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PDL 821

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 821



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato CONSOLO

Modifica all'articolo 33 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, in materia di cognome dei figli

Presentata il 19 maggio 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - La Corte costituzionale, con ordinanza n. 586 dell'11-19 maggio 1988, ha ritenuto che la mancata previsione della facoltà della madre di trasmettere il proprio cognome ai figli legittimi risponda a un bisogno di tutela dell'unità familiare. In questo senso la Corte non ha riconosciuto una lesione del principio di uguaglianza.
      Una violazione del principio di uguaglianza è ravvisabile invece in tutti i casi in cui il figlio viene allevato dalla sola madre, in seguito a morte o abbandono del marito o a divorzio: qui l'assunzione del cognome della madre, in aggiunta o in sostituzione del cognome del padre, sarebbe possibile senza danno alcuno alla famiglia.
      Non ritenendo funzionale l'adozione del doppio cognome fin dalla nascita, o il cosiddetto nome di famiglia, estraneo alla nostra tradizione, ci appare più opportuno intervenire sulle norme che prevedono la modifica del cognome, ampliandone le possibilità, per esaurire le conseguenze sopra indicate.
      Con la riforma del diritto di famiglia, ai sensi dell'articolo 143-bis del codice civile, introdotto dall'articolo 25 della legge 19 maggio 1975, n. 151, il cognome del marito non è più imposto alla moglie in sostituzione del cognome di nascita.
      La prassi di attribuire il cognome paterno ai figli legittimi non corrisponde ad alcuna norma di legge positiva, anche se ha rilevanza poi nel possesso di stato di figlio legittimo (articolo 237, secondo comma, del codice civile) e nel riconoscimento di figlio naturale (articolo 262, primo comma, del codice civile).
      A ben vedere la questione relativa alla scelta del cognome dei figli non appartiene al capitolo della parità fra coniugi: in una visione autenticamente liberale, il diritto
 

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di scegliere il cognome dovrebbe appartenere esclusivamente alla persona che lo deve portare, cioè al figlio. Si deve quindi poter riconoscere al figlio la possibilità di cambiarlo.
      I motivi fino a qualche anno fa ammessi per il cambiamento del cognome erano rigidamente determinati dall'articolo 158 del regio decreto 9 luglio 1939, n. 1238 (ordinamento dello stato civile): era possibile cambiare il proprio cognome solo «perché ridicolo o vergognoso o perché rivela origine illegittima». Il citato regio decreto n. 1238 del 1939 è stato poi abrogato dal decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, che ha ridisciplinato la materia e che, con la presente proposta di legge si intende integrare.
      In particolare, si intende ammettere anche il caso in cui il figlio sia stato assistito ed educato essenzialmente dalla madre: se i legami affettivi si sono creati con la madre non vi sono motivi perché il figlio per tutta la vita debba portare il cognome di una persona che appare estranea, solo perché è geneticamente il padre. Le esigenze di certezza anagrafica e di unità della famiglia, che tendono a far prevalere il cognome del padre, in questo caso possono essere anche meglio soddisfatte con l'acquisto del cognome materno.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Dopo il comma 1 dell'articolo 33 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, è inserito il seguente:

      «1-bis. Quando il cognome, che si richiede in aggiunta o in sostituzione del proprio, è quello della madre, tra i motivi della domanda rientra anche la circostanza che alla assistenza ed educazione del richiedente abbia provveduto esclusivamente o prevalentemente la stessa madre. Se il richiedente è minorenne, la domanda è presentata dalla madre o dal tutore».


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