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PDL 75

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 75



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato VOLONTÈ

Nuove norme in materia di imputabilità del minore
degli anni diciotto

Presentata il 28 aprile 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge ha lo scopo di rivedere alcune disposizioni di carattere sostanziale e processuale concernenti l'imputabilità e la punibilità del minore degli anni diciotto.
      Con il presente intervento si intende aggiornare agli attuali costumi sociali la legislazione per favorire una equilibrata ed efficace azione di contrasto ai fenomeni di devianza minorile mantenendo tutte le garanzie che devono assicurare il trattamento di soggetti ancora non nel pieno della maturità psico-fisica e il loro recupero sociale.
      Sul piano dell'imputabilità attualmente il codice penale stabilisce con un criterio cronologico una presunzione di assoluta incapacità e, conseguentemente, la non imputabilità per i minori degli anni quattordici e la piena imputabilità e punibilità per i maggiori degli anni diciotto.
      La zona intermedia, sulla quale si intende intervenire, riguarda i minori tra i quattordici e i diciotto anni di età, per i quali il codice lascia al giudice il compito di valutare la capacità di intendere e di volere al fine di stabilirne l'imputabilità caso per caso.
      L'accertamento della sussistenza di tale requisito nel minore è differente rispetto all'accertamento dello stesso requisito ai fini della punibilità di un maggiorenne. Per quest'ultimo, infatti, la capacità di intendere e di volere al momento del fatto è presupposto per la punibilità e sulla difesa incombe la prova dell'eventuale mancanza. La difesa deve provare un vizio, totale o parziale, di mente e quindi una condizione, derivante da infermità,
 

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tale da escludere o da scemare grandemente la capacità di intendere o di volere.
      Nel caso del minore tra i quattordici e i diciotto anni di età la prova incombe all'accusa e rileva quale riferimento il concetto di «maturità» (di natura squisitamente psicologica) di origine giurisprudenziale e medico legale.
      In base alla giurisprudenza (Cassazione penale 11 gennaio 1988) «il giudice penale è tenuto ad accertare, di volta in volta con riferimento al singolo episodio criminoso, la capacità di intendere e di volere, che per tali soggetti si identifica con il concetto di maturità, ossia con lo sviluppo intellettivo e la forza di carattere, la capacità di intendere certi valori etici, l'attitudine a distinguere il bene dal male, il lecito dall'illecito, nonché a determinarsi nella scelta dell'uno o dell'altro».
      In base a tale parametro, a differenza di quanto avviene per gli adulti, non è imputabile il minore tra i quattordici e i diciotto anni di età che pure dimostrando capacità intellettive, volitive e affettive normalmente sviluppate, non possegga tuttavia una sufficiente coscienza morale che gli permetta di orientare la condotta secondo la scala di valori, fondamento del vivere civile.
      La prova è quindi difficile e la ratio della norma deriva dal fatto che la capacità di intendere e di volere presuppone un certo sviluppo pisco-fisico del soggetto. Esigenze giuridiche di certezza, eguaglianza e praticità impongono l'individuazione di un criterio cronologico che il codice penale ha fissato, come sopra riportato, lasciando però un margine di apprezzamento per questa fascia di età che tuttavia ha evidenziato negli ultimi anni dei limiti per il rischio di un uso indiscriminato e deresponsabilizzante del proscioglimento per immaturità e per l'esistenza di differenti prassi a livello nazionale.
      Occorre poi segnalare che a norma dell'articolo 98 del codice penale al soggetto tra i quattordici e i diciotto anni di età ritenuto imputabile la pena è comunque diminuita fino a un terzo in applicazione dell'articolo 65 del medesimo codice.
      Si ritiene che tale impostazione debba essere rivista e aggiornata tenendo conto della attuale natura e della consistenza della devianza minorile.
      L'evoluzione della società e dei costumi vede, da una parte, un significativo dilagare del fenomeno della baby criminalità e della sua pericolosità sociale (si registrano condotte giovanili che oggi spesso colpiscono per la loro efferatezza), dall'altra, consente di ritenere il minore tra i sedici e i diciotto anni di oggi di norma sufficientemente maturo per poter essere trattato come un maggiorenne.
      Negli ultimi anni i fenomeni di devianza che suscitano maggiore allarme hanno più spesso interessato la fascia di età compresa tra i sedici e i diciotto anni e, d'altro canto, è proprio in questa stessa fascia di età che si attenuano le motivazioni che inducono a prevedere delle misure di riduzione della pena, posto che si tratta di soggetti più vicini al completamento del processo di formazione e di maturazione.
      La proposta di legge conferma la non imputabilità del minore degli anni quattordici, ma introduce e assoggetta all'attuale regime previsto per i minori tra i quattordici e i diciotto anni la fascia di età tra quattordici e sedici anni. In questa fascia il minore è imputabile solo se capace di intendere e di volere, intendendosi come tale il minore «maturo» con onere della prova a carico dell'accusa e punibilità ridotta. Per il minore che ha compiuto i sedici anni ma non i diciotto si prevede una imputabilità simile a quella dell'adulto, occorrendo quindi la prova da parte della difesa della eventuale incapacità di intendere e di volere, e la punibilità è comunque ridotta anche se in misura minore (fino a un quarto della pena).
      Tale scelta si basa sul fatto che l'avvicinarsi alla maggiore età e lo sviluppo psicofisico che oggi hanno i ragazzi di questa fascia di età inducono a introdurre un meccanismo che eviti una deresponsabilizzazione.
      Con la proposta di legge si attenua anche per la fascia tra i sedici e i diciotto anni di età la possibilità di avvalersi dell'istituto del perdono giudiziale. Tale scelta
 

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è motivata da due circostanze: la fascia di età è molto vicina alla maggiore età e non consente di realizzare pienamente le stesse finalità dell'istituto; i reati che rientrano nella norma sono quelli dove più spesso si utilizzano i minori. Tra gli esempi di microcriminalità, si ricordano l'utilizzo dei minori come corrieri nel traffico di sostanze stupefacenti, nonché l'impiego per l'accattonaggio e per furti.
      La proposta di legge consente comunque di mantenere tutte le disposizioni che l'ordinamento prevede per il trattamento in sede di applicazione di misure restrittive della libertà personale e nel processo per i minori anche nella fascia dai sedici ai diciotto anni di età.
      Per tale ragione alle modifiche di diritto sostanziale si accompagnano modifiche del rito.
      In particolare si modifica l'ambito di applicazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448, che in coerenza con le modifiche al codice penale non si applica ai minori tra i sedici e i diciotto anni di età se non per alcune parti che devono essere comunque mantenute.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Il primo comma dell'articolo 98 del codice penale è sostituito dal seguente:

      «È imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, aveva compiuto i quattordici anni, ma non ancora i sedici, se aveva capacità di intendere e di volere, ma la pena è diminuita fino ad un terzo. È imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, aveva compiuto i sedici anni, ma non ancora i diciotto, ma la pena è diminuita fino ad un quarto».

Art. 2.

      1. L'articolo 169 del codice penale è sostituito dal seguente:

      «Art. 169. - (Perdono giudiziale per i minori degli anni diciotto). - Se, per il reato commesso dal minore degli anni sedici, la legge stabilisce una pena restrittiva della libertà personale non superiore nel massimo a due anni, ovvero una pena pecuniaria non superiore nel massimo a euro 5,16, anche se congiunta a detta pena, il giudice può astenersi dal pronunciare il rinvio al giudizio, quando, avuto riguardo alle circostanze indicate nell'articolo 133, presume che il colpevole si asterrà dal commettere ulteriori reati.
      Qualora si proceda al giudizio, il giudice può, nella sentenza, per gli stessi motivi, astenersi dal pronunciare condanna. In tale caso la norma si applica anche al minore di età compresa tra i sedici e i diciotto anni.
      Le disposizioni dei commi primo e secondo non si applicano nei casi previsti

 

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dal numero 1) del secondo comma dell'articolo 164.
      Il perdono giudiziale non può essere concesso più di una volta».

Art. 3.

      1. All'articolo 1 delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

      «2-bis. Il presente decreto non si applica ai minorenni che hanno compiuto i sedici anni ma non i diciotto, fatte salve le disposizioni di cui agli articoli 11, 12, 13, 30, 31 e 34 nonché le disposizioni del capo IV, che si applicano per quanto compatibili con le disposizioni del rito ordinario».


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