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PDL 322

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 322



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato GIULIO CONTI

Norme per la riconoscibilità e la tutela dei prodotti italiani nel campo dell'abbigliamento e delle calzature. Istituzione del marchio «100 per cento Italia»

Presentata il 29 aprile 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - Il giro d'affari mondiale della pirateria e della contraffazione commerciale è valutato in 250 miliardi di dollari annui.
      In pochi anni la contraffazione e la pirateria, e comunque la concorrenza sleale, si sono estremamente raffinate, tanto da falsificare anche loghi e marchi di fabbrica.
      In conseguenza di ciò, pur ritenendo necessaria l'istituzione di un marchio «100 per cento Italia», la si ritiene insufficiente se non inserita in un sistema complessivo di protezione e di controllo, che non è possibile far gravare, come accaduto sinora, sulle singole aziende e nemmeno sulle loro associazioni, ma di cui devono farsi carico lo Stato e l'Unione europea.
      A fronte di questo quadro, la presente proposta di legge nasce dall'esigenza di tutelare non solo i consumatori, ma anche il sistema produttivo italiano che, per sua natura, è proiettato verso i mercati esteri.
      Il diritto d'autore è stato introdotto in Cina solo da pochi anni, se si considera che la prima legge in materia risale al 1990 e che solo nel 1992 ha aderito alla Convenzione di Berna e ha istituito la Copyright Agency of China chiamata a tutelare i diritti degli autori.
      Recentemente però la Cina si è trovata a dover affrontare la tutela della proprietà intellettuale in modo concreto, spinta a uniformarsi a seguito del suo ingresso nel WTO, avvenuto nel 2001, alle normative internazionali in materia.
      In quell'anno la Cina ha così modificato la legge sui marchi, la legge sui brevetti e la legge sul copyright, introducendo una nuova normativa anche in materia di concorrenza sleale, tutela del software, licencing, nomi a dominio e tutela dei prodotti farmaceutici.
 

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      Tra i mercati emergenti la Russia, con i suoi 144 milioni di consumatori, è sempre stata uno dei paradisi per le merci contraffatte, con danni evidenti per il Made in Italy soprattutto per beni di consumo come scarpe, vestiti e occhiali.
      Recentemente il Governo italiano ha segnalato a quello di Pechino circa 1.000 violazioni nel settore della moda.
      Il giro d'affari illegale è di 4 miliardi di euro l'anno, oltre a 1,5 miliardi di euro nel settore delle calzature e pelletterie. Se si valuta che il settore tessile-abbigliamento italiano ha una produttività media di 165 mila euro ad addetto ne consegue una perdita di posti di lavoro pari a 25 mila unità.
      Nell'ultima indagine campione effettuata dal «Sistema moda Italia» due capi su dieci erano falsi.
      L'Agenzia delle dogane ha firmato (gennaio 2003) un memorandum d'intesa con i rappresentanti dei calzaturieri.
      Ormai una scarpa su tre è prodotta in Cina, ma anche a Taiwan, in Polonia e in Russia.
      Si tratta di 50,2 milioni di scarpe nel 2002. Inoltre ci si scontra con barriere tariffarie e non, pari a circa il 65 per cento del prezzo per l'ingresso in India e in Cina, mentre il Giappone si rifiuta da anni di rinegoziare i contingenti di importazione oltre a gravare con pesanti dazi la merce in ingresso.
      Va ricordato che il sistema esporta 1'83 per cento della produzione, ma nel 2002 ha subìto un calo dell'export di circa il 10 per cento.
      Si riportano, in ordine cronologico, alcuni dei più clamorosi casi di contraffazione e di commercio abusivo scoperti in Italia negli ultimi anni; ovviamente non si ha alcuna pretesa di esaustività, ma solo di mera elencazione di fatti riportati dalle agenzie di stampa nazionali.
      Nel luglio 2002 i carabinieri hanno sequestrato a Napoli oltre 2.000 borse griffate, di qualità tale da non essere facilmente distinguibili dalle originali.
      Probabilmente erano destinate al mercato legale.
      Nell'operazione denominata «Veronica» oltre le borse sono state scoperte due fabbriche abusive con sofisticati macchinari; 17 operai vi lavoravano in totale assenza di tutele.
      Un'organizzazione commerciale cinese con sede legale e depositi a Roma riproduceva perfettamente le scarpe Nike e gli accessori per cellulari Nokia, completi di confezioni. È stata scoperta dalla Guardia di finanza, che ha avviato le indagini da sequestri effettuati a venditori ambulanti abusivi.
      A Campi Bisenzio nel gennaio 2003 la Guardia di finanza ha sequestrato due capannoni in cui venivano stoccati capi di pelletteria con il logo Fendi e Alviero Martini.
      I pezzi erano 150.000. L'organizzazione era completamente cinese, sia l'amministratore, che gli operai e gli acquirenti.
      Oltre al fenomeno della contraffazione e della pirateria, sta dilagando il fenomeno della delocalizzazione delle imprese, prima nell'est europeo, oggi soprattutto in Cina.
      Il basso costo della manodopera e l'assenza delle previdenze sociali spingono molte aziende italiane produttrici di calzature, abbigliamento e moda, a investire e realizzare altrove i loro prodotti che poi rientrano in Italia, spesso per essere assemblati o direttamente venduti a prezzi bassissimi e con grandi margini di guadagno usando l'etichetta «Made in Italy».
      Il marchio «Made in Italy» permette inoltre di usare impunemente materiali di pessima qualità e manodopera poco preparata.
      La presente proposta di legge vuole tutelare i settori maggiormente colpiti.
      L'impostazione del testo consente pertanto un'ampia gamma di tutele sia di prodotti industriali che artigianali, di qualsiasi comparto merceologico, allo scopo di avere uno strumento agile e adattabile alle diverse circostanze.
      D'altra parte si ritiene del tutto insufficiente l'apposizione di un semplice marchio, metodo di tutela passivo in quanto anch'esso falsificabile, mentre è necessario che il marchio sia il punto di partenza di tutta una serie di interventi propri sia dell'azienda danneggiata, sia della pubblica amministrazione. Sarà poi cura del
 

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Ministero delle attività produttive dettare criteri applicativi dettagliati, presumibilmente comparto per comparto, per l'attribuzione del marchio.
      Spetta inoltre al Ministero la registrazione del marchio «100 per cento Italia» in sede comunitaria e internazionale.
      La presente proposta legge introduce pertanto il marchio «100 per cento Italia», la cui proprietà è nelle mani dello Stato che ne concede l'uso su richiesta e dietro sottoscrizione di un protocollo di adesione.
      Le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura esercitano un controllo sulla veridicità delle autocertificazioni dei richiedenti la concessione del marchio e compiono ispezioni nei luoghi di produzione per verificare la sussistenza e il rispetto delle condizioni essenziali per l'autorizzazione.
      Viene predisposto un sistema sanzionatorio volto a punire eventuali abusi o illeciti nell'uso del marchio e le false dichiarazioni rilasciate in sede di adesione al protocollo.
      Viene inoltre conferito al marchio italiano un riconoscimento in ambito internazionale, attraverso una procedura di registrazione del certificato ottenuto nel territorio nazionale come marchio comunitario.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Istituzione del marchio «100 per cento
Italia» e definizioni).

      1. Al fine di assicurare un livello elevato di protezione dei consumatori, in conformità con il disposto di cui all'articolo 153 del Trattato che istituisce la Comunità europea, promuovendo il loro diritto a una corretta informazione in ordine ai prodotti il cui processo produttivo è realizzato interamente in Italia, è istituito il marchio «100 per cento Italia», di proprietà dello Stato italiano.

      2. Si intendono realizzati interamente in Italia i prodotti finiti per i quali l'ideazione, il disegno, la progettazione, la lavorazione e il confezionamento sono compiuti interamente sul territorio italiano, utilizzando materie prime anche di importazione, nonché semilavorati grezzi, come definiti alla lettera g) del comma 3, realizzati interamente in Italia.
      3. Ai fini della presente legge si intende per:

          a) ideazione: l'attività intellettuale e creativa finalizzata alla definizione di un prodotto e dei suoi requisiti specifici;

          b) disegno: la rappresentazione grafica dell'attività di ideazione e di progettazione;

          c) progettazione: l'attività dell'ingegno finalizzata a individuare le caratteristiche costruttive, prestazionali ed estetiche di un prodotto;

          d) lavorazione: ogni attività del processo produttivo che porta alla realizzazione del prodotto finale;

          e) confezionamento: le attività successive alla lavorazione e dirette all'imballaggio del prodotto finito per la sua conservazione o immissione sul mercato;

 

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          f) materie prime: ogni materiale o sostanza utilizzati nel processo produttivo e che diventano parte integrante del prodotto finito;

          g) semilavorati grezzi: i prodotti che non hanno terminato tutte le fasi della lavorazione, anche se hanno assunto una determinata forma dalla quale emerge la sagoma del prodotto finito, nonché i manufatti di processi tecnologici di qualsiasi natura, meccanici e non, che, pur presentando una struttura finita o semifinita, non risultano diretti a uno specifico uso o funzione, ma sono destinati ad essere trasformati, inseriti, incorporati, aggiunti o collegati in qualunque forma o con qualsiasi processo tecnologico in altri oggetti, garantiti nel loro complesso dal fabbricante del prodotto finito.

Art. 2.
(Individuazione e riconoscibilità
dei prodotti).

      1. Il marchio di cui all'articolo 1 è concesso al produttore a valere sui prodotti che l'impresa realizza nel rispetto delle condizioni previste dall'articolo 1, comma 2, e dall'articolo 3.
      2. Il marchio di cui all'articolo 1 deve essere apposto sul prodotto finale in maniera tale da non ingenerare possibilità di confusione da parte del consumatore in merito all'adeguatezza dell'intero prodotto, e non di una sola parte o componente di esso, alle disposizioni della presente legge.

Art. 3.
(Modalità e requisiti per la concessione
del marchio).

      1. Il richiedente l'autorizzazione all'uso del marchio di cui all'articolo 1, unitamente alla domanda, deve presentare alla camera di commercio, industria, artigianato

 

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e agricoltura territorialmente competente un'autocertificazione relativa:

          a) al rispetto delle norme vigenti in materia di tutela del lavoro, in campo fiscale e contributivo, nonché in ordine all'esclusione dell'impiego di minori e al pieno rispetto della normativa per la salvaguardia dell'ambiente;

          b) all'attestazione che tutte le fasi di realizzazione del prodotto si siano svolte integralmente sul territorio nazionale;

          c) all'attestazione che sul prodotto siano state effettuate le analisi chimiche e meccaniche necessarie ad accertare la salubrità dei materiali utilizzati e le qualità meccaniche relative alla resistenza e alla durata del prodotto stesso.

      2. Il marchio di cui all'articolo 1 è rilasciato dal Ministero delle attività produttive, che si avvale della collaborazione delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, su richiesta delle imprese interessate e previa verifica della sussistenza dei prescritti requisiti.
      3. Il Ministero delle attività produttive può autorizzare al rilascio dei marchi consorzi o società consortili, anche in forma cooperativa, costituiti da imprese, anche artigiane, facenti parte di distretti industriali individuati ai sensi dell'articolo 36 della legge 5 ottobre 1991, n. 317, e successive modificazioni, ovvero di specifiche filiere produttive, qualora tutti i prodotti da essi realizzati abbiano i requisiti per ottenere il marchio.
      4. È istituito presso il Ministero delle attività produttive, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato, l'albo delle imprese abilitate a utilizzare per i propri prodotti il marchio di cui all'articolo 1.

Art. 4.
(Controlli sulle autocertificazioni
del marchio «100 per cento Italia»).

      1. Le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura hanno il compito

 

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di esercitare il controllo di veridicità delle autocertificazioni di cui all'articolo 3, definendo opportune forme di collaborazione con il Corpo della guardia di finanza e avvalendosi di istituti di certificazione pubblici o privati autorizzati con decreto del Ministro delle attività produttive.

Art. 5.
(Controlli).

      1. Le imprese che hanno ottenuto l'utilizzo del marchio di cui all'articolo 1 attestano ogni due anni, tramite autocertificazione da depositare presso il Ministero delle attività produttive, che per gli scopi di cui al presente articolo può avvalersi delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura competenti per territorio, il permanere dei requisiti per l'utilizzo del medesimo marchio. Le imprese sono comunque tenute a comunicare immediatamente al soggetto che ha rilasciato il marchio l'eventuale venire meno dei relativi requisiti ed a cessare contestualmente l'utilizzo del marchio.
      2. Le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e i consorzi di imprese di cui al comma 3 dell'articolo 3, anche tramite gli istituti e i consorzi di certificazione a tale fine autorizzati e da essi individuati, effettuano controlli periodici e a campione sulle imprese che utilizzano il marchio di cui all'articolo 1 ai fini della verifica della sussistenza dei relativi requisiti.
      3. Il Ministero delle attività produttive può comunque acquisire notizie atte a verificare la sussistenza dei requisiti per l'utilizzo del marchio di cui all'articolo 1, segnalando eventuali ipotesi di indebito utilizzo, ai fini dei conseguenti accertamenti, alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente per territorio, ovvero ai consorzi di imprese di cui al comma 3 dell'articolo 3, che hanno rilasciato il marchio.
      4. Ai fini delle attività di controllo e accertamento svolte dalle camere di commercio,

 

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industria, artigianato e agricoltura, di cui ai commi 2 e 3, sono definite opportune forme di collaborazione con il Corpo della guardia di finanza.
      5. Nel caso in cui i controlli di cui al comma 2 o gli accertamenti di cui al comma 3 facciano emergere a carico dell'impresa interessata violazioni nell'utilizzo del marchio di cui all'articolo 1, il Ministero delle attività produttive revoca l'autorizzazione all'utilizzo del marchio. Nelle more degli accertamenti di cui al comma 3 l'utilizzo del marchio può essere inibito a titolo cautelare.
      6. Il Ministero delle attività produttive provvede a rendere nota al pubblico la revoca del marchio disposta ai sensi del comma 5 tramite appositi comunicati diffusi, a spese dell'impresa interessata, su tre testate giornalistiche, di cui almeno due a diffusione nazionale.

Art. 6.
(Sanzioni).

      1. Le imprese alle quali è stato revocato il diritto all'uso del marchio di cui all'articolo 1 non possono presentare nuove richieste di autorizzazione all'utilizzo del marchio prima che siano decorsi tre anni dal provvedimento di revoca. Qualora la richiesta di autorizzazione riguardi lo stesso prodotto per il quale è intervenuto il provvedimento di revoca, essa non può essere presentata prima che siano decorsi cinque anni.
      2. Qualora ne abbia notizia, il Ministero delle attività produttive segnala all'autorità giudiziaria, per le iniziative di sua competenza, i casi di contraffazione e di uso abusivo del marchio di cui all'articolo 1. Si applicano altresì le disposizioni di cui agli articoli 144 e seguenti del codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30.
      3. L'uso illecito del marchio di cui all'articolo 1 è punito ai sensi del libro II, titolo VII, capo II, del codice penale, e del codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30.

 

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Per l'irrogazione delle pene accessorie, si applica l'articolo 518 del codice penale.

Art. 7.
(Etichettatura dei prodotti).

      1. Al fine di consentire un'adeguata informazione agli utilizzatori intermedi e ai consumatori finali sul processo lavorativo dei prodotti commercializzati sul mercato italiano, è istituito, su base volontaria, un sistema di etichettatura dei prodotti realizzati in Paesi non appartenenti all'Unione europea. Tale sistema di etichettatura deve comunque evidenziare il Paese di origine del prodotto finito, nonché dei prodotti intermedi e la loro realizzazione nel rispetto delle regole comunitarie e internazionali in materia di origine commerciale, di igiene e sicurezza dei prodotti.
      2. Nella etichettatura di prodotti finiti e intermedi di cui al comma 1, il produttore o l'importatore forniscono altresì informazioni specifiche sulla conformità alle norme internazionali vigenti in materia di lavoro, sulla certificazione di igiene e sicurezza dei prodotti e sull'esclusione dell'impiego di minori nella produzione, nonché sul rispetto della normativa europea e degli accordi internazionali in materia ambientale.
      3. Con decreto del Ministro delle attività produttive, da emanare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le procedure per il rilascio e le caratteristiche del sistema di etichettatura di cui ai commi 1 e 2 e le modalità per i relativi controlli. Con il medesimo decreto sono altresì definite misure volte a promuovere presso i consumatori la conoscenza delle caratteristiche del sistema di etichettatura previste dal presente articolo, nonché forme di semplificazione delle procedure doganali per i prodotti dotati di etichettature conformi ai criteri di cui al

 

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presente articolo. Dall'attuazione delle disposizioni del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Art. 8.
(Disposizioni in materia di etichettatura
delle calzature).

      1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 7, le calzature destinate alla vendita al consumatore possono riportare un'etichetta recante informazioni sui materiali delle principali parti che le compongono, quali tomaia, rivestimento della tomaia, suola interna, suola esterna. L'etichetta contiene altresì le informazioni relative all'origine dei materiali stessi e alle relative lavorazioni.
      2. Per le calzature prodotte al di fuori dell'Unione europea e qualificate come dispositivi di protezione individuale, ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, l'etichetta riporta la denominazione e il codice identificativo dell'organismo italiano autorizzato che ha rilasciato la relativa certificazione.

Art. 9.
(Disposizioni in materia di etichettatura
dei prodotti tessili).

      1. All'articolo 8, comma 1, del decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 194, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Per i prodotti realizzati al di fuori dell'Unione europea e qualificati come dispositivi di protezione individuale, ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, l'etichetta riporta inoltre la denominazione e il codice identificativo dell'organismo italiano autorizzato che ha rilasciato la relativa certificazione. Quando tali prodotti non sono offerti in vendita a un consumatore, come definito dall'articolo 1519-bis, secondo comma, lettera a), del codice

 

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civile, le informazioni di cui al presente comma possono essere riportate in documenti commerciali di accompagnamento».

Art. 10.
(Carta d'identità dei prodotti
«Made in Italy»).

      1. La definizione «Made in Italy», ferma restando la disciplina recata dal regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, e successive modificazioni, che istituisce un codice doganale comunitario, è accompagnata da una scheda informativa denominata «carta d'identità del prodotto finito» che contiene informazioni utili al consumatore per conoscere la provenienza dei semilavorati di cui il prodotto finale è composto e le lavorazioni eseguite nel processo di fabbricazione cui hanno contribuito imprese di altri Paesi.
      2. I contenuti e le modalità applicative della carta d'identità di cui al comma 1 sono stabiliti con decreto del Ministro delle attività produttive, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e sentite le categorie interessate, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
      3. Per informare i consumatori riguardo alla rilevanza delle notizie contenute nella carta d'identità di cui al comma 1, nell'ambito degli ordinari stanziamenti di bilancio il Ministero delle attività produttive, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentite le associazioni di categoria delle imprese e le associazioni dei consumatori, può attuare una campagna di informazione capillare utilizzando le emittenti televisive nazionali, la rete radiofonica, la rete INTERNET e stampati da inviare al domicilio dei cittadini.
      4. Gli sportelli unici all'estero, nell'ambito dei compiti ad essi attribuiti dalla legge 31 marzo 2005, n. 56, svolgono, nei

 

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Paesi esteri, funzioni di prevenzione di fenomeni di contraffazione della carta d'identità di cui al comma 1.

Art. 11.
(Promozione del marchio e registrazione
comunitaria).

      1. Il Ministero delle attività produttive può predisporre, nei limiti delle risorse di cui al secondo periodo del presente comma, campagne annuali di promozione del marchio di cui all'articolo 1 nel territorio nazionale nonché sui principali mercati internazionali per il sostegno e la valorizzazione della produzione italiana e per la sensibilizzazione del pubblico ai fini della tutela del consumatore. Al finanziamento delle predette campagne si provvede mediante utilizzo di una quota non inferiore al 50 per cento delle risorse derivanti dall'articolo 148 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni.
      2. Il Ministero delle attività produttive provvede alla registrazione del marchio di cui all'articolo 1 presso l'apposito Ufficio di armonizzazione comunitaria ai fini della tutela internazionale del marchio in Stati terzi ai sensi del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, e successive modificazioni, e del protocollo relativo alla intesa di Madrid concernente la registrazione internazionale dei marchi, fatto a Madrid il 27 giugno 1989, reso esecutivo ai sensi della legge 12 marzo 1996, n. 169.
      3. Le imprese facenti parte di distretti industriali individuati ai sensi dell'articolo 36 della legge 5 ottobre 1991, n. 317, e successive modificazioni, ovvero di quelli riconosciuti dalle regioni sulla base delle leggi emanate nell'ambito delle competenze di cui all'articolo 117 della Costituzione, possono altresì concertare azioni di promozione dei prodotti contrassegnati dal marchio di cui all'articolo 1 con le regioni, i comuni e le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura

 

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interessati. Dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Art. 12.
(Ambito di applicazione).

      1. Le norme di cui alla presente legge si applicano, in quanto compatibili, ai marchi aziendali e collettivi e alle denominazioni, indicazioni ed etichettature, di cui alle leggi nazionali o regionali vigenti, destinate alla informazione del consumatore e alla riconoscibilità dell'origine o della qualità dei prodotti.


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