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CAMERA DEI DEPUTATI
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N. 265 |
Premessa.
La proposta di legge mira ad una regolamentazione equilibrata del conflitto fra la pretesa dello Stato di avocare a sé i patrimoni illecitamente costituiti e le esigenze di tutela di quanti abbiano avuto rapporti giuridici con l'indiziato di appartenenza ad associazioni mafiose, confidando senza colpa nel suo patrimonio. Infatti, lo sviluppo delle organizzazioni mafiose e il carattere invasivo assunto dalla loro penetrazione nel «mercato» fanno sì che il sequestro e la confisca coinvolgano categorie sempre più vaste di soggetti che, di fatto, finiscono con il subire, senza colpa alcuna, gli effetti della misura di prevenzione patrimoniale.
La necessità di fare «terra bruciata» attorno alle cosche, chiudendo ogni varco all'espansione economica delle organizzazioni mafiose, non può implicare, in un Paese fondato su princìpi di diritto codificato, che si possa prescindere del tutto dalla tutela dei terzi incolpevoli. La compressione dei diritti dei terzi di buona fede, frutto di una visione ad modum belli del diritto penale, finendo con il negare anche istituti e consolidati princìpi giuridici civilistici, ostacola la certezza dei traffici giuridici e accentua le diffidenze verso il sistema complessivo della prevenzione. La mancanza di un chiaro intervento normativo sul tema rende poi arduo e faticoso il compito quotidiano degli operatori giuridici; rende imprevedibili le decisioni giurisdizionali; comporta paralisi gestionali dei beni sequestrati (o addirittura definitivamente confiscati), foriere di dispersione di rilevanti ricchezze sociali; determina situazioni conflittuali sul piano sociale, che hanno ricadute negative per la formazione di una cultura favorevole alla lotta alle organizzazioni criminali di tipo mafioso.
La tutela dell'affidamento dei terzi di buona fede va però assicurata tenendo sempre presenti il rischio che il mafioso possa avvalersi di meri prestanome, che vantino fittiziamente diritti sui beni sottoposti alla misura reale, al fine di riottenerne il controllo; e, soprattutto, la evenienza che, consentendo al creditore incolpevole di soddisfarsi sul patrimonio del proposto, si consenta pure che siano portate a termine operazioni di «riciclaggio» di danaro di provenienza illecita.
In ciò, nel potenziale conflitto tra interessi di carattere generale e interessi meramente privatistici, quantunque giuridicamente e socialmente rilevanti, è il difficile equilibrio in cui si muove la proposta di legge.
Articolo 1.
L'articolo 1 si occupa, sul piano sostanziale, delle situazioni soggettive attive tutelate e delle ulteriori condizioni necessarie perché sia assicurato il soddisfacimento dei diritti vantati dai terzi sui beni del debitore vincolati al sequestro antimafia. I terzi in questione sono ovviamente diversi da quelli contemplati dall'articolo 2-ter della legge n. 575 del 1965, il quale, disponendo che siano chiamati ad intervenire nel procedimento di prevenzione i terzi cui risultino appartenere i beni sottoposti a sequestro, si riferisce a quanti siano titolari di diritti di proprietà o di ulteriori diritti reali di godimento su quei beni. Viceversa, la questione della tutela dei diritti dei terzi in ambito prevenzionistico riguarda essenzialmente i terzi che abbiano maturato specifici diritti in ordine al singolo determinato bene sottoposto a misura reale. Si tratta cioè di accordare tutela ai creditori muniti di privilegio speciale, ovvero a quanti abbiano già intrapreso sui beni atti di esecuzione forzata in epoca antecedente al sequestro (vincolandoli specificatamente, sia pure sul piano meramente processuale, alla garanzia dei propri crediti). In tali ipotesi, il conflitto tra la pretesa acquisitiva dello Stato in ordine al bene di origine illecita e le pretese legittimamente vantate dai terzi sul detto bene è risolto sulla base del criterio oggettivo dell'anteriorità delle trascrizioni e delle iscrizioni, in sostanziale conformità con le disposizioni di cui agli articoli 2913 e seguenti del codice civile. Ovviamente, la tutela dei terzi titolari di diritti di credito muniti di privilegio speciale o che abbiano compiuto atti d'esecuzione concerne i soli crediti insorti in epoca antecedente al sequestro, giacché per quelli successivi la legge dispone espressamente che l'amministratore giudiziario faccia fronte alle spese dell'amministrazione - con una sorta di prededuzione generalizzata - mediante prelevamento dalle somme a qualsiasi titolo riscosse, oppure ricorrendo in via d'anticipazione all'Erario.
Il criterio ispiratore della tutela è quello della buona fede, nel senso che, mentre i terzi compartecipi dell'illiceità possono persino condividere con il mafioso la responsabilità civile o penale che scaturisce dall'attività illecita, quelli di buona fede possono avvantaggiarsi dei diritti scaturiti dai rapporti giuridici intrattenuti con il mafioso. Il principio civilistico dell'affidamento, preposto alla certezza dei traffici giuridici, individua la ragione di tutela del diritto del terzo ma, insieme, costituisce il limite entro cui la tutela può essere assicurata. Per converso, non è apparsa congrua con le finalità della prevenzione l'esclusione dalla tutela di quei terzi non già collusi o compartecipi ma meramente consapevoli del carattere mafioso del contraente (nonché di coloro che avrebbero potuto rendersi conto, mediante la normale diligenza, di avere a che fare con un soggetto mafioso), senza alcuna considerazione del rilievo oggettivo dell'atto posto in essere.
Si è osservato, cioè, che il criterio tradizionale della «buona fede», intesa in senso meramente soggettivo, può restringere in modo ingiustificato l'area dei soggetti tutelabili (si pensi, ad esempio, ai lavoratori dipendenti dell'imprenditore mafioso). Recependo la proposta della Commissione per la ricognizione e il riordino della normativa di contrasto della criminalità organizzata, si è ritenuto di poter sostituire, al criterio tradizionale, quello, oggettivo, della funzionalità dell'atto rispetto all'attività illecita, escludendo
Articolo 2.
L'articolo 2 disciplina il modulo procedimentale mediante il quale si perviene all'accertamento dei crediti nei confronti del proposto. Il modello di riferimento è rappresentato dalla legge fallimentare, cui già oggi si ispira il procedimento di prevenzione per quanto concerne la fase dell'amministrazione dei beni in sequestro.
A legislazione invariata, secondo taluni orientamenti dottrinari e giurisprudenziali possono agire in giudizio i soli terzi titolari di diritti reali di garanzia, i quali dovrebbero attendere la definitività della confisca per agire nelle forme civilistiche ordinarie, in particolare, mediante l'opposizione all'esecuzione, o con l'azione d'accertamento del proprio diritto reale nei confronti dell'Erario, ovvero con l'esercizio diretto del diritto di sequela da cui il diritto di credito è assistito. A loro volta, i creditori muniti di titolo esecutivo potrebbero iniziare o proseguire azioni esecutive persino durante il sequestro antimafia. Questa opzione solleva non pochi problemi.
In particolare, essa demanda la tutela di interessi fondamentali per il pubblico interesse alla discrezionalità del creditore procedente, che agisce a garanzia del proprio interesse personale; comporta il rischio che, per effetto del prevedibile fuoco di fila di azioni civili, l'Erario finisca con il corrispondere ai creditori somme complessivamente eccedenti lo stesso valore dei beni confiscati; impegna l'amministrazione pubblica, in prima battuta destinataria delle rivendicazioni e delle richieste di pagamento dei terzi, in accertamenti sull'effettività e sulla ricorrenza delle condizioni di tutelabilità dei diritti azionati (in particolare sulla sussistenza della buona fede), senza che essa abbia i necessari poteri d'indagine.
Deve invece riconoscersi che solo il giudice penale è a conoscenza dei processi formativi delle possidenze e dei flussi reddituali del proposto, per il cui accertamento può comunque avvalersi di poteri d'indagine, anche inquisitori.
È la ragione per cui la giurisprudenza sempre più di frequente individua, quale sede di tutela del creditore, unicamente l'incidente di esecuzione (Cassazione, sezione I, 12 novembre 1999, n. 12535, in Rass. Avv. Stato, 1999, I, 434, tribunale Palermo, 22 giugno 2001, ordinario).
Sennonché, ad avviso del proponente, è assai discutibile che l'incidente di esecuzione possa assolvere una funzione satisfattoria, seppure in forma succedanea, del diritto oggetto dell'esecuzione. Per quanto grande sia la forza espansiva dell'incidente di esecuzione, deve escludersi che esso possa avere struttura concorsuale, attitudine liquidativa di beni e funzione satisfattiva dei diritti, nel rispetto della par condicio creditorum e delle cause legittime di prelazione.
Per queste ragioni, ancora condividendo le proposte elaborate dalla Commissione per la ricognizione e il riordino della normativa di contrasto della criminalità organizzata, si ritiene necessaria l'introduzione nell'ambito del procedimento di prevenzione di un subprocedimento in funzione essenzialmente accertativa, in quanto volto alla verifica dei diritti di credito dei terzi, solo eventualmente satisfattivo, cui sono estranei scopi liquidativi dei beni (che potrebbero anche dover essere restituiti al proposto), e che consenta nella fase dei pagamenti «rimessa alla pubblica amministrazione», il rispetto della par condicio creditorum e dell'ordine legale dei privilegi.
Nella consapevolezza che l'introduzione di procedure accertative e (parzialmente) satisfattorie, con il conseguente apprestamento di rimedi e di garanzie processuali, è potenzialmente confliggente con le esigenze di rapidità dei meccanismi previsti per la fase cautelare della prevenzione reale, si prospetta l'opportunità che il procedimento di verifica dei crediti si svolga, d'ordinario, su esclusivo impulso di parte e solo successivamente alla definitività della confisca (articolo 2, comma 1). In tale modo, si evita pure che il procedimento di verifica possa essere instaurato inutilmente nel corso della fase cautelare,
Articolo 3.
L'inammissibilità delle azioni esecutive su beni in sequestro e l'improcedibilità di quelle già intraprese sono conseguenza di quanto già rilevato sulla necessità di accertare i crediti in sede endofallimentare (comma 1). Infatti, la sussistenza del titolo di credito, giudiziale o extragiudiziale che sia, non esclude la necessità della sua integrazione mercè l'accertamento della sussistenza dello stato di buona fede in capo al creditore procedente.
L'improseguibilità temporanea della procedura esecutiva ovviamente cessa ove il sequestro sia revocato, e rivive l'efficacia del pignoramento. L'estinzione delle procedure esecutive in caso di confisca dei beni pignorati ha motivo nella destinazione dei beni medesimi alle procedure di cui agli articoli 2-decies e seguenti della legge n. 575 del 1965 (comma 2).
Il comma 3 introduce il principio per cui, in caso di confisca definitiva, il creditore è soddisfatto dall'Erario, la responsabilità del quale deve intendersi intra vires, trovando comunque limite nel valore dei beni confiscati.
Il comma 4 disciplina l'evenienza che il bene sequestrato fosse oggetto di domande giudiziali precedentemente trascritte e prevede che il terzo debba essere citato nel procedimento principale di prevenzione.
Articolo 4.
L'articolo disciplina il procedimento di verifica dei crediti, ricalcando, come detto, il modello della legge fallimentare (regio decreto n. 269 del 1942).
I provvedimenti decisori del giudice delegato sono assoggettati ad opposizione nel termine perentorio di dieci giorni dalla loro comunicazione agli interessati e sulla stessa provvede il tribunale, in camera di consiglio, nel termine di sessanta giorni, con provvedimento ricorribile per cassazione, ai sensi dell'articolo 111 della Costituzione.
I termini per impugnare sono indubbiamente contenuti, e tuttavia appaiono consoni con quelli brevissimi previsti per la durata del procedimento di prevenzione, in primo grado e in grado di appello.
La riformulazione dell'articolo 111 della Costituzione ha poi indotto a recepire la modulazione accurata del procedimento di verifica dei crediti compiuta dalla Commissione per la ricognizione e il riordino della normativa di contrasto della criminalità organizzata, andata oltre le scarne disposizioni di cui agli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile. Si è cioè ritenuto che la necessità di un giusto processo «regolato dalla legge» imponga la formulazione di «regole del gioco» preventivamente conoscibili dalle parti, e non affidate solo alla discrezionalità del giudice, al fine di rendere effettive
Articolo 5.
L'articolo disciplina l'efficacia degli accertamenti giurisdizionali nei confronti della pubblica amministrazione, attributaria della fase satisfattiva dei diritti di credito verificati.
Il provvedimento decisorio, tanto di rigetto quanto di accoglimento, in caso di confisca fa stato nei confronti dell'Erario, che risponde conseguentemente delle obbligazioni accertate (comma 3). L'accertamento dei crediti è compiuto infatti dal giudice delegato con la presenza necessaria dell'amministratore giudiziario, il quale opera «per conto di chi spetta» (quindi, in caso di confisca, per conto dell'Erario). La responsabilità intra vires dello Stato, reiterata dal comma 4, risponde all'esigenza di non avvantaggiare il creditore che, diversamente, a seguito della confisca finirebbe con il contare su un patrimonio maggiore di quello sul quale poteva confidare al momento costitutivo dell'obbligazione credito.
Nessuna efficacia svolge invece il provvedimento giurisdizionale, qualunque ne sia il contenuto, in caso di rigetto della proposta e di restituzione dei beni al prevenuto.
L'esclusione dell'efficacia del giudicato nell'ambito del rapporto creditore-indiziato, in caso di rigetto della dichiarazione di credito, si spiega con la struttura semplificata del procedimento e con le modalità di accertamento dei crediti, sottratte alle ordinarie regole probatorie, essendo ammessa la sola prova precostituita del credito (mentre i restanti mezzi istruttori tornano tutti in rilievo con riguardo all'accertamento delle ulteriori condizioni soggettive e oggettive di tutelabilità: ad esempio, buona fede e insufficienza del restante patrimonio dell'indiziato a fare fronte alle obbligazioni).
Il giudicato apparentemente secundum eventum litis non è un'anomalia nel nostro ordinamento (si pensi alle ipotesi di solidarietà passiva e agli effetti della confessione resa da taluni soltanto dei convenuti); la circostanza che l'accertamento del giudice delegato non faccia stato nei rapporti tra creditore e debitore indiziato di mafia, neppure (si pensi al procedimento di verifica fallimentare, il cui esito non è opponibile al fallito tornato in bonis, il quale non ha potuto difendersi nel procedimento).
Alla disposizione si ricollega anche la previsione - già esaminata - secondo cui la domanda di verifica non interrompe la prescrizione né impedisce la maturazione dei termini di decadenza nei rapporti tra creditori e indiziato o intestatario.
Articolo 6.
Le linee della riforma proposta consentono di vincolare l'Amministrazione finanziaria agli accertamenti dei crediti compiuti in forma giurisdizionalizzata dal giudice della prevenzione, e di superare così le difficoltà nell'attività d'indagine sui rapporti fra i creditori e il sottoposto a confisca cui la pubblica amministrazione andrebbe sicuramente incontro.
L'esigenza di rendere effettiva la tutela dei terzi ha tuttavia indotto a considerare l'opportunità di procedimentalizzare anche la fase satisfattoria, rimessa alla pubblica amministrazione, per sottrarla alla molteplicità delle prassi oggi vigenti, non sempre ortodosse, e per evitare possibili inerzie, suscettive di spostare alla fase successiva alla confisca definitiva i nodi irrisolti che si sono evidenziati nell'incipit di questa riflessione.
Si è così proposto che, entro il termine di novanta giorni dal provvedimento definitivo di confisca, sulla base della comunicazione contenente l'indicazione dei crediti
Articolo 7.
Al sequestro dei beni costituiti in azienda si applicano le disposizioni in materia di soggetti tutelabili e di presupposti sostanziali di tutelabilità (articolo 1); di inammissibilità e di improseguibilità delle azioni esecutive individuali sui beni in sequestro; di modalità procedimentali della verifica dei crediti e delle opposizioni avverso gli accertamenti giurisdizionali del giudice delegato, con le precisazioni di seguito evidenziate (articoli 2 e 3).
Articolo 8.
Nell'ipotesi in cui oggetto della misura cautelare reale sia un compendio aziendale, la funzione conservativa del sequestro e la necessità di incrementare, ove possibile, la redditività dei beni implicano la prosecuzione dell'attività imprenditoriale, e quindi il rispetto anche dei diritti maturati dai finanziatori, dai fornitori e dai lavoratori dipendenti dell'impresa in epoca antecedente al sequestro. È dunque previsto che il procedimento di verifica dei crediti si apra d'ufficio, sulla scorta delle risultanze delle scritture contabili, già nel corso della fase cautelare (comma 1). Al fine di evitare che la durata del subprocedimento di verifica possa riflettersi in qualche modo sul sequestro, è previsto che il termine di efficacia del sequestro sia sospeso sino al decreto che, all'esito delle opposizioni, dichiara esecutivo lo stato passivo.
La disposizione non incide sul diritto alla ragionevole durata del vincolo cautelare, e il debitore non ha a dolersi della sospensione, dovuta ad un'attività svolta comunque nel suo interesse.
L'automatismo del subprocedimento è tuttavia condizionato dall'esito favorevole della prognosi che l'amministratore giudiziario - e di seguito il tribunale - sono tenuti a compiere sulla sussistenza di concrete possibilità di prosecuzione o di ripresa dell'attività imprenditoriale. Si tratta all'evidenza di un momento particolarmente delicato della procedura, in cui le capacità tecniche e le valutazioni del-l'amministratore
Articolo 9.
Allorquando in sequestro sia un compendio aziendale, è previsto che, anche dopo la chiusura del procedimento di verifica e la dichiarazione di esecutività dello stato passivo, e purchè non oltre il provvedimento definitivo di confisca, siano ammesse domande tardive, quando il creditore provi di non aver potuto insinuarsi tempestivamente nel subprocedimento per causa non imputabile (comma 7).
Considerato che il sequestro dell'azienda comporta quasi sempre la crisi dell'impresa (per il contestuale venire meno delle fonti lecite e illecite di finanziamento, per le contestuali istanze recuperatorie del ceto creditorio, eccetera), si è cercata una soluzione che fosse frutto di equilibrio tra le ragioni di tutela del credito, in prospettiva essenziali per la stessa sopravvivenza dell'impresa, e le esigenze di conservazione di complessi aziendali ancora validi, che proprio dall'immediato integrale soddisfacimento delle ragioni dei creditori potrebbero essere definitivamente pregiudicate. Recependo l'indicazione proveniente ancora una volta dalla Commissione per la ricognizione e il riordino della normativa di contrasto della criminalità organizzata, è stata prevista la possibilità che, nella fase giurisdizionale del sequestro, siano distribuiti acconti ed effettuati riparti parziali ai creditori.
Gli acconti rappresentano pagamenti di una parte dei crediti, eseguiti anticipatamente rispetto all'accertamento formale dei crediti stessi, e si sostanziano nell'attribuzione di somme in via provvisoria e ripetibile, giacché subordinata all'effettiva ammissione dei crediti.
La determinazione della percentuale degli acconti non è predeterminata, ma è rimessa alla prudente valutazione dell'amministratore giudiziario e del giudice delegato, il quale deve autorizzare la distribuzione (comma 4).
Articolo 10.
L'articolo riproduce le disposizioni di cui all'articolo 3, con i necessari adattamenti.
Articolo 11.
La disposizione disciplina l'ipotesi del fallimento che segua al sequestro totalitario di azienda. L'accertamento dell'eventuale stato di decozione in cui versa l'imprenditore non può essere impedito dalla circostanza che su singoli beni aziendali o sull'intero patrimonio aziendale gravi il sequestro di prevenzione. Nell'ordinamento, l'insolvenza rileva infatti di per sé e non per le cause che l'hanno determinata, sicchè anche l'insolvenza incolpevole, dovuta al factum principis, non impedisce la dichiarazione di fallimento.
Il problema che si pone in questi casi è relativo all'individuazione del soggetto (curatore o amministratore giudiziario) titolare del munus di gestire i beni in sequestro, nonché all'individuazione delle finalità (conservativo-liquidative nel fallimento, ovvero di amministrazione attiva al fine d'incrementare la redditività dei beni nella prevenzione) cui deve ispirarsi la gestione, e, soprattutto, del soggetto legittimato a percepire il ricavato dalla vendita dei beni (creditori o Stato). A quest'ultimo proposito, l'articolo in oggetto prevede che l'Erario confischi quanto eventualmente residui dopo il soddisfacimento dei creditori ovvero quanto rimanga invenduto in sede fallimentare per tre incanti di seguito (comma 3).
Il procedimento di verifica dei crediti, eventualmente aperto in ambito prevenzionistico, diviene improcedibile e si trasferisce nella sede fallimentare sua propria (comma 4).
Articolo 12.
Quanto all'individuazione del soggetto (curatore o amministratore giudiziario) titolare del munus di gestire i beni in sequestro, l'articolo in esame prevede la competenza del curatore. Ancora una volta recependo integralmente le indicazioni provenienti dalla Commissione per la ricognizione e il riordino della normativa di contrasto della criminalità organizzata, si è ritenuto che l'orientamento che affida la gestione dei beni al curatore fallimentare, oltre ad essere in sintonia con la soluzione data alla questione del creditore individuale che abbia compiuto atti d'esecuzione sui beni in sequestro, ha un maggiore fondamento logico, giacché il fallimento, privando il debitore dell'amministrazione e della disponibilità del suo patrimonio, in linea generale vanifica uno dei presupposti di ammissibilità del sequestro, cioè l'esistenza di beni che si trovino nella disponibilità, diretta o indiretta, dell'indiziato mafioso.
Articoli 13, 14, 15, 16, 17 e 18.
Si tratta di disposizioni che regolamentano l'iter procedimentale. In particolare, è previsto che nella formazione dello stato passivo, il giudice delegato al fallimento debba avvalersi anche dell'assistenza dell'amministratore giudiziario. Viceversa, la
1) che anche nelle procedure concorsuali i beni sottoposti a sequestro siano destinati al soddisfacimento dei creditori chirografari solo qualora i restanti beni costituenti l'attivo fallimentare siano a quel fine insufficienti (articolo 15, comma 3);
2) che, intervenendo nella procedura concorsuale, il creditore dichiari se intenda soddisfarsi anche sui beni in sequestro e dichiari in caso affermativo la effettività del proprio credito, esponendosi alle relative responsabilità (articolo 15, comma 1);
3) che all'accertamento dei crediti partecipino gli organi della procedura di prevenzione (articolo 15, comma 2);
4) che siano previsti mezzi di reazione per l'evenienza che si scopra tardivamente che i crediti insinuati erano fittizi (articolo 15, comma 5);
5) che la vendita dei beni immobili avvenga solo mediante incanti (articolo 16);
6) che alla liquidazione dei beni non partecipino soggetti legati in qualsiasi modo alle associazioni mafiose (articolo 17, comma 1), sicchè sono vietate, tra l'altro, le vendite per persona da nominare (articolo 17, comma 2);
7) che il mafioso non approfitti dei ribassi d'asta normalmente conseguenti alle vendite andate deserte (magari per effetto della forza intimidatrice dell'associazione criminale), per riappropriarsi del bene: a tale fine è previsto che, durante il sequestro, se un bene immobile resta invenduto per tre incanti successivi, il giudice delegato ne dà comunicazione al Ministero dell'economia e delle finanze e la vendita resta sospesa fino all'esito del procedimento di prevenzione. Intervenuta la confisca, in ogni caso i beni rimasti invenduti per tre incanti successivi sono sottratti alla procedura fallimentare e destinati agli utilizzi previsti dalle vigenti disposizioni in tema di destinazione dei beni confiscati (articolo 18).
Articolo 19.
L'articolo ripropone il principio per cui all'Erario è destinato solo il residuo ricavato dalla vendita dopo che siano stati soddisfatti i creditori (comma 1).
È altresì confermato il principio per cui il rigetto delle dichiarazioni di credito per ragioni attinenti alla sussistenza della buona fede non pregiudica le ragioni verso il debitore, ragioni che, ovviamente, possono essere fatte valere direttamente nei confronti del fallito, una volta che sia tornato in bonis (comma 2).
Articolo 20.
Si tratta di disposizione volta a regolamentare la diversa evenienza del sequestro di prevenzione che intervenga successivamente alla dichiarazione di fallimento del mafioso. È prevista l'applicabilità delle disposizioni del capo III, in quanto compatibili (comma 1).
Il vincolo d'indisponibilità dei beni in sequestro e comunque ragioni di convenienza e di opportunità delle procedure cosiddette «minori» inducono a prevedere la cessazione immediata dell'amministrazione controllata, del concordato fallimentare e del concordato preventivo (comma 2), con conseguente dichiarazione di fallimento, per l'ipotesi del concordato preventivo in cui non vi sia stata cessione dei beni al terzo assuntore e conseguente liberazione del debitore.
1. La confisca non pregiudica i diritti reali di garanzia costituiti in epoca anteriore al sequestro, quando l'atto da cui il credito deriva non è funzionale all'attività illecita o a quella economica che ne costituisce il frutto o il reimpiego, ovvero quando il titolare dimostra di averne ignorato senza colpa il nesso di funzionalità.
2. Se ricorrono le condizioni indicate al comma 1, la confisca non pregiudica altresì:
a) i diritti di coloro che hanno compiuto atti di esecuzione o che sono intervenuti nella esecuzione forzata anteriormente al sequestro;
b) i diritti di credito non assistiti da garanzie reali che risultano da atti aventi data certa anteriore al sequestro, se il restante patrimonio dell'indiziato risulta insufficiente al loro soddisfacimento;
c) i diritti personali di godimento, ove il contratto abbia data certa anteriore al sequestro.
3. Colui a favore del quale è stata fatta una promessa di pagamento o una ricognizione di debito deve altresì provare il rapporto fondamentale; nel caso di titoli di credito il portatore deve altresì provare il rapporto che ne legittima il possesso.
4. Fermo restando il disposto di cui all'articolo 2645-bis del codice civile, se ricorrono le condizioni indicate al comma 1, il sequestro e la confisca non pregiudicano i diritti derivanti dal contratto preliminare quando l'atto è stato trascritto
1. Il creditore che intende soddisfarsi in tutto o in parte sui beni sottoposti a sequestro deve farne domanda al giudice delegato.
2. La domanda deve contenere le generalità del creditore e l'indicazione della somma, del titolo da cui il credito deriva, delle eventuali ragioni di privilegio e dei documenti giustificativi.
3. La domanda deve altresì contenere l'attestazione del creditore, resa personalmente o a mezzo di mandatario speciale, che il credito è vero e reale.
4. Il creditore elegge domicilio nel comune in cui ha sede il tribunale procedente; in difetto, tutte le notificazioni e le comunicazioni vengono eseguite presso la cancelleria.
5. La domanda non interrompe la prescrizione né impedisce la maturazione di termini di decadenza nei rapporti tra il creditore e l'indiziato o il terzo intestatario dei beni.
6. La domanda deve essere depositata, a pena di decadenza, anteriormente al provvedimento di confisca.
7. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque presenta la domanda, anche per interposta persona, per un credito fraudolentemente simulato è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da 2.000 euro a 10.000 euro.
1. A seguito del sequestro non possono essere iniziate azioni esecutive. Quelle precedentemente intraprese restano sospese sino all'esito del procedimento di prevenzione e i beni oggetto di esecuzione sono presi in consegna dall'amministratore giudiziario.
1. A seguito della confisca definitiva, il giudice delegato, con l'assistenza dell'amministratore giudiziario e con la partecipazione del pubblico ministero, assunte le opportune informazioni, verifica le domande, indicando distintamente i crediti che ritiene di ammettere e quelli che ritiene di non ammettere, in tutto o in parte, esponendo sommariamente i motivi della esclusione.
2. Il cancelliere comunica alle parti interessate la data dell'udienza di verifica almeno dieci giorni prima. Innanzi al giudice delegato le parti possono farsi assistere dal difensore.
3. Ai fini dell'accertamento dell'opponibilità dei crediti e dell'accertamento delle condizioni indicate all'articolo 1,
1. Lo stato passivo, all'esito delle opposizioni, è sottoscritto dal giudice delegato e dal cancelliere e si chiude con il decreto che lo dichiara esecutivo.
2. Lo stato passivo è depositato in cancelleria e comunicato al Ministero dell'economia e delle finanze.
3. I provvedimenti di ammissione e di esclusione dei crediti fanno stato nei confronti dell'Erario.
1. Entro il termine di novanta giorni dal provvedimento definitivo di confisca, sulla base dei crediti ammessi nello stato passivo dichiarato esecutivo ai sensi dell'articolo 5 e della specificazione di quelli non ancora soddisfatti, con i rispettivi importi e con le cause di prelazione che li assistono, nonché dell'elenco dei riparti, degli accantonamenti eseguiti e degli acconti versati, l'amministratore giudiziario, dedotte le spese anticipate dallo Stato, propone un progetto di graduazione dei crediti, secondo l'ordine stabilito dal codice civile e dalle leggi speciali, e di determinazione della quota di riparto spettante a ciascun creditore, in considerazione del valore dei beni confiscati.
2. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 110 e seguenti del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.
3. Se necessario, il Ministero dell'economia e delle finanze, su istanza dell'amministratore giudiziario, dispone la stima dei beni e delle aziende confiscati.
4. Entro il termine di dieci giorni dalla comunicazione della proposta, i creditori possono presentare osservazioni sulla graduazione e sulla collocazione dei crediti, nonché sul valore delle aziende e dei beni confiscati.
5. Decorso il termine di cui al comma 4, l'amministratore giudiziario, tenuto conto delle osservazioni pervenute, previa autorizzazione del Ministero dell'economia e delle finanze, determina il piano di riparto finale.
6. Entro dieci giorni dalla comunicazione del piano di riparto finale, i creditori
1. Al sequestro di azienda si applicano le disposizioni di cui agli articoli 1, 2 e 3.
1. L'amministratore giudiziario deve allegare alle relazioni da presentare al giudice delegato l'elenco nominativo dei creditori
1. Scaduto il termine di presentazione delle istanze, ovvero quello prorogato in caso di mancata o tardiva notifica del
1. Dopo la confisca, lo stato passivo, contenente l'indicazione dei crediti ammessi e la specificazione di quelli non ancora soddisfatti, con i rispettivi importi e con le cause di prelazione che li assistono, nonché l'elenco dei riparti, degli accantonamenti eseguiti e degli acconti prestati, sono comunicati al competente ufficio del Ministero dell'economia e delle finanze. Al contempo, il giudice delegato dispone la revoca degli accantonamenti e l'attribuzione delle somme al patrimonio aziendale.
2. I provvedimenti di ammissione e di esclusione dei crediti fanno stato nei confronti dell'Erario. Delle obbligazioni accertate rispondono l'affittuario e l'acquirente dell'azienda, e in via sussidiaria lo Stato, nei limiti del valore dell'azienda confiscata; entro i medesimi limiti risponde lo Stato nell'ipotesi di liquidazione dell'impresa.
3. In ogni caso i provvedimenti di esclusione dei crediti e dei diritti dei terzi non pregiudicano le rispettive ragioni nei confronti dell'imprenditore individuale, degli eventuali soci illimitatamente responsabili e dei garanti.
1. Se dalla relazione iniziale presentata al giudice delegato risulta che l'impresa versa in stato di insolvenza, l'amministratore giudiziario, autorizzato dal giudice delegato, chiede al tribunale competente la dichiarazione di fallimento. Si procede
1. I beni aziendali compresi gli eventuali accantonamenti previsti dall'articolo 9 della presente legge, sono presi in consegna dal curatore ai sensi degli articoli 84 e seguenti del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni.
1. Nel corso del procedimento di prevenzione, e salvo che sopraggiunga revoca del sequestro o della confisca, si applicano al fallimento le disposizioni del presente capo.
1. Salvo che sia diversamente disposto, nei casi in cui il regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, prevede siano sentiti il curatore e il comitato dei creditori, deve essere sentito anche l'amministratore giudiziario.
1. Le domande di ammissione, di separazione e di restituzione devono contenere l'attestazione prevista dall'articolo 2, comma 3. Si applica la disposizione del comma 7 dello stesso articolo.
2. Il giudice delegato procede alla formazione dello stato passivo con l'assistenza del curatore e dell'amministratore giudiziario, e con la partecipazione facoltativa del pubblico ministero, avvalendosi per quanto possibile anche delle eventuali verifiche compiute dal giudice delegato nel procedimento di prevenzione.
3. I diritti sorti e le garanzie costituite successivamente al sequestro, nonché i diritti per i quali non sono state accertate le condizioni stabilite all'articolo 1, comma 1, sono ammessi al passivo a condizione che il procedimento di prevenzione si concluda con la revoca definitiva del sequestro o della confisca. Contro il provvedimento di ammissione senza riserva, l'amministratore giudiziario, autorizzato dal giudice delegato del procedimento di prevenzione, propone impugnazione ai sensi dell'articolo 100 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267. Il giudizio resta tuttavia sospeso fino all'esito definitivo del procedimento di prevenzione e si estingue nel caso di revoca definitiva del sequestro o della confisca.
4. L'amministratore giudiziario deve essere chiamato a comparire nel procedimento per dichiarazioni tardive di crediti e ha facoltà di opporsi all'ammissione senza riserva dei crediti inopponibili al sequestro o per i quali non ricorrono le condizioni stabilite all'articolo 1, comma 1.
5. Qualora, successivamente alla chiusura dello stato passivo ovvero all'ammissione tardiva di un credito, si scopre che l'ammissione senza la riserva prevista dal comma 4 è stata determinata da falsità, dolo o errore essenziale di fatto, o si rinvengono documenti decisivi prima ignorati, la istanza di revocazione prevista dall'articolo 102 del regio decreto 16 marzo 1942. n. 267, può essere proposta anche dal pubblico ministero o dall'amministratore
1. A seguito del provvedimento di esecutività dello stato passivo, il giudice delegato, sentito anche l'amministratore giudiziario, procede ai sensi degli articoli 104, 105, 106 e 108 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267. Per gli immobili la vendita deve essere disposta con incanto.
2. Quando sia prevedibile che il ricavato della vendita di beni appresi al fallimento ma non oggetto di sequestro possa consentire il pagamento delle spese di procedura e l'integrale soddisfazione dei creditori, ivi compresi quelli ammessi ai sensi dell'articolo 15, comma 4, il giudice delegato ne dispone la vendita in via prioritaria.
1. Non possono fare offerte di acquisto o chiedere di partecipare alle gare, neanche per interposta persona:
a) le persone condannate con sentenza definitiva per i delitti di appartenenza ad associazioni di tipo mafioso o ad associazioni dedite al traffico di stupefacenti, o per i delitti di estorsione, usura, sequestro di persona, riciclaggio, reimpiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita e contrabbando;
b) le persone condannate, con sentenza definitiva, a una pena che importa l'interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici;
c) le persone cui è stata applicata, nei cinque anni antecedenti, con provvedimento definitivo, una misura di prevenzione;
d) il coniuge e i figli della persona nei confronti della quale è stata proposta la misura di prevenzione e dell'intestatario dei beni, nonché coloro che nell'ultimo quinquennio hanno convissuto con gli stessi soggetti.
2. La vendita dei beni immobili si svolge innanzi al giudice. Sono vietate le offerte per persona da nominare.
3. In ogni caso il giudice delegato dispone la comunicazione, senza ritardo, all'amministratore giudiziario e al pubblico ministero del decreto di aggiudicazione. Revoca il decreto se vi è fondato timore che l'aggiudicazione è avvenuta in favore di uno dei soggetti indicati al comma 1, ovvero di persona che ha agito per loro conto.
4. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, colui che contravviene ai divieti del comma 1 è punito con la pena della reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 1.000 euro a 5.000 euro.
1. Se un bene immobile sequestrato resta invenduto per tre incanti successivi, il giudice delegato ne dà comunicazione al Ministero dell'economia e delle finanze e la vendita resta sospesa fino all'esito del procedimento di prevenzione.
2. Fino all'esito del procedimento di prevenzione, nell'ipotesi di ripartizioni parziali i creditori ammessi ai sensi dell'articolo 15, comma 4, della presente legge, sono equiparati ad ogni effetto ai creditori indicati all'articolo 113, numero 3), del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.
3. Intervenuta la confisca, in ogni caso i beni rimasti invenduti per tre incanti successivi sono sottratti alla procedura fallimentare e destinati agli utilizzi previsti dalle disposizioni vigenti in tema di destinazione dei beni confiscati.
1. A seguito del pagamento delle spese della procedura fallimentare e dell'integrale soddisfacimento delle ragioni dei creditori, i beni e le residue attività aziendali oggetto di confisca sono acquisiti al patrimonio dello Stato e consegnati, senza ritardo, all'amministratore giudiziario.
2. In ogni caso l'esclusione dei crediti e dei diritti per inopponibilità al sequestro o per difetto dei presupposti di opponibilità indicati all'articolo 15, comma 4, non pregiudica le ragioni dei titolari nei confronti dell'imprenditore individuale, dei soci illimitatamente responsabili e dei garanti.
1. Se l'azienda in sequestro è di pertinenza di un'impresa precedentemente dichiarata fallita si applicano le disposizioni di cui al capo III, in quanto compatibili.
2. Il sequestro dell'azienda comporta la cessazione della procedura di amministrazione controllata nonché delle procedure di concordato fallimentare e di concordato preventivo, fatta eccezione per l'ipotesi di intervenuta cessione dei beni al terzo assuntore con liberazione immediata del debitore. Il decreto di sequestro è comunicato al tribunale fallimentare competente, che dichiara immediatamente il fallimento dell'impresa. Si applicano le disposizioni del comma 1.
3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2, in quanto compatibili, si applicano al sequestro di beni, il cui intestatario è stato dichiarato fallito in epoca antecedente al provvedimento definitivo di confisca.
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