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PDL 492

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 492


 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato RONCONI

Modifica all'articolo 3 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di trattamento tributario della famiglia

Presentata il 4 maggio 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - L'esigenza di un trattamento fiscale dei redditi dei componenti della famiglia ispirato a criteri di maggiore equità e giustizia è stata considerata nelle legislazioni vigenti in diversi Stati ed è stata anche avvertita molte volte nel nostro ordinamento.
      Già la riforma del diritto di famiglia, introdotta con la legge 19 maggio 1975, n. 151, aveva stabilito che il reddito dell'impresa familiare deve imputarsi a ciascuno dei soggetti percepienti, ivi compresi i familiari che prestano lavoro domestico; anche se successivamente ciò è stato limitato a una quota percentuale dell'ammontare risultante dalla dichiarazione dei redditi dell'imprenditore.
      La Corte costituzionale, con la sentenza n. 179 del 15 luglio 1976, dichiarò l'illegittimità delle disposizioni che prevedevano il cumulo dei redditi della moglie con quelli del marito ai fini dell'applicazione dell'aliquota complessiva poichè in contrasto con gli articoli 3, 29, 31 e 53 della Costituzione.
      Con la stessa sentenza si rilevava altresì il rischio relativo alla tassazione della famiglia monoreddito in cui: «non è solo il marito a poterne disporre (del reddito) ma lo sono entrambi i coniugi» e si auspicava una più adeguata disciplina in materia, invitando, già all'epoca, il legislatore ad attuare un sistema tributario «che agevoli la formazione e lo sviluppo della famiglia e consideri la posizione della donna casalinga e lavoratrice».
      Successivamente la Corte costituzionale si pronunciò di nuovo in materia. La sentenza n. 76 del 24 marzo 1983 dichiarò inammissibile una serie di questioni di legittimità costituzionale, tra le quali quella riguardante le norme che prescrivono l'imputabilità del reddito interamente al soggetto che lo produce senza
 

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separazione della parte di esso destinata ad altri membri della famiglia o senza deduzione di tutti gli oneri sopportati nell'interesse di questa. La richiamata sentenza rinnovò tuttavia l'invito al legislatore al fine di «apprestare rimedio alle sperequazioni che da tale sistema, rigidamente applicato, potrebbero derivare in danno della famiglia nella quale uno solo dei coniugi possegga reddito, pari nel complessivo ammontare a quello della famiglia monoreddito, ma soggetto a tassazione separata, con aliquote lievi per i due componenti».
      Dagli atti parlamentari si evince che, pur non disconoscendo i sistemi del cumulo facoltativo del quoziente familiare e dello splitting come strumenti più adeguati alla tassazione dei redditi familiari, non si è fatto nulla per realizzare un sistema più equo e rispondente alle esigenze della famiglia.
      Dopo questo secondo invito della giurisprudenza costituzionale il legislatore, con l'articolo 19 della legge 29 dicembre 1990, n. 408, delegò il Governo ad adottare, entro il 31 dicembre 1992, uno o più decreti legislativi concernenti la revisione del trattamento tributario dei redditi della famiglia secondo una lunga indicazione di princìpi e criteri direttivi. Fra questi si prevedeva la «commisurazione dell'imposta alla capacità contributiva del nucleo familiare tenendo conto del numero delle persone che lo compongono e dei redditi da esse posseduti» e la determinazione dell'imposta mediante applicazione dell'aliquota media corrispondente al reddito complessivo diviso per il numero dei componenti del nucleo. Nonostante l'attesa di quasi quindici anni e trascorsi trenta anni dalla prima sentenza della Corte, i problemi della famiglia in Italia sono ancora presenti e hanno bisogno di un solerte intervento da parte del legislatore che ormai non può più rinviare il suo impegno se veramente sente il dovere di tutelare la famiglia come un bene di fondamentale importanza per il vivere sociale.
      Non si può, infatti, ignorare che dai calcoli tributari si constata senza dubbio che l'attuale trattamento fiscale della famiglia penalizza i nuclei monoreddito e le famiglie che non producono o che svolgono lavoro casalingo.
      Queste famiglie, infatti, che dovrebbero essere agevolate a norma dell'articolo 31 della Costituzione, sono tenute a corrispondere un'imposta sui redditi delle persone fisiche notevolmente superiore rispetto ad altri nuclei familiari composti dallo stesso numero di componenti e con lo stesso reddito, ma percepito da più di uno dei suoi membri.
      Ed è proprio in questa prospettiva che la presente proposta di legge intende attuare un sistema di agevolazione fiscale per le famiglie monoreddito prevedendo che l'imputazione del reddito venga suddivisa tra tutti i componenti a carico del nucleo familiare. Si prevede, altresì, che al numero reale dei componenti della famiglia si aggiunga un correttivo pari ad uno, per fornire un'ulteriore agevolazione.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. All'articolo 3 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

      «3-bis. Per i nuclei familiari monoreddito composti da almeno due persone, l'imposta è applicata, a richiesta, dividendo il reddito imponibile per il numero dei componenti della famiglia aumentato di uno. In tale caso non si applicano le deduzioni di cui all'articolo 12. Per nuclei familiari monoreddito si intendono quei nuclei nei quali uno solo dei soggetti possiede un reddito superiore al limite previsto dal citato articolo 12, comma 3».

Art. 2.

      1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2006-2008, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2006, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
      2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


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