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CAMERA DEI DEPUTATI
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N. 272 |
1) come episodio occasionale (o isolato): il comune mal di testa;
2) come episodi frequenti o continui: cefalea cronica.
Ed è proprio per il riconoscimento della cefalea primaria cronica, che in Italia colpisce circa 2 milioni di persone, come malattia sociale, che è sottoposta all'attenzione del Parlamento la presente proposta di legge.
I soggetti colpiti da questa malattia sono costretti a sottoporsi ad esami diagnostici anche invasivi ed a lunghe e costose terapie nel tentativo di ridurre il danno e di migliorare, sia pure di poco, la qualità della vita. Nella maggior parte dei casi, purtroppo, essi non riescono a risolvere il problema e sono costretti a fare ricorso agli analgesici e ad altri farmaci che rimuovono temporaneamente il dolore ma non eliminano le cause.
popolazione lavorativa generale: 30 milioni circa;
hanno sofferto di cefalee (70 per cento circa): 21 milioni circa;
hanno avuto assenze dal lavoro per cefalea (10 per cento): tre milioni circa;
costo economico annuale per perdita di giornate lavorative: 2.000 miliardi di lire.
Considerati gli alti costi economici sembra ancora più paradossale che questa delicata vicenda sia stata, sino ad oggi, così trascurata. Se vi fosse una maggiore «cultura» per la prevenzione e la diagnosi delle cefalee, prima che queste si cronicizzino, fino a rendere non solo costose ma spesso inutili le cure, vi sarebbe un notevole risparmio da un punto di vista economico e soprattutto non si costringerebbero i «malcapitati» a lunghe e penose peregrinazioni da uno specialista all'altro per alleviare le proprie sofferenze.
È il caso di ricordare in questa sede quanto successo a più di una persona sofferente di cefalea cronica che è stata spesso derisa o compatita dai cosiddetti «medici fiscali» o da medici che fanno parte delle commissioni per il riconoscimento di invalidità che, senza alcun riguardo per la persona o per altri loro colleghi, a volte mettono in dubbio la diagnosi di cefalea ed altre volte riconoscono un peggioramento del 2 per cento (dopo due anni dalla precedente visita collegiale) a persone che a stento si possono alzare dal proprio letto a causa della fortissima cefalea.
Fra i 2 milioni di ammalati cronici vi è una parte non trascurabile (1 per cento) che soffre di una forma particolarmente grave ed invalidante: la cefalea a grappolo.
Il dolore della cefalea a grappolo, alla pari di quello della nevralgia del trigemino, è generalmente ritenuto dagli studiosi di cefalee e dagli algologi come uno dei dolori più lancinanti che un essere umano possa sperimentare. Al dolore si associano tipici sintomi e segni neurovegetativi locali omolaterali (iniezione congiuntivale, lacrimazione, ostruzione della narice all'inizio dell'attacco e rinorrea verso la fine, arrossamento e/o edema locale, ptosi palpebrale, miosi) e generali (sudorazione, sbadigli, eruttazioni, alterazioni della frequenza cardiaca). Le crisi possono durare pochi minuti o qualche ora e possono ripetersi più volte nella stessa giornata, per molte settimane o addirittura per mesi.
Se le crisi sono di breve durata il soggetto colpito può svolgere una ridotta attività lavorativa, sia pure fortemente condizionata, altrimenti è impossibilitato a riprendere il lavoro ed è costretto a lunghi periodi di assenza.
Nonostante questo quadro generale e pur avendo le caratteristiche di una malattia «sociale», la cefalea non è neanche inserita nell'elenco nosologico delle malattie; tale anomalia è ancor più evidente se si considera che, vista la vastità del problema, esistono in tutta Italia numerosi centri per la cura e la diagnosi della cefalea.
Coloro che soffrono, purtroppo, di cefalea primaria cronica sono costretti allo stato a spendere mediamente 150 euro al mese per stare meglio, situazione economicamente più gravosa per chi è affetto da cefalea a grappolo: in questo caso, infatti, si arriva a spendere 500 euro al mese per acquistare i pochi farmaci che possono risultare efficaci per combattere le crisi.
1. La cefalea primaria cronica è riconosciuta come malattia sociale.
2. Il Ministro della salute provvede, con proprio decreto, in conformità con quanto disposto dal comma 1, entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, a modificare il decreto del Ministro della sanità 20 dicembre 1961, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 73 del 20 marzo 1962.
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