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CAMERA DEI DEPUTATI
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N. 230 |
il modello svedese che, con l'obiettivo di tutelare la dignità e la salvaguardia del corpo femminile dalla violenza esercitata dal maschio attraverso il denaro, introduce la punizione del cliente, attribuendo così allo Stato la funzione etico-pedagogica di sanzionare un comportamento sessuale. Tale dottrina rovescia il presupposto storico del proibizionismo, che ha sempre sanzionato il comportamento della prostituta in quanto comportamento sessuale femminile fuori del matrimonio, ma non elude una malcelata vocazione criminalizzatrice, tesa comunque a individuare un reo in base a un metro di giudizio di tipo morale;
il modello olandese, teso a regolamentare giuridicamente ed economicamente l'esercizio della prostituzione attraverso l'imposizione di tasse e restrizioni da parte dello Stato. Con la legge n. 464 del 28 ottobre 1999 (entrata in vigore il 1o ottobre 2000) di fatto viene sancita la legalizzazione della prostituzione non senza alcuni margini di ambiguità, come quelli che «ottundono» il confine dello sfruttamento nel caso delle prostitute che lavorano in club privati (inquadrate come dipendenti dal datore di lavoro o quelli riguardanti l'intrusione nella sfera privata nel caso delle lavoratrici autonome (sottoposte a controlli molto rigidi che ne pregiudicano in alcuni casi la mobilità e il pieno godimento dei tempi di vita). Non è secondario ricordare che i continui controlli sanitari obbligatori a cui è formalmente sottoposto chi si prostituisce per usufruire della «licenza di esercizio» e della copertura previdenziale, si sono rivelati, secondo le più recenti statistiche, del tutto inefficaci - perché non supportati da un'adeguata politica di prevenzione - al fine del contenimento delle malattie veneree, alcune delle quali, come la sifilide, sono addirittura in aumento, in linea con quanto accadeva in Italia prima della «legge Merlin»;
il modello tedesco, tra i più fortemente innovativi grazie all'introduzione della «Gesetz zur Regelung der Rechtsverhältnisse von Prostituierten» (Legge di regolamentazione della condizione giuridica delle prostitute), entrata in vigore il 1o gennaio 2002, che ha modificato gli articoli 180a 181a del codice penale introducendo nel contempo disposizioni volte a migliorare la situazione giuridica e sociale di chi si prostituisce. In particolare l'articolo 1 dispone che l'accordo in base al quale viene concordato un compenso in cambio di prestazioni sessuali giustifica una pretesa giuridicamente efficace e, di conseguenza, l'attuazione in giudizio di un diritto. Tale principio è esteso, in particolare, nel quadro di un rapporto di occupazione, laddove il soggetto erogante la prestazione si tiene a disposizione temporaneamente per tale scopo e dunque la
il modello spagnolo, fortemente modificato in seguito all'approvazione della Ley orgánica 11/99, che depenalizza completamente la prostituzione e rivoluziona il titolo VIII del codice penale, laddove, all'articolo 188 individua nella «libertà sessuale» dell'individuo un bene giuridicamente protetto.
Più in generale, la tendenza che va affermandosi in Europa è quella di ancorare al lavoro i diritti di cittadinanza attraverso il riconoscimento statuale della prostituzione come attività lavorativa a pieno titolo, come lavoro autonomo di terza generazione (l'adozione in più di un testo legislativo di termini come sex workers, la possibilità di versare contributi previdenziali e di adottare tariffari sono indicatori inequivocabili), creando, però, un'ulteriore forma di discriminazione delle donne immigrate - la stragrande maggioranza di coloro che si prostituiscono - visto che il nuovo status conferisce visibilità e diritti tendenzialmente solo alle prostitute autoctone e relega le straniere in un mercato parallelo controllato dalle mafie.
Questo sintetico excursus ci conforta nella convinzione che, in sintonia con gli orientamenti prevalenti a livello europeo, anche nel nostro Paese sia improrogabile avviare una politica di decriminalizzazione della prostituzione quando essa sia frutto della libera scelta individuale, ma che altrettanto irrinunciabile sia fornire tutela allo sterminato popolo degli immigrati e delle immigrate, conferendo permessi di soggiorno a chi intenda esercitare la prostituzione nel nostro Paese e predisponendo una politica di inclusione per quote nei flussi migratori. Già nel 1990 la Commissione delle donne del Parlamento europeo chiedeva agli Stati membri di depenalizzare l'esercizio della prostituzione a tutela della salute e della sicurezza delle prostitute, sottolineando che la condizione di semi-illegalità nella quale generalmente esse operano incoraggia gli abusi, la costrizione, le condizioni di lavoro degradanti, i maltrattamenti e i delitti.
La normativa in vigore, al contrario, risulta caratterizzata da un'evidente mancanza di chiarezza sugli obiettivi della repressione e sull'individuazione dei confini esatti delle fattispecie di reato, tanto da porre sullo stesso piano comportamenti che meriterebbero considerazioni e trattamenti assai diversificati. Sancire la liceità della prostituzione non coatta e non minorile, la sua attinenza alla sfera privata dei rapporti tra persone, non perseguibile né per chi la esercita, né per chi la utilizza, dunque, garantirebbe il diritto alla autodeterminazione sessuale, la piena libertà di movimento e di comportamento e contrasterebbe il business criminale alimentato dalla clandestinità. Soprattutto, consentirebbe di porre l'accento sulla necessità di fornire diritti e dignità giuridica a chi fino ad oggi ne è stato privo.
La presente proposta di legge punta dunque a garantire strumenti idonei ad espandere sul territorio nazionale le politiche di accoglienza mirate al reinserimento sociale delle persone che si prostituiscono e necessita di essere supportata da interventi che favoriscano un mutamento di orizzonte culturale sul tema della sessualità e dei rapporti tra i sessi e da investimenti adeguati nell'allestimento di campagne di informazione e nella formazione di operatrici e operatori sociali.
1. È vietata qualsiasi forma di discriminazione nei confronti dei soggetti che esercitano la prostituzione. Non è punibile né sanzionabile chi esercita la prostituzione e chi per esercitarla utilizza una privata dimora di cui ha la legittima disponibilità.
1. La prostituzione può essere esercitata esclusivamente da soggetti che abbiano compiuto la maggiore età. I cittadini stranieri possono esercitare la prostituzione se muniti di regolare permesso di soggiorno.
1. Chi, in piena libertà e autonomia, decide di esercitare la prostituzione può svolgere tale attività presso la propria abitazione o altri luoghi chiusi, ovvero costituire forme cooperative per la gestione di tale attività ed è tenuto al versamento delle imposte sul reddito. Gli enti locali, in collaborazione con le associazioni dei cittadini e delle prostitute, possono individuare luoghi pubblici nei quali è consentito l'esercizio della prostituzione.
1. Le regioni, in collaborazione con gli enti locali e con le organizzazioni della società civile, promuovono politiche di contrasto allo sfruttamento della prostituzione.
2. Al fine di cui al comma 1, i comuni attuano politiche di assistenza e di integrazione sociale, di prevenzione e di contenimento del danno sanitario e sociale, destinate in particolare a donne e minori soggetti al traffico di persone a scopi di sfruttamento sessuale; promuovono, altresì,
1. Chiunque gestisce, controlla, organizza, sfrutta, traendone profitto, la prostituzione altrui è punito con l'arresto da tre a dieci anni e con l'ammenda da 1.000 euro a 7.750 euro. La condanna comporta, altresì, l'interdizione dai pubblici uffici per una durata di due anni e la sospensione della patente di guida per cinque anni.
2. Alla pena di cui al comma 1 soggiace, altresì, chi impedisce o tenti di impedire a chiunque eserciti la prostituzione, di desistere dal prostituirsi.
3. La pena è aumentata di un terzo se i reati di cui ai commi 1 e 2 sono commessi con violenza e minacce o ai danni di minorenni o di soggetti in stato di accertata tossicodipendenza o di handicap fisico o psichico. Alla stessa pena soggiace anche chi commette il reato nei confronti di persona della quale sia stato nominato tutore o qualora il colpevole rivesta funzioni di pubblico ufficiale o abusi della propria autorità.
4. Le circostanze aggravanti di cui al comma 3 si applicano anche nei confronti di chi organizza, partecipa o sfrutta l'immigrazione clandestina al fine della prostituzione.
1. La legge 20 febbraio 1958, n. 75, è abrogata.
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