Frontespizio Relazione Progetto di Legge

Nascondi n. pagina

Stampa

PDL 695

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 695


 

Pag. 1

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato PISICCHIO

Disciplina dell'attività di relazione istituzionale

Presentata il 15 maggio 2006


      

torna su
Onorevoli Colleghi! - La tradizione politica anglosassone ha consegnato ai parlamentari moderni l'esperienza della regolazione giuridica del «lobbismo» inteso come modo dei rapporti tra portatori di interessi privati (ancorché diffusi nella società) e istituzioni politiche.
      L'esordio del lobbismo si ebbe nel Parlamento britannico con l'accettazione della presenza di gruppi di pressione volti ad esercitare una influenza sui responsabili delle scelte politiche, utilizzando i precari spazi del corridoio (la lobby, appunto) antistante le aule parlamentari e le commissioni. Dobbiamo, però, agli Stati Uniti, Paese in cui le relazioni politiche sono state meno condizionate dall'ideologismo tipico dell'Europa del XX secolo (e dunque più direttamente esposte alle pressioni degli interessi economici e per ciò stesso sensibili al problema del rapporto col mondo degli affari) i primi tentativi di una organica regolazione. Con il Federal Regulation of Lobbying Act del 1946 si impose, infatti, nel Congresso americano per la prima volta l'obbligo di registrazione, presso un apposito albo, dei nomi di chi esercitasse l'attività di lobbyng presso gli organi governativi (obbligo che prevedeva, tra l'altro, relazioni trimestrali sull'attività svolta). Nel 1949, attraverso l'approvazione di un codice etico, venne adottato un meccanismo volto a garantire anche l'autonomia e l'integrità dei funzionari governativi.
      L'esperienza del lobbismo americano - non diversamente da quella dei Paesi in cui il fenomeno viene recepito e regolato dall'ordinamento giuridico - è un lungo percorso di stop and go, condizionato da due impulsi contrapposti: quello di una politica che mal tollera imbrigliamenti e quello di una pubblica opinione che impone l'esigenza di una trasparenza nei rapporti tra mondo dell'economia e mondo delle istituzioni. Così il dibattito sull'efficacia delle misure previste dalla legge del 1946, che pure ha promosso una
 

Pag. 2

riforma (il Lobbyng Disclosure Act del 1995) capace di precisare la portata di alcuni adempimenti cui sono tenuti i professionisti della «lobby», non è tuttavia riuscito ad aprire la porta ad una più severa normativa per via di un recente e tenace ostruzionismo del Senato.
      D'altro canto, il fenomeno della globalizzazione delle strutture economiche e finanziarie (insieme con la caduta delle ideologie che ha consentito un accesso dell'economia nelle istituzioni, meno «difese» dalle sovrastrutture politiche di un tempo) ha posto con urgenza il tema di una adeguata comprensione e organizzazione giuridica del fenomeno. Va subito chiarito che nella valutazione che stiamo compiendo sul lobbismo non trova accesso alcuna forma di giudizio etico: nel lobbismo trovano spazio variegati interessi, che vanno dalle attività imprenditoriali, commerciali ed economiche in senso stretto, a quelle di categorie professionali, ai gruppi di pressione e ai movimenti organizzati per fini specifici, come i consumatori o le associazioni di volontariato.
      Si potrebbe, in verità, affermare che il lobbismo rappresenta una «necessaria» forma di partecipazione dei cittadini all'iter legislativo, una delle poche percorribili di fronte al declino della forma-partito. Tuttavia, a fronte della sempre crescente importanza del fenomeno lobbistico nelle società contemporanee, si continua a registrare uno stupefacente deficit regolamentativo nelle legislazioni dei parlamenti nazionali europei.
      Il dibattito politico in Italia intorno al fenomeno del lobbismo, ha avuto, in verità, un andamento singolare e per certi aspetti paradossale: ha visto più sensibile e attenta al fenomeno la politica piuttosto che la pubblica opinione. Bisogna dare atto, infatti, alla classe politica, o almeno ad una parte di essa, di avere acutamente avvertito la necessità di giungere ad una soddisfacente disciplina dei nuovi rapporti tra mondo dell'economia e istituzioni che, alla chiusura di un lungo ciclo storico, fin dai primi anni '80 si annunciavano delicati e complessi con tutto il dirompente carico di novità che la nuova stagione politica, sempre meno protetta dalle antiche certezze dell'ideologismo passato, andava allestendo.
      Risalgono, comunque, alla IX legislatura le prime quattro proposte di legge volte a regolamentare l'attività professionale dell'esercente relazioni pubbliche, proposte da allora sempre presenti con una variegazione di voci e di toni, ma non con soddisfacente esito in termini di iter legislativo, nelle legislature successive sino alla XIV.
      Nella XIII e poi nella XIV legislatura finalmente si è compiuto un significativo avanzamento in termini di dibattito in Commissione, sia alla Camera che al Senato, giungendo a definire testi che rappresentano un punto di arrivo importante anche da un punto di vista culturale: il fenomeno del lobbismo viene valutato fuori da ogni prospettiva etica e giudicato necessario oggetto di disciplina per il valore in sé della rappresentabilità degli interessi leciti.
      La nostra proposta tiene conto del lavoro svolto dal Parlamento in particolare nella XIII legislatura, cercando, tuttavia, di offrire, attraverso un articolato scarno, una disciplina efficace e moderna al fenomeno del lobbismo.
      Così all'articolo 1 viene stabilito il principio della tenuta di registri delle attività di relazione istituzionale presso gli Uffici di Presidenza delle Camere, prevedendo analoghe soluzioni anche per le assemblee regionali, provinciali e comunali. Con l'articolo 2 viene definito il contenuto dell'attività di relazione istituzionale. L'articolo 3, invece, stabilisce i requisiti per l'esercizio da parte di singoli dell'attività lobbistica, stabilendo anche il quadro degli obblighi.
      Con gli articoli 4 e 5, invece, vengono disciplinate le relazioni periodiche e le modalità della loro verifica. L'articolo 6, infine, si occupa di sanzioni amministrative in caso di inosservanza delle prescrizioni della legge.
 

Pag. 3


torna su
PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Registri delle attività
di relazione istituzionale).

      1. L'attività di relazione istituzionale svolta nei confronti del Parlamento italiano, nonché dei suoi componenti e funzionari si informa ai princìpi di pubblicità e trasparenza.
      2. Sono istituiti presso gli Uffici di Presidenza del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati i registri dell'attività di relazione istituzionale nei confronti dei componenti delle assemblee legislative.
      3. È istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri il registro dell'attività di relazione istituzionale nei confronti dei titolari di pubbliche funzioni.
      4. Sono istituiti, con leggi regionali, presso i consigli regionali, provinciali e comunali, i registri delle attività di relazione istituzionale nei confronti delle rispettive assemblee elettive.
      5. I registri di cui al presente articolo sono pubblici.

Art. 2.
(Definizione dell'attività
di relazione istituzionale).

      1. Per attività di relazione istituzionale si intende ogni attività svolta da persone, associazioni, enti e società attraverso proposte, richieste, suggerimenti, studi, ricerche, analisi e qualsiasi altra iniziativa o comunicazione orale e scritta anche per via elettronica, intesa a perseguire interessi leciti propri o di terzi nei confronti dei membri e dei funzionari del Parlamento, del Governo, dei dirigenti, dei funzionari dei ruoli direttivi, del personale inquadrato nelle posizioni C2 e C3 del comparto Ministeri e posizioni corrispondenti degli altri comparti, della pubblica amministrazione,

 

Pag. 4

e di membri delle assemblee elettive regionali, provinciali e comunali.

Art. 3.
(Iscrizione nei registri).

      1. Chiunque svolga attività professionale di relazione istituzionale continuativamente e in modo prevalente nell'ambito di un rapporto di lavoro autonomo o subordinato, rappresentando o promuovendo presso le istituzioni di cui all'articolo 1 interessi privati, deve chiedere l'iscrizione negli appositi registri di cui al medesimo articolo indicando:

          a) i dati anagrafici ed il domicilio professionale;

          b) la descrizione dell'attività di relazione istituzionale che si intende svolgere;

          c) i soggetti istituzionali che si intendono contattare.

      2. Per l'iscrizione nei registri di cui all'articolo 1 il soggetto richiedente deve:

          a) avere compiuto la maggiore età;

          b) non avere subìto, nell'ultimo decennio, condanne definitive per reati contro la pubblica fede o il patrimonio;

          c) godere dei diritti civili e non essere stato interdetto dai pubblici uffici.

Art. 4.
(Relazioni periodiche).

      1. Entro il 30 giugno e il 31 dicembre di ogni anno, gli iscritti nei registri sono obbligati a presentare agli uffici cui spetta la tenuta dei registri medesimi una relazione dell'attività svolta nel semestre, che dia conto dei contatti effettivamente posti in essere, degli obiettivi conseguiti, dei mezzi impiegati e delle spese sostenute.
      2. Le relazioni devono, inoltre, contenere un elenco delle persone, associazioni, enti o società e dei rispettivi rappresentanti nel cui interesse l'attività è stata

 

Pag. 5

svolta, con le eventuali variazioni intervenute, nonché dei dipendenti o collaboratori che hanno partecipato all'attività e dei soggetti istituzionali contattati.

Art. 5.
(Verifica delle relazioni).

      1. Gli uffici cui spetta la tenuta dei registri possono disporre verifiche sulle relazioni e sui documenti presentati dai soggetti esercenti l'attività di relazione istituzionale iscritti nei medesimi registri, richiedendo, se necessario, la produzione di ulteriori dati e informazioni in merito.

Art. 6.
(Sanzioni).

      1. In caso di omessa iscrizione nei registri si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 5.000 euro a 50.000 euro.

      2. In caso di mancato deposito delle relazioni di cui all'articolo 4, ovvero di non ottemperanza alla richiesta di completare le informazioni o di fornire ulteriori dati, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 2.500 euro a 25.000 euro.

      3. Nei confronti degli iscritti nei registri di cui all'articolo 1, commi 2 e 3, le sanzioni di cui al presente articolo sono applicate dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, alla quale gli Uffici di Presidenza del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, per quanto di loro competenza, trasmettono gli atti, qualora i soggetti interessati non provvedano entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla comunicazione con la quale la Presidenza del Consiglio dei ministri contesta l'omessa ottemperanza agli obblighi di cui alla presente legge.
      4. Le leggi regionali disciplinano la procedura per l'applicazione delle sanzioni per le violazioni connesse dagli iscritti nei registri di cui all'articolo 1, comma 4.


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
torna su