un organo di polizia, né di ciò qualcuno si è mai lamentato, sia perché il procuratore nazionale antimafia, lungi dall'invadere la sfera delle attribuzioni delle procure ordinarie e distrettuali, potrebbe esercitare la propria funzione di coordinamento anche nella materia delle misure di prevenzione, coordinando appunto l'attività di tali procure sia nella fase acquisitiva di tutti gli elementi conoscitivi necessari per la formulazione della proposta sia nella fase di presentazione della stessa, svolgendo in tal modo anche una funzione di «supporto» degli uffici periferici del pubblico ministero.
      L'esercizio di tale funzione appare quanto mai necessario rispetto a quegli

 

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uffici giudiziari che, per carenze di organico o per gli assorbenti impegni sul versante della repressione penale, non sono in grado di dedicare l'attenzione che merita al versante della prevenzione.
      Il sistema delineato assicurerebbe una completa e tempestiva attività di contrasto delle organizzazioni criminali svolta contestualmente sul duplice fronte dell'esercizio dell'azione penale e della promozione dell'azione di prevenzione da parte degli uffici di procura e della direzione nazionale antimafia, secondo le rispettive attribuzioni.
      L'approvazione della modifica proposta consentirebbe di disporre di uno strumento che, coordinato con quello dei procuratori distrettuali e con quello di cui già fruiscono i procuratori della Repubblica e i questori, potrebbe incrementare considerevolmente l'acquisizione delle ricchezze mafiose che, com'è noto, esplicano un «effetto attrattivo» verso le cosche - specie in contesti caratterizzati da grave disagio sociale - ed inquinano l'economia legale.
      In ordine poi al rilievo secondo cui sarebbe inopportuno attribuire al procuratore nazionale antimafia il potere di svolgere le indagini finalizzate alla proposta della misura di prevenzione, derivando da una simile attribuzione una centralizzazione dell'ufficio del pubblico ministero, si osserva che le cosiddette «indagini patrimoniali» finalizzate alle misure di prevenzione sono cosa diversa dalle «indagini preliminari» e con esse non possono essere assolutamente confuse.
      Le indagini patrimoniali da svolgere per l'individuazione dei patrimoni illeciti, in realtà, hanno natura di «accertamenti», e questi vengono espletati, tranne alcuni casi come il sequestro di documentazione, con forme e modalità diverse dagli atti di indagine previsti dal codice di procedura penale.
      Resta comunque il fatto che molti degli «accertamenti patrimoniali» (ad esempio l'accesso ai dati e alle informazioni delle conservatorie dei registri immobiliari, della Motorizzazione civile, delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, dell'Anagrafe tributaria, eccetera) già ora non sono affatto preclusi al procuratore nazionale antimafia, il quale può effettuarli, per il coordinamento investigativo e per la repressione dei reati, ai sensi dell'articolo 371-bis, comma 3, lettera c), del codice di procedura penale, attraverso l'acquisizione e l'elaborazione di notizie, informazioni e dati attinenti alla criminalità organizzata.
      Senza dire, poi, che l'intervento della direzione nazionale antimafia nel settore potrebbe rivelarsi particolarmente utile non soltanto come «supplenza», laddove la magistratura impegnata nel settore penale è costretta a trascurare quello della prevenzione, ma anche nella individuazione dei beni che, pur nella disponibilità di un medesimo soggetto, si possono trovare in luoghi diversi. E ciò in virtù proprio della «competenza» della direzione nazionale antimafia estesa su tutto il territorio nazionale.
      Merita infine segnalare che l'articolo 13 della legge n. 146 del 2006, con cui è stata ratificata la Convenzione delle Nazioni Unite contro il crimine trasnazionale, ha già recentemente esteso al procuratore distrettuale antimafia le competenze del procuratore della Repubblica e del questore in oggetto, sia pure solo per i reati, appunto, trasnazionali. L'intervento qui proposto, da questo punto di vista, si pone quindi in una linea di continuità con quanto già deliberato dal Parlamento nella scorsa legislatura.
      Si propone, infine, la modifica dell'articolo 2-ter, primo comma, nella parte in cui esso stabilisce che «il tribunale, ove necessario, può procedere ad ulteriori indagini oltre quelle già compiute a norma dell'articolo precedente».
      La formulazione proposta è nel senso che il tribunale, ove necessario, «può indicare al pubblico ministero ulteriori indagini, oltre quelle già compiute ai sensi dell'articolo 2-bis, fissando il termine entro il quale esse devono essere svolte».
      La modifica servirebbe non soltanto a snellire il procedimento ma a modellare la vigente disposizione del procedimento
 

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di prevenzione, che com'è noto si svolge in camera di consiglio, al paradigma processuale del nuovo codice di procedura penale, e più precisamente alla disposizione prevista dall'articolo 421-bis dello stesso codice, in virtù della quale il giudice dell'udienza preliminare può ordinare l'integrazione delle indagini preliminari indicando al pubblico ministero quelle ulteriori da svolgere, fissando il termine per il loro compimento, e alla disposizione di cui all'articolo 409, comma 4, del medesimo codice, a mente della quale il giudice per le indagini preliminari, a seguito della udienza fissata per decidere sulla richiesta di archiviazione non immediatamente accolta, se ritiene necessarie ulteriori indagini, le indica con ordinanza al pubblico ministero, fissando il termine indispensabile per il compimento di esse.
      Infatti, nel nuovo processo penale, tranne specifici e tassativi casi di integrazione probatoria affidata al giudice (articoli 422 e 507 del codice di procedura penale), il potere di svolgere indagini è affidato esclusivamente al pubblico ministero.
      L'intervento proposto si rende, dunque, necessario per coordinare e rendere più coerente il sistema complessivo, essendo evidente che il legislatore nel formulare il testo vigente si è ispirato all'impianto del previgente codice di procedura penale.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. L'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «Art. 1. - 1. L'azione di prevenzione è obbligatoria e si esercita d'ufficio, ai sensi delle disposizioni di cui alla presente legge, nei confronti degli indiziati di appartenere ad associazioni di tipo mafioso, alla camorra o ad altre associazioni, comunque localmente denominate, che perseguono finalità o agiscono con metodi corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso.
      2. La presente legge si applica anche nei confronti degli indiziati di appartenere alle associazioni di cui all'articolo 74 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, alle associazioni di cui all'articolo 291-quater del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, introdotto dall'articolo 1 della legge 19 marzo 2001, n. 92; degli indiziati dei reati di cui agli articoli 629, 630, 644, 648, esclusa la fattispecie di cui al secondo comma, 648-bis, 648-ter del codice penale, e all'articolo 12-quinquies, comma 1, del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, ovvero di taluno dei delitti commessi per finalita di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell'ordine costituzionale; di taluno dei delitti previsti dagli articoli 73, esclusa la fattispecie di cui al comma 5, del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive

 

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modificazioni; di taluno dei delitti in materia di contrabbando, nei casi di cui all'articolo 291-ter, comma 2, e nei casi di cui all'articolo 295, secondo comma, del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, e successive modificazioni; di taluno degli altri reati indicati all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale».

Art. 2.

      1. All'articolo 2, comma 1, della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, dopo le parole: «possono essere proposte dal procuratore nazionale antimafia,» sono inserite le seguenti: «dal procuratore distrettuale antimafia,».

Art. 3.

      1. All'articolo 2-bis della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 1 sono premesse le seguenti parole: «Il procuratore nazionale antimafia, il procuratore distrettuale antimafia,»;

          b) al comma 4, dopo le parole: «sottratti od alienati,» sono inserite le seguenti: «il procuratore nazionale antimafia, il procuratore distrettuale antimafia,»;

          c) al comma 6 sono premesse le seguenti parole: «Il procuratore nazionale antimafia, il procuratore distrettuale antimafia,».

Art. 4.

      1. All'articolo 2-ter della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al primo comma, le parole da: «può procedere» fino alla fine del comma

 

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sono sostituite dalle seguenti: «può indicare al pubblico ministero ulteriori indagini, oltre quelle già compiute ai sensi dell'articolo 2-bis, fissando il termine entro il quale esse devono essere svolte»;

          b) al secondo comma, secondo periodo, dopo le parole: «A richiesta» sono inserite le seguenti: «del procuratore nazionale antimafia, del procuratore distrettuale antimafia,»;

          c) al sesto comma, primo periodo, dopo le parole: «su richiesta» sono inserite le seguenti: «del procuratore nazionale antimafia, del procuratore distrettuale antimafia,»;

          d) al settimo comma, dopo le parole: «su proposta» sono inserite le seguenti: «del procuratore nazionale antimafia, del procuratore distrettuale antimafia,».

Art. 5.

      1. Al settimo comma dell'articolo 3-bis della legge 31 maggio 1965, n. 575, dopo le parole: «su richiesta» sono inserite le seguenti: «del procuratore nazionale antimafia, del procuratore distrettuale antimafia,».

Art. 6.

      1. Al primo comma dell'articolo 3-ter della legge 31 maggio 1965, n. 575, dopo le parole: «al procuratore generale presso la corte di appello,» sono inserite le seguenti: «al procuratore nazionale antimafia, al procuratore distrettuale antimafia,».

Art. 7.

      1. All'articolo 3-quater della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 1, dopo le parole: «non ricorrono i presupposti per l'applicazione delle misure di prevenzione di cui all'articolo 2,»

 

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sono inserite le seguenti: «il procuratore nazionale antimafia, il procuratore distrettuale antimafia,»;

          b) al comma 5, dopo le parole: «sottratti o alienati,» sono inserite le seguenti: «il procuratore nazionale antimafia, il procuratore distrettuale antimafia,».

Art. 8.

      1. Al secondo comma dell'articolo 10-quater della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, dopo le parole: «su richiesta» sono inserite: «del procuratore nazionale antimafia, del procuratore distrettuale antimafia,».


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