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PDL 148

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 148



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato SPINI

Legge quadro sulla protezione dell'ambiente

Presentata il 28 aprile 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - La presente iniziativa legislativa muove dai risultati dell'assiduo lavoro di una commissione di esperti, incaricata dal primo firmatario, nella sua qualità di Ministro pro tempore dell'ambiente, di redigere una legge generale di princìpi sulla protezione ambientale (1993-1994). La commissione era così composta: presidente, consigliere F. Giampietro; componenti: professori S. Amorosino, G. Caia, B. Caravita, P. Dell'Anno, S. Grassi, G. Morbidelli e l'avvocato dello Stato O. Fiumara; segreteria scientifica: dottori M.G. Boccia, M. Cecchetti, N. Aicardi, A. Lolli, avvocato D. M. Traina, e, per il Ministero dell'ambiente: dottori F. Gigliani, R. Innamorati, E. Renella, I. Schulz.
      Rispetto al testo allora elaborato, sono state apportate solo limitate modifiche, necessarie in considerazione degli anni trascorsi dalla sua originaria predisposizione.
      In considerazione della volontà di riproporre all'attenzione del Parlamento il lavoro svolto da quell'autorevole commissione ministeriale, si è scelto di non affrontare la complessa questione del coordinamento formale delle norme qui proposte con la legge n. 308 del 2004 e il recente decreto legislativo che ha provveduto alla sua attuazione (decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152), interventi della precedente maggioranza, rispetto ai quali, in ogni caso, la presente iniziativa si propone come alternativa.
      La presente proposta di legge si inscrive nell'esperienza già maturata in alcuni Paesi europei (Gran Bretagna, Francia, Olanda, Germania, Portogallo, Grecia) di
 

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avviare una «codificazione» delle molteplici e frammentarie normative, stratificatesi, in ciascun Paese, negli ultimi 40-50 anni.
      La proposta di legge fissa regole stabili, omogenee e coerenti con «prefissati» princìpi fondamentali di protezione dell'ambiente, rimuovendo le troppe, e a volte inutili, normative oggi in vigore (il cosiddetto «inquinamento legislativo»), che costituiscono solo inutile intralcio o vincolo burocratico.
      Si indicano qui di seguito le parti ed i nodi fondamentali dell'articolato, con la seguente avvertenza: laddove è stato possibile adottare una normativa immediatamente vincolante, la proposta di legge detta princìpi e prescrizioni immediatamente operanti (per esempio, gli articoli 1-9; 26-32; 36; 37-51; 52-63); laddove, invece, la legislazione vigente per la sua complessità e oscurità esige un intervento radicale di semplificazione e scelte di fondo unitarie e comunque diverse da quelle, oggi in vario modo vigenti, si è dovuto far ricorso alla delega legislativa, ma fissando chiaramente princìpi e criteri direttivi per l'esercizio di quelle scelte (per esempio, gli articoli 24, 64, 69 e 70).
      La necessità di non ritardare oltre la discussione parlamentare della presente proposta di legge induce a rimettere alle stesse Camere l'introduzione dell'opportuna normativa provvisoria e quella sugli (eventuali) oneri finanziari, connessi alle previste ristrutturazioni organizzative.

Parte I (Disposizioni generali).

1. I princìpi.

      Si ritiene necessario e preliminare inserire nella legislazione italiana, come princìpi di carattere generale, riferibili a valori di rilievo costituzionale, le seguenti disposizioni fondamentali (capo I, articoli 1-9):

          a) l'obbligo per lo Stato italiano di perseguire gli obiettivi indicati dall'articolo 174 del Trattato che istituisce la Comunità europea (1 - salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità dell'ambiente; 2 - protezione della salute umana; 3 - utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali; 4 - promozione sul piano internazionale delle misure destinate a risolvere i problemi dell'ambiente a livello locale, regionale, nazionale, comunitario e mondiale);

          b) i princìpi dell'azione preventiva, della precauzione, della correzione;

          c) il principio «chi inquina paga», fermi restando gli interventi pubblici diretti a promuovere il risanamento ambientale e l'adozione di nuove tecnologie;

          d) il principio dell'integrazione dell'interesse alla tutela dell'ambiente con tutti gli altri interessi da ponderare nell'esercizio dei poteri discrezionali;

          e) il principio del bilanciamento, inteso come obiettivo dell'azione pubblica di tutela dell'ambiente, diretto ad assicurare la compatibilità tra sviluppo economico e interesse ambientale;

          f) il principio della necessità dell'informazione ambientale;

          g) il principio di sussidiarietà tra i vari livelli di governo statale, regionale, locale, fatto salvo il potere dello Stato di determinare princìpi e linee guida che assicurino condizioni e garanzie uniformi di tutela dell'ambiente nel territorio nazionale.

2. Le fonti del diritto ambientale.

      Si propone di introdurre nel nostro ordinamento i princìpi descritti al paragrafo 1 attraverso una «legge-quadro», espressamente dettata per l'attuazione, nel rispetto del Trattato e delle norme costituzionali (articoli 2, 3, 9, 41, 42 e 44 della Costituzione).
      Essi potranno essere derogati o innovati solo con modifiche espressamente riferite alla legge-quadro e costituiranno, per le materie di legislazione concorrente con le regioni, princìpi fondamentali ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione e

 

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norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica (articolo 1, commi 2-5). Meritano, altresì, di essere adottati alcuni princìpi sul procedimento di formazione e di pubblicazione nonché sull'efficacia delle cosiddette «norme tecniche» (articolo 2). Premesso che queste devono essere uniformi sul territorio nazionale e non possono costituire vincoli impropri alla circolazione di beni e di servizi, gli organi tecnico-scientifici abilitati ad emanarle dovranno essere espressamente individuati in conformità alle esigenze di competenza, correttezza e imparzialità. Dovranno essere sufficientemente motivate; indicare gli strumenti ed i metodi per la loro applicazione; essere assoggettate a revisione periodica. Il loro procedimento di formazione sarà caratterizzato dalla pubblicità e dalla partecipazione di esperti o comitati di esperti, e con l'audizione di ogni altro soggetto interessato.
      Le norme tecniche, pubblicate in forma ufficiale, saranno vincolanti nei confronti dei soggetti o degli organi che esercitano funzioni pubbliche. Le attività realizzate in conformità a quelle pubblicate saranno da intendere compiute a regola d'arte. Ove sia consentito discostarsene, sarà necessario dimostrare di avere osservato una norma di buona tecnica in grado di garantire una tutela ambientale equivalente (articolo 2, comma 3).

3. Organizzazione pubblica per la tutela dell'ambiente.

      L'inadeguatezza dell'azione pubblica statale in materia è stata imputata, principalmente, alla frammentazione delle competenze tra più Ministeri.
      Come già prefigurato in passato, con il decreto legislativo n. 300 del 1999, in attuazione della delega di cui alla legge n. 59 del 1997, si è finalmente pervenuti alla creazione di un solo apparato avente competenza nel settore: il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio. Presso tale struttura sono state aggregate tutte le funzioni di tutela ambientale e territoriale esercitate da altre strutture centrali, già disperse tra ben nove dicasteri. In ogni caso, si ribadisce l'obbligatorietà del ricorso alla conferenza di servizi, nei casi di concerti, intese e pareri previsti dalle norme vigenti (articolo 11).
      Quanto alle strutture tecniche di supporto, aveva provveduto il decreto-legge istitutivo dell'ANPA (4 dicembre 1993, n. 496, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61) e, in seguito, il decreto legislativo n. 300 del 1999, e successive modificazioni, che ha riformato l'Agenzia, ora denominata Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT). L'unificazione delle competenze in materia di ambiente e di territorio ha comportato infatti la non più dilazionabile confluenza dei servizi tecnici nazionali nell'Agenzia. Va peraltro chiarito che spetta all'Agenzia la conduzione dell'istruttoria tecnica in tutti i procedimenti di competenza del Ministero, al fine di evitare inutili duplicazioni. Le regioni devono essere, a loro volta, i principali centri di competenza in campo ambientale.
      Pur nella separazione delle responsabilità tra Stato e regioni, tra regioni ed enti subregionali e locali, deve essere esclusa la possibilità di realizzare interventi scoordinati, mirando a realizzare un quadro di azione unitario, vincolante, che definisca obiettivi e programmi da realizzare in tempi certi.

      A tale scopo, occorre prevedere interventi sostitutivi e sanzioni pecuniarie per le amministrazioni inadempienti. Le amministrazioni che svolgono le attività sostitutive devono disporre - a differenza di quanto accade attualmente - degli strumenti per individuare e rimuovere le inadempienze (articolo 15).

4. Diritti e doveri dei singoli e delle associazioni.

      Sono stati, per la prima volta, individuati i diritti e i doveri dei singoli e delle

 

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formazioni sociali, riferibili alla tutela dell'ambiente, nei seguenti termini:

          a) diritti all'informazione in materia ambientale secondo i princìpi stabiliti dalle direttive comunitarie;

          b) dovere di fornire informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni, nonché - a determinate condizioni - da parte dei soggetti che esercitano attività suscettibili di recare danno all'ambiente, predisponendo adeguate forme di controllo dei dati raccolti al fine di garantire l'imparzialità, la completezza, la correttezza e la tempestività dell'informazione (articoli 15-21);

          c) diritti di partecipazione da tutelare nelle discipline dei singoli procedimenti, distinguendo:

              1) i diritti di partecipazione a scopo collaborativo;

              2) i diritti di partecipazione a scopo difensivo (articoli 22-23);

          d) i diritti di difesa. Si propone il ricorso per motivi di legittimità e di merito davanti a un organo tecnico istituito presso l'APAT e il successivo ricorso al giudice amministrativo (articolo 24).

      Con riferimento alle associazioni portatrici di interessi ambientali, si sono perseguiti i seguenti obiettivi (articolo 25):

          a) eliminare il riconoscimento previsto dall'articolo 13 della legge n. 349 del 1986;

          b) utilizzare una formula che consenta il riconoscimento ex lege di tutte le associazioni portatrici di interessi collettivi connessi alla tutela dell'ambiente;

          c) conferire la legittimazione processuale alle associazioni che siano titolari di adeguata e stabile capacità rappresentativa degli interessi collettivi. Per la legittimazione di tali associazioni nei singoli tipi di processo saranno dettati princìpi di delega.

5. Diritto ambientale nell'attività delle imprese.

      Gli esposti princìpi di prevenzione e di precauzione devono costituire l'obiettivo prioritario, cui deve tendere ogni tipo di impresa.
      In applicazione di tali princìpi, sono stati definiti i contenuti essenziali e generali degli obblighi dell'impresa, muovendo da quelli comuni a tutte, indicando, poi, quelli speciali relativi alle imprese esercenti attività pericolose, e infine, quelli più duttilmente applicabili alle piccole e medie imprese.

a)  Obblighi generali (sezione I - articoli 26-28).

      Tutte le imprese sono tenute ad osservare obblighi di carattere generale, quali la valutazione del rischio e l'adozione delle cautele tecniche appropriate, e in particolare: i valori limite di emissione, le norme di qualità ambientale e le condizioni di autorizzazione richieste per l'esercizio dell'impianto o dell'attività industriale.
      Il rispetto di standard ambientali, progressivamente più restrittivi, sarà garantito dall'adozione graduale delle «migliori tecnologie disponibili».
      È infine necessario che le imprese cooperino con le autorità di controllo in un nuovo rapporto improntato a spirito collaborativo cui deve corrispondere una nuova dimensione del controllo (non solo repressivo) esercitato dall'autorità competente.

b)  Obblighi a carico delle imprese classificate come esercenti attività pericolose (sezione II - articoli 29-31).

      Giova premettere che la definizione di attività pericolose è stata ripresa dalla Convenzione internazionale di Lugano, promossa dal Consiglio d'Europa, aperta alla firma il 21 giugno 1993 e sottoscritta dal Ministro di grazia e giustizia pro tempore. Tale Convenzione disciplina la responsabilità civile per danni derivanti da attività pericolose per l'ambiente. Si fa, inoltre, riferimento a quanto stabilito dalla

 

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più recente direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale.
      Un'efficace gestione degli incidenti e dei rischi ambientali richiede l'istituzione di un sistema di prevenzione e di riduzione integrate dell'inquinamento che tenga conto degli effetti delle sostanze e degli effetti delle attività industriali sulle componenti ambientali, globalmente considerate. Di qui una serie di obblighi specifici, quali: 1) individuazione, analisi e revisione periodica dei rischi; 2) informazione e addestramento del personale; 3) nomina di un responsabile di sicurezza e ambiente; 4) redazione di un bilancio ambientale semplificato e messa a disposizione del pubblico dei relativi risultati.
      Alla serie degli obblighi sopra identificati dovrà peraltro corrispondere un adempimento di tipo unitario riferibile ad un'unica domanda di autorizzazione per ogni singolo impianto o attività, domanda da presentare ad un'unica autorità competente o coordinatrice (articolo 52).

c)  Obblighi relativi alle piccole e medie imprese (sezione III - articolo 32).

      Gli obblighi di carattere generale di cui al punto a) dovranno essere applicati alle piccole e medie imprese alla stregua delle seguenti linee di «adattamento»:

          1) semplificazione delle procedure (con immediata applicazione del principio dell'unica domanda di autorizzazione per unità produttiva) al fine di favorire la creazione e lo sviluppo delle piccole e medie imprese;

          2) adozione di misure di assistenza diretta (tecnica, legislativa e finanziaria), da parte delle autorità pubbliche e dell'Unione europea, per agevolare l'adempimento degli obblighi;

          3) definizione della migliore tecnologia disponibile correlata alle dimensioni tecnico-produttive dell'impresa, tenendo conto dell'eventuale necessità di più congrui tempi di adeguamento, da stabilire per settori di attività, fatto salvo il rispetto degli obiettivi e degli standard di qualità ambientale;

          4) intervento ed assistenza delle associazioni di categoria per la raccolta aggregata dei dati di rilevanza ambientale, riferibili alle diverse categorie di imprese, da mettere a disposizione del pubblico.

Parte II (Strumenti).

1. Gli strumenti amministrativi (Titolo I).

1.1. Pianificazione territoriale e ambientale (Capo I).

      La legislazione sui piani di rilievo ambientale richiede una semplificazione delle procedure e una riduzione degli strumenti attualmente previsti nonché un maggiore coordinamento tra loro.
      Si prevede pertanto una delega legislativa al Governo (articolo 33, comma 1) al fine di conseguire gli obiettivi indicati, soprattutto mediante:

          a) l'eliminazione di duplicazioni degli strumenti aventi ad oggetto i medesimi interessi pubblici;

          b) l'eliminazione dei piani che si risolvono in mere indicazioni di standard, distanze e livelli di qualità, e loro sostituzione con regolamenti o atti d'indirizzo;

          c) l'individuazione di un piano territoriale di livello regionale, con specifica considerazione degli interessi urbanistici, paesaggistici e ambientali, costituente strumento di coordinamento sovraordinato a ogni altro piano di rilievo urbanistico ambientale;

          d) l'individuazione di procedure semplificate per apportare modifiche ai piani gerarchicamente sovraordinati in occasione dell'approvazione dei piani sottordinati (articolo 33, comma 2).

      Con norme di immediata applicazione si prevede invece che ogni piano di rilievo ambientale sia accompagnato da un'apposita verifica di conformità con gli altri

 

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piani, comunque reagenti sull'attività disciplinata o sull'ambito geografico considerato, ovvero dall'indicazione espressa dalle deroghe ad essi apportate, ove la legge lo consenta (articolo 34).
      Inoltre, si stabilisce il principio per cui gli standard, le distanze e i livelli di qualità valevoli sul territorio nazionale possono essere motivatamente incrementati, al fine della salvaguardia ambientale, in sede di approvazione dei piani (articolo 35).
      Si prevede, infine, la costituzione di un ufficio, denominato «catasto dei piani», con il compito di raccogliere e di censire tutti gli strumenti di pianificazione che riguardano il territorio regionale (articolo 36).

1.2. Valutazione di impatto ambientale (Capo II).

      La valutazione preventiva dell'impatto che un'opera o un'attività potranno avere sull'ambiente costituisce strumento essenziale di tutela degli ecosistemi, ma non deve costituire un aggravio di tempi e di procedure burocratiche.
      I princìpi che si intendono qui codificare sono, pertanto (articoli 37-47):

          a) l'obbligatorietà dell'inserimento nei piani territoriali/paesistici di una valutazione di impatto ambientale (VIA) preliminare, per ogni area territoriale, della compatibilità dell'insediamento dei diversi tipi di impianti, opere o attività. Nelle regioni dotate di queste «tavole delle localizzazioni compatibili» il procedimento di VIA sarà semplificato;

          b) la procedura di VIA deve formare parte integrante di un unico procedimento, che si conclude con un solo provvedimento di autorizzazione, nel quale vengono valutati congiuntamente gli interessi pubblici, ambientali, sanitari e di sicurezza inerenti alla realizzazione e all'attivazione dell'opera o dell'attività;

          c) appare allo stato auspicabile che l'istruttoria sia svolta tra un ufficio in comune tra tutte le amministrazioni interessate posto presso il Ministero, per le opere e le attività di interesse statale e presso la regione, per le opere e le attività di competenza regionale;

          d) sarà assicurata la partecipazione dei cittadini al procedimento mediante «inchieste pubbliche».

1.3. Valori limite e obiettivi di qualità ambientale (Capo III).

      Nella determinazione di rapporti tra valori limite di emissione, migliore tecnologia disponibile e obiettivi di qualità ambientale si ritiene necessario adeguare la nostra legislazione all'approccio comunitario quale delineatosi sia nella normativa sull'inquinamento atmosferico sia nel sesto programma di azione per l'ambiente 2001-2010 dell'Unione europea (articolo 48).

a) Rapporti tra valori limite e migliore tecnologia disponibile (articolo 49).

      1) I valori limite di emissione, stabiliti nelle autorizzazioni, sono fondati sulle BAT (Best Available Technology), salvo nei casi in cui sono previste deroghe.

      2) Per non scoraggiare l'innovazione e limitare la possibilità di controllo da parte dell'autorità pubblica non è imposta l'utilizzazione di particolari tecnologie o tecniche. L'operatore può, quindi, decidere quali tecniche o tecnologie applicare, a condizione che esse rispettino i valori limite di emissione.

      3) Dalla definizione di «migliori tecniche disponibili» deriva che le BAT seguono una dinamica evolutiva verso un livello progressivamente più elevato.

      4) In particolare, nella scelta delle migliori tecniche disponibili devono essere presi in considerazione una serie di elementi, quali ad esempio: impiego di tecnologia a scarsa produzione di rifiuti; miglioramento del recupero e del riciclo delle sostanze generate e usate nel processo; consumo di materie prime (acqua

 

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compresa) e di energia impiegate nel processo e loro natura.

b) Obiettivi di qualità ambientale come garanzia di standard e di usi privilegiati (articolo 50).

      Numerose direttive comunitarie determinano gli obiettivi di qualità delle acque interne, delle acque del mare, dell'aria, dei suoli diretti a garantire caratteristiche di qualità ed usi privilegiati (per esempio: idropotabili, di balneazione, eccetera) delle risorse naturali. Alla garanzia delle medesime soglie di qualità sono altresì destinate le prescrizioni sulla VIA e sulla responsabilità per danno all'ambiente. La Commissione europea ha auspicato un'integrazione e una verifica di effettività di tali misure di salvaguardia immediata dell'ambiente.

c) Valori limite in funzione del perseguimento degli obiettivi di qualità: il cosiddetto «approccio parallelo» (articolo 50).

      Si propone di adottare il cosiddetto «approccio parallelo» (di origine comunitaria) al controllo dell'inquinamento: l'approccio tecnico basato sulle BAT, e quindi sui valori di emissione, è collegato a quello che garantisce il rispetto delle soglie di qualità ambientale, nel senso che il primo è funzionalizzato alla salvaguardia del secondo.

d) Possibilità di deroghe: condizioni (articolo 51).

      Se il ricorso alle BAT non è sufficiente per rispettare i pertinenti requisiti di qualità, dovranno essere adottate misure supplementari.
      A sua volta, l'autorità competente può autorizzare emissioni superiori a quelle risultanti dall'applicazione delle migliori tecniche disponibili, a condizione che:

          1) siano rispettate le norme di qualità;

          2) possa verificarsi soltanto un aumento trascurabile dell'inquinamento;

          3) non sia accertato un contributo all'inquinamento transfrontaliero.

e) Possibilità di una disciplina differenziata per le piccole-medie imprese.

      La definizione della migliore tecnologia disponibile sarà correlata alle dimensioni tecnico-produttive dell'impresa, tenendo conto dell'eventuale necessità di più congrui tempi di adeguamento, da stabilire per settori di attività, fatti salvi il rispetto degli obiettivi o standard di qualità ambientali e gli obblighi previsti per le attività classificate come pericolose (articolo 48).

1.4. Procedimento autorizzatorio ambientale (Capo IV).

      È ormai necessario rimuovere l'attuale impostazione legislativa che prevede numerosi ed autonomi procedimenti autorizzatori tutti concorrenti e preliminari all'installazione di un impianto, alla realizzazione di un'opera o all'esercizio di un'attività.
      Da tale impostazione conseguono, com'è noto, gravosi problemi di coordinamento dei procedimenti e delle autorità competenti, ma soprattutto obblighi differenziati e tempi, di volta in volta, non prevedibili a carico dei soggetti interessati.
      Ciò premesso, si ritiene necessario dettare le seguenti disposizioni:

          a) i procedimenti autorizzatori previsti dalla vigente legislazione ambientale per l'installazione di un impianto, la realizzazione di un'opera o l'esercizio di una attività saranno unificati in un unico procedimento relativo all'impianto, all'opera o all'attività unitariamente considerati (articoli 52 e 55);

          b) è stabilita un'unica sede decisionale presso un'unica autorità competente o coordinatrice (statale o regionale, a seconda delle competenze in materia) del procedimento autorizzatorio ambientale, realizzando la partecipazione delle altre

 

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amministrazioni pubbliche interessate mediante la conferenza di servizi prevista dalla legge 7 agosto 1990, n. 241 (articoli 53 e 54);

          c) l'autorizzazione preventiva è rilasciata in forma espressa (articolo 56) e contiene prescrizioni specifiche secondo parametri e criteri predeterminati dalla legge (articolo 60). Alle medesime prescrizioni si applica il disposto dell'articolo 11 della citata legge n. 241 del 1990, in merito agli accordi sostitutivi (articolo 60, comma 2);

          d) le prescrizioni sono assoggettate a revisione periodica o quando l'autorità competente ne ravvisi la necessità in relazione a un mutamento significativo delle condizioni ambientali o delle migliori tecniche disponibili (articolo 60, comma 3);

          e) vengono stabilite forme di raccordo tra i procedimenti di pianificazione ambientale e territoriale e quelli autorizzatori.

      Sono, infine, previste disposizioni specifiche, ma non secondarie correlate al termine per il rilascio del provvedimento (articolo 56); all'avvio dell'attività dell'impianto (articolo 57); al trasferimento e alla cessazione di questo (articolo 58); al termine fissato per l'inizio dell'attività (articolo 59); al trasferimento dell'autorizzazione e alla sua decadenza (articoli 61 e 62).

1.5. Sanzioni amministrative (Capo V).

      Si stima che il nuovo regime sanzionatorio amministrativo dovrà attenersi al rispetto della prevalenza della sanzione penale su quella amministrativa meramente punitiva nel senso che, ove una certa condotta sia sanzionata da una norma incriminatrice, si ammetteranno sanzioni amministrative solo ripristinatorie. La prevista delega al Governo (articolo 64), necessaria per mettere ordine nella complessa e delicata materia, è ispirata ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) la responsabilità avrà carattere personale per quanto attiene al nesso di casualità, ma le sanzioni ripristinatorie del danno all'ambiente dovranno incombere sull'autore a titolo di responsabilità oggettiva (a prescindere dall'elemento psicologico);

          b) gli obblighi nascenti da sanzioni ripristinatorie saranno trasmissibili agli aventi causa, atteso il principio della responsabilità oggettiva e della patrimonialità della prestazione;

          c) sarà prevista la solidarietà tra i coautori della condotta sanzionata;

          d) la gravità delle sanzioni sarà valutata in relazione al protrarsi della condotta illecita;

          e) sarà prevista la decadenza delle sanzioni afflittive (e ovviamente ripristinatorie) ove sia possibile sanare, con autorizzazione ex post, la condotta illecita;

          f) saranno previsti adeguati strumenti cautelari in capo all'amministrazione;

          g) sarà prevista la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo senza limiti alle prove ammesse nel giudizio.

2. Gli strumenti economici (Titolo II).

      L'uso degli strumenti economici deve essere coordinato, nella misura del possibile e comunque nel rispetto dei princìpi comunitari, al fine di evitare che strumenti incentivanti o tributari falsino la concorrenza all'interno dell'Unione europea.
      In particolare, l'utilizzazione di tasse ambientali deve basarsi su dati scientificamente validi; deve rispondere a criteri di ragionevolezza e congruenza nell'imposizione del tributo e di finalizzazione a chiari e perseguibili obiettivi di tutela ambientale; il gettito deve essere, nella misura del possibile, utilizzato a fini di

 

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tutela ambientale, dovendosi ritenere non esistente un problema costituzionale di divieto di tasse di scopo (articoli 65-68).

3. Gli strumenti civilistici. Danno ambientale (Titolo III).

      Appare opportuno procedere ad una nuova disciplina, secondo le linee indicate dall'Unione europea, così come parzialmente anticipate dalla Convenzione di Lugano sulla responsabilità per attività pericolose (per le persone, le cose e l'ambiente), sottoscritta dall'Italia in data 21 giugno 1993 e successivamente confermata dalla citata direttiva 2004/35/CE.
      Anche in questo caso è prevista la delega (articolo 69) al Governo (da esercitare entro sei mesi), che dovrà adeguarsi ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) conferma del principio generale della risarcibilità del danno ambientale inteso come stabile e significativo deterioramento delle componenti ambientali o del loro equilibrio (ecosistemi);

          b) responsabilità generale fondata sulla colpa (articolo 2043 del codice civile);

          c) regime speciale fondato sulla responsabilità oggettiva per rischio aggravato derivante da attività classificate come pericolose, ai sensi delle citate Convenzione di Lugano e direttiva 2004/35/CE, nonché delle pertinenti disposizioni del codice civile e di altre leggi speciali già vigenti in materia;

          d) previsione del carattere prioritario del ripristino, al costo del quale va commisurato l'ammontare del risarcimento;

          e) attribuzione dell'azione per danno ambientale allo Stato e agli enti territoriali e, limitatamente all'azione di ripristino, alle associazioni ambientaliste che rispondano ai requisiti di stabile ed adeguata rappresentanza degli interessi collettivi coinvolti;

          f) previsione di solidarietà nel caso di concorso nell'evento di danno di una pluralità di soggetti;

          g) assicurazione obbligatoria ovvero prestazione di garanzie finanziarie equivalenti nei casi di esercizio di attività classificate come pericolose, quale condizione per ottenere o per mantenere autorizzazione all'esercizio delle medesime attività;

          h) fondo collettivo di indennizzo per danni non imputabili a soggetti individuati o in concreto non risarciti (per insolvenza o irreperibilità dei responsabili), alimentato in parte dallo Stato, in parte dai settori interessati.

4. Gli strumenti penali (Titolo IV).

      Seguendo le esperienze di altri Paesi europei (Germania, Francia, Olanda, eccetera) si impone la necessità di procedere ad una «codificazione di reati ambientali» secondo lo schema di fattispecie autonome e generali, a salvaguardia delle componenti ambientali e dell'ambiente, unitariamente considerato, ponendo mano a una revisione integrale dei reati. Va perciò abbandonato l'attuale sistema che, da un lato, privilegia la così detta via penale alla protezione dell'ambiente e, d'altro lato, si fonda prevalentemente sul reato cosiddetto «formale» (inottemperanza agli obblighi stabiliti dalla legge o da provvedimento), dal quale esula ogni verifica del pericolo derivante, in concreto, dalla condotta vietata (reati con pericolo presunto). I princìpi ai quali dovrà essere ispirata la riforma (e quindi i princìpi e criteri direttivi vincolanti della delega al Governo) sono così individuabili, come substrato e fondamento dell'articolo 70:

          a) la scelta della sanzione penale va considerata come ultima ratio rispetto alle sanzioni amministrative e alla responsabilità civile per danno ambientale, in ottemperanza ai parametri costituzionali di proporzionalità e di adeguatezza della stessa misura rispetto ai fatti di aggressione o di pericolo di aggressione dei beni ambientali costituzionalmente protetti;

 

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          b) nella definizione della struttura dei reati ambientali è necessario che la norma incriminatrice individui, di volta in volta, la o le componenti ambientali da proteggere in ossequio al principio costituzionale di tassatività della fattispecie penale, distinguendo pertanto il bene o i beni protetti da quelli relativi alla salute pubblica e all'incolumità pubblica (già presidiati dalle vigenti norme del codice penale o di leggi speciali);

          c) il pericolo o il danno saranno commisurati ad effetti rilevanti e persistenti su almeno una delle componenti ambientali che si intendono salvaguardare, salva la valutazione della maggiore gravità del reato se l'evento - di pericolo o di danno - coinvolge una pluralità di componenti o interi ecosistemi;

          d) sotto il profilo soggettivo, nella struttura delle fattispecie criminose saranno privilegiate quelle fondate sulla colpa, sul presupposto che i princìpi di prevenzione e di precauzione impongono a chi gestisce un'attività rischiosa per l'ambiente l'assunzione delle appropriate cautele tecniche e quindi l'adempimento dell'obbligo di professionalità adeguata;

          e) allorquando la condotta sia stata posta in essere in violazione di leggi, regolamenti o criteri di diligenza o di prudenza, commisurati alla gravità del rischio, l'atto autorizzativo dell'attività che determina l'evento di pericolo o di danno all'ambiente sarà considerato irrilevante al fine di escludere l'elemento soggettivo della colpa;

          f) nella determinazione della pena per la fattispecie di reati di pericolo per le singole componenti ambientali saranno privilegiate le ipotesi contravvenzionali punite con pena pecuniaria, alternativa a quella detentiva, allo scopo di consentire al giudice la determinazione della misura sanzionatoria in termini adeguati alla gravità del fatto e delle sue conseguenze, utilizzando il già consolidato meccanismo dell'articolo 162-bis del codice penale;

          g) allorquando dalla condotta illecita deriva un evento di danno all'ambiente sarà prevista la fattispecie delittuosa, anche nell'ipotesi di colpa;

          h) nell'attività di revisione delle disposizioni incriminatrici, previste dalle vigenti leggi penali speciali, saranno considerate preliminarmente le fattispecie criminose, relative all'esercizio delle attività che presentano un rischio aggravato per l'ambiente, con la specifica previsione che nell'esercizio di queste ultime potranno essere definite ipotesi tassative di reati consistenti:

              1) nella violazione di obblighi di informazione nei confronti della pubblica autorità o del pubblico;

              2) nell'inosservanza di obblighi formali diretti ad impedire eventi di disastro ambientale (reati con pericolo presunto).

4.1. Il disposto dell'articolo 70 (tipologia dei reati e criteri di commisurazione delle pene).

      Passando all'esposizione dei più puntuali princìpi e criteri direttivi della delega di cui all'articolo 70, si precisa che resta fuori del campo penale l'inosservanza di obblighi formali, che non ledono né espongono a pericolo l'interesse ambientale, con l'unica eccezione prevista dal comma 1, lettera a), numero 6), ove la speciale pericolosità delle attività prese in considerazione (per esempio: quelle con rischi di incidenti rilevanti, soggette a notifica; quelle di impiego pacifico di energia nucleare, eccetera) possono giustificare il ricorso a figure criminose costituite da inosservanze di obblighi con evento di pericolo presunto (relativo quindi ad interi ecosistemi). Nell'articolazione della tipologia dei reati e della misura delle pene si sono seguiti due parametri:

          a) la maggiore gravità del reato (delitto-contravvenzione) e della pena (reclusione e multa) sono stati commisurati alle due ipotesi del danno ad interi ecosistemi ovvero il danno a una o più componenti ambientali; mentre l'ipotesi del pericolo

 

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concreto per una o più componenti ambientali è stato configurato come contravvenzione con pena alternativa [rispettivamente, comma 1, lettera a), numeri 1), 2), 3) e numero 9)], salvo che tale pericolo (l'evento reato) incida «sull'equilibrio di interi ecosistemi», qualificato anch'esso come delitto [comma 1, lettera a), numero 5)];

          b) si è privilegiata la previsione dell'alternatività delle pene pecuniarie con quelle detentive per consentire al giudice di valutare, nel caso concreto, la gravità del fatto, in tutte le sue caratteristiche, adeguando ad esso tipo (detentiva o pecuniaria) e misura della pena, con l'eccezione prevista dal comma 1, lettera a), numero 3), seconda parte (delitto colposo di danno che lede in modo persistente e rilevante l'equilibrio di interi ecosistemi), attesa la gravità dell'evento cagionato e allo scopo di attivare, quanto più possibile, la prevenzione, e quindi la diligenza degli operatori interessati per scongiurare un simile evento (spesso, ad effetti irreversibili). Nelle ipotesi dell'evento di pericolo (concreto e, solo in via eccezionale, presunto), di cui al comma 1, lettera a), numeri 5) e 6), si è prevista un'aggravante per fatti di «particolare gravità» (vedi comma 1, lettera a), numero 8); mentre per tutti i reati (di danno e di pericolo) è previsto che la pena da irrogare possa essere ridotta sino alla metà - diminuente speciale - se prima del giudizio il responsabile abbia risarcito o ripristinato il danno ovvero si sia adoperato spontaneamente ed efficacemente per «elidere o attenuare» le conseguenze dannose o pericolose del reato.
      Si incoraggia in tale modo il responsabile dell'illecito penale ad attivarsi per rimuovere o contenere al massimo gli effetti ambientali negativi della condotta vietata.

*  *  *

      La necessità di procedere a un riordino della normativa in campo ambientale comporta certamente un ruolo del Governo nell'adozione della legislazione delegata, ma richiede altresì che il Parlamento ne definisca in modo non generico gli obiettivi e le modalità.
      Questo è lo spirito della presente proposta di legge.

 

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PROPOSTA DI LEGGE

Parte I
DISPOSIZIONI GENERALI

Titolo I
PRINCÌPI GENERALI

Capo I
FONTI E PRINCÌPI GENERALI

Art. 1.
(Princìpi sulla produzione del diritto dell'ambiente).

      1. La presente legge stabilisce i princìpi in tema di tutela dell'ambiente in attuazione degli articoli 2, 3, 9, 32, 41, 42 e 44 della Costituzione e nel rispetto del Trattato che istituisce la Comunità europea.
      2. Le leggi della Repubblica non possono introdurre deroghe ai princìpi della presente legge, se non mediante espressa modificazione delle sue disposizioni, assicurando comunque l'adeguamento dell'ordinamento interno alla normativa in materia di politica ambientale della Unione europea.
      3. L'adeguamento al diritto comunitario della normativa in materia di ambiente si informa alle disposizioni stabilite dalla presente legge.
      4. Le disposizioni di cui alla presente legge costituiscono norme generali regolatrici della materia nell'adozione degli atti normativi, degli atti di indirizzo e coordinamento e dei provvedimenti di natura contingibile e urgente.

 

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      5. I princìpi desumibili dalla presente legge costituiscono princìpi fondamentali ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione. Tali princìpi costituiscono, altresì, per le regioni a statuto speciale e per le province autonome di Trento e di Bolzano, norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica.

Art. 2.
(Princìpi sulla produzione e sull'efficacia delle disposizioni tecniche).

      1. Sono disposizioni tecniche quelle emanate dagli organismi di normalizzazione di cui all'allegato II alla direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 1998, e successive modificazioni. Sono altresì disposizioni tecniche quelle che:

          a) rispettano i princìpi della presente legge;

          b) sono state emanate da organi tecnico-scientifici, composti sulla base di criteri di competenza, correttezza e imparzialità;

          c) sono sufficientemente giustificate e indicano gli strumenti ed i metodi della loro attuazione;

          d) sono soggette a revisione periodica;

          e) sono state approvate in un procedimento caratterizzato dalla pubblicità e dalla partecipazione di esperti o comitati di esperti, con l'audizione di ogni altro soggetto interessato;

          f) sono pubblicate nella Gazzetta Ufficiale, nei bollettini ufficiali e nelle raccolte ufficiali di leggi e decreti.

      2. Le disposizioni tecniche sono uniformi sul territorio nazionale e sono adottate da organismi nazionali. Qualora per particolari esigenze sia necessario procedere alla redazione di disposizioni

 

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tecniche applicabili a livello locale, le regioni, gli enti locali e le altre amministrazioni si adeguano alle linee guida e ai princìpi fissati dallo Stato per garantire l'uniformità della tutela dell'ambiente; si applicano, comunque, le disposizioni di cui al presente articolo.
      3. Le attività realizzate in conformità alle disposizioni tecniche UNI e CEI, nonché alla normativa tecnica vigente, si intendono compiute a regola d'arte. I soggetti privati, quando si discostano dall'attuazione delle disposizioni tecniche di cui al presente articolo, devono indicare la norma di buona tecnica adottata che, in ogni caso, deve garantire la medesima tutela dai rischi e dai pericoli ambientali.
      4. Le disposizioni tecniche particolari, in qualsiasi modo adottate da amministrazioni pubbliche, in materie già disciplinate da disposizioni tecniche generali, possono imporre limiti, risultati e modi di accertamento o di azione aggiuntivi rispetto a quelli delle disposizioni tecniche generali, solo in ragione di speciali ed espresse finalità, incluse quelle di incremento dei livelli qualitativi e quantitativi di tutela.

Art. 3.
(Tutela dell'ambiente).

      1. La presente legge persegue le seguenti finalità:

          a) salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità dell'ambiente;

          b) protezione della salute umana;

          c) utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali;

          d) promozione sul piano internazionale di misure destinate a risolvere i problemi dell'ambiente a livello locale, regionale, nazionale, comunitario e mondiale.

 

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Art. 4.
(Azione preventiva, precauzione, correzione).

      1. La tutela dell'ambiente consiste nell'azione preventiva tendente ad evitare la creazione di inquinamenti o danni alla fonte, prima che tali fattori manifestino i propri effetti negativi.
      2. Quando vi sono pericoli di un danno grave e irreparabile, la mancanza di piena certezza scientifica non impedisce l'adozione di misure efficaci per la prevenzione del degrado ambientale.
      3. La tutela dell'ambiente consiste, altresì, nella correzione e nella riduzione, per quanto possibile, degli inquinamenti e dei danni ambientali che si siano già verificati.

Art. 5.
(Costo dell'inquinamento).

      1. Il costo dell'inquinamento è posto a carico di chi lo produce, fermi restando gli interventi pubblici diretti a promuovere il risanamento ambientale e l'adozione di nuove tecnologie.

Art. 6.
(Integrazione).

      1. Nella ponderazione degli interessi preordinati all'esercizio di poteri discrezionali, sono presi in considerazione in via preliminare gli interessi alla tutela dell'ambiente.

Art. 7.
(Criteri di bilanciamento).

      1. L'obiettivo delle azioni pubbliche di tutela dell'ambiente è quello di assicurare la compatibilità tra interessi ambientali e sviluppo economico equilibrato della Repubblica nel suo insieme e delle singole comunità territoriali, nel rispetto dei limiti

 

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inderogabili di tollerabilità per la salute umana.
      2. In particolare, le azioni pubbliche di tutela dell'ambiente devono tenere conto:

          a) dei dati scientifici e tecnici disponibili;

          b) delle condizioni dell'ambiente nelle varie zone del territorio della Repubblica;

          c) dei vantaggi e degli oneri derivanti dall'azione o dall'assenza di azione;

          d) della necessaria gradualità nel raggiungimento degli obiettivi ambientali;

          e) della migliore tecnologia disponibile, come definita ai sensi dell'articolo 48;

          f) dei costi della tutela.

Art. 8.
(Informazione ambientale).

      1. La diffusione e la circolazione di informazioni affidabili, complete e quanto più possibile aggiornate sono strumenti indispensabili per ogni azione, soprattutto preventiva, di tutela dell'ambiente, nel rispetto dei diritti e dei doveri di cui al capo III.

Art. 9.
(Livelli territoriali di governo dell'ambiente e principio di sussidiarietà).

      1. In materia di tutela degli ecosistemi, nel rispetto dei princìpi costituzionali di autonomia dei singoli, delle formazioni sociali e degli enti territoriali, lo Stato interviene soltanto e nella misura in cui gli obiettivi dell'azione prevista, a motivo delle dimensioni o degli effetti di questa, non possano essere sufficientemente realizzati ai livelli di governo territoriale inferiore o non siano da questi effettivamente realizzati.
      2. Il principio di sussidiarietà di cui al comma 1 del presente articolo si applica anche nei rapporti tra regioni ed enti locali, ai sensi di quanto disposto dagli

 

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articoli 4 e 5 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

      3. Lo Stato determina i princìpi e le linee guida al fine di assicurare condizioni e garanzie di tutela dell'ambiente uniformi nell'intero territorio della Repubblica.
      4. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono adottare forme di tutela più restrittiva, qualora lo richiedano situazioni di degrado ambientale o esigenze particolari del loro territorio, purché tale tutela non costituisca un mezzo di discriminazione arbitraria e sia comunque compatibile con i princìpi e le linee guida fissati dallo Stato ai sensi del comma 3.

Capo II
NORME SULL'ORGANIZZAZIONE
PUBBLICA PER LA TUTELA
DELL'AMBIENTE E DEL TERRITORIO

Art. 10.
(Amministrazioni dello Stato).

      1. Lo Stato provvede all'esercizio delle funzioni ad esso spettanti ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione attraverso le amministrazioni di cui al capo VIII del titolo IV del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni.

Art. 11.
(Conferenze di servizi).

      1. Tutti i concerti, le intese, i pareri, ovvero gli altri atti consultivi o di assenso, comunque denominati, i quali debbano essere acquisiti dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio sono assunti in coerenza con le disposizioni di cui al capo IV della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.

 

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Art. 12.
(Attività di istruttoria tecnica).

      1. Dopo la lettera c) del comma 1 dell'articolo 1 del decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61, è aggiunta la seguente:

      «c-bis) le attività di istruttoria tecnica in tutti i procedimenti di competenza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, in base alle direttive da quest'ultimo impartite».

Art. 13.
(Competenze delle regioni).

      1. Le attività attribuite allo Stato in materia di tutela dell'ambiente, ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione, sono esercitate in forma coordinata con le regioni le quali provvedono all'eventuale elaborazione di modalità operative più idonee per il perseguimento degli obiettivi prefissati dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, sulla base di programmi pluriennali.
      2. Le regioni definiscono i termini per il conseguimento degli obiettivi e per l'attuazione dei programmi di cui al comma 1.
      3. Le regioni presentano, ogni due anni, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio un rapporto sullo stato dell'ambiente, che illustra il grado di attuazione degli obiettivi e dei programmi di cui al comma 1.

Art. 14.
(Servizi pubblici ambientali).

      1. Il servizio idrico integrato e il servizio pubblico di smaltimento dei rifiuti solidi urbani, salvo motivata deroga stabilita dalla regione, sono organizzati e gestiti a livello sovracomunale con riferimento ad ambiti territoriali ottimali per un espletamento efficace, efficiente ed economico di tali servizi.

 

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Capo III
DIRITTI E DOVERI DEI SINGOLI
E DELLE ASSOCIAZIONI

Sezione I
Informazione ed accesso
in materia ambientale

Art. 15.
(Titolari ed oggetto del diritto di accesso alle informazioni ambientali).

      1. Chiunque, senza essere tenuto a dimostrare un interesse specifico, può accedere alle informazioni relative allo stato dell'ambiente e del paesaggio secondo le procedure e con i limiti dei regolamenti da adottare, in attuazione della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, in conformità ai princìpi e ai criteri di cui all'articolo 17 della presente legge. In attesa o in assenza dell'adozione del relativo regolamento è consentito l'accesso alle informazioni in conformità ai princìpi e ai criteri di cui al citato articolo 17.

Art. 16.
(Informazioni relative all'ambiente).

      1. Per informazioni relative all'ambiente si intende qualsiasi informazione disponibile in forma scritta, grafica, visiva, sonora, elettromagnetica, contenuta in banche dati o di qualunque altra specie, in merito allo stato delle acque, del suolo, dell'aria, della flora, della fauna, del territorio e degli spazi naturali, nonché informazioni relative a quelle attività, incluse quelle nocive quali il rumore, che incidono o possono incidere sugli stessi, nonché relative agli interventi atti a tutelarli, ivi compresi misure amministrative e programmi di gestione dell'ambiente.

      2. È consentito l'accesso anche agli atti preparatori, consultivi e interni ai sensi di

 

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legge o di regolamento intervenuti nelle relative sequenze procedimentali riguardanti gli atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione direttamente inerenti la materia ambientale.
      3. Il diritto di accesso di cui al presente articolo si esercita nei confronti dello Stato, degli enti locali, degli altri enti ed organismi di diritto pubblico, delle aziende autonome, dei concessionari di pubblici servizi, eccettuati gli organi che esercitano competenze giudiziarie.

Art. 17.
(Limiti del diritto di accesso alle informazioni ambientali).

      1. Le informazioni relative all'ambiente non possono essere sottratte, neppure temporaneamente, all'accesso se non quando la loro divulgazione è suscettibile di recare un pregiudizio concreto:

          a) alla sicurezza e alla difesa nazionali, al demanio militare, all'esercizio della sovranità nazionale e alla continuità e correttezza delle relazioni internazionali, con particolare riferimento alle ipotesi previste nei trattati e nelle relative leggi di attuazione;

          b) alla sicurezza pubblica;

          c) alla vita privata o alla riservatezza di persone fisiche, di persone giuridiche, gruppi, imprese o associazioni, con particolare riferimento alla riservatezza commerciale e industriale, ivi compresa la proprietà intellettuale, agli interessi epistolare, sanitario, professionale e finanziario, di cui tali soggetti sono in concreto titolari;

          d) all'ambiente cui tali informazioni si riferiscono.

      2. Possono, altresì, essere sottratte all'accesso le informazioni:

          a) attinenti a questioni che sono in discussione, sotto inchiesta, ivi comprese le inchieste disciplinari, od oggetto di

 

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un'azione investigativa preliminare o che lo sono state;

          b) fornite da terzi senza che questi siano giuridicamente tenuti a fornirle.

      3. Le informazioni in possesso delle autorità pubbliche formano oggetto di comunicazione parziale quando è possibile estrapolare le informazioni relative a dati riguardanti gli interessi di cui al comma 2.
      4. Le informazioni connesse agli interessi di cui al comma 3 e i documenti che le contengono sono sottratti all'accesso solo nell'ambito e nei limiti di tale connessione.
      5. Deve comunque essere garantita ai richiedenti la visione degli atti dei procedimenti amministrativi la cui conoscenza è necessaria per curare o difendere i loro interessi.
      6. Ciascuna amministrazione pubblica, nell'ambito dei regolamenti previsti dall'articolo 24, comma 6, della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, individua le categorie di documenti contenenti informazioni relative all'ambiente sottratte all'accesso per le esigenze di cui al presente articolo. In assenza di tali regolamenti l'accesso alle informazioni ambientali non può essere negato se non nei casi espressamente previsti dai commi 1 e 2.
      7. Fatto salvo quanto previsto dal comma 6, una richiesta di informazioni può essere respinta qualora comporti la trasmissione di documenti o dati incompleti ovvero sia manifestamente ingiustificata o sia formulata in termini troppo generici.
      8. L'autorità pubblica risponde al richiedente nel più breve termine possibile e comunque entro e non oltre un mese dalla richiesta. Il rifiuto all'accesso o il ritardo nell'accoglimento della richiesta deve essere motivato e indicare, nel caso di differimento, il periodo di tempo per il quale le informazioni richieste sono sottratte alla divulgazione.
      9. Si applica l'articolo 25, commi 5, 5-bis e 6, della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.

 

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      10. Per quanto non diversamente previsto si applicano le disposizioni del capo V della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, e relative norme di attuazione.
      11. Presso l'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT) di cui all'articolo 38 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, è istituita un'apposita sezione dell'archivio centralizzato delle richieste di accesso in materia ambientale previsto dall'articolo 12 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 giugno 1992, n. 352.

Art. 18.
(Informazione pubblica in materia ambientale).

      1. Le amministrazioni pubbliche assicurano la più ampia pubblicità e divulgazione delle informazioni relative all'ambiente e allo stato dello stesso, adottando le opportune misure organizzative affinché esse siano rese conoscibili e disponibili al pubblico, anche mediante la pubblicazione periodica di relazioni descrittive.

Art. 19.
(Obbligo di trasmissione delle informazioni in materia ambientale).

      1. I soggetti i quali esercitano attività di qualsiasi genere suscettibili di arrecare danno all'ambiente sono tenuti, nelle forme e nei modi previsti dalla legislazione vigente, a fornire alle amministrazioni pubbliche tutte le informazioni da esse richieste circa la natura e le modalità di svolgimento di tali attività, al fine di consentire l'adozione delle misure più idonee per la salvaguardia delle esigenze ambientali. La legge prevede le modalità per assicurare che le informazioni vengano raccolte tramite modelli unici di dichiarazioni e la redazione di bilanci ambientali dell'attività.

 

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      2. Le informazioni e i dati raccolti ai sensi del comma 1 non possono essere comunicati all'esterno se non in forma aggregata, in modo che non se ne possa trarre alcun riferimento individuale o nominativo.
      3. In casi eccezionali, la pubblica amministrazione che ha ricevuto i dati e le informazioni di cui al comma 1 può, con espresso atto motivato e nel rispetto dei princìpi di cui all'articolo 17, estendere il segreto anche ai dati aggregati.

Art. 20.
(Controllo e diffusione dei dati e delle informazioni ambientali).

      1. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e l'APAT, nell'ambito delle funzioni di cui all'articolo 01, comma 1, lettere b) e c), del decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61, adottano, anche su istanza di chiunque vi abbia interesse, le misure necessarie per controllare le informazioni e i dati raccolti dalle pubbliche amministrazioni e da privati, al fine di garantire l'imparzialità, la completezza, la correttezza e la tempestività dell'informazione ambientale.
      2. L'APAT fissa i criteri per la standardizzazione dei dati e l'effettuazione dei monitoraggi, individuando altresì i criteri per diffondere i dati raccolti in via ufficiale secondo il linguaggio comune, in modo da consentirne la comprensione e la fruibilità.

Art. 21.
(Informazione sulle attività pericolose per l'ambiente).

      1. La legge individua le categorie di imprese e di attività suscettibili di produrre direttamente o indirettamente effetti dannosi per l'ambiente, per lo svolgimento delle quali devono essere preventivamente pubblicati i dati relativi ai progetti di

 

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intervento in forma comprensibile per tutti gli interessati.
      2. Le pubbliche amministrazioni garantiscono la tempestiva comunicazione e diffusione delle informazioni sulle attività delle imprese classificate, ai sensi dell'articolo 29, come esercenti attività pericolose per l'ambiente.
      3. I titolari delle imprese di cui al comma 1 hanno l'obbligo di mettere a disposizione delle pubbliche amministrazioni competenti e dei privati interessati tutti gli elementi conoscitivi necessari per il controllo delle attività pericolose per l'ambiente e la prevenzione dei relativi rischi.
      4. Il diritto di accesso alle informazioni di cui al comma 3 si riferisce sia alla fase di presentazione delle domande di autorizzazione, sia alla fase di realizzazione dei progetti e di gestione delle imprese, sia alle attività di controllo sulla correttezza dei dati da parte delle pubbliche amministrazioni competenti.

Sezione II
Diritti di partecipazione
e diritti di difesa

Art. 22.
(Diritti di partecipazione a scopo collaborativo).

      1. Chiunque, senza necessità di dimostrare il proprio interesse, può partecipare ai procedimenti comunque connessi agli interessi ambientali.

Art. 23.
(Diritti di partecipazione a scopo difensivo).

      1. Dell'avvio dei procedimenti di autorizzazione, di pianificazione e di programmazione in cui sono coinvolti interessi

 

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ambientali, è in ogni caso dato avviso mediante comunicazione personale o altre forme di pubblicità idonee, con le modalità di cui all'articolo 8, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, a tutti i soggetti di cui all'articolo 7 della medesima legge, e successive modificazioni.
      2. Ai soggetti di cui al comma 1 del presente articolo sono riconosciuti i diritti previsti dall'articolo 10 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.

Art. 24.
(Diritti di difesa).

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo diretto ad istituire presso l'APAT una commissione di amministrazione giustiziale in materia di ambiente e a disciplinare la facoltà di ricorrere ad essa a tutela di diritti e di interessi legittimi, per motivi di legittimità e di merito, contro i provvedimenti, anche non definitivi, di amministrazioni e di enti statali, emessi in attuazione della normativa nelle materie della tutela dell'ambiente dagli inquinamenti e del paesaggio, da parte di chi vi abbia interesse, nonché da parte delle associazioni di cui all'articolo 25.
      2. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) individuazione delle modalità di nomina dei membri della commissione che, in numero di tre effettivi e due supplenti, devono essere scelti tra persone di specifica e comprovata competenza ed esperienza giuridica e tecnica e di indiscussa indipendenza;

          b) individuazione dei casi di incompatibilità, delle garanzie di stabilità e dei criteri di determinazione delle indennità

 

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spettanti ai componenti della commissione, nonché previsione delle dotazioni di mezzi e di personale idonei a garantire l'efficienza e l'indipendenza della commissione;

          c) previsione di termini e di modalità di presentazione dei ricorsi tali da circoscrivere alle omissioni più gravi le ipotesi di inammissibilità, da assicurare il contraddittorio anche con i soggetti controinteressati e da garantire la speditezza delle decisioni;

          d) previsione di ampi poteri istruttori e di integrazione del contraddittorio in capo alla commissione;

          e) previsione di una procedura di conciliazione da attivare, a richiesta di una delle parti, in seno alla commissione;

          f) conformità della disciplina procedurale stabilita dal decreto legislativo adottato ai sensi del comma 1 ai princìpi fissati dalla legislazione vigente in materia di ricorsi amministrativi ordinari.

Sezione III
Associazioni ambientaliste

Art. 25.
(Associazioni ambientaliste).

      1. Gli articoli 13 e 18, comma 5, della legge 8 luglio 1986, n. 349, e successive modificazioni, sono abrogati.
      2. Sono legittimati ad agire e ad intervenire innanzi agli organi giurisdizionali, con i poteri e nelle forme previsti dalla legislazione vigente, le associazioni ed i comitati dotati di adeguata e stabile capacità rappresentativa degli interessi diffusi e collettivi per la tutela dell'ambiente.

 

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Capo IV
OBBLIGHI DELLE IMPRESE

Sezione I
Obblighi generali

Art. 26.
(Azione preventiva e di precauzione).

      1. L'attività d'impresa si conforma ai princìpi definiti nel capo I, titolo I, parte I e, in particolare, a quelli di azione preventiva e di precauzione di cui all'articolo 4.
      2. In applicazione dei princìpi di cui al comma 1, la valutazione del rischio ambientale d'impresa e la scelta delle appropriate cautele tecniche sono considerate, a cura e spese dell'impresa, nella fase che precede l'inizio dell'attività e realizzate nella fase successiva, secondo modalità corrispondenti alla natura e alla gravità del rischio, nonché alle dimensioni tecnico-economiche dell'impresa.

Art. 27.
(Valori limite di emissione e migliore tecnologia disponibile).

      1. Fermi restando gli obblighi di cui all'articolo 26, l'impresa è comunque tenuta all'osservanza dei valori limite di emissione, delle norme e degli obiettivi di qualità ambientale e delle prescrizioni dell'autorizzazione, stabilite per l'esercizio dell'attività o dell'impianto.
      2. L'osservanza di valori limite di emissione progressivamente più restrittivi può essere imposta dall'autorità competente attraverso l'adozione graduale della migliore tecnologia disponibile, in conformità ai criteri di cui all'articolo 26, comma 2, e tenendo conto della situazione ambientale.

 

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Art. 28.
(Collaborazione con l'autorità di controllo).

      1. Le imprese di cui all'articolo 26 osservano, nei rapporti con l'autorità di controllo, i doveri di corretta informazione, di lealtà e di collaborazione, al fine di consentire la tempestiva e adeguata valutazione del rischio d'impresa.
      2. Le imprese di cui al comma 1 possono chiedere la collaborazione dell'autorità di controllo nella verifica delle condizioni di adempimento degli obblighi stabiliti dall'autorizzazione, fermi restando gli obblighi posti a loro carico dalla presente legge.

Sezione II
Obblighi relativi alle imprese
esercenti attività pericolose

Art. 29.
(Imprese esercenti attività pericolose).

      1. Per impresa esercente attività pericolosa si intende quella che pone in essere un rischio aggravato per le persone, l'ambiente o le cose. L'APAT definisce i criteri tecnici per l'individuazione delle ipotesi di rischio aggravato.
      2. Sono comunque considerate imprese esercenti attività pericolose quelle indicate nell'allegato A annesso alla presente legge.
      3. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, sentiti i Ministri interessati, l'elenco delle imprese pericolose indicate nell'allegato A annesso alla presente legge può essere modificato o integrato nel rispetto del criterio generale di cui al comma 1, previo parere dell'APAT.

 

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Art. 30.
(Obblighi di gestione del rischio).

      1. Per l'adempimento degli obblighi previsti dagli articoli 26, 27 e 28, l'impresa pericolosa deve procedere all'individuazione, all'analisi e alla revisione periodica del rischio d'impresa, inviandone adeguata documentazione all'autorità di controllo.
      2. Nel caso previsto dal comma 1, l'impresa è tenuta a provvedere all'informazione e all'addestramento del personale dipendente.

Art. 31.
(Obblighi di sicurezza e trasparenza).

      1. Per gli impianti industriali esercenti attività di cui all'articolo 29, l'impresa comunica all'autorità di controllo, in sede di domanda di autorizzazione, il nominativo del responsabile per la sicurezza e l'ambiente.
      2. Nel caso previsto dal comma 1, l'impresa è tenuta a predisporre una volta all'anno un bilancio ambientale semplificato, redatto secondo i requisiti minimi definiti con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio.

Sezione III
Piccole e medie imprese

Art. 32.
(Obblighi relativi alle piccole e medie imprese).

      1. Al fine di applicare alle piccole e medie imprese, come definite dalla vigente normativa comunitaria, gli obblighi generali previsti dagli articoli 26, 27 e 28, il

 

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Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio definisce, con proprio decreto:

          a) le misure tecniche e di supporto destinate a favorire l'adempimento degli obblighi medesimi;

          b) i tempi di adeguamento ai valori limite di emissione relativi alle dimensioni tecnico-produttive medie delle imprese e ai diversi settori d'attività, nel rispetto degli obiettivi e degli standard di qualità ambientale;

          c) i sistemi di raccolta e di diffusione dei dati di rilevanza ambientale pertinenti alle diverse categorie d'impresa;

          d) le forme semplificate di presentazione della domanda di autorizzazione unica per ciascuna unità produttiva.

Parte II
STRUMENTI

Titolo I
STRUMENTI AMMINISTRATIVI

Capo I
PIANIFICAZIONE DI RILIEVO
AMBIENTALE

Art. 33.
(Delega al Governo).

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi diretti a riordinare, ridurre o semplificare la vigente normativa concernente i piani ad incidenza territoriale, paesaggistica e ambientale, nonché ad abrogare le prescrizioni normative che consentano ad altri tipi di piani di fissare obiettivi di salvaguardia, risanamento e sviluppo territoriale, paesistico e ambientale

 

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ed a predisporre programmi e strumenti atti a raggiungere tali obiettivi.
      2. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) eliminazione di duplicazioni degli strumenti di pianificazione aventi ad oggetto i medesimi interessi pubblici, salvo che per gli strumenti che si distinguono per il livello di interesse perseguito;

          b) eliminazione dei piani che si risolvono in mere indicazioni di standard, distanze e livelli di qualità e loro sostituzione con regolamenti od atti di indirizzo, da approvare in base a procedure che garantiscano la consultazione delle categorie interessate e degli organismi scientifici più accreditati, la trasparenza e la pubblicità;

          c) riduzione dei piani nazionali interferenti con le previsioni ambientali ai casi in cui vi siano preminenti necessità di coordinamento sovraregionale e individuazione tassativa dell'oggetto di tali piani, al fine di evitare concorrenze con i piani di livello regionale;

          d) individuazione di un piano territoriale di livello regionale, con specifica considerazione degli interessi urbanistici, paesistici e ambientali, costituente strumento di coordinamento sovraordinato ad ogni altro piano di natura urbanistica, paesistica e ambientale;

          e) armonizzazione dei piani e dei programmi previsti da leggi di settore in modo che ciascuno di essi, nel quadro del piano regionale di cui alla lettera d), al fine di perseguire gli interessi pubblici esattamente determinati dalle leggi medesime, disciplini ambiti geografici circoscritti o settori di attività specifici;

          f) razionalizzazione della ripartizione delle competenze, ai fini della eliminazione di sovrapposizioni e di duplicazioni;

          g) semplificazione dei procedimenti amministrativi di formazione dei piani, in modo da ridurre le fasi procedimentali e la previsione di atti di concerto e di intesa

 

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e prevedendo la possibilità di ricorrere a procedure di inchiesta pubblica, limitatamente ai piani di area vasta;

          h) abrogazione delle disposizioni che attribuiscono efficacia prevalente e derogatoria ai piani indicati alla lettera e), tranne che per i casi in cui essa risulti indispensabile per primarie esigenze di salvaguardia ambientale;

          i) individuazione di procedure semplificate per apportare modifiche ai piani gerarchicamente sovraordinati in occasione dell'approvazione dei piani sottordinati;

          l) utilizzazione della conferenza di servizi prevista dall'articolo 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, per il coordinamento dei piani non posti in rapporto di reciproca sovraordinazione, prevedendo che ove nella conferenza non si raggiunga l'unanimità per la decisione, le relative decisioni siano assunte dal Presidente del Consiglio dei ministri o dalla regione, a seconda che l'intervento sia di interesse statale, ovvero regionale o locale. Tali determinazioni hanno il medesimo effetto giuridico dell'approvazione all'unanimità in sede di conferenza di servizi;

          m) previsione di apposite norme transitorie che assicurino la vigenza dei piani già approvati alla data di emanazione dei decreti legislativi sino alla loro sostituzione con gli strumenti di pianificazione individuati o modificati ai sensi della presente legge.

      3. La disciplina di riordino prevista dal presente articolo riguarda anche i procedimenti di pianificazione e di programmazione connessi a quelli ivi considerati.

Art. 34.
(Attestazione di conformità).

      1. Nei piani ad incidenza territoriale, paesistica e ambientale deve essere evidenziata la conformità con gli altri piani

 

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comunque incidenti sull'attività disciplinata o sull'ambito geografico considerato, ovvero le deroghe ad essi apportate, ove la legge lo consenta.
      2. Nel caso in cui un piano settoriale contenga previsioni contrastanti con quelle di altri piani, esso deve essere immediatamente comunicato alle autorità titolari della competenza all'approvazione di tali ultimi piani, per consentire l'eliminazione di ogni contrasto.

Art. 35.
(Deroghe agli standard).

      1. Ferme restando le ipotesi in cui la deroga è espressamente prevista dalle leggi di settore, gli standard, le distanze e i livelli di qualità valevoli sul territorio possono essere motivatamente incrementati, ai fini di salvaguardia ambientale, in sede di approvazione dei piani di cui all'articolo 33.

Art. 36.
(Catasto dei piani).

      1. Le regioni istituiscono il catasto dei piani che raccoglie tutti gli strumenti di pianificazione che riguardano il territorio regionale.
      2. Chiunque può accedere al catasto di cui al comma 1, prenderne gratuitamente visione e richiedere, a proprie spese, copia della documentazione inerente ai piani vigenti in ordine a singole aree o all'intero territorio della regione. È compito del catasto predisporre appositi strumenti che rendano conoscibile lo stato delle pianificazioni in atto.
      3. Ogni ente competente ad approvare uno strumento di pianificazione, o variante allo stesso, è obbligato a trasmettere al catasto lo strumento di pianificazione o la variante approvata entro venti giorni dall'approvazione. I piani di rilievo ultra

 

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regionale sono trasmessi a tutte le agenzie interessate.
      4. La trasmissione del piano ai sensi del comma 3 costituisce condizione di efficacia dello stesso.

Capo II
VALUTAZIONE DI IMPATTO
AMBIENTALE

Art. 37.
(Valutazione di impatto ambientale).

      1. Nell'ambito di procedimenti autorizzatori per la realizzazione di un impianto o di un'opera, per i quali si prevede un impatto ambientale rilevante, segnatamente per loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, la valutazione di impatto del relativo progetto integra e completa l'istruttoria, con la diretta considerazione dei fattori ambientali, secondo le modalità indicate nel presente capo.

Art. 38.
(Finalità).

      1. La valutazione di impatto ambientale individua, descrive e giudica gli effetti diretti e indiretti del progetto dell'impianto e dell'opera sui seguenti fattori: l'uomo, la fauna, la flora, il suolo, le acque superficiali e sotterranee, l'aria, il clima, il paesaggio, nonché l'interazione tra tali fattori, i beni materiali e il patrimonio culturale.

Art. 39.
(Competenza).

      1. La valutazione di impatto ambientale è effettuata dallo Stato, nelle materie ad esso riservate; negli altri casi è effettuata dalle regioni e dalle province autonome.

 

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Art. 40.
(Piani e programmi).

      1. Nei procedimenti di formazione dei piani territoriali e paesistici nonché negli strumenti urbanistici generali è compiuta un valutazione generale dell'impatto delle rispettive previsioni.
      2. Nei piani di cui al comma 1 è inserita, per ogni area territoriale, una valutazione preliminare della compatibilità dell'insediamento dei diversi tipi di impianti, opere o attività.

Art. 41.
(Conformità ambientale dei progetti).

      1. Nella redazione dei progetti preliminari di opere o di impianti che sono assoggettati alla valutazione di impatto ambientale, è previamente accertata la rispondenza alle previsioni di compatibilità di cui all'articolo 40. In caso di accertamento con esito positivo, l'opera è soggetta a una procedura semplificata di valutazione dell'impatto.
      2. Ai fini dell'approvazione dei progetti definitivi è previamente esperita la procedura di valutazione di impatto ambientale di cui agli articoli da 42 a 47.

Art. 42.
(Studio di impatto ambientale).

      1. Il committente di un impianto o di un'opera assoggettati a valutazione di impatto ambientale è tenuto ad inviare all'autorità competente uno studio di impatto ambientale, redatto ai sensi delle disposizioni tecniche di cui all'articolo 47. Copia dello studio è contestualmente inviata, a cura dell'interessato, alla regione nel cui territorio saranno realizzati l'impianto o l'opera.
      2. La regione disciplina i procedimenti di competenza ai sensi del comma 1, in conformità ai princìpi generali della presente legge.

 

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Art. 43.
(Procedimento di valutazione di impatto ambientale).

      1. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio si pronuncia in merito allo studio di cui all'articolo 42, mediante la valutazione di impatto ambientale, nel termine perentorio di quattro mesi dalla trasmissione dello studio stesso.
      2. Eventuali integrazioni allo studio trasmesso o alla documentazione allegata possono essere richiesti, con effetti sospensivi del termine, entro un mese dal ricevimento dello studio stesso.
      3. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, sentite le regioni e le altre amministrazioni pubbliche interessate, e comunque decorsi due mesi dalla data di presentazione dello studio senza che le stesse si siano espresse, delibera entro il termine di cui al comma 1.
      4. Decorso il termine di cui al comma 1, l'autorità competente al rilascio dell'autorizzazione unica convoca la conferenza di servizi ai sensi dell'articolo 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni. In tale sede il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio comunica la propria deliberazione, ai fini delle ulteriori determinazioni da adottare nella stessa conferenza.
      5. In caso di valutazione di impatto ambientale positiva, la conferenza di servizi esamina il contenuto prescrittivo della deliberazione del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e delibera, contestualmente, su tutti gli altri atti necessari alla realizzazione e all'entrata in funzione dell'impianto o dell'opera.
      6. In caso di mancata pronuncia nei termini di cui al comma 1 del presente articolo ovvero di valutazione negativa, si applica il disposto di cui agli articoli 14-ter, comma 4, e 14-quater, comma 5, della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.

 

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Art. 44.
(Attribuzioni regionali).

      1. Per le valutazioni di impatto ambientale di competenza regionale si osservano le norme di cui all'articolo 43, in quanto applicabili.
      2. Entro il termine di un mese dall'adozione del provvedimento di cui al comma 1, la regione invia la valutazione al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio il quale, entro il mese successivo, può annullare per illeggittimità il provvedimento regionale o sospenderne l'efficacia, richiedendo i chiarimenti necessari.

Art. 45.
(Accesso alle informazioni ambientali).

      1. Ai fini della più completa predisposizione dello studio di impatto ambientale di cui all'articolo 42, il committente ha diritto di accesso alle informazioni disponibili presso le pubbliche amministrazioni. Le informazioni così ottenute possono essere utilizzate solo per tali finalità.
      2. I decreti previsti dall'articolo 47 disciplinano e garantiscono le forme e le modalità di accesso alla documentazione del progetto da parte dei cittadini interessati.

Art. 46.
(Inchiesta pubblica).

      1. L'autorità competente per la valutazione di impatto ambientale può disporre lo svolgimento di un'inchiesta pubblica, per l'esame dello studio presentato dal committente, sui pareri forniti dalle pubbliche amministrazioni e sulle osservazioni del pubblico.
      2. Chiunque può fornire elementi conoscitivi e valutativi sul progetto, mediante l'invio, almeno cinque giorni prima dell'udienza, di memorie scritte di contenuto tecnico o scientifico recanti osservazioni e

 

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proposte sul progetto da realizzare e sui relativi effetti sull'ambiente ai sensi dell'articolo 38.
      3. L'inchiesta pubblica si conclude con una relazione sui lavori svolti ed un giudizio sui risultati emersi.

Art. 47.
(Decreti di attuazione).

      1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio sono fissati:

          a) i criteri, le disposizioni tecniche e procedurali per l'effettuazione della valutazione di impatto ambientale nella forma ordinaria e in quella semplificata;

          b) le condizioni, i criteri e le disposizioni tecniche per l'applicazione della procedura di impatto ambientale ai progetti inclusi nell'allegato II alla direttiva 85/337/CEE del Consiglio, e successive modificazioni;

          c) i contenuti ed i requisiti tecnici per l'elaborazione e la presentazione dello studio di impatto ambientale, da parte del committente;

          d) le forme e le modalità con cui è assicurata adeguata pubblicità al progetto da valutare.

Capo III
VALORI LIMITE E OBIETTIVI
DI QUALITÀ AMBIENTALE

Art. 48.
(Migliore tecnologia disponibile).

      1. Per migliore tecnologia disponibile si intende l'ultima fase di sviluppo di attività, processi e relativi metodi di esercizio, indicante l'idoneità pratica di determinate tecniche nel prevenire oppure, se ciò non

 

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è fattibile, nel ridurre al minimo le emissioni nell'ambiente, globalmente inteso, senza la predeterminazione in termini vincolanti di una tecnologia specifica o di determinate tecniche.
      2. Il termine «migliore» qualifica le tecniche più efficaci per realizzare un elevato livello di protezione ambientale, tenendo presenti gli utili potenziali ed i costi possibili dell'intervento ovvero della sua omissione.
      3. Il termine «disponibile» qualifica le tecniche sviluppate su una scala che ne consenta l'applicazione nel pertinente contesto imprenditoriale, in condizioni economicamente valide e che siano ragionevolmente accessibili all'operatore.
      4. Nella scelta della migliore tecnologia disponibile devono essere prese in considerazione tecniche a scarsa produzione di rifiuti con miglioramento del recupero e del riciclo delle sostanze generate ed usate nel processo, il consumo di materie prime ed energia, la natura per volume delle emissioni interessate e la scadenza per l'installazione delle tecniche.

Art. 49.
(Valori limite di emissione).

      1. Per valori limite di emissione si intendono la massa di sostanze e preparati o la quantità di rumore o calore collegata a determinati parametri specifici e la concentrazione di sostanze che non deve essere superata in normali condizioni di esercizio di un impianto, in uno o più periodi di tempo.
      2. Fatto salvo quanto previsto dagli articoli 50 e 51, i valori limite di cui al comma 1 del presente articolo sono stabiliti dall'autorità competente sulla base della migliore tecnologia disponibile.

Art. 50.
(Norme di qualità ambientale).

      1. Per norme di qualità ambientale si intende la serie di requisiti di qualità che devono esistere in un dato momento in un

 

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determinato ambiente o in una sua parte specifica, ai sensi della legislazione vigente.
      2. I valori limite di emissione di cui all'articolo 49 sono stabiliti dall'autorità competente in modo da garantire il rispetto delle norme di qualità ambientale.
      3. Ove i valori limite fissati in base al disposto dell'articolo 49, comma 2, non consentano il rispetto di una norma di qualità ambientale, l'autorità competente adotta le prescrizioni integrative necessarie a garantirne l'osservanza.

Art. 51.
(Derogabilità dei valori limite di emissione).

      1. L'autorità competente può autorizzare deroghe ai valori limite di emissione di cui all'articolo 49, comma 2, a condizione che:

          a) siano rispettate le norme di qualità ambientale;

          b) possa verificarsi un aumento in misura trascurabile dell'inquinamento;

          c) non sia accertato un contributo all'inquinamento transfrontaliero.

Capo IV
PROCEDIMENTO AUTORIZZATORIO
AMBIENTALE

Art. 52.
(Domanda di autorizzazione).

      1. Chiunque intende installare un impianto, realizzare un'opera o esercitare un'attività, per i quali la legislazione vigente a tutela dell'ambiente e del paesaggio richiede un provvedimento permissivo, è tenuto a presentare un'unica domanda all'autorità competente.
      2. La domanda di autorizzazione ha per oggetto l'impianto o l'opera o l'attività unitariamente considerati ed è corredata dalla documentazione relativa al ciclo produttivo,

 

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alla tecnologia impiegata, ad ogni tipo di emissione o di scarico nell'ambiente, alle misure tecniche e di processo adottate per ridurre o contenere al minimo gli effetti complessivi sull'ambiente. In particolare, la domanda fornisce i dati sul consumo di materie prime e di energia nonché le misure previste per evitare danni all'ambiente in caso di cessazione definitiva dell'impianto.
      3. Quando le omissioni o le inesattezze riscontrate nella domanda di autorizzazione sono di tale rilevanza o entità da farla ritenere dolosamente infedele, si applicano le disposizioni previste per la mancata presentazione della domanda.

Art. 53.
(Autorità competente).

      1. La domanda di autorizzazione è presentata alla regione, per gli impianti, le opere o le attività di competenza regionale, propria o delegata, ovvero all'autorità statale competente, che svolge funzioni di coordinamento delle altre amministrazioni pubbliche interessate, per gli impianti, le opere o le attività di competenza statale.
      2. L'autorità competente ai sensi del comma 1 trasmette tempestivamente, a spese dell'istante, copia della domanda e della documentazione allegata a tutte le autorità legittimate a partecipare al procedimento.

Art. 54.
(Conferenza di servizi).

      1. Quando l'amministrazione statale competente deve acquisire pareri, nulla osta od altri atti di assenso comunque denominati di altre amministrazioni pubbliche, relativi a procedimenti connessi, indìce una conferenza di servizi ai sensi del capo IV della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.

 

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      2. Per gli impianti, le opere e le attività di competenza regionale si applica il disposto del comma 1, intendendosi sostituita la regione al Presidente del Consiglio dei ministri.
      3. Le domande per i procedimenti connessi continuano ad essere presentate alle autorità specificamente competenti, ai fini delle relative istruttorie.

Art. 55.
(Procedimenti autorizzatori semplificati).

      1. Il Governo stabilisce con regolamento i procedimenti autorizzatori che possono essere semplificati, in ragione della minore incidenza ambientale degli impianti, delle opere o delle attività da consentire.
      2. Con il regolamento di cui al comma 1, sono stabilite, altresì, le modalità di autocertificazione o di silenzio assenso, relative alle varie categorie di oggetti considerati.

Art. 56.
(Termine per il rilascio dell'autorizzazione).

      1. L'autorità competente si pronuncia sulla domanda di autorizzazione con un provvedimento espresso, da adottare entro il termine massimo di quattro mesi a decorrere dalla data di presentazione della domanda completa in ogni sua parte.
      2. Il termine di cui al comma 1 può essere interrotto per una sola volta, allo scopo di acquisire ulteriori elementi istruttori, ritenuti essenziali ai fini della decisione, e riprende a decorrere dalla data di ricevimento dei documenti e delle informazioni richiesti dall'amministrazione.
      3. Qualora il procedimento di cui al comma 1 non si concluda nei termini indicati al medesimo comma, l'amministrazione è responsabile dei danni causati al richiedente.

 

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Art. 57.
(Avvio dell'attività).

      1. Ai fini dell'avvio dell'attività dell'impianto o della struttura autorizzati ai sensi del presente titolo, il progettista presenta una autocertificazione attestante la conformità al progetto approvato di quanto è stato realizzato.
      2. Entro un mese dalla presentazione della dichiarazione l'autorità che ha rilasciato l'autorizzazione può contestare la difformità fra quanto realizzato e il progetto autorizzato.
      3. Decorso inutilmente il termine di cui al comma 2, l'attività può iniziare liberamente.
      4. In caso di dichiarazione non rispondente a verità, il dichiarante è punito ai sensi del codice penale.

Art. 58.
(Trasferimento o cessazione dell'attività).

      1. Il titolare di un impianto, autorizzato ai sensi della legislazione vigente, in caso di trasferimento della titolarità del medesimo o di cessazione dell'attività, resta obbligato, anche in solido con i successivi aventi causa, ad effettuare le necessarie azioni di risanamento ambientale.

Art. 59.
(Termine per l'inizio dell'attività).

      1. L'autorizzazione di cui al presente capo fissa il termine di decadenza entro il quale l'attività deve essere avviata.
      2. Il termine di cui al comma 1 può essere prorogato prima della scadenza, su motivata istanza dell'interessato.

 

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Art. 60.
(Contenuto prescrittivo massimo dell'autorizzazione).

      1. L'autorizzazione non può contenere prescrizioni ulteriori rispetto a quelle concernenti:

          a) i limiti di emissione delle sostanze inquinanti;

          b) gli obiettivi di qualità ambientale;

          c) i criteri di processo;

          d) l'adozione della migliore tecnologia disponibile, come definita all'articolo 48;

          e) le modalità di documentazione dell'attività da svolgere e dei rilasci inquinanti;

          f) le misure previste in caso di cessazione definitiva dell'attività;

          g) i criteri costruttivi degli impianti e quelli operativi;

          h) la qualificazione professionale e la consistenza numerica del personale addetto alla tutela ambientale;

          i) la prestazione di adeguate garanzie finanziarie;

          l) le distanze di sicurezza.

      2. Alle prescrizioni di cui al comma 1 del presente articolo si applica il disposto dell'articolo 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.
      3. Le prescrizioni contenute nelle autorizzazioni sono soggette a revisione in via ordinaria ogni quattro anni e, comunque, ogniqualvolta l'autorità competente ne ravvisi la necessità in relazione a un mutamento significativo delle condizioni dell'ambiente o all'evoluzione della migliore tecnologia disponibile che consenta l'adozione di più efficaci misure di contenimento dell'inquinamento.
      4. L'efficacia delle nuove misure prescritte ai sensi del comma 3 è subordinata ad un periodo transitorio di adeguamento, fissato in funzione delle modifiche richieste, della tipologia dell'impianto e degli oneri di investimento.

 

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Art. 61.
(Trasferimento dell'autorizzazione).

      1. Al trasferimento della proprietà o della disponibilità dell'impianto consegue la voltura dell'autorizzazione.
      2. Il trasferimento dell'autorizzazione è denunciato all'autorità competente entro quindici giorni dalla sua denuncia.
      3. L'autorità di cui al comma 2, entro e non oltre due mesi dalla denuncia, verifica d'ufficio la sussistenza delle garanzie e dei requisiti finanziari e professionali eventualmente richiesti dalla legge e dispone, se del caso, con provvedimento motivato da notificare all'interessato entro il medesimo termine, il divieto di prosecuzione dell'attività.

Art. 62.
(Decadenza).

      1. L'autorizzazione è soggetta a decadenza se:

          a) l'impianto viene fermato per oltre un anno;

          b) non sono osservate le prescrizioni di cui all'articolo 60;

          c) non è denunciato il trasferimento dell'autorizzazione nei termini di cui all'articolo 61, comma 2.

Art. 63.
(Modifica sostanziale).

      1. Ogni spostamento di impianti o di attività dal luogo in precedenza autorizzato ad altra località all'esterno del sito dello stabilimento, nonché ogni modifica sostanziale, anche di processo produttivo, che comporti un significativo incremento nella quantità o nella qualità delle sostanze rilasciate nell'ambiente o degli effetti chimico-fisici delle emissioni, sono soggetti ad autorizzazione.

 

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Capo V
SANZIONI AMMINISTRATIVE

Art. 64.
(Princìpi).

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi diretti a riordinare e semplificare la normativa vigente concernente le sanzioni amministrative comminate per la violazione di precetti posti a tutela dell'ambiente.
      2. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1 il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) prevedere adeguate sanzioni ripristinatorie, reali e pecuniarie, anche cumulabili tra loro, ispirate al principio di proporzionalità;

          b) eliminare le duplicazioni di sanzioni penali e di sanzioni amministrative meramente pecuniarie concernenti il medesimo fatto;

          c) affidare al giudice penale la competenza di irrogare, in via sostitutiva dell'amministrazione rimasta inerte, le sanzioni amministrative ripristinatorie comminate per fatti costituenti reato;

          d) prevedere sanzioni pecuniarie progressivamente o proporzionalmente crescenti in caso di protrazione nel tempo della condotta illecita;

          e) prevedere adeguati poteri cautelari in capo all'amministrazione;

          f) prevedere la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo senza limiti alle prove ammesse in giudizio.

 

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Titolo II
STRUMENTI ECONOMICI

Art. 65.
(Princìpi).

      1. La disciplina dell'ambiente attraverso misure di regolazione diretta può essere integrata, assicurando il reciproco coordinamento, da strumenti di tipo economico-finanziario che incidano sulla disponibilità degli operatori economici ad attuare comportamenti e ad utilizzare processi produttivi aventi un minor impatto sull'ambiente.
      2. Gli strumenti economici, sia di tipo incentivante, sia di tipo fiscale, devono essere, ove possibile, coordinati con le misure adottate dall'Unione europea.

Art. 66.
(Caratteristiche).

      1. L'utilizzazione degli strumenti economici deve garantire un equilibrato rapporto tra tutela dell'ambiente e garanzia delle attività economiche e non deve avere effetti distorsivi sulla concorrenza; deve basarsi su dati scientifici, tecnici ed economici conoscibili e verificabili; deve essere compatibile con lo stato attuale delle conoscenze e delle effettive possibilità tecniche dei destinatari; deve basarsi su normative che permettano una chiara individuazione dei presupposti e delle condizioni di applicazione.

Art. 67.
(Imposte ambientali).

      1. Nel caso di nuove imposte con finalità ambientali, il gettito deve essere preferibilmente destinato ad attività di ripristino ambientale o di incentivazione di tecnologie meno inquinanti; deve comunque

 

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essere rispettato il principio della neutralità fiscale, per cui il carico fiscale non può essere aggravato dall'introduzione della nuova imposta a finalità ambientale.

Art. 68.
(Condizioni di attuazione).

      1. Nell'adozione di strumenti economici devono essere preferite forme di intervento che prevedano un ruolo attivo dei soggetti interessati e in particolare soluzioni concertate tra amministrazione ed imprese.
      2. Gli effetti economici e ambientali derivanti dall'utilizzazione degli strumenti economici devono essere adeguatamente controllati.

Titolo III
STRUMENTI CIVILISTICI.
DANNO AMBIENTALE

Art. 69.
(Delega al Governo).

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per disciplinare le ipotesi di danno ambientale secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) conferma del principio generale della risarcibilità del danno ambientale, inteso come stabile e significativo deterioramento di una o più componenti ambientali o di interi ecosistemi;

          b) adozione di un regime generale di responsabilità basato sulla colpa;

          c) individuazione specifica delle attività alle quali si applica un regime speciale fondato sulla responsabilità oggettiva per rischio aggravato, secondo la Convenzione di Lugano sulla responsabilità per attività pericolose, sottoscritta dall'Italia in data

 

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21 giugno 1993 nonché in conformità alla direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004;

          d) previsione del carattere prioritario del ripristino della situazione anteriore all'illecito, salvo il risarcimento per il mancato godimento fino alla data del ripristino; qualora il ripristino della situazione anteriore non sia tecnicamente o economicamente conveniente, il risarcimento, su motivata richiesta dei soggetti di cui alla lettera e), sarà commisurato al costo degli interventi necessari ai fini della riduzione delle conseguenze dell'evento nonché ai costi del ripristino e del mancato godimento fino alla data del ripristino; qualora il ripristino non sia tecnicamente possibile, il risarcimento potrà essere commisurato alla prestazione di risorse naturali equivalenti a quelle danneggiate;

          e) attribuzione dell'azione per danno ambientale allo Stato e agli enti territoriali e, limitatamente all'azione di rispristino, alle associazioni ambientaliste che rispondano ai requisiti di stabile e adeguata rappresentanza degli interessi collettivi e diffusi coivolti;

          f) previsione dell'azione interdittiva dell'attività illecita in caso di danno continuativo o di minaccia di grave danno;

          g) previsione del principio di solidarietà nel caso di concorso nell'evento di danno di una pluralità di soggetti, salvi i casi di prova liberatoria da parte del concorrente in ordine al contributo alla causazione e alla misura parziale del danno singolarmente prodotto;

          h) attribuzione dell'ammontare del risarcimento al fondo di cui alla lettera m) e, comunque, previsione di un vincolo di destinazione per la realizzazione delle opere di risanamento relative all'evento dannoso per il quale è stato ottenuto il risarcimento;

          i) definizione dei criteri per l'agevolazione della prova del nesso di causalità tra evento e danno;

 

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          l) previsione di forme di assicurazione obbligatoria ovvero di prestazione di garanzie finanziarie equivalenti nei casi di esercizio di attività classificate come pericolose, come condizione per ottenere o mantenere un'autorizzazione all'esercizio delle medesime attività;

          m) previsione di un fondo collettivo di indennizzo per danni non imputabili a soggetti individuati o, in concreto, non risarciti; il fondo è alimentato dallo Stato e dai settori interessati; al fondo affluiranno, con vincolo di destinazione, i risarcimenti derivanti dalle azioni per danno ambientale.

      2. Sullo schema di decreto legislativo è acquisito il parere dell'APAT e delle competenti Commissioni parlamentari, che si esprimono entro trenta giorni.

Titolo IV
STRUMENTI PENALI

Art. 70.
(Delega in materia di reati ambientali).

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per la riforma delle leggi penali vigenti in materia di salvaguardia dell'ambiente, secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) previsione di sanzioni penali per violazioni che ledono od espongono a pericolo l'interesse ambientale secondo i seguenti criteri:

              1) previsione come delitti puniti con la reclusione da uno a tre anni e

con la multa da 2.582 euro a 25.822 euro, per i fatti che ledono in modo persistente e rilevante una o più componenti ambientali;

              2) previsione come delitti puniti con la reclusione da uno a cinque anni e

 

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con la multa da 5.165 euro a 25.822 euro, per i fatti che ledono in modo persistente e rilevante l'equilibrio di interi ecosistemi;

              3) previsione che i delitti di cui ai numeri 1) e 2) siano puniti, anche se commessi per colpa, e che, in tal caso, le pene applicabili siano, nell'ipotesi di cui al numero 1), la reclusione da sei mesi a due anni o la multa da 516 euro a 15.494 euro; nell'ipotesi di cui al numero 2), la reclusione da uno a tre anni e la multa da 1.549 euro a 25.822 euro;

              4) previsione di un'attenuante ove i fatti siano di speciale tenuità, nelle ipotesi di cui ai numeri 1) e 3); di un'aggravante se siano di particolare gravità;

              5) previsione come delitti puniti con la reclusione da uno a tre anni o con la multa da 5.165 euro a 25.822 euro per i fatti che espongano a concreto pericolo l'equilibrio di interi ecosistemi;

              6) previsione come delitti punibili con la reclusione da uno a due anni o con la multa da 5.165 euro a 25.822 euro per i fatti commessi in violazione di obblighi imposti per evitare l'esposizione a pericolo dell'equilibrio di interi ecosistemi, a coloro che esercitano attività con speciale impatto ambientale;

              7) previsione che i fatti previsti ai numeri 5) e 6) siano puniti, anche se commessi per colpa, e che le pene applicabili siano, nell'ipotesi di cui al numero 5), la reclusione da quattro mesi ad un anno o la multa da 2.582 euro a 15.494 euro; nell'ipotesi di cui al numero 6, con la reclusione da sei mesi a due anni o con la multa da 2.582 euro a 15.494 euro;

              8) previsione di un'aggravante se i fatti di cui ai numeri 5) e 6) siano di particolare gravità;

              9) previsione come contravvenzioni punite con l'arresto da sei mesi ad un anno o con l'ammenda da 2.582 euro a 15.494 euro per i fatti che espongono a concreto pericolo una o più componenti ambientali;

 

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              10) prevedere, nel caso in cui ricorra l'attenuante di cui all'articolo 62, numero 6), del codice penale, che la pena possa essere ridotta sino alla metà;

          b) salvo quanto previsto ai numeri da 1) a 9) della lettera a), previsione di sanzioni amministrative per violazioni di obblighi formali che non ledano né espongano a concreto pericolo l'interesse ambientale.

 

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ALLEGATO A

(Articolo 29, comma 2)

ATTIVITÀ CONSIDERATE PERICOLOSE

        1. Attività di produzione, manipolazione, uso, trattamento, stoccaggio, scarico nell'ambiente di una o più sostanze o preparati pericolosi, di cui alla direttiva 67/548/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1967, e successive modificazioni e aggiornamenti tecnici.
        2. Attività di cui al numero 1 aventi ad oggetto microorganismi geneticamente modificati, ivi compresa la loro emissione deliberata nell'ambiente, quando siano patogeni o producano tossine.
        3. Attività effettuate in un'installazione o su un sito destinati al trattamento, allo stoccaggio e al riciclo dei rifiuti quando la quantità dei rifiuti coinvolti sia tale da porre un rischio aggravato ai sensi dell'articolo 29, comma 1.
        4. Attività di stoccaggio definitivo dei rifiuti.    
    


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