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CAMERA DEI DEPUTATI
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N. 38 |
L'articolo 79 della Costituzione nei lavori dell'Assemblea costituente
L'amnistia e l'indulto sono, com'è noto, entrambi provvedimenti di clemenza di carattere generale, volti a sospendere l'efficacia della legge penale rispetto ad alcune ipotesi di reato: l'amnistia, peraltro, elimina l'antigiuridicità del fatto commesso precludendo l'esercizio dell'azione penale nei confronti dell'autore, mentre l'indulto - non facendo venir meno la qualificazione giuridico-penale del fatto come reato - è volto a condonare, in tutto o in parte, o a commutare la pena applicata.
La prima questione che l'Assemblea costituente dovette affrontare nell'esaminare il tema dell'amnistia e dell'indulto (nell'ambito dei lavori della seconda Sottocommissione e quindi in seno alla Commissione per la Costituzione), fu quella dell'introduzione, o meno, di tali istituti nella Carta costituzionale. Sebbene il relatore, onorevole Giovanni Leone, si dichiarasse nettamente contrario a tale previsione, prevalse l'opinione opposta sostenuta, tra gli altri, dall'onorevole Togliatti, il quale sostenne che l'amnistia non è attributo della regalità (come aveva affermato l'onorevole Leone, aggiungendo che per questo motivo non poteva essere trasferito alla Repubblica) ma della sovranità: togliere alla Repubblica in quel momento tale attributo sarebbe stato politicamente un errore, poiché una parte considerevole del popolo avrebbe pensato che la Repubblica valesse meno della monarchia.
Nel progetto iniziale la concessione dell'amnistia e dell'indulto fu dunque inserita tra le attribuzioni dell'Assemblea nazionale, organo successivamente non più previsto dal testo costituzionale e corrispondente nella sostanza all'attuale Parlamento in seduta comune.
Il dibattito procedurale svoltosi, nella seduta del 20 dicembre 1946, presso la seconda Sottocommissione, costituì anche l'occasione per discutere sulla natura politica, e non giudiziaria, di tali provvedimenti. Alcuni membri, tra i quali l'onorevole Bozzi, ritenevano trattarsi di materia da affidare alla seconda Sezione della Sottocommissione, che esaminava il potere giudiziario. L'onorevole Tosato, contrario a questa tesi, affermò che «la concessione dell'amnistia, della grazia e dell'indulto è sempre espressione di un potere politico superiore a tutti gli altri poteri, sia quello esecutivo, sia quello legislativo, sia quello giudiziario».
In Assemblea, al centro del dibattito non fu più l'opportunità di prevedere o meno in Costituzione l'amnistia e l'indulto. Lo stesso onorevole Leone fu anzi presentatore, con altri, dell'emendamento che condusse alla formulazione dell'articolo 79 da ultimo recepita nella Carta costituzionale.
La discussione si incentrò invece sulla forma dell'approvazione dell'atto di concessione. Quattro furono le soluzioni proposte: deliberazione dell'Assemblea nazionale (testo della Commissione); legge costituzionale (emendamento dell'onorevole Codacci Pisanelli); legge ordinaria (onorevole Buffoni); decreto legislativo (onorevole Leone ed altri, tra i quali gli onorevoli Mortati, Moro e Bettiol).
L'esigenza della legge costituzionale, nelle intenzioni del presentatore dell'emendamento, mirava ad impedire gli abusi che in passato avevano caratterizzato questi istituti e a limitarne il numero;
La revisione dell'articolo 79 della Costituzione intervenuta nel 1992
In tale formulazione, l'articolo 79 della Costituzione è rimasto in vigore per quarantaquattro anni, nel corso dei quali sono state approvate venti leggi recanti concessione di amnistia o di indulto: l'ultima nel dicembre 1991, poco prima dell'entrata in vigore della legge costituzionale 6 marzo 1992, n. 1, che ha prodotto l'attuale testo dell'articolo 79 della Costituzione e dopo la quale - dato significativo - nessuna nuova legge di amnistia o di indulto è stata approvata.
Il nuovo testo entrato a far parte della Costituzione trae origine da uno dei progetti di legge allora in discussione: il disegno di legge governativo (atto Camera n. 4317) presentato dal Presidente del Consiglio, onorevole Andreotti, e dal Ministro di grazia e giustizia, professor Vassalli. La relazione illustrativa del disegno di legge, motivando l'esigenza della modifica costituzionale, affermava la necessità di ridurre l'uso frequente dei provvedimenti di amnistia e di indulto, ponendola in relazione con la recente entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale: la funzione deflattiva assegnata in esso ai riti differenziati sarebbe stata infatti vanificata dal ricorso non sporadico (che di fatto si era verificato nella prassi) allo strumento di clemenza, «giacché è ragionevole prevedere che, difficilmente, in presenza di tali aspettative (cioè di provvedimenti di amnistia o indulto) l'imputato preferirà scegliere la strada del processo rapido, con conseguente esecuzione della pena, rispetto all'attesa di una futura, ma non lontana, estinzione del reato a seguito di amnistia, ovvero di una (anche parziale) estinzione della pena a seguito di indulto».
La relazione del disegno di legge richiamava inoltre la sentenza della Corte costituzionale n. 175 del 1971, in cui la Corte, pur affermando la propria incompetenza a sindacare l'ampiezza dell'uso fatto dal Parlamento della sua discrezionalità in materia, riteneva che apparisse degno di attenta considerazione il rilievo (sollevato dai ricorrenti) sulla «necessità di interpretare l'articolo 79 Cost. in modo da armonizzarne l'applicazione con il rispetto del supremo principio di eguaglianza: il che si otterrebbe quando all'amnistia si faccia luogo solo in confronto a reati commessi in situazioni eccezionali e limitate nel tempo».
Il dichiarato scopo di limitare il ricorso agli strumenti di clemenza connotava anche gli altri progetti di legge costituzionale presentati sulla materia, i quali, peraltro, non intervenivano unicamente sul meccanismo di adozione dei provvedimenti di amnistia e indulto, ma erano rivolte o a cancellare definitivamente l'istituto dell'amnistia, attraverso l'abrogazione dell'articolo 79 della Costituzione (atto Camera n. 3937, onorevole Biondi), o a consentirne l'applicazione solo in casi straordinari di necessità (atto Camera n. 4292, onorevole Finocchiaro Fidelbo ed altri; atto Senato n. 1846, senatore Casoli ed altri; atto Senato n. 1883, senatore Onorato ed altri), circoscrivendone altresì l'applicabilità ai soli reati commessi nell'anno antecedente la proposta di delegazione
I lavori della Commissione parlamentare per le riforme costituzionali in materia di amnistia e indulto
La materia venne nuovamente affrontata pochi anni dopo, nel corso della XIII legislatura, da parte della Commissione parlamentare per le riforme costituzionali, istituita dalla legge costituzionale 24 gennaio 1997, n. 1.
Il tema delle modalità di concessione dell'amnistia e dell'indulto fu inizialmente esaminato nell'ambito dei lavori del Comitato su Parlamento e fonti normative costituito in seno alla Commissione. L'articolato presentato il 29 maggio 1997 alla Commissione plenaria dalla senatrice Dentamaro, relatrice per il Comitato, e adottato come testo base nella seduta del 4 giugno, stabiliva che le leggi di amnistia e di indulto dovessero essere approvate con legge «bicamerale» (articolo 68, secondo comma, lettera h)) deliberata a maggioranza dei due terzi di ciascuna Camera (articolo 81). Veniva dunque meno l'esigenza di una maggioranza qualificata per l'approvazione di ogni articolo; nulla mutava con riguardo alla votazione finale.
Nella seduta del 24 giugno furono tuttavia discussi ed approvati due identici emendamenti (Mussi II.28.1 e Boato II.28.4) volti a ridurre il quorum necessario per approvare le leggi di amnistia o indulto, dai due terzi alla maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera.
Nel corso del dibattito, a sostegno dell'approvazione degli emendamenti si ricordò tra l'altro (onorevole Boato) che la modifica costituzionale da cui era scaturita l'attuale formulazione dell'articolo 79
XIV legislatura: il discorso di Giovanni Paolo II al Parlamento, le autonome determinazioni non assunte dalle Camere
Nella precedente legislatura la proposta di legge costituzionale che si illustra con questa relazione (che ebbe la preziosa collaborazione tecnico-giuridica del Servizio studi della Camera dei deputati, con la esclusiva responsabilità giuridica dell'allora relatore del testo) ripropose il disposto del primo comma dell'articolo 101 citato. Le ragioni che condussero all'adozione di quel testo da parte della Commissione bicamerale mantengono la loro validità all'inizio della XV legislatura.
A quindici anni dall'ultimo provvedimento adottato dal Parlamento, la XIV legislatura, semmai, ha reso più profonde e gravi le motivazioni di questa proposta di legge costituzionale. Nel corso della legislatura, dal 2002 sino al suo ultimo mese, tutte le proposte di amnistia condizionata - fra le quali le proposte di legge a firma del presentatore (atti Camera nn. 1606 e 1607) e che erano state predisposte da due autorevoli esponenti della magistratura e del diritto, come il dottor Francesco Maisto, sostituto procuratore generale di Milano, e il professor Massimo Pavarini, dell'Università degli studi di Bologna - e di indulto hanno subìto la valutazione negativa e le opposizioni che hanno segnato, nelle ultime legislature, tutti i provvedimenti di indulgenza.
Il Parlamento non ha voluto o non ha potuto - per ragioni già richiamate - scrivere una pagina innovativa rispetto alla valutazione fortemente negativa che una parte della cultura penalistica e della politica - seppure non in forme e con voci unanimi - propongono in ordine a provvedimenti di clemenza a carattere «eccezionale». Ciò anche quando si è giunti alla loro discussione in Assemblea con un
1. Il primo comma dell'articolo 79 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«L'amnistia e l'indulto sono concessi con legge deliberata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera».
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