Frontespizio Relazione Progetto di Legge

Nascondi n. pagina

Stampa

PDL 230

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 230




 

Pag. 1

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato ZANELLA

Nuove norme concernenti l'esercizio della prostituzione e la lotta contro lo sfruttamento della prostituzione altrui

Presentata il 28 aprile 2006


      

torna su
Onorevoli Colleghi! - Molto tempo è ormai trascorso da quando la legge 20 febbraio 1958, n. 75, cosiddetta «legge Merlin», decretò la chiusura delle «case di tolleranza», un atto di grandissimo rilievo che ha inciso profondamente sul costume e sulla mentalità degli italiani.
      Tuttavia, allo sfruttamento all'interno delle «case chiuse» si è sostituito lo sfruttamento, altrettanto inammissibile e ben più insidioso, della malavita organizzata nella gestione del business della prostituzione. Migliaia di donne, spinte dalle condizioni di indigenza sopportate nei loro Paesi d'origine o desiderose di trovare in occidente una collocazione umana, sociale e lavorativa migliore o, più in generale, di realizzare le proprie aspirazioni di libertà, si affidano, loro malgrado, a organizzazioni criminali in grado di gestire le catene migratorie e di orientare attraverso il governo dei flussi i destini individuali di ognuna di esse, collocandole nel mercato sommerso del sesso. Ricattabili per la loro condizione di clandestinità, esse sono di fatto prive di diritti e di tutela e le uniche forme di solidarietà attiva nei loro confronti sono spesso quelle messe in campo dalle organizzazioni di volontariato e dalle équipe di operatori sociali. Con la presente proposta di legge si intende restituire ai soggetti che esercitano la prostituzione, donne, uomini e transessuali, lo status di cittadine e cittadini, assicurando loro l'uguaglianza ed il rispetto dei diritti costituzionalmente garantiti e disciplinando una materia che ha subìto, nel tempo, profonde e sostanziali modificazioni. Chi si prostituisce è, dal 1958, di fatto, senza identità e garanzia alcuna, preda della più totale deregulation legislativa e delle più disparate interpretazioni soggettive della
 

Pag. 2

normativa prevista in materia dal codice penale.
      Anche se prostituirsi oggi non è una attività vietata esplicitamente, essa è ugualmente perseguita e resa insicura da una serie di contraddittorie disposizioni legislative, dalla mancanza di strumenti giuridici a tutela dei diritti delle persone che esercitano la prostituzione, e paradossalmente, da alcune di quelle norme volte a scoraggiare lo sfruttamento della prostituzione previste dalla stessa «legge Merlin», norme che a distanza di anni si stanno rivelando costrittive per chi liberamente voglia esercitare tale attività con una maggiore attenzione alla propria salute e sicurezza; come nel caso del reato di adescamento e del reato di favoreggiamento che la «legge Merlin» prevede per coloro che decidono di mettere a disposizione locali a chi si prostituisce.
      La «legge Merlin», in altre parole, se ha segnato, con la chiusura delle cosiddette «case di tolleranza», la fine dello sfruttamento «regolamentato» della prostituzione su licenza dell'autorità di pubblica sicurezza, non ha fornito nel contempo altri efficaci strumenti legislativi e di tutela civile, così che oggi la legislazione in vigore da una parte finge di ignorare giuridicamente la prostituzione e, dall'altra, ne relega l'esercizio in un regime di clandestinità, di emarginazione e di accentuato pericolo.
      È tempo, dunque, di ripensare in profondità questa tematica, sforzandosi di perseguire un duplice obiettivo: introdurre nuovi strumenti di tutela delle vittime del traffico a fine di sfruttamento sessuale e assicurare garanzie e protezione sociale a chi consapevolmente trovi nella prostituzione il modo di vivere liberamente la propria sessualità, salvaguardando, in entrambi i casi, il rispetto delle norme del vivere civile.
      Sul primo versante passi importanti sono stati compiuti con l'entrata in vigore del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina sull'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e del relativo regolamento di attuazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, nonché con la legge 3 agosto 1998, n. 269, recante norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale. In particolare, l'articolo 18 del citato testo unico ha inaugurato una serie di programmi finalizzati alla realizzazione di misure di accoglienza, inserimento socio-lavorativo, formazione, orientamento, informazione, destinati a stranieri che si trovino in situazioni di grave disagio, in particolare donne e minori che intendano sottrarsi alla violenza ed ai condizionamenti di soggetti dediti al traffico di persone a scopo di sfruttamento sessuale. Essi si articolano in progetti territoriali gestiti da regioni, province, comuni, comunità montane e loro consorzi o da soggetti privati convenzionati con l'ente territoriale, iscritti nell'apposita sezione del registro delle associazioni e degli enti che svolgono attività a favore di stranieri immigrati di cui all'articolo 52, comma 1, del citato regolamento di attuazione del testo unico, e successive modificazioni.
      Sulla scorta di questa importante innovazione legislativa sono state sperimentate in alcuni comuni nuove politiche di intervento capaci di dare frutti significativi nella lotta a questa moderna tratta degli schiavi. La costituzione di unità di strada e di servizi contro la marginalità urbana ha dimostrato che è possibile contrastare e controllare il fenomeno per mezzo di una costante attività di outreach (contatto di strada e attività di formazione e prevenzione sanitaria svolte da team di assistenza sociale, distribuzione di materiale informativo multilingue sui servizi socio-sanitari presenti nel territorio e di materiale di profilassi, sensibilizzazione delle persone che si prostituiscono al rispetto delle regole civiche al fine di ridurre la conflittualità con la cittadinanza, disincentivando l'esercizio della prostituzione in prossimità di luoghi di culto, scuole, ospedali, parchi cittadini, e individuando, in comune accordo con le associazioni per i diritti delle prostitute, le associazioni di volontariato e i comitati dei cittadini, aree appositamente riservate a questo scopo), e
 

Pag. 3

grazie all'attività dei drop-in center, strutture nelle quali è possibile allestire un'accoglienza di base volta a fornire informazioni, accompagnamenti, assistenza e aiuto immediato, oltre a programmare cicli di counseling, workshop e momenti di intermediazione culturale.
      Tali misure tendono ad implementare politiche di accoglienza e mirano al reinserimento sociale delle persone che esercitano la prostituzione; esse possono avere pieno successo solo se incentivate con stanziamenti economici di gran lunga superiori a quelli attuali e se inserite in uno sforzo più generale di sottrazione della gestione dei flussi migratori alle organizzazioni malavitose, predisponendo, oltre a strutture di accoglienza organizzate secondo i princìpi della solidarietà, attività di intelligence e di monitoraggio costante del fenomeno, operando secondo la logica della prevenzione piuttosto che servendosi ottusamente della repressione indiscriminata, fatta salva la necessità di perseguire chiunque gestisca, controlli, organizzi o sfrutti, traendone profitto, la prostituzione altrui.
      Sull'altro versante, che potremmo definire delle libertà e dei diritti civili, pare preliminarmente opportuno volgere lo sguardo al panorama legislativo europeo che negli ultimi anni ha visto affermarsi, e spesso contrapporsi, diversi indirizzi di pensiero e di cui sono illustrati, di seguito, alcuni esempi:

          il modello svedese che, con l'obiettivo di tutelare la dignità e la salvaguardia del corpo femminile dalla violenza esercitata dal maschio attraverso il denaro, introduce la punizione del cliente, attribuendo così allo Stato la funzione etico-pedagogica di sanzionare un comportamento sessuale. Tale dottrina rovescia il presupposto storico del proibizionismo, che ha sempre sanzionato il comportamento della prostituta in quanto comportamento sessuale femminile fuori del matrimonio, ma non elude una malcelata vocazione criminalizzatrice, tesa comunque a individuare un reo in base a un metro di giudizio di tipo morale;

          il modello olandese, teso a regolamentare giuridicamente ed economicamente l'esercizio della prostituzione attraverso l'imposizione di tasse e restrizioni da parte dello Stato. Con la legge n. 464 del 28 ottobre 1999 (entrata in vigore il 1o ottobre 2000) di fatto viene sancita la legalizzazione della prostituzione non senza alcuni margini di ambiguità, come quelli che «ottundono» il confine dello sfruttamento nel caso delle prostitute che lavorano in club privati (inquadrate come dipendenti dal datore di lavoro o quelli riguardanti l'intrusione nella sfera privata nel caso delle lavoratrici autonome (sottoposte a controlli molto rigidi che ne pregiudicano in alcuni casi la mobilità e il pieno godimento dei tempi di vita). Non è secondario ricordare che i continui controlli sanitari obbligatori a cui è formalmente sottoposto chi si prostituisce per usufruire della «licenza di esercizio» e della copertura previdenziale, si sono rivelati, secondo le più recenti statistiche, del tutto inefficaci - perché non supportati da un'adeguata politica di prevenzione - al fine del contenimento delle malattie veneree, alcune delle quali, come la sifilide, sono addirittura in aumento, in linea con quanto accadeva in Italia prima della «legge Merlin»;

          il modello tedesco, tra i più fortemente innovativi grazie all'introduzione della «Gesetz zur Regelung der Rechtsverhältnisse von Prostituierten» (Legge di regolamentazione della condizione giuridica delle prostitute), entrata in vigore il 1o gennaio 2002, che ha modificato gli articoli 180a 181a del codice penale introducendo nel contempo disposizioni volte a migliorare la situazione giuridica e sociale di chi si prostituisce. In particolare l'articolo 1 dispone che l'accordo in base al quale viene concordato un compenso in cambio di prestazioni sessuali giustifica una pretesa giuridicamente efficace e, di conseguenza, l'attuazione in giudizio di un diritto. Tale principio è esteso, in particolare, nel quadro di un rapporto di occupazione, laddove il soggetto erogante la prestazione si tiene a disposizione temporaneamente per tale scopo e dunque la

 

Pag. 4

contrattazione tra prostituta e cliente non viene più ritenuta contraria al buon costume;

          il modello spagnolo, fortemente modificato in seguito all'approvazione della Ley orgánica 11/99, che depenalizza completamente la prostituzione e rivoluziona il titolo VIII del codice penale, laddove, all'articolo 188 individua nella «libertà sessuale» dell'individuo un bene giuridicamente protetto.

      Più in generale, la tendenza che va affermandosi in Europa è quella di ancorare al lavoro i diritti di cittadinanza attraverso il riconoscimento statuale della prostituzione come attività lavorativa a pieno titolo, come lavoro autonomo di terza generazione (l'adozione in più di un testo legislativo di termini come sex workers, la possibilità di versare contributi previdenziali e di adottare tariffari sono indicatori inequivocabili), creando, però, un'ulteriore forma di discriminazione delle donne immigrate - la stragrande maggioranza di coloro che si prostituiscono - visto che il nuovo status conferisce visibilità e diritti tendenzialmente solo alle prostitute autoctone e relega le straniere in un mercato parallelo controllato dalle mafie.
      Questo sintetico excursus ci conforta nella convinzione che, in sintonia con gli orientamenti prevalenti a livello europeo, anche nel nostro Paese sia improrogabile avviare una politica di decriminalizzazione della prostituzione quando essa sia frutto della libera scelta individuale, ma che altrettanto irrinunciabile sia fornire tutela allo sterminato popolo degli immigrati e delle immigrate, conferendo permessi di soggiorno a chi intenda esercitare la prostituzione nel nostro Paese e predisponendo una politica di inclusione per quote nei flussi migratori. Già nel 1990 la Commissione delle donne del Parlamento europeo chiedeva agli Stati membri di depenalizzare l'esercizio della prostituzione a tutela della salute e della sicurezza delle prostitute, sottolineando che la condizione di semi-illegalità nella quale generalmente esse operano incoraggia gli abusi, la costrizione, le condizioni di lavoro degradanti, i maltrattamenti e i delitti.
      La normativa in vigore, al contrario, risulta caratterizzata da un'evidente mancanza di chiarezza sugli obiettivi della repressione e sull'individuazione dei confini esatti delle fattispecie di reato, tanto da porre sullo stesso piano comportamenti che meriterebbero considerazioni e trattamenti assai diversificati. Sancire la liceità della prostituzione non coatta e non minorile, la sua attinenza alla sfera privata dei rapporti tra persone, non perseguibile né per chi la esercita, né per chi la utilizza, dunque, garantirebbe il diritto alla autodeterminazione sessuale, la piena libertà di movimento e di comportamento e contrasterebbe il business criminale alimentato dalla clandestinità. Soprattutto, consentirebbe di porre l'accento sulla necessità di fornire diritti e dignità giuridica a chi fino ad oggi ne è stato privo.
      La presente proposta di legge punta dunque a garantire strumenti idonei ad espandere sul territorio nazionale le politiche di accoglienza mirate al reinserimento sociale delle persone che si prostituiscono e necessita di essere supportata da interventi che favoriscano un mutamento di orizzonte culturale sul tema della sessualità e dei rapporti tra i sessi e da investimenti adeguati nell'allestimento di campagne di informazione e nella formazione di operatrici e operatori sociali.

 

Pag. 5


torna su
PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. È vietata qualsiasi forma di discriminazione nei confronti dei soggetti che esercitano la prostituzione. Non è punibile né sanzionabile chi esercita la prostituzione e chi per esercitarla utilizza una privata dimora di cui ha la legittima disponibilità.

Art. 2.

      1. La prostituzione può essere esercitata esclusivamente da soggetti che abbiano compiuto la maggiore età. I cittadini stranieri possono esercitare la prostituzione se muniti di regolare permesso di soggiorno.

Art. 3.

      1. Chi, in piena libertà e autonomia, decide di esercitare la prostituzione può svolgere tale attività presso la propria abitazione o altri luoghi chiusi, ovvero costituire forme cooperative per la gestione di tale attività ed è tenuto al versamento delle imposte sul reddito. Gli enti locali, in collaborazione con le associazioni dei cittadini e delle prostitute, possono individuare luoghi pubblici nei quali è consentito l'esercizio della prostituzione.

Art. 4.

      1. Le regioni, in collaborazione con gli enti locali e con le organizzazioni della società civile, promuovono politiche di contrasto allo sfruttamento della prostituzione.
      2. Al fine di cui al comma 1, i comuni attuano politiche di assistenza e di integrazione sociale, di prevenzione e di contenimento del danno sanitario e sociale, destinate in particolare a donne e minori soggetti al traffico di persone a scopi di sfruttamento sessuale; promuovono, altresì,

 

Pag. 6

interventi di formazione delle operatrici e degli operatori pubblici a contatto con la prostituzione per sostenere tutti quei soggetti che vivendo nell'emarginazione giungono alla prostituzione spinti dalle proprie necessità di sopravvivenza, garantendo sostegno a coloro che manifestano la volontà di cessare tale attività.
      3. Nell'ambito del Fondo nazionale per le politiche sociali, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con proprio decreto, emanato di concerto con il Ministro per le pari opportunità, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, determina annualmente la quota da riservare agli interventi di cui ai commi 1 e 2.

Art. 5.

      1. Chiunque gestisce, controlla, organizza, sfrutta, traendone profitto, la prostituzione altrui è punito con l'arresto da tre a dieci anni e con l'ammenda da 1.000 euro a 7.750 euro. La condanna comporta, altresì, l'interdizione dai pubblici uffici per una durata di due anni e la sospensione della patente di guida per cinque anni.
      2. Alla pena di cui al comma 1 soggiace, altresì, chi impedisce o tenti di impedire a chiunque eserciti la prostituzione, di desistere dal prostituirsi.
      3. La pena è aumentata di un terzo se i reati di cui ai commi 1 e 2 sono commessi con violenza e minacce o ai danni di minorenni o di soggetti in stato di accertata tossicodipendenza o di handicap fisico o psichico. Alla stessa pena soggiace anche chi commette il reato nei confronti di persona della quale sia stato nominato tutore o qualora il colpevole rivesta funzioni di pubblico ufficiale o abusi della propria autorità.
      4. Le circostanze aggravanti di cui al comma 3 si applicano anche nei confronti di chi organizza, partecipa o sfrutta l'immigrazione clandestina al fine della prostituzione.

Art. 6.

      1. La legge 20 febbraio 1958, n. 75, è abrogata.


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
torna su