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PDL 653

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 653



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato TUCCI

Modifica all'articolo 64 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di incompatibilità tra la carica di consigliere comunale e provinciale e quella di assessore nella rispettiva giunta

Presentata il 10 maggio 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - Com'è noto, il testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ha raccolto tutta la normativa di riferimento, frammentata in varie leggi, relativa ai comuni e alle province.
      Era questa l'occasione per intervenire non solo con un coordinamento formale, ma anche per apportare modifiche sostanziali ad alcuni articoli che, nell'applicazione della realtà quotidiana, sono risultati non idonei a tutelare contrapposti interessi e diritti.
      In particolare, l'articolo 64 (corrispondente all'abrogato articolo 25 della legge n. 81 del 1993) testualmente prevede che: «1. La carica di assessore è incompatibile con la carica di consigliere comunale e provinciale.
      2. Qualora un consigliere comunale o provinciale assuma la carica di assessore nella rispettiva Giunta, cessa dalla carica di consigliere all'atto dell'accettazione della nomina, ed al suo posto subentra il primo dei non eletti».
      La ratio di detta incompatibilità (che non si comprende per quale privilegio non coinvolge anche il consigliere regionale) consiste nella volontà del legislatore di separare le funzioni del consiglio, quale organo di indirizzo politico amministrativo, e quelle della giunta, quale organo di esecuzione e gestione.
      L'incompatibilità per il consigliere nominato assessore si sana mediante dimissioni, ossia l'azzeramento totale, per sempre, di un suo status di diritto che gli deriva da investitura diretta del popolo, per cinque anni. È da tenere presente,
 

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inoltre, che un forte suffragio spesso esprime la volontà politico-popolare di indicare l'eletto quale soggetto di gestione e quindi componente della giunta.
      L'obbligo di rassegnare le dimissioni appare però rimedio troppo drastico, sproporzionato rispetto alle finalità di separazione dei ruoli dei due organi che il legislatore ha inteso perseguire, illegittimo e quasi macchiato di incostituzionalità, perché pone il consigliere eletto, nel momento in cui eventualmente opta per l'ingresso in giunta, in condizioni diverse, di diritto e psicologiche, rispetto ad un terzo, non consigliere, il quale per accettare l'incarico assessorile non deve definitivamente rinunciare al suo status.
      Infatti, nel caso di soggetto non consigliere, per il quale però sussiste una diversa incompatibilità con l'incarico assessorile, la disuguaglianza di trattamento in presenza di un identica fattispecie pare ancora più evidente.
      Si consideri, ad esempio, la nomina ad assessore di chi rientra in varie altre ipotesi di incompatibilità previste dalla legge (ad esempio, perché capo di polizia, commissario di governo, prefetto, dipendente pubblico, eccetera): tale soggetto nell'accettare l'incarico in questione supera l'incompatibilità mediante il collocamento in aspettativa, ossia senza «rinunce definitive», ma conservando il diritto a riprendere le sue funzioni terminato l'incarico assessorile.
      La disuguaglianza di trattamento consiste proprio in questo: la legge, di fronte a una stessa esigenza (incompatibilità di funzioni), a un cittadino richiede la «soppressione e cessazione» di un diritto, a un altro la semplice «sospensione» corrispondente alla durata dell'incarico.
      Se poi si tiene conto che l'incarico assessorile è revocabile ad nutum da parte del sindaco, e quindi potenzialmente temporaneo e precario, il sacrificio di cui sopra, di rinuncia definitiva per dimissioni al diritto di essere consigliere, appare ancora di più una costrizione eccessiva ed esagerata.
      Premesse queste considerazioni, si ritiene giusto che la norma sia modificata nel senso che il consigliere comunale o provinciale nel momento in cui accetta l'incarico assessorile sia sospeso ex lege e il primo dei non eletti della stessa lista sia chiamato alla sua supplenza per la durata della causa di sospensione.
      L'incompatibilità, quindi, deve essere eliminata non mediante cessazione della carica di consigliere per dimissioni (e quindi con perdita definitiva del diritto) ma per sospensione ex lege e, di conseguenza, con diritto al rientro in consiglio comunale all'atto dell'eventuale revoca da parte del sindaco o per dimissioni volontarie dell'assessore.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Il comma 2 dell'articolo 64 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è sostituito dal seguente:

      «2. Qualora un consigliere comunale o provinciale assuma la carica di assessore nella rispettiva giunta, resta sospeso dalla carica di consigliere dal momento dell'accettazione della nomina ad assessore e per tutto il periodo della sua durata. Il consiglio, nella prima adunanza successiva all'accettazione della nomina, procede alla sua temporanea sostituzione affidando la supplenza per l'esercizio delle funzioni di consigliere al primo dei non eletti. La supplenza ha termine con la cessazione dalla carica di assessore, sia che essa avvenga per revoca da parte del sindaco che per dimissioni volontarie».

      2. La presente legge si applica anche ai consiglieri comunali o provinciali già divenuti assessori, purché ancora in carica alla data della sua entrata in vigore.


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