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PDL 15

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 15



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

REALACCI, LUPI, IANNUZZI, CIRO ALFANO, ANGELI, ASTORE, ATTILI, BARANI, BARATELLA, BELLANOVA, BENVENUTO, BIANCHI, BOCCI, BOFFA, BUCCHINO, BUGLIO, BURTONE, CACCIARI, CALGARO, CALÒ, CARRA, CARTA, CASTAGNETTI, CECCUZZI, CENTO, CESARIO, CHIANALE, CHIAROMONTE, CHITI, CIALENTE, CICCIOLI, GIULIO CONTI, CORDONI, CRISCI, D'ANTONA, DATO, DE BRASI, DE CASTRO, DE MITA, DE ZULUETA, DIONISI, DUILIO, EVANGELISTI, FADDA, GIANNI FARINA, FARINONE, FASCIANI, FEDI, FIANO, FISTAROL, FOLENA, FRANCI, FRANZOSO, FRIGATO, FRONER, GALEAZZI, GHIZZONI, GIACHETTI, GIANCARLO GIORGETTI, GIULIETTI, GRASSI, GRILLINI, JANNONE, LANZILLOTTA, LARATTA, LEDDI MAIOLA, LISI, LOMAGLIO, LOVELLI, LUCÀ, LUCCHESE, LUSETTI, MANTINI, MARGIOTTA, MARIANI, MARINO, META, MIGLIOLI, MISIANI, MISURACA, MONDELLO, MONGUZZI, MORRONE, MOSELLA, MOTTA, MUSI, NAN, NANNICINI, OSVALDO NAPOLI, NICCHI, NUCARA, OLIVERIO, OTTONE, PALOMBA, PAROLI, PEDRINI, PEZZELLA, PICANO, ROCCO PIGNATARO, PINOTTI, PIRO, PISCITELLO, RAITI, ROSSI GASPARRINI, ROSSO, ROTONDO, RUGGERI, RUGGHIA, RUSCONI, PAOLO RUSSO, RUTA, SANGA, SANNA, SASSO, SATTA, SCHIRRU, SERVODIO, SORO, SPINI, SQUEGLIA, STRADELLA, SUPPA, TENAGLIA, TOCCI, TOLOTTI, TUCCI, VALDUCCI, VANNUCCI, VICHI, VICO, VILLARI, VIOLA, ZACCHERA, ZANELLA, ZANETTA, ZANOTTI, ZUNINO

Misure per il sostegno e la valorizzazione dei comuni con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti nonché dei comuni compresi nelle aree protette

Presentata il 28 aprile 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge, che contiene norme dirette a migliorare le condizioni di vita nelle aree del «disagio insediativo», nasce dalla consapevolezza delle grandi potenzialità delle aree in questione in termini di turismo, produzioni tipiche e risorse culturali e ambientali, quindi dalla volontà di valorizzare tale patrimonio. Le proposte concrete e le soluzioni operative
 

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in essa contenute derivano da numerose iniziative promosse negli anni passati, su tutto il territorio nazionale, da Legambiente e Confcommercio in collaborazione con la Federazione italiana parchi e riserve naturali, con la Confederazione italiana agricoltori, con la Coldiretti, con l'Unione delle province italiane e con l'Unione nazionale comuni, comunità, enti montani.
      Il testo di tale proposta di legge, peraltro, riproduce nella prima parte il testo della proposta di legge atto Camera n. 1174 della XIV legislatura, presentata da deputati appartenenti a tutti i gruppi parlamentari e approvata pressoché all'unanimità dalla Camera dei deputati.
      L'armonica distribuzione della popolazione sul territorio è una ricchezza insediativa che rappresenta una peculiarità e una garanzia del nostro sistema sociale e culturale, una certezza nella manutenzione del territorio e una opportunità di sviluppo economico. In Europa, Francia e Italia sono le nazioni dove la popolazione è maggiormente distribuita; nel nostro Paese 5.868 comuni hanno meno di 5 mila abitanti, pari al 72 per cento dei comuni italiani. Viviamo una ricchezza insediativa che il Cattaneo ha descritto come «l'opera di diffondere equabilmente la popolazione», «frutto di secoli» e di una «civiltà generale, piena e radicata» che ha favorito la distribuzione «generosamente su tutta la faccia del Paese».
      Ma lo spopolamento e l'impoverimento di vaste aree - soprattutto pedemontane, montane e insulari - hanno nel secondo dopoguerra assunto caratteri strutturali delineando un'Italia che possiamo definire del «disagio insediativo», che interessa tutto l'arco alpino, soprattutto ligure, piemontese, lombardo e friulano, si concentra lungo la dorsale appenninica ligure, tosco-emiliana e centro-meridionale, nelle parti montuose e interne della Sardegna e della Sicilia; attecchisce nel robusto «piede d'appoggio» meridionale, risale gli Appennini dalla Calabria all'Abruzzo, interessando pesantemente la Basilicata, dove ben 97 comuni sono a rischio progressivo di estinzione, e si apre, affievolendosi, verso nord, secondo una biforcazione che tocca aree interne delle Marche e della Toscana meridionale.
      Tale spopolamento fa sì che l'Italia sia diventata un Paese ad alto rischio geologico, afflitto quasi annualmente da gravi episodi di natura ambientale (terremoti, alluvioni ed eruzioni) ma in buona misura anche da consumo eccessivo di suolo (spesso abusivo), incuria e, naturalmente, abbandono. Quantitativamente il dissesto idrogeologico (frane e alluvioni) nel periodo 1918-1990 riguarda 373 comuni (quasi il 5 per cento del totale) (Fonte CNR). A questo dato vanno aggiunti 2.678 comuni colpiti da frane e 1.727 da alluvioni, per un totale di 4.405 comuni colpiti: oltre il 50 per cento dei comuni italiani è stato colpito negli ultimi sessanta anni da calamità «naturali». Secondo il CRESME (dati Progetto AVI del CNR) le regioni nelle quali sono state censite più frane sono la Campania (oltre 1.600), l'Abruzzo, la Liguria e la Lombardia, con oltre 1.300 eventi. Le alluvioni hanno interessato il Veneto con oltre 2.000 eventi, il Piemonte e l'Emilia-Romagna (bacino del Po), la Toscana (Arno) e il Friuli-Venezia Giulia, con oltre 1.000 eventi.
      Tale situazione scaturisce anche dalla mancanza di manutenzione, attività storicamente svolta dagli agricoltori e oggi non più adeguatamente sviluppata.
      Sempre secondo il CRESME, si stimano costi annuali causati da catastrofi ambientali pari a circa 30-40 miliardi di euro; di questi circa due sono spesi per le sole «terapie intensive», per un totale di circa 100 miliardi di euro negli ultimi cinquanta anni. Quantificando i danni «derivanti dai soli eventi riferibili alla scarsa tutela e gestione del territorio», emerge un ticket annuale di circa quattro miliardi di euro.
      Un disagio che rischia di divenire profondo con la crescente rarefazione, dei servizi al cittadino: servizi pubblici accorpati per il contenimento dei costi (uffici postali, presìdi territoriali scolastici, sanità eccetera); insufficiente manutenzione del territorio; esercizi commerciali privi di una domanda adeguata per la loro sopravvivenza. Dunque, come la questione sanità
 

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che rappresenta forse la prima preoccupazione per chi vive in contesti isolati, così i servizi territoriali e commerciali rappresentano una condizione di vivibilità essenziale, peraltro riconosciuta e supportata dalla stessa Unione europea.
      Fenomeni di disagio si ripetono in numerose nazioni dell'Unione europea, che hanno già avviato politiche locali e generali di intervento per riportare le popolazioni nei piccoli comuni, per avviare una nuova fase di sviluppo e arginare preoccupanti fenomeni come quelli della desertificazione. Le azioni, pur nella loro diversità, muovono da una comune convinzione, ovvero che lo «sviluppo locale passa per il rafforzamento della più importante delle ricchezze che è la risorsa umana».
      I tentativi sono avviati con più o meno successo, ma con la consapevolezza che gli interventi vanno mirati con modalità diverse a seconda del Paese e dei territori interessati. Alcuni esempi: in Svezia, all'inizio degli anni novanta, è stata lanciata una campagna nazionale («Hela Sveriga Ska leva/Tutta la Svezia deve vivere») in cui si invitano tutti i cittadini a prendere l'iniziativa ed attivarsi nell'organizzazione della vita e dei servizi sociali all'interno dei villaggi. Dopo quasi un decennio sono tremilacinquecento i gruppi locali attivatisi che si occupano dello sviluppo di servizi alla popolazione e gestiscono numerosi investimenti, migliaia di posti di lavoro e centri di telelavoro.
      In Irlanda l'esperienza dell'azione di una associazione come la Rural Resettlement Ireland ha ispirato l'attuazione negli anni '90 di un programma pilota cofinanziato dall'Unione europea.
      In Finlandia non esiste una politica nazionale specifica, ma alcune iniziative locali tendono a invogliare le famiglie a trasferirsi dai centri più grandi in campagna.
      In Spagna, in particolare in Aragona, sono state attivate con successo politiche di accoglienza anche di lavoratori provenienti dall'Argentina, offrendo loro casa e lavoro.
      In Francia sono stati avviati un ampio dibattito e numerose sperimentazioni sulle politiche di accoglienza nei centri minori e in special modo nel Limousine si tentano e si premiano soluzioni innovative e progetti di inserimento.
      In Italia, invece, sostanzialmente, oltre agli interventi previsti dalla legge 31 gennaio 1994, n. 97 (cosiddetta «legge sulla montagna»), non si intravedono altri strumenti di sistema a sostegno e sviluppo di politiche di accoglienza nei piccoli comuni. Fatta eccezione per le possibilità che il progetto «Appennino parco d'Europa» (APE) - ideato da Legambiente e regione Abruzzo e avviato in collaborazione con il Servizio conservazione della natura dell'allora Ministero dell'ambiente e già finanziato per progetti infrastrutturali a valenza nazionale - dischiude alla volontà di enti locali e territoriali di praticare concretamente e sviluppare queste politiche di salvaguardia e di valorizzazione nei territori della dorsale appenninica che attraversa e unisce l'Italia dal nord al sud fino alla Sicilia.
      Con APE emerge un'immagine dell'Appennino quale grande sistema ambientale e territoriale di valore europeo e internazionale, fortemente connotato dalla presenza di aree protette e nel quale, proprio per questo, è possibile sperimentare l'avvio di politiche di conservazione e di sviluppo sostenibile.
      Con la proposta di legge si vogliono mettere in rete una serie di iniziative in grado di fare «sistema» nelle aree interne maggiormente disagiate per far sì che divenga conveniente abitare, ad esempio, in un piccolo comune della Basilicata, della Calabria o dell'Appennino tosco-emiliano. Si vogliono delineare concrete misure per il sostegno ai piccoli comuni e alle attività economiche, agricole, commerciali e artigianali, secondo forme coerenti con le peculiarità dei territori dei piccoli comuni, che potranno rappresentare un investimento per il rilancio sociale ed economico e per la valorizzazione del patrimonio ambientale e storico-culturale di queste aree. Agevolazioni sull'affitto, il mantenimento delle strutture scolastiche e
 

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dei presìdi sanitari, delle stesse caserme dell'Arma dei carabinieri, la possibilità di pagare le bollette negli esercizi commerciali recuperando la figura dei vecchi «empori», la garanzia di avere un distributore di benzina, sono le condizioni essenziali per invertire un trend che rischia di creare solamente disagi al nostro Paese.
      Nella competitività territoriale non esistono aree sciaguratamente deboli, ma soltanto aree non messe in condizione di competere e dunque costrette a tenere «sotterrati i propri talenti». Per trasformare un problema in opportunità, impedendo che una «grande fetta» della superficie del Paese resti marginalizzata e non letta quale opportunità di crescita economica e di riequilibrio territoriale, è necessario creare le precondizioni per lo sviluppo - sinteticamente, nelle aree fragili del nostro Paese queste si chiamano «servizi territoriali» - che evitino le politiche di generalizzato sostegno del secondo dopoguerra e che siano mirate e selettive, attuate secondo forme di partnership tra pubblico e privato, capaci di esprimere un positivo bilancio economico, ambientale e intergenerazionale.
      Il mantenimento di un'adeguata rete di servizi territoriali e di esercizi commerciali nei territori dei piccoli comuni costituisce una delle condizioni per una loro rivitalizzazione economica.
      Lo sviluppo imprenditoriale e agricolo, si avvale di incentivi e di nuove opportunità, anche di piccole dimensioni caratterizzandosi in micro-attività puntuali e diffuse, che saranno comunque in grado di attivare circoli economici virtuosi, capaci di arrecare sicuri benefìci ambientali soprattutto applicando l'innovazione tecnologica. Sarà inoltre possibile recuperare, attraverso tali attività, anche molte forme di manualità storicamente presenti nelle esperienze lavorative degli addetti locali.
      In linea con le misure dirette a valorizzare il patrimonio ambientale e storico-culturale dei piccoli comuni, sono gli interventi, contemplati dal capo III della proposta di legge, finalizzati al recupero dei centri storici e dei nuclei abitati rurali compresi nelle aree protette.
      È noto, infatti, che queste aree, quando sono antropizzate, hanno un tessuto urbano fatto di piccoli e piccolissimi comuni, che costituiscono un patrimonio di valore inestimabile e di importanza fondamentale per la salvaguardia dell'identità storico-culturale dell'intero Paese.
      Tali centri minori registrano, da un lato, costanti fenomeni di spopolamento, dovuti anche al progressivo invecchiamento della popolazione, dall'altro elementi di degrado e di manomissione del patrimonio edilizio preesistente, che rischiano di cancellarlo per sempre o comprometterlo irreversibilmente.
      Si tratta di interventi non appropriati che trovano il loro fondamento talora in disposizioni eccezionali, altre volte nell'emulazione di modelli forniti dalla società moderna, che ha indotto il piccolo risparmio o l'emigrazione di ritorno ad alterare i caratteri tradizionali dei vecchi centri o a realizzare agglomerati e case sparse, talvolta simili a periferie urbane con tipologie improprie e d'impatto notevole.
      A fronte di tale situazione, la legge-quadro sulle aree protette (legge 6 dicembre 1991, n. 394) - nel definire un complesso e articolato quadro normativo per l'istituzione e la gestione di aree naturali protette al fine di «garantire e promuovere, in forma coordinata, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale del Paese» - all'articolo 7 ha attribuito priorità nella concessione di finanziamenti agli interventi di restauro dei centri storici e degli edifici di particolare valore storico e culturale e al recupero dei nuclei abitati rurali.
      In tale panorama, si inseriscono le misure contemplate dalla presente proposta di legge. Essa - a fronte dell'esistenza nei comuni compresi nelle aree protette di un'edilizia «impropria», spesso simile a quella delle periferie urbane - propone di recuperare i caratteri tipici dei luoghi, attraverso tipologie e materiali appropriati al contesto ambientale.
 

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      Tale finalità può essere realizzata valorizzando uno strumento già contemplato dalla normativa vigente, il programma integrato d'intervento di cui alla legge 17 febbraio 1992, n. 179. Attraverso una più puntuale definizione del suo contenuto, tale strumento appare infatti funzionale alla realizzazione di interventi, che, mediante una rilettura dell'edilizia tradizionale e del paesaggio, siano rivolti alla riqualificazione ambientale, urbanistica ed edilizia.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Capo I
FINALITÀ

Art. 1.
(Finalità della legge).

      1. La presente legge, nel rispetto del titolo V della parte seconda della Costituzione, ha lo scopo:

          a) di promuovere e sostenere le attività economiche, sociali, ambientali e culturali esercitate nei piccoli comuni e di tutelare e valorizzare il patrimonio naturale, rurale e storico-culturale custodito in tali comuni, favorendo altresì l'adozione di misure in favore dei cittadini residenti e delle attività economiche, con particolare riferimento al sistema di servizi territoriali;

          b) di valorizzare e riqualificare le aree protette di cui alla legge 6 dicembre 1991, n. 394, e successive modificazioni, attraverso misure volte a favorire interventi di recupero dei centri storici e dei nuclei abitati rurali in esse compresi.

Capo II
DISPOSIZIONI CONCERNENTI I COMUNI CON POPOLAZIONE PARI O INFERIORE A 5.000 ABITANTI E I PICCOLI COMUNI

Art. 2.
(Definizione di piccoli comuni).

      1. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 3, ai fini della presente legge, per piccoli comuni si intendono i comuni con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti,

 

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compresi in una delle seguenti tipologie:

          a) comuni collocati in aree territorialmente dissestate;

          b) comuni in cui si registrano evidenti situazioni di marginalità culturale, economica o sociale, con particolare riguardo a quelli nei quali negli ultimi dieci anni si sia verificato un significativo decremento della popolazione residente;

          c) comuni siti in zone, in prevalenza montane, caratterizzate da difficoltà di comunicazione ed estrema perifericità rispetto ai centri abitati di maggiori dimensioni ovvero il cui territorio sia connotato da particolare ampiezza e dalla frammentazione dei centri abitati in più frazioni.

      2. Solo ai fini delle agevolazioni finanziarie previste dalla presente legge, non sono comunque considerati piccoli comuni i comuni con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti nei quali si registra un'elevata densità di attività economiche e produttive, anche per la vicinanza con grandi centri metropolitani.
      3. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, previa intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, è definito, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'elenco dei piccoli comuni ai sensi dei commi 1 e 2.
      4. L'elenco di cui al comma 3 è aggiornato ogni tre anni con le medesime procedure di cui al citato comma 3.
      5. Gli schemi dei decreti di cui ai commi 3 e 4 sono trasmessi alle Camere per il parere delle competenti Commissioni parlamentari, da esprimere entro un mese dalla data di trasmissione.
      6. Le regioni, nell'ambito delle funzioni ad esse riconosciute dalle norme di cui al titolo V della parte seconda della Costituzione,

 

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definiscono ulteriori interventi per il raggiungimento delle finalità di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a).
      7. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono, per il proprio territorio, all'individuazione dei comuni ai sensi del comma 3 nonché, nell'ambito delle competenze ad esse spettanti ai sensi degli statuti speciali e delle relative norme di attuazione, alle finalità della presente legge.

Art. 3.
(Disposizioni concernenti tutti i comuni con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti).

      1. Nel rispetto del principio di sussidiarietà, le regioni, in attuazione degli articoli 117 e 118 della Costituzione, promuovono iniziative per l'unione di comuni con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti, nelle forme previste dal testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nonché per la costituzione di consorzi e per l'esercizio in forma associata, anche avvalendosi di soggetti privati, dei servizi comunali e di specifiche funzioni.
      2. Le unioni di comuni di cui al comma 1 adottano piani pluriennali di opere e interventi e individuano gli strumenti idonei a perseguire gli obiettivi dello sviluppo socio-economico, ivi compresi quelli previsti dall'Unione europea, dallo Stato e dalla regione, che possono concorrere alla realizzazione dei programmi annuali operativi di esecuzione del piano.
      3. I piani pluriennali di sviluppo socio-economico hanno come finalità principale il consolidamento e lo sviluppo delle attività economiche ed il miglioramento dei servizi, nonché l'individuazione delle priorità di realizzazione degli interventi di salvaguardia e valorizzazione dell'ambiente anche mediante la conservazione del patrimonio monumentale, dell'edilizia rurale, dei centri storici e del paesaggio

 

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rurale, da porre al servizio dell'uomo a fini di sviluppo civile e sociale.
      4. Le unioni di comuni, attraverso le indicazioni urbanistiche del piano pluriennale di sviluppo, concorrono alla formazione del piano territoriale di coordinamento previsto dall'articolo 20 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
      5. Il piano pluriennale di sviluppo socio-economico ed i suoi aggiornamenti sono adottati dalle unioni di comuni ed approvati dalla provincia secondo le procedure previste dalla legge regionale.
      6. In tutti i comuni con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti le funzioni di valutazione dei responsabili degli uffici e dei servizi sono disciplinate a livello regolamentare da ciascun ente e possono essere affidate anche ad un organo monocratico interno o esterno all'ente.
      7. Nei comuni di cui al comma 6 le competenze del responsabile del procedimento per l'affidamento e per l'esecuzione degli appalti di lavori pubblici sono attribuite al responsabile dell'ufficio tecnico o della struttura corrispondente. Ove ciò non sia possibile secondo quanto disposto dal regolamento comunale, le competenze sono attribuite al responsabile del servizio al quale attiene il lavoro da realizzare.
      8. I comuni di cui al comma 6 non sono tenuti all'osservanza delle seguenti disposizioni:

          a) articoli 197, 229 e 230 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;

          b) articolo 24, comma 6, della legge 28 dicembre 2001, n. 448;

          c) articolo 14, commi 3, 5, 6, 7, 9, secondo periodo, e 11, della legge 11 febbraio 1994, n. 109;

 

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          d) articoli 11, 13 e 14 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554;

          e) decreti del Ministro dei lavori pubblici 21 giugno 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 148 del 27 giugno 2000, e 4 agosto 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 228 del 29 settembre 2000.

      9. Al fine di favorire, nei comuni di cui al comma 6, il pagamento di imposte, tasse e tributi nonché dei corrispettivi dell'erogazione di acqua, energia, gas e ogni altro servizio, può essere utilizzata, per l'attività di incasso e di trasferimento di somme, previa convenzione con il Ministero dell'economia e delle finanze, la rete telematica gestita dai concessionari dell'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato per la raccolta dei giochi.
      10. I comuni di cui al comma 6, anche in associazione o partecipazione tra di loro, possono stipulare con le diocesi cattoliche convenzioni per la salvaguardia e il recupero dei beni culturali, storici, artistici e librari delle parrocchie. Analoghe convenzioni possono essere stipulate con le rappresentanze delle altre confessioni religiose che abbiano stipulato intese con lo Stato italiano, ai sensi dell'articolo 8 della Costituzione, per la salvaguardia e il recupero dei beni di cui al primo periodo nella disponibilità delle rappresentanze medesime. Le convenzioni sono finanziate dal Ministero per i beni e le attività culturali con le risorse di cui all'articolo 3, comma 83, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e successive modificazioni. A tale fine, con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, previo parere della Conferenza Stato-città e autonomie locali, sono stabiliti i criteri di accesso ai finanziamenti nonché la quota delle predette risorse destinata agli stessi.
      11. I comuni di cui al comma 6 possono stipulare intese finalizzate al recupero delle stazioni ferroviarie disabilitate e delle case cantoniere dell'ANAS Spa al fine di destinarle, ricorrendo all'istituto

 

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del comodato a favore delle organizzazioni di volontariato, a presìdi di protezione civile e di salvaguardia del territorio ovvero, anche di intesa con la società Sviluppo Italia Spa, a sedi permanenti di promozione dei prodotti tipici locali.
      12. Le regioni possono promuovere interventi per la realizzazione di opere finalizzate alla cablatura degli edifici situati nei comuni di cui al comma 6 e alla diffusione di servizi via banda larga nei medesimi comuni.
      13. Le regioni possono altresì incentivare l'adozione da parte dei comuni di cui al comma 6 di misure atte a tutelare l'arredo urbano, l'ambiente e il paesaggio, favorendo l'utilizzo di materiali di costruzione locali, l'installazione di antenne collettive per la ricezione delle trasmissioni radiotelevisive via satellite, la limitazione dell'impatto ambientale dei tracciati degli elettrodotti e degli impianti per telefonia mobile e radiodiffusione.
      14. Al fine di favorire il riequilibrio anagrafico e di promuovere e valorizzare le nascite nei comuni di cui al comma 6, il Governo è autorizzato ad apportare all'articolo 30 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, le modifiche e le integrazioni necessarie a prevedere che i genitori residenti in uno dei comuni di cui al medesimo comma 6 possano richiedere, all'atto della dichiarazione resa nei termini e con le modalità di cui al citato articolo 30, che la nascita dei figli sia acquisita agli atti dello stato civile come avvenuta nel comune di residenza dei genitori medesimi, anche qualora il parto si sia verificato presso il territorio di un altro comune, purché ricompreso all'interno del territorio della medesima provincia.
      15. All'articolo 135 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, alla lettera d) sono aggiunte infine le parole: «, con particolare riferimento al territorio dei comuni con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti».
 

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Art. 4.
(Incentivi alle pluriattività).

      1. L'articolo 17 della legge 31 gennaio 1994, n. 97, e successive modificazioni, si applica a tutti i piccoli comuni anche ai fini del recupero delle terre incolte ai sensi della legge 4 agosto 1978, n. 440.

Art. 5.
(Attività e servizi).

      1. Per garantire finalità di sviluppo sostenibile e un equilibrato governo del territorio, lo Stato, le regioni, le province, le unioni di comuni, le comunità montane e gli enti parco, per quanto di rispettiva competenza, assicurano, nei piccoli comuni, l'efficienza e la qualità dei servizi essenziali, con particolare riferimento all'ambiente, alla protezione civile, all'istruzione, alla sanità, ai servizi socio-assistenziali, ai trasporti e ai servizi postali.
      2. Ai fini di cui al comma 1, presso i piccoli comuni possono essere istituiti centri multifunzionali nei quali concentrare una pluralità di servizi quali i servizi ambientali, energetici, scolastici, postali, artigianali, turistici, di comunicazione, di volontariato e di associazionismo culturale, commerciali e di sicurezza. Le regioni e le province possono concorrere alle spese relative all'uso dei locali necessari all'espletamento dei predetti servizi.
      3. Per lo svolgimento di attività funzionali alla sistemazione e alla manutenzione del territorio, i centri multifunzionali di cui al comma 2 possono stipulare convenzioni e contratti di appalto con gli imprenditori agricoli ai sensi dell'articolo 15 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228.
      4. Nell'ambito delle finalità di cui al presente articolo, le regioni e le province possono privilegiare, nella definizione degli stanziamenti finanziari di propria competenza, le iniziative finalizzate all'insediamento nei piccoli comuni di centri di

 

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eccellenza per la prestazione dei servizi di cui al comma 2, quali istituti di ricerca, laboratori, centri culturali e sportivi.

Art. 6.
(Valorizzazione dei prodotti agroalimentari tradizionali).

      1. Il Ministero delle politiche agricole e forestali favorisce, d'intesa con le associazioni rappresentative degli enti locali, sentite le organizzazioni maggiormente rappresentative delle categorie produttive interessate, la promozione e la commercializzazione, anche mediante un apposito portale telematico, dei prodotti agroalimentari tradizionali dei piccoli comuni, anche associati, di cui al decreto del direttore generale delle politiche agricole ed agroindustriali nazionali del Ministero delle politiche agricole e forestali 18 luglio 2000, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 194 del 21 agosto 2000.
      2. I piccoli comuni possono indicare nella cartellonistica ufficiale i rispettivi prodotti agroalimentari tradizionali, preceduti dalla dicitura «Luogo di produzione del ....» posta sotto il nome del comune e scritta in caratteri minori rispetto a quelli di quest'ultimo.
      3. Per la valorizzazione dei prodotti agroalimentari tradizionali nonché per la promozione delle vocazioni produttive del territorio e la tutela delle produzioni di qualità e delle tradizioni alimentari e culturali locali e per la salvaguardia, l'incremento e la valorizzazione della locale fauna selvatica, i piccoli comuni, singoli o associati, possono stipulare contratti di collaborazione con gli imprenditori agricoli ai sensi dell'articolo 14 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228.
      4. Ai fini di cui all'articolo 10, comma 8, della legge 21 dicembre 1999, n. 526, e successive modificazioni, nel territorio dei piccoli comuni gli esercizi di somministrazione e di ristorazione possono essere considerati consumatori finali.

 

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Art. 7.
(Programmi di e-Government).

      1. I progetti informatici riguardanti i piccoli comuni, in forma singola o associata, conformi ai requisiti prescritti dalla legislazione vigente nazionale e comunitaria, hanno la precedenza nell'accesso ai finanziamenti pubblici per la realizzazione dei programmi di e-Government. In tale ambito sono prioritari i collegamenti informatici dei centri multifunzionali di cui all'articolo 4, comma 2.
      2. Il Ministro per l'innovazione e le tecnologie nella pubblica amministrazione nell'individuare le specifiche iniziative di innovazione tecnologica per i comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti ai sensi del comma 2, lettera g), dell'articolo 26 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, indica prioritariamente quelle riguardanti i piccoli comuni, in forma singola o associata.

Art. 8.
(Servizi postali e programmazione televisiva pubblica).

      1. Il Ministero delle comunicazioni provvede ad assicurare, mediante un'apposita previsione da inserire nel contratto di programma con il concessionario del servizio postale universale, che gli sportelli postali siano attivi in tutti i piccoli comuni.
      2. L'amministrazione comunale può altresì stipulare apposite convenzioni, di intesa con le organizzazioni di categoria e con Poste italiane Spa, affinché il pagamento dei conti correnti, in particolare di quelli relativi alle imposte comunali e dei vaglia postali nonché le altre prestazioni possano essere effettuati presso gli esercizi commerciali presenti nel territorio comunale.
      3. Il Ministero delle comunicazioni provvede, altresì, ad assicurare che nel contratto di servizio con il concessionario del servizio pubblico radiotelevisivo sia previsto l'obbligo di prestare particolare

 

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attenzione, nella programmazione televisiva pubblica nazionale e regionale, alle realtà storiche, artistiche, sociali, economiche ed enogastronomiche dei piccoli comuni.

Art. 9.
(Istituti scolastici).

      1. Le regioni possono stipulare convenzioni con gli uffici scolastici regionali del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per finanziare il mantenimento in attività degli istituti scolastici statali aventi sede nei piccoli comuni che dovrebbero essere chiusi o accorpati ai sensi delle disposizioni vigenti in materia. In particolare, le regioni agevolano forme sperimentali di teleinsegnamento.
      2. In deroga a quanto disposto dall'articolo 17, commi 20 e 21, della legge 15 maggio 1997, n. 127, le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, possono cedere a titolo gratuito ad istituzioni scolastiche insistenti nei piccoli comuni personal computer o altre apparecchiature informatiche, quando siano trascorsi almeno due anni dal loro acquisto e l'amministrazione abbia provveduto alla loro sostituzione. Le cessioni sono effettuate prioritariamente alle istituzioni scolastiche insistenti in aree montane e non costituiscono presupposto ai fini dell'applicazione dell'imposta sulle donazioni.

Art. 10.
(Interventi per lo sviluppo e l'incentivazione di attività commerciali).

      1. Gli artigiani residenti nei piccoli comuni possono mostrare e vendere i loro prodotti, anche in deroga alle disposizioni vigenti in materia di autorizzazioni commerciali e artigianali, in apposite aree e per non più di quattro giorni al mese.

 

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      2. I piccoli comuni possono deliberare l'apertura degli esercizi commerciali nei giorni festivi anche in deroga alle disposizioni vigenti in materia.

Art. 11.
(Sistema distributivo dei carburanti).

      1. Ad integrazione del Piano nazionale contenente le linee guida per l'ammodernamento del sistema distributivo dei carburanti, di cui al decreto del Ministro delle attività produttive 31 ottobre 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 279 del 30 novembre 2001, le regioni, sentiti anche i comuni e le comunità montane, di intesa con le associazioni degli esercenti gli impianti di distribuzione dei carburanti, possono determinare le condizioni per assicurare, nei piccoli comuni, la presenza del servizio di erogazione quale servizio fondamentale. Alla copertura dei maggiori costi del servizio si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per la razionalizzazione della rete di distribuzione dei carburanti, di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 11 febbraio 1998, n. 32.

Art. 12.
(Incentivi per l'insediamento nei piccoli comuni).

      1. Al fine di favorire il riequilibrio insediativo e il recupero dei centri abitati, ciascuna regione, provincia o comune può disporre incentivi finanziari e premi di insediamento a favore di coloro che trasferiscono la propria residenza e dimora abituale o la sede di effettivo svolgimento della propria attività economica, impegnandosi a non modificarla per un decennio, da un comune con popolazione superiore a 5.000 abitanti a un piccolo comune.
      2. Gli incentivi e i premi di cui al comma 1 possono essere concessi anche ai residenti nei piccoli comuni, che intendono recuperare il patrimonio abitativo dei comuni stessi ovvero avviare in essi una attività economica.

 

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      3. Le regioni possono altresì attribuire alle organizzazioni di categoria il compito di contribuire allo sviluppo di progetti di insediamento e promozione delle attività economiche.

Art. 13.
(Agevolazioni in materia di servizio idrico).

      1. Le regioni possono prevedere agevolazioni, anche in forma tariffaria, a favore dei piccoli comuni, siti in zone prevalentemente montane, in cui la disponibilità di risorse idriche reperibili o attivabili sia superiore ai fabbisogni per i diversi usi.

Art. 14.
(Fondo per gli incentivi fiscali in favore dei piccoli comuni).

      1. Ai fini della concessione di incentivi fiscali in favore dei piccoli comuni, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze è istituito un apposito fondo.
      2. A valere sulle disponibilità del fondo di cui al comma 1 si provvede alla copertura delle minori entrate derivanti:

          a) da ulteriori misure agevolative concernenti l'imposta comunale sugli immobili destinati ad abitazione principale, in relazione al corrispondente aumento dei trasferimenti erariali volti a compensare le minori entrate per i comuni;

          b) da ulteriori misure agevolative concernenti l'imposta di registro per l'acquisto di immobili destinati ad abitazione principale.

      3. Il Ministro dell'economia e delle finanze provvede annualmente, con proprio decreto, alla determinazione delle misure di cui al comma 2, lettera b), nei limiti del 30 per cento delle disponibilità del fondo di cui al comma 1.

 

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      4. Il Ministro dell'economia e delle finanze provvede altresì annualmente, con proprio decreto, all'individuazione dei criteri e delle modalità per la ripartizione delle restanti risorse tra i comuni, ai fini della concessione delle agevolazioni di cui al comma 2, lettera a).
      5. Gli schemi dei decreti di cui ai commi 3 e 4 sono trasmessi alle Camere per il parere delle competenti Commissioni parlamentari, da esprimere entro venti giorni dalla data di trasmissione.
      6. Per la dotazione del fondo di cui al comma 1 è autorizzata la spesa di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008. A decorrere dall'anno 2009, al finanziamento del fondo si provvede ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.
      7. All'onere derivante dall'attuazione del presente articolo si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2006-2008, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2006, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
      8. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Art. 15.
(Modifica all'articolo 51 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267).

      1. Al comma 2 dell'articolo 51 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Il limite di cui al presente comma non si applica ai sindaci dei comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti».

 

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Capo III
DISPOSIZIONI CONCERNENTI LE AREE PROTETTE

Art. 16.
(Ambito di applicazione).

      1. Il presente capo detta i princìpi fondamentali per la gestione e l'attuazione degli interventi di recupero dei centri storici e dei nuclei abitati rurali compresi nelle aree naturali protette.
      2. Il presente capo si applica ai centri storici e ai nuclei abitati rurali dei comuni il cui territorio è compreso, in tutto o in parte, entro i confini di un parco nazionale, e di quelli il cui territorio è compreso, in tutto o in parte, entro i confini di un parco naturale regionale, compresi nel V aggiornamento dell'elenco ufficiale delle aree naturali protette approvato con delibera della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 205 del 4 settembre 2003.
      3. Il recupero dei centri storici e dei nuclei abitati rurali nei territori di cui al comma 2 è finalizzato ai seguenti obiettivi:

          a) individuare una politica di sviluppo delle aree naturali protette volta a tutelare e valorizzare il patrimonio storico e artistico e il paesaggio;

          b) salvaguardare e tutelare la presenza antropica attraverso il recupero dei centri storici e dei nuclei abitati rurali;

          c) garantire, attraverso i programmi di riqualificazione ambientale dei nuclei abitati urbani, oltre al recupero prettamente strutturale, formale e ambientale, un complesso integrato e organico di interventi riguardanti le funzioni e i servizi urbani nonché il recupero degli edifici e immobili dismessi;

          d) garantire, attraverso i programmi integrati di riqualificazione urbanistica, edilizia e ambientale, oltre al recupero dei

 

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centri storici e dei nuclei abitati rurali, un complesso integrato e organico di interventi riguardanti le funzioni ed i servizi urbani, nonché un adeguamento degli standard di qualità abitativi e ambientali;

          e) promuovere l'utilizzazione di forme e procedure di attuazione e di gestione diretta degli interventi di recupero dei centri storici e dei nuclei abitati rurali, anche attraverso l'intervento pubblico e privato, nel rispetto della normativa vigente in materia;

          f) utilizzare gli enti parco come filtro operativo per l'azione di incentivazione, promozione e gestione del patrimonio abitativo;

          g) attuare le misure di incentivazione di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 7 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, e successive modificazioni.

Art. 17.
(Individuazione degli ambiti di recupero del patrimonio abitativo esistente nelle aree protette).

      1. I comuni di cui all'articolo 16, comma 2, della presente legge individuano, attraverso i programmi integrati di intervento di cui all'articolo 16 della legge 17 febbraio 1992, n. 179, le zone urbane e rurali soggette al recupero del patrimonio edilizio ed urbanistico esistente, mediante interventi rivolti alla riqualificazione ambientale e alla riqualificazione urbanistica, edilizia ed ambientale.

Art. 18.
(Programmi di riqualificazione ambientale).

      1. I programmi di riqualificazione ambientale sono finalizzati, oltre che al recupero strettamente paesaggistico e ambientale, alla realizzazione di un complesso integrato e organico di interventi riguardanti le funzioni e i servizi urbani, al recupero di edifici ed immobili dismessi, all'utilizzo, nel rispetto dell'edilizia tradizionale

 

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e del paesaggio, di forme e materiali appropriati al contesto ambientale.
      2. I programmi di cui al comma 1 sono attuati nell'ambito dei perimetri urbani dei centri abitati per le tipologie e gli agglomerati urbani considerati incongruenti con il contesto ambientale.

Art. 19.
(Programmi di riqualificazione urbanistica, edilizia e ambientale).

      1. I programmi di riqualificazione urbanistica, edilizia e ambientale sono finalizzati ad una riprogettazione degli insediamenti e mirano, nel rispetto dell'edilizia tradizionale e del paesaggio, a valorizzarne l'identità storica, culturale ed ambientale, anche attraverso un complesso integrato e organico di interventi riguardanti l'adeguamento degli standard abitativi, la determinazione delle condizioni di efficienza e di fruibilità dei servizi, il recupero di edifici e immobili dismessi.
      2. I programmi di cui al comma 1 sono attuati nell'ambito dei perimetri dei centri storici e, in caso di mancata adozione dei relativi strumenti urbanistici, nei perimetri degli ambiti storici individuati dai comuni in sede di redazione dei programmi integrati di intervento e nei perimetri dei nuclei abitati rurali.

Art. 20.
(Rinvio alle leggi regionali).

      1. Le leggi regionali definiscono le procedure per l'adozione dei programmi integrati e per il relativo coordinamento con gli altri piani e programmi previsti dalla legislazione vigente.

Art. 21.
(Destinazione di fondi ai programmi integrati).

      1. Le regioni possono destinare parte delle somme loro attribuite per il recupero

 

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del patrimonio edilizio esistente ai sensi della vigente normativa alla formazione e alla realizzazione dei programmi integrati.
      2. I fondi di cui al comma 1 possono essere assegnati direttamente ai comuni che ne fanno richiesta e possono essere utilizzati, nei limiti determinati dai rispettivi enti parco, anche per il trasferimento e la sistemazione temporanea delle famiglie negli immobili interessati dagli interventi.

Art. 22.
(Programmi di iniziativa privata).

      1. I proprietari di immobili e di aree comprese nelle aree di riqualificazione urbanistica, edilizia e ambientale, individuate ai sensi dell'articolo 17, comma 1, rappresentanti, in base all'imponibile catastale, almeno i tre quarti del valore degli immobili interessati, possono presentare in forma singola o associata proposte di programmi integrati di intervento.
      2. Ai fini dell'attuazione del presente articolo, si applicano in quanto compatibili le disposizioni di cui al capo IV della legge 17 febbraio 1992, n. 179.
      3. I comuni possono assegnare i fondi di cui all'articolo 21, comma 2, direttamente ai privati e ai consorzi, pubblici e privati, che hanno fatto richiesta di attivazione di un programma integrato di intervento.
      4. I comuni possono promuovere o partecipare ai programmi integrati di intervento anche attraverso l'utilizzo dei fondi di cui all'articolo 5, comma 1, e all'articolo 11 della legge 17 febbraio 1992, n. 179.


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