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PDL 939

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 939



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato BENEDETTI VALENTINI

Nuova disciplina per l'esercizio dell'attività venatoria
e per la protezione della fauna selvatica

Presentata il 30 maggio 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge riprende i contenuti di un testo già presentato alla fine della XIII legislatura, che - nonostante gli anni nel frattempo passati - conserva intatta la sua attualità, anche nelle argomentazioni che lo sostengono. Il testo in oggetto procedeva a un aggiornamento e a un ampliamento di una precedente proposta di legge, presentata all'inizio della medesima XIII legislatura, motivati sia da una serie di riflessioni e di verifiche compiute sulla complessa problematica, sia da stimoli e sollecitazioni provenienti da associazioni di categoria, con le quali si è sempre intrattenuto un serrato confronto critico.
      Una buona parte delle considerazioni svolte nell'atto di presentazione delle precedenti proposte di legge conserva indubbiamente validità e conviene ad esse fare riferimento. In particolare va ripetuto che, in forza di questa iniziativa, si intendono apportare le necessarie e opportune modifiche alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, recante norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio.
      La vigenza della citata legge n. 157 del 1992 ha infatti mostrato come questa sia caratterizzata da irrazionali pregiudizi aprioristicamente contrari all'esercizio dell'attività venatoria. Alcune disposizioni di tale normativa si sono rivelate del tutto vessatorie nei confronti di quanti esercitano l'attività venatoria, giacché completamente prive di corrispondenti forme di vantaggio per le esigenze connesse alla protezione dell'ambiente e della fauna. La peculiare conformazione geografica della nostra nazione fa sì che le regioni italiane siano quasi esclusivamente territorio di transito per la selvaggina migratoria. Pertanto, la decisione di aprire in ritardo e di chiudere con eccessivo anticipo la stagione venatoria anziché raggiungere l'obiettivo di proteggere le varie specie cacciabili, ha
 

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invece unicamente causato lo spostamento verso Ungheria, Romania, Polonia, Turchia, Egitto, Tunisia, Algeria, Spagna et cetera, della gran parte dei cacciatori italiani, con il conseguente effetto di un notevole esodo di risorse economiche.
      Le scelte operate dalla legge n. 157 del 1992 hanno dunque soprattutto spinto i cacciatori a trasferirsi verso altri luoghi, diversi da quelli nei quali svolgevano precedentemente l'attività venatoria. Tale conseguenza, a sua volta, ha prodotto e continua a produrre un ulteriore duplice effetto negativo: l'irrazionale andamento quantitativo e qualitativo della selvaggina abbattuta e il consistente decremento del turismo venatorio nelle nostre regioni, particolarmente in quelle meridionali. Infatti, nei Paesi del nord Africa non solo l'esercizio venatorio risulta essere scarsamente regolamentato, ma anche la particolare conformazione geografica dei luoghi, caratterizzati da vaste e rade distese, determina una maggiore concentrazione di selvaggina e quindi una maggiore facilità di abbattimento della stessa (mentre nelle regioni italiane, soprattutto centro-meridionali, tale concentrazione di selvaggina è sicuramente di più difficile realizzazione).
      Sul piano economico, la più gravosa delle conseguenze è senza dubbio quella sopportata da alcune regioni italiane del sud dove, nessuno lo può negare, numerose attività turistico-commerciali (ristorazione, alberghi, iniziative agro-turistiche, armerie, eccetera) hanno subìto successivamente alla data di entrata in vigore della legge n. 157 del 1992, una notevole flessione dei propri guadagni. In un momento economico come quello attuale, caratterizzato da una grave crisi occupazionale, appare sempre più doveroso favorire iniziative che, volte a rinvigorire il tessuto economico-produttivo, creino nuovi e ulteriori posti di lavoro. A tale riguardo, si può ricordare che il volume di affari prodotto dal fenomeno dei viaggi venatori è pari a circa 150 milioni di euro annui e che quello relativo alle aziende faunistico-venatorie è pari a circa 175 milioni di euro annui.
      Le modifiche di seguito proposte tendono perciò non solo a riaffermare e a tutelare il diritto di quanti amano l'attività venatoria, ma anche a consentire i ritorni economici derivanti dall'esercizio della caccia, contribuendo così a un utile e urgente rilancio delle attività economiche ad essa legate. Tale rilevante aspetto si presenta indubbiamente come uno dei maggiori problemi da affrontare e da risolvere celermente per qualsiasi maggioranza parlamentare. Pertanto quelle norme contenute nella legge n. 157 del 1992 che risultano inutilmente restrittive dell'esercizio venatorio si rivelano ancora più bisognevoli di revisione, soprattutto laddove esse finiscono per nuocere alle attività economiche che ruotano intorno alla caccia. A questo proposito, il settore maggiormente legato per tradizioni e per cultura all'attività venatoria è chiaramente quello armiero. Ne è prova il fatto, incontestabile, che ben il 65-70 per cento del fatturato dell'industria armiera italiana deriva dalla produzione di armi venatorie e sportive e a tale dato va aggiunto quello relativo al settore delle munizioni, che in Italia è dipendente per circa il 90 per cento dall'attività venatoria. L'industria armiera ha vissuto negli anni a decorrere dal 1992, grazie alla vessatoria legge n. 157 del 1992, una profonda fase recessiva: il calo della domanda propriamente venatoria ha quindi comportato la crisi dell'intero settore, il cui grado di dipendenza dalle attività venatorio-sportive è molto alto (non meno dell'85-90 per cento). L'importanza economico-produttiva di tale settore è senz'altro evidenziata dal fatturato globale prodotto dallo stesso, pari a circa 600-700 milioni di euro annui.
      Il novero delle attività economiche legate alla caccia non comprende però soltanto l'industria armiera e delle munizioni. Come già ricordato, attorno alla caccia gravitano infatti settori meno noti, ma comunque assai rilevanti dal punto di vista economico, quali i viaggi venatori, le aziende faunistico-venatorie, l'agriturismo venatorio, l'allevamento di selvaggina e di cani da caccia, senza contare tutto ciò che riguarda l'abbigliamento, l'editoria specializzata e le molteplici forme di pubblicità oggettistica. Per meglio individuare l'importanza
 

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economica dei settori menzionati, si può evidenziare, a titolo di esempio, come quello dell'abbigliamento produca un volume di affari annuo stimabile intorno ai 250 milioni di euro e quello dell'allevamento di selvaggina e di cani intorno ai 750 milioni di euro annui.
      Ovviamente, alla base di questa iniziativa legislativa non vi sono soltanto ragioni di ordine economico. La volontà precipua è quella di dare concreta possibilità e attuazione a quello che continuiamo a considerare un diritto di un'ampia parte dei cittadini - cioè quello di esercitare l'attività venatoria e di vivere anche, in tale modo, un particolare e significativo rapporto con l'ambiente naturale - e di concretizzare una normazione di settore che contemperi efficacemente, in un moderno equilibrio, l'estrinsecazione di tale diritto, la tutela del ciclo riproduttivo delle specie animali, il rispetto degli interessi dell'agricoltura e dell'ambiente.
      Altra finalità di rilievo è certamente quella di armonizzare, per quanto opportuno e necessario, la nostra normativa a quella di altri Paesi europei - in particolare Francia e Spagna - che formano con la nostra penisola un contesto unitario in senso lato e che si stanno giovando di regolamentazioni dalle vedute assai più ampie e realistiche di quelle vigenti in Italia.
      Dal punto di vista formale si è ritenuto, per una migliore e più chiara «leggibilità» del testo, di presentare la proposta di legge in forma di un articolato intero, che sostituisce in blocco la legge 11 febbraio 1992, n. 157, così come stabilito nell'ultimo articolo (38). In pratica, tecnicamente si configura come una riscrittura totale della citata legge n. 157 del 1992, con l'intervento di tutte quelle incisive modifiche e integrazioni che traducono in dettato gli scopi dell'iniziativa.
      Volendo sintetizzare i punti di principale intento modificatorio, si possono evidenziare:

          a) la libera circolazione su tutto il territorio nazionale per la caccia alla selvaggina migratoria, con esclusione della zona delle Alpi;

          b) una consistente autonomia alle regioni per la determinazione del calendario venatorio;

          c) la riduzione del 5 per cento delle zone di protezione, atteso che le zone disponibili per la caccia si sono ridotte per l'espansione di abitati, strade, fondi chiusi, et cetera;

          d) l'abrogazione del comma 16 dell'articolo 10 della legge n. 157 del 1992, non essendo congruo il dipendere dalla volubile decisione di pochi;

          e) un tetto massimo di spesa per i tesserini emessi da regioni diverse o da ambiti territoriali di caccia (ATC) diversi da quelli di residenza;

          f) la previsione che gli ATC debbano avere estensione almeno provinciale;

          g) la revisione e la correzione del criterio per l'indice di densità ai fini della caccia programmata, con esclusione - altresì - dei cacciatori da appostamento fisso dal conteggio;

          h) un diverso rapporto e criterio di accesso tra cacciatore e territori;

          i) il reinserimento di alcune specie cacciabili (passero, passero mattugia, storno, fringuello, peppola, taccola, corvo, passera ultramontana, così come concesse dalle sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee);

          l) il prolungamento fino a febbraio del periodo di caccia per la selvaggina migratoria;

          m) l'apertura della caccia alla prima domenica di settembre, solo, peraltro, per alcune specie di animali;

          n) una revisione realistica e non persecutoria delle sanzioni penali, accompagnata da modifiche e aggiunte alle sanzioni amministrative, compresa la facoltà prefettizia di sospensione della licenza di porto di fucile anche per uso di caccia.

      In un'ottica meno generale si collocano poi le seguenti ulteriori modifiche,

 

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che rivestono comunque il loro specifico interesse:

          a) facilitazioni per i cacciatori anziani, menomati, economicamente svantaggiati;

          b) limitazione per il costo dei «richiami» acquistati;

          c) norme più precise per il rispetto del tipo di caccia scelto nelle riserve e termine inderogabile al 1o agosto per il «lancio» di selvaggina;

          d) facoltà per il cacciatore che ha scelto la forma di «appostamento fisso» di esercitare la caccia da appostamento temporaneo, per la selvaggina migratoria, nel mese di settembre, risultando altrimenti troppo penalizzato;

          e) superamento di un esame adeguato per chiunque deve esercitare la vigilanza venatoria.

      In conclusione, si è inteso riproporre un sistema organico e funzionale di norme, come punto di sintesi delle diverse esigenze e di equilibrato approdo del vasto dibattito che si mantiene e si sviluppa assai vivace. L'auspicio di una ravvicinata approvazione della presente proposta di legge non è solo del proponente, ma di un amplissimo mondo di osservatori e di protagonisti del settore.

 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Fauna selvatica).

      1. La fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell'interesse della comunità nazionale e internazionale.
      2. L'esercizio dell'attività venatoria è consentito a condizione che non contrasti con l'esigenza di conservazione della fauna selvatica e non arrechi danno effettivo alle produzioni agricole.
      3. Le regioni a statuto ordinario provvedono a emanare norme relative alla gestione e alla tutela di tutte le specie della fauna selvatica in conformità alla presente legge, alle convenzioni internazionali e alle direttive comunitarie. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono in base alle loro competenze esclusive, nei limiti stabiliti dai rispettivi statuti. Le province attuano la disciplina regionale ai sensi dell'articolo 19, comma 1, lettera f), del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
      4. La direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, con i relativi allegati, e successive modificazioni, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, è integralmente recepita e attuata nei modi e nei termini previsti dalla presente legge, la quale costituisce inoltre attuazione della Convenzione di Parigi del 18 ottobre 1950, resa esecutiva con legge 24 novembre 1978, n. 812, e della Convenzione di Berna del 19 settembre 1979, resa esecutiva con legge 5 agosto 1981, n. 503.
      5. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in attuazione della citata direttiva 79/409/CEE, e successive modificazioni, provvedono a istituire lungo le rotte di migrazione dell'avifauna, segnalate dall'Istituto nazionale per la fauna

 

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selvatica di cui all'articolo 7, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, zone di protezione finalizzate al mantenimento e alla sistemazione, conforme alle esigenze ecologiche, degli habitat interni a tali zone e ad esse limitrofi, provvedendo al ripristino di biotopi. Tali attività concernono particolarmente e prioritariamente le specie di cui all'elenco allegato alla citata direttiva 79/409/CEE, e successive modificazioni. In caso di inerzia delle regioni e delle province autonome per un anno dopo la segnalazione da parte dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica, provvedono con controllo sostitutivo, di intesa, il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali e il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio.
      6. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano trasmettono annualmente al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali e al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio una relazione sulle misure adottate ai sensi del comma 5 e sui loro effetti rilevabili.
      7. Ai sensi dell'articolo 8, comma 3, della legge 4 febbraio 2005, n. 11, il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche comunitarie, di intesa con il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali e con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, verifica, con la collaborazione delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, e sentiti il Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale di cui all'articolo 8 e l'Istituto nazionale per la fauna selvatica, lo stato di conformità della presente legge e delle leggi regionali e provinciali in materia agli atti emanati dalle istituzioni dell'Unione europea volti alla conservazione della fauna selvatica, anche ai fini di cui all'articolo 8, comma 4, della citata legge n. 11 del 2005.

Art. 2.
(Oggetto della tutela).

      1. Fanno parte della fauna selvatica oggetto della tutela della presente legge le specie di mammiferi e di uccelli dei quali

 

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esistono popolazioni viventi stabilmente o temporaneamente in stato di naturale libertà nel territorio nazionale. Sono particolarmente protette, anche sotto il profilo sanzionatorio, le seguenti specie:

          a) mammiferi: lupo (Canis lupus), sciacallo dorato (Canis aureus), orso (Ursus arctos), martora (Martes martes), puzzola (Mustela putorius), lontra (Lutra lutra), gatto selvatico (Felis sylvestris), lince (Lyn lyn), foca monaca (Monachus monachus), tutte le specie di cetacei (Cetacea), cervo sardo (Cervus elaphus corsicanus), camoscio d'Abruzzo (Rupicapra pyrenaica);

          b) uccelli: marangone minore (Phalacrocorax pigmeus), marangone dal ciuffo (phalacrocorax aristotelis), tutte le specie di pellicani (Pelecanidae), tarabuso (Botaurus stellaris), tutte le specie di cicogne (Ciconiidae), spatola (Platalea leucoradia), mignattaio (Pleegadis falcinellus), fenicottero (Phoenicopterus ruber), cigno reale (Cygnus olor), cigno selvatico (Cygnus cygnus), volpoca (Todorna todorna), fistione turco (Netta rufina), gobbo ruginoso (Oxyura leucocephala), tutte le specie di rapaci diurni (Accipitriformes e falconiformes), pollo sultano (Porphyrio porphyrio), otarda (Otis tarda), gallina prataiola (Tetrax tetrax), gru (Grus grus), piviere tortolino (Eudromias morinellus), avocetta (Recurvirostra avosetta), cavaliere d'Italia (Himantopus himantopus), occhione (Burhinus oedicnemus), pernice di mare (Glareola pratincola), gabbiano corso (Larus audouinii), gabbiano corallino (Larus Melanocephalus), gabbiano roseo (Larus genei), sterna zampenere (Gelochelidon nilotica), sterna maggiore (Sterna Caspia), tutte le specie di rapaci notturni (Strigiformes), ghiandaia marina (Coracias garrulus), tutte le specie di picchi (Picidae), gracchio corallino (Pyrrhocorax pyrrhocorax);

          c) tutte le altre specie che direttive comunitarie o convenzioni internazionali o apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri indicano come minacciate di estinzione.

      2. Le norme della presente legge non si applicano alle talpe, ai ratti, ai topi propriamente detti e alle arvicole.

 

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      3. Il controllo del livello di popolazione degli uccelli negli aeroporti, ai fini della sicurezza area, è affidato al Ministro dei trasporti.

Art. 3.
(Divieto di cattura di uccelli
e mammiferi selvatici).

      1. Sono vietati in tutto il territorio nazionale ogni forma di uccellagione e di cattura di uccelli e di mammiferi selvatici nonché il prelievo di uova, nidi e piccoli nati.

Art. 4.
(Cattura temporanea ed inanellamento).

      1. Le regioni, su parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica, possono autorizzare esclusivamente gli istituti scientifici delle università e del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR), nonché i musei di storia naturale a effettuare, a scopo di studio e ricerca scientifica, la cattura e l'utilizzazione di mammiferi e di uccelli nonché il prelievo di uova, nidi e piccoli nati.
      2. L'attività di cattura temporanea per l'inanellamento degli uccelli a scopo scientifico è organizzata e coordinata sull'intero territorio nazionale dall'Istituto nazionale per la fauna selvatica; tale attività funge da schema nazionale di inanellamento in seno all'Unione europea per l'inanellamento (EURING). L'attività di inanellamento può essere svolta esclusivamente da titolari di specifica autorizzazione, rilasciata dalle regioni su parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica; l'espressione di tale parere è subordinata alla partecipazione a specifici corsi di istruzione, organizzati dallo stesso Istituto, e al superamento del relativo esame finale.
      3. L'attività di cattura per l'inanellamento e per la cessione a fini di richiamo può essere svolta esclusivamente da impianti della cui autorizzazione sono titolari le province e che sono gestiti da

 

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personale qualificato e valutato idoneo dall'Istituto nazionale per la fauna selvatica. L'autorizzazione alla gestione di tali impianti è concessa dalle regioni su parere del medesimo Istituto, il quale svolge altresì compiti di controllo e di certificazione dell'attività svolta dagli impianti stessi e ne determina il periodo di attività.
      4. La cattura per la cessione a fini di richiamo è consentita solo per esemplari appartenenti alle seguenti specie: allodola, cesena, tordo sassello, tordo bottaccio, storno, merlo, passero, passera mattugia, pavoncella e colombaccio. Gli esemplari appartenenti ad altre specie eventualmente catturati devono essere inanellati e immediatamente liberati.
      5. È fatto obbligo a chiunque abbatte, cattura o rinviene uccelli inanellati di darne notizia all'Istituto nazionale per la fauna selvatica o al comune nel cui territorio è avvenuto il fatto, il quale provvede a informare il medesimo Istituto.
      6. Le regioni emanano norme in ordine al soccorso, alla detenzione temporanea e alla successiva liberazione di fauna selvatica in difficoltà.

Art. 5.
(Esercizio venatorio da appostamento fisso e richiami vivi).

      1. Le regioni, su parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica, emanano norme per regolamentare l'allevamento, la vendita e la detenzione di uccelli allevati appartenenti alle specie cacciabili, nonché il loro uso in funzione di richiami.
      2. Le regioni emanano altresì norme relative alla costituzione e alla gestione del patrimonio di richiami vivi di cattura appartenenti alle specie di cui all'articolo 4, comma 4, consentendo, a ogni cacciatore che esercita l'attività venatoria ai sensi dell'articolo 12, comma 5, lettera b), la detenzione e l'uso giornaliero fino a un massimo complessivo di quaranta unità. I cacciatori che esercitano l'attività venatoria da appostamento temporaneo con richiami vivi non possono cacciare giornalmente

 

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con un numero superiore a dieci unità, fermo restando il limite massimo complessivo di detenzione di quaranta unità da cattura.
      3. Le regioni emanano norme per l'autorizzazione degli appostamenti fissi, che le province rilasciano in numero non superiore a quello rilasciato nell'annata venatoria 1989-1990.
      4. L'autorizzazione di cui al comma 3 può essere richiesta da coloro che ne erano in possesso nell'annata venatoria 1989-1990. Ove si realizzi una possibile capienza, l'autorizzazione può essere richiesta, entro i termini stabiliti dalle norme regionali, da chiunque ne abbia diritto ma, in via prioritaria, dagli ultrasessantenni, dai portatori di handicap e dagli invalidi, nel rispetto delle priorità definite dalle norme regionali.
      5. Non sono considerati fissi ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 12, comma 5, lettera b), gli appostamenti per la caccia agli ungulati e ai colombacci.
      6. L'accesso con armi proprie all'appostamento fisso con l'uso di richiami vivi è consentito unicamente a coloro che hanno optato per la forma di caccia di cui all'articolo 12, comma 5, lettera b). Oltre al titolare, possono accedere all'appostamento fisso le persone autorizzate dal titolare medesimo.
      7. È vietato l'uso di richiami che non sono identificabili mediante anello inamovibile, numerato secondo le norme regionali che disciplinano anche la procedura in materia.
      8. La sostituzione di un richiamo può avvenire soltanto dietro presentazione all'ente competente del richiamo morto da sostituire.
      9. È vietata la vendita di uccelli di cattura utilizzabili come richiami vivi per l'attività venatoria, se non provenienti da centri di raccolta debitamente autorizzati dalle regioni o dalle province e sotto il costante controllo dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica. Il costo per ciascun esemplare non può superare i 15 euro, aggiornabili annualmente con riferimento alle sole spese di gestione degli impianti di cattura.
 

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Art. 6.
(Tassidermia).

      1. Le regioni, sulla base di apposito regolamento, disciplinano l'attività di tassidermia e imbalsamazione e la detenzione o il possesso di preparazioni tassidermiche e di trofei.
      2. I tassidermisti autorizzati devono segnalare all'autorità competente le richieste di impagliare o di imbalsamare spoglie di specie protette o comunque non cacciabili ovvero le richieste relative a spoglie di specie cacciabili avanzate in periodi diversi da quelli previsti nel calendario venatorio per la caccia delle specie in questione.
      3. L'inadempienza alle disposizioni di cui al comma 2 comporta la revoca della autorizzazione a svolgere l'attività di tassidermista, oltre alle sanzioni previste per chi detiene illecitamente esemplari di specie protette o per chi cattura esemplari cacciabili al di fuori dei periodi fissati nel calendario venatorio.
      4. Le regioni provvedono ad emanare, non oltre un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, un regolamento atto a disciplinare l'attività di tassidermia e imbalsamazione di cui al comma 1.

Art. 7.
(Istituto nazionale per la fauna selvatica).

      1. L'Istituto nazionale per la fauna selvatica (INFS) istituito ai sensi dell'articolo 7 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, opera quale organo scientifico e tecnico di ricerca e consulenza per lo Stato, le regioni e le province.
      2. L'Istituto nazionale per la fauna selvatica, con sede centrale in Ozzono dell'Emilia (Bologna), è sottoposto alla vigilanza della Presidenza del Consiglio dei ministri. Il Presidente del Consiglio dei ministri, di intesa con le regioni, definisce nelle norme regolamentari dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica l'istituzione di unità operative tecniche consultive e

 

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decentrate che forniscono alle regioni supporto per la predisposizione dei piani regionali.
      3. L'Istituto nazionale per la fauna selvatica ha il compito di censire il patrimonio ambientale costituito dalla fauna selvatica, di studiarne lo stato, l'evoluzione ed i rapporti con le altre componenti ambientali, di elaborare progetti di intervento ricostruttivo o miglioramento sia delle comunità animali sia degli ambienti al fine della riqualificazione faunistica del territorio nazionale, di effettuare e di coordinare l'attività di inanellamento a scopo scientifico sull'intero territorio italiano, di collaborare con gli organismi stranieri e in particolare con quelli dei Paesi dell'Unione europea aventi analoghi compiti e finalità, di collaborare con le università e con gli altri organismi di ricerca nazionali, di controllare e valutare gli interventi faunistici operati dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano, di esprimere i pareri tecnico-scientifici richiesti dallo Stato, dalle regioni e dalle province autonome.
      4. Presso l'Istituto nazionale per la fauna selvatica sono istituiti una scuola di specializzazione post-universitaria sulla biologia e la conservazione della fauna selvatica e corsi di preparazione professionale per la gestione della fauna selvatica per tecnici diplomati. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, una commissione istituita con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, composta da un rappresentante del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, da un rappresentante del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, da un rappresentante del Ministero della salute e dal direttore generale dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica in carica alla data di entrata in vigore della presente legge, provvede ad adeguare lo statuto e la pianta organica dell'Istituto ai nuovi compiti previsti dal presente articolo e li sottopone al Presidente del Consiglio dei ministri, che li approva con proprio decreto.
      5. Per l'attuazione dei propri fini istituzionali, l'Istituto nazionale per la fauna
 

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selvatica provvede direttamente alle attività di cui all'articolo 4.
      6. L'Istituto nazionale per la fauna selvatica è rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato nei giudizi attivi e passivi avanti l'autorità giudiziaria, i collegi arbitrali, le giurisdizioni amministrative e speciali.

Art. 8.
(Comitato tecnico faunistico-venatorio
nazionale).

      1. Il Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale (CTFVN) è composto da tre rappresentanti nominati dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio; da tre rappresentanti delle regioni nominati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano; da tre rappresentanti delle province nominati dall'Unione delle province d'Italia; dal direttore dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica; da un rappresentante per ogni associazione venatoria nazionale riconosciuta; da tre rappresentanti delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale; da tre rappresentanti delle associazioni di protezione ambientale presenti nel Consiglio nazionale per l'ambiente; da un rappresentante dell'Unione zoologica italiana; da un rappresentante dell'Ente nazionale per la cinofilia italiana; da un rappresentante del Consiglio internazionale della caccia e della conservazione della selvaggina; da un rappresentante dell'Ente nazionale per la protezione degli animali; da un rappresentante del Club alpino italiano.
      2. Il Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale è costituito, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sulla base delle designazioni delle organizzazioni e associazioni di cui al comma 1, ed è presieduto dal Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali o da un suo delegato.

 

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      3. Al Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale sono conferiti compiti di organo tecnico consultivo per tutto quello che concerne l'applicazione della presente legge.
      4. Il Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale è rinnovato ogni cinque anni.

Art. 9.
(Funzioni amministrative).

      1. Le regioni esercitano le funzioni amministrative di programmazione e di coordinamento ai fini della pianificazione faunistico-venatoria di cui all'articolo 10 e svolgono i compiti di orientamento, di controllo e sostitutivi previsti dalla presente legge e dagli statuti regionali. Alle province spettano le funzioni amministrative in materia di caccia e di protezione della fauna ai sensi di quanto previsto dal testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, che esercitano nel rispetto della presente legge.
      2. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano esercitano le funzioni amministrative in materia di caccia in base alle competenze esclusive nei limiti stabiliti dai rispettivi statuti.

Art. 10.
(Piani faunistico-venatori).

       1. Tutto il territorio agro-silvo-pastorale nazionale è soggetto a pianificazione faunistico-venatoria finalizzata, per quanto attiene alle specie carnivore, alla conservazione delle effettive capacità riproduttive e al contenimento naturale di altre specie e, per quanto riguarda le altre specie, al conseguimento della densità ottimale e alla sua conservazione mediante la riqualificazione delle risorse ambientali e la regolamentazione del prelievo venatorio.
      2. Le regioni e le province, con le modalità previste dai commi 7 e 10, realizzano

 

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la pianificazione di cui al comma 1 mediante la destinazione differenziata del territorio.
      3. Il territorio agro-silvo-pastorale di ogni regione è destinato per una quota dal 20 al 25 per cento a protezione della fauna selvatica, fatta eccezione per il territorio delle Alpi di ciascuna regione, che costituisce zona faunistica a sé stante ed è destinato a protezione nella percentuale dal 10 al 20 per cento. In tali percentuali sono compresi i territori ove è comunque vietata l'attività venatoria anche per effetto di altre leggi o disposizioni.
      4. Il territorio di protezione di cui al comma 3 comprende anche i territori di cui al comma 8, lettere a), b) e c). Si intende per protezione il divieto di abbattimento e cattura a fini venatori accompagnato da provvedimenti atti ad agevolare la sosta della fauna, la riproduzione, la cura della prole.
      5. Il territorio agro-silvo-pastorale regionale può essere destinato nella percentuale massima globale del 15 per cento a caccia riservata a gestione privata ai sensi dell'articolo 16, comma 1, ed a centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale.
      6. Sul rimanente territorio agro-silvo-pastorale le regioni promuovono forme di gestione programmata della caccia, secondo le modalità stabilite dall'articolo 14. Sono soggetti alla programmazione venatoria anche i territori e le foreste del demanio statale e regionale e degli enti pubblici in generale, a condizione che l'attività venatoria non sia vietata al loro interno per motivi di sicurezza o di protezione.
      7. Ai fini della pianificazione generale del territorio agro-silvo-pastorale le province predispongono altresì piani di miglioramento ambientale tesi a favorire la riproduzione naturale di fauna selvatica nonché piani di immissione di fauna selvatica anche tramite la cattura di selvatici presenti in soprannumero nei parchi nazionali e regionali in altri ambiti faunistici, salvo accertamento della compatibilità genetica da parte dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica e sentite le organizzazioni
 

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professionali agricole presenti nel Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale tramite le loro strutture regionali.
      8. I piani faunistico-venatori di cui al comma 7 comprendono:

          a) le oasi di protezione, destinate al rifugio, alla riproduzione e alla sosta della fauna selvatica;

          b) le zone di ripopolamento e di cattura, destinate alla riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale e alla cattura della stessa per l'immissione sul territorio in tempi e in condizioni utili all'ambientamento fino alla ricostruzione e alla stabilizzazione della densità faunistica ottimale per il territorio;

          c) i centri pubblici di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale, ai fini di ricostituzione delle popolazioni autoctone;

          d) i centri privati di riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale, organizzati in forma di azienda agricola singola, consortile o cooperativa, nei quali è vietato l'esercizio dell'attività venatoria ed è consentito il prelievo di animali allevati appartenenti a specie cacciabili da parte del titolare dell'impresa agricola, di dipendenti della stessa e di persone nominativamente indicate;

          e) le zone e i periodi per l'addestramento, l'allevamento e le gare di cani anche su fauna selvatica naturale o con l'abbattimento di fauna di allevamento appartenente a specie cacciabili, la cui gestione può essere affidata ad associazioni venatorie e cinofile ovvero a imprenditori agricoli singoli o associati;

          f) i criteri per la determinazione del risarcimento in favore dei conduttori dei fondi rustici per i danni arrecati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole e alle opere approntate su fondi vincolati per gli scopi di cui alle lettere a), b) e c);

          g) i criteri per la corresponsione degli incentivi in favore dei proprietari o conduttori dei fondi rustici, singoli o associati, che si impegnino alla tutela ed al ripristino

 

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degli habitat naturali e all'incremento della fauna selvatica nelle zone di cui alle lettere a) e b);

          h) l'identificazione delle zone in cui sono collocabili gli appostamenti fissi.

      9. Ogni zona deve essere indicata da tabelle perimetrali, esenti da tasse, secondo le disposizioni impartite dalle regioni, apposte a cura dell'ente, associazione o privato che è preposto o incaricato della gestione della singola zona.
      10. Le regioni attuano la pianificazione faunistico-venatoria mediante il coordinamento dei piani provinciali di cui al comma 7, secondo criteri dei quali l'Istituto nazionale per la fauna selvatica garantisce la omogeneità e la congruenza ai sensi del comma 11, nonché con l'esercizio di poteri sostitutivi nel caso di mancato adempimento da parte delle province decorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
      11. Entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'Istituto nazionale per la fauna selvatica trasmette al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali e al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio il primo documento orientativo sui criteri di omogeneità e di congruenza che orienteranno la pianificazione faunistico-venatoria. I medesimi Ministri, di intesa, trasmettono alle regioni con proprie osservazioni i criteri della programmazione, che deve essere basata anche sulla conoscenza delle risorse e della consistenza faunistica, da conseguire anche mediante modalità omogenee di rilevazione e di censimento.
      12. Il piano faunistico-venatorio regionale determina i criteri per la individuazione dei territori da destinare alla costituzione di aziende faunistiche-venatorie, di aziende agri-turistico-venatorie e di centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale.
      13. La deliberazione che determina il perimetro delle zone da vincolare, ai sensi di quanto indicato al comma 8, lettere a), b) e c), deve essere notificata ai proprietari

 

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o conduttori dei fondi interessati e pubblicata mediante affissione all'albo pretorio dei comuni territorialmente interessati.
      14. Qualora nei sessanta giorni successivi alla data della notificazione di cui al comma 13 sia presentata opposizione motivata, in carta semplice ed esente da oneri fiscali, da parte dei proprietari o conduttori dei fondi costituenti almeno il 40 per cento della superficie complessiva che si intende vincolare, la zona non può essere istituita.
      15. Il consenso si intende validamente accordato anche nel caso in cui non sia stata presentata formale opposizione ai sensi del comma 14.
      16. Nelle zone non vincolate per l'opposizione manifestata dai proprietari o conduttori di fondi interessati ai sensi del comma 14, resta, in ogni caso, precluso l'esercizio dell'attività venatoria, per un periodo non superiore a un anno. Tale vincolo non è reiterabile.

Art. 11.
(Zona faunistica delle Alpi).

      1. Agli effetti della presente legge il territorio delle Alpi, individuabile nella consistente presenza della tipica flora e fauna alpina, è considerato zona faunistica a sé stante.
      2. Le regioni interessate, entro i limiti territoriali di cui al comma 1, emanano, nel rispetto dei princìpi generali della presente legge e degli accordi internazionali, norme particolari al fine di proteggere la caratteristica fauna e disciplinare l'attività venatoria, tenute presenti le consuetudini e le tradizioni locali.
      3. Al fine di ripristinare l'integrità del biotopo animale, nei territori ove sia esclusivamente presente la tipica fauna alpina è consentita la immissione di specie autoctone previo parere favorevole dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica.
      4. Le regioni nei cui territori sono compresi quelli alpini, di intesa con le regioni a statuto speciale, con le province e con le province autonome di Trento e di

 

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Bolzano, determinano i confini della zona faunistica delle Alpi con l'apposizione di tabelle esenti da tasse.

Art. 12.
(Esercizio dell'attività venatoria).

      1. L'attività venatoria si svolge tramite una concessione che lo Stato rilascia ai cittadini che la richiedono e che posseggono i requisiti previsti dalla presente legge.
      2. Costituisce esercizio venatorio ogni atto diretto all'abbattimento o alla cattura di fauna selvatica mediante l'impiego dei mezzi di cui all'articolo 13.
      3. È considerato altresì esercizio venatorio il vagare o il soffermarsi con i mezzi destinati a tale scopo o in attitudine di ricerca della fauna selvatica o di attesa della medesima per abbatterla.
      4. Ogni altro modo di abbattimento è vietato, salvo che non avvenga per caso fortuito o per forza maggiore.
      5. Fatto salvo l'esercizio venatorio con l'arco o con il falco, l'esercizio venatorio stesso può essere praticato in via esclusiva in una delle seguenti forme:

          a) vagante in zona Alpi;

          b) da appostamento fisso;

          c)  nell'insieme delle altre forme di attività venatoria consentite dalla presente legge e praticate nel rimanente territorio destinato all'attività venatoria programmata.

      6. La fauna selvatica abbattuta durante l'esercizio venatorio nel rispetto delle disposizioni della presente legge appartiene a colui che l'ha cacciata.
      7. Non costituisce esercizio venatorio il prelievo di fauna selvatica ai fini di impresa agricola di cui all'articolo 10, comma 8, lettera d).
      8. L'attività venatoria può essere esercitata da chi ha compiuto il diciottesimo anno di età ed è munito di licenza di porto di fucile per uso di caccia, di polizza assicurativa per la responsabilità civile verso terzi derivante dall'uso delle armi o

 

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degli arnesi utili all'attività venatoria, con un massimale di 500 milioni di euro per ogni sinistro, di cui 375 milioni di euro per ogni persona danneggiata e 125 milioni di euro per danni ad animali ed a cose, nonché di polizza assicurativa per infortuni correlata all'esercizio dell'attività venatoria, con massimale di 500.000 euro per morte o invalidità permanente.
      9. Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, sentito il Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale, provvede ogni quattro anni, con proprio decreto, ad aggiornare i massimali di cui al comma 9.
      10. In caso di sinistro colui che ha subìto il danno può procedere ad azione diretta nei confronti della compagnia di assicurazione presso la quale colui che ha causato il danno ha contratto la relativa polizza.
      11. La licenza di porto di fucile per uso di caccia ha validità su tutto il territorio nazionale e consente l'esercizio venatorio nel rispetto delle norme di cui alla presente legge e delle norme emanate dalle regioni.
      12. Ai fini dell'esercizio dell'attività venatoria è altresì necessario il possesso di un apposito tesserino rilasciato, gratuitamente, dalla regione di residenza, ove sono indicate le specifiche norme inerenti il calendario regionale, nonché le forme di cui al comma 5 e gli ambiti territoriali di caccia ove è consentita l'attività venatoria. Il tesserino deve essere riconsegnato alle associazioni o ai comuni di residenza, entro il mese di aprile di ogni anno. Per l'esercizio della caccia vagante alla selvaggina stanziale, in regioni diverse da quella di residenza, è necessario che, oltre al versamento di 15 euro, il cacciatore sia in possesso di un attestato di accettazione da parte della regione o della provincia autonoma ospitante.

Art. 13.
(Mezzi per l'esercizio dell'attività venatoria).

      1. L'attività venatoria è consentita con l'uso del fucile con canna ad anima liscia fino a due colpi, a ripetizione e semiautomatico,

 

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con caricatore predisposto a contenere non più di due cartucce, di calibro non superiore al 12, nonché con fucile con canna ad anima rigata a caricamento singolo manuale o a ripetizione semiautomatica di calibro non inferiore a millimetri 5,6 con bossolo a vuoto di altezza non inferiore a millimetri 40, con caricatore predisposto a contenere non più di due cartucce.
      2. È consentito, altresì, l'uso del fucile a due o tre canne (combinato), di cui una o due ad anima liscia di calibro non superiore al 12 e una o due ad anima rigata di calibro non inferiore a millimetri 5,6 nonché l'uso dell'arco e del falco.
      3. I bossoli delle cartucce devono essere recuperati dal cacciatore e non lasciati sul luogo di caccia.
      4. Nella zona faunistica delle Alpi è vietato l'uso del fucile con canna ad anima liscia a ripetizione semiautomatica salvo che il relativo caricatore sia adattato in modo da non contenere più di un colpo.
      5. Sono vietati tutte le armi e tutti i mezzi per l'esercizio venatorio non esplicitamente ammessi dal presente articolo.
      6. Il titolare della licenza di porto di fucile anche per uso di caccia è autorizzato, per l'esercizio venatorio, a portare, oltre alle armi consentite, gli utensili da punta e da taglio atti alle esigenze venatorie.

Art. 14.
(Gestione programmata della caccia).

      1. Le regioni, con apposite norme, sentite le organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale e le province interessate, ripartiscono il territorio agro-silvo-pastorale destinato alla caccia programmata ai sensi dell'articolo 10, comma 6, in ambiti territoriali di caccia, non inferiori alle dimensioni provinciali.
      2. Le regioni tra loro confinanti, per esigenze motivate, possono, altresì, individuare ambiti territoriali di caccia interessanti anche due o più province contigue.

 

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      3. Il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali stabilisce con periodicità quinquennale, sulla base dei dati censuari, l'indice di densità venatoria minima per ogni ambito territoriale di caccia. Tale indice è costituito dal rapporto fra la media annua delle giornate cacciate che si evince dai tesserini riconsegnati e il territorio agro-silvo-pastorale di ciascuna regione.
      4. Il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali stabilisce altresì l'indice di densità venatoria minima per il territorio compreso nella zona faunistica delle Alpi che è organizzato in comprensori secondo le consuetudini e le tradizioni locali. Tale indice è costituito dal rapporto tra la media delle giornate cacciate, che si calcola sulla base dei tesserini riconsegnati, e il territorio regionale compreso, ai sensi dell'articolo 11, comma 4, nella zona faunistica delle Alpi.
      5. Sulla base di norme regionali, ogni cacciatore di selvaggina stanziale, previa domanda all'amministrazione competente, ha diritto all'accesso in un ambito territoriale di caccia o in un comprensorio alpino compreso nella regione in cui risiede e può aver accesso ad altri ambiti o ad altri comprensori anche di una diversa regione, previo consenso dei relativi organi di gestione di quest'ultima. Per l'esercizio della caccia alla fauna migratoria ogni cacciatore che ha optato per la caccia vagante o da appostamento fisso alla migratoria, ha diritto di accesso in tutto il territorio nazionale, rispetto al tipo di caccia scelta, per un numero complessivo annuo di trenta giornate di caccia, dietro il versamento di 25 euro alla regione ospitante, e purché sia in possesso di un attestato di accettazione della medesima.
      6. Entro il 30 novembre 2006 i cacciatori comunicano alla provincia di residenza la propria opzione ai sensi dell'articolo 12. Entro il 31 dicembre 2006 le province trasmettono i relativi dati al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali.
      7. Entro sessanta giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 6, il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali
 

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comunica alle regioni e alle province gli indici di densità minima di cui ai commi 3 e 4. Nei successivi novanta giorni le regioni approvano e pubblicano il piano faunistico-venatorio e il regolamento di attuazione, che non può prevedere indici di densità venatoria inferiori a quelli stabiliti dallo stesso Ministero. Il regolamento di attuazione del piano faunistico-venatorio deve prevedere, tra l'altro, le modalità di prima costituzione degli organi direttivi degli ambiti territoriali di caccia e dei comprensori alpini, la loro durata in carica nonché le norme relative alla loro prima elezione e ai successivi rinnovi. Le regioni provvedono a eventuali modifiche o revisioni del piano faunistico-venatorio e del regolamento di attuazione con periodicità quinquennale.
      8. È facoltà degli organi direttivi degli ambiti territoriali di caccia e dei comprensori alpini, con delibera motivata, di ammettere nei rispettivi territori di competenza un numero di cacciatori superiore a quello fissato dal regolamento di attuazione, purché siano accertate, anche mediante censimenti, modificazioni positive della popolazione faunistica e siano stabiliti con legge regionale i criteri di priorità per l'ammissibilità ai sensi del presente comma.
      9. Le regioni stabiliscono con legge le forme di partecipazione, anche economica, dei cacciatori alla gestione, per finalità faunistico-venatorie, dei territori compresi negli ambiti territoriali di caccia e nei comprensori alpini e, inoltre, sentiti i relativi organi, definiscono il numero dei cacciatori non residenti ammissibili solo per la caccia alla selvaggina stanziale e ne regolamentano l'accesso.
      10. Negli organi direttivi degli ambiti territoriali di caccia deve essere assicurata la presenza paritaria, in misura pari complessivamente al 60 per cento dei componenti, dei rappresentanti di strutture locali delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale e delle associazioni venatorie nazionali riconosciute, ove presenti in forma organizzata sul territorio. Il 20 per cento dei componenti è costituito dai rappresentanti di associazioni di protezione ambientale
 

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presenti nel Consiglio nazionale per l'ambiente e il 20 per cento da rappresentanti degli enti locali.
      11. Negli ambiti territoriali di caccia l'organismo di gestione promuove e organizza le attività di ricognizione delle risorse ambientali e della consistenza faunistica, programma gli interventi per il miglioramento degli habitat, provvede all'attribuzione di incentivi economici ai conduttori dei fondi rustici per:

          a) la ricostituzione di una presenza faunistica ottimale per il territorio; le coltivazioni per l'alimentazione naturale dei mammiferi e degli uccelli, in particolare nei terreni dismessi da interventi agricoli ai sensi del regolamento (CE) n. 1698/2005 del Consiglio, del 20 settembre 2005; il ripristino delle zone umide e di fossati; la differenziazione delle culture; la coltivazione di siepi, cespugli e alberi adatti alla nidificazione;

          b) la tutela dei nidi e dei nuovi nati di fauna selvatica nonché dei riproduttori;

          c) la collaborazione operativa ai fini del tabellamento, della difesa preventiva delle coltivazioni passibili di danneggiamento, della pasturazione invernale degli animali in difficoltà, della manutenzione degli apprestamenti di ambientamento della fauna selvatica.

      12. Per gli appostamenti che importano preparazione del sito con modificazione e occupazione stabile del terreno, è necessario il consenso del proprietario o del conduttore del fondo, lago o stagno privato. Agli appostamenti fissi, costituiti alla data di entrata in vigore della presente legge, per la durata che è definita dalle norme regionali, non si applica l'articolo 10, comma 8, lettera h).
      13. L'appostamento temporaneo è inteso come caccia vagante ed è consentito a condizione che non si produca modifica di sito.
      14. L'organo di gestione degli ambiti territoriali di caccia provvede, altresì, all'erogazione di contributi per il risarcimento dei danni arrecati alle produzioni agricole della fauna selvatica e dall'esercizio

 

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dell'attività venatoria nonché all'erogazione di contributi per interventi, previamente concordati, ai fini della prevenzione dei danni medesimi.
      15. In caso di inerzia delle regioni negli adempimenti di cui al presente articolo, il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, assegna ad esse il termine di novanta giorni per provvedere, decorso inutilmente in quale il Presidente del Consiglio dei ministri provvede in via sostitutiva, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio.
      16. A decorrere dalla stagione venatoria 2006-2007 i calendari venatori delle province devono indicare le zone dove l'attività venatoria è consentita in forma programmata, quelle riservate alla gestione venatoria privata e le zone dove l'esercizio venatorio non è consentito.
      17. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano, in base alle loro competenze esclusive, nei limiti stabiliti dai rispettivi statuti e ai sensi dell'articolo 16 della legge 4 febbraio 2005, n. 11, e nel rispetto dei princìpi della presente legge, provvedono alla pianificazione faunistico-venatoria, alla suddivisione territoriale, alla determinazione della densità venatoria, nonché alla regolamentazione per l'esercizio di caccia nel territorio di competenza.

Art. 15.
(Utilizzazione dei fondi ai fini della gestione programmata della caccia).

      1. Per l'utilizzazione dei fondi inclusi nel piano faunistico-venatorio regionale ai fini della gestione programmata della caccia, è dovuto ai proprietari o conduttori un contributo da determinare a cura dell'amministrazione regionale in relazione all'estensione, alle condizioni agronomiche,

 

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alle misure dirette alla tutela e alla valorizzazione dell'ambiente.
      2. All'onere derivante dalla erogazione del contributo di cui al comma 1, si provvede con il gettito derivante dall'istituzione della tassa di concessione regionale prevista dall'articolo 24.
      3. Il proprietario o conduttore di un fondo che intende vietare sullo stesso l'esercizio dell'attività venatoria deve inoltrare, entro trenta giorni dalla pubblicazione del piano faunistico-venatorio, al presidente della giunta regionale richiesta motivata che, ai sensi dell'articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, dalla stessa è esaminata entro sessanta giorni.
      4. La richiesta di cui al comma 3 è accolta se non ostacola l'attuazione della pianificazione faunistico-venatoria di cui all'articolo 10. È altresì accolta, in casi specificatamente individuati con norme regionali, quando l'attività venatoria è in contrasto con l'esigenza di salvaguardia di colture agricole specializzate nonché di produzioni agricole condotte con sistemi sperimentali o a fine di ricerca scientifica, ovvero quando è motivo di danno o di disturbo ad attività di rilevante interesse economico, sociale o ambientale.
      5. Il divieto di cui al comma 4 è reso noto mediante l'apposizione di tabelle, esenti da tasse, a cura del proprietario o conduttore del fondo, le quali delimitano in maniera chiara e visibile il perimetro dell'area interessata. Nei fondi agricoli inclusi nelle zone destinate alla caccia programmata che non sono delimitati con le citate tabelle di divieto, o non sono chiusi a norma di legge, è consentito l'accesso ai titolari di licenza di caccia per l'esercizio dell'attività venatoria nel rispetto dei limiti e dei modi stabiliti dalla presente legge e dalle norme regionali.
      6. Nei fondi sottratti alla gestione programmata della caccia è vietato a chiunque, compreso il proprietario o conduttore, esercitare l'attività venatoria fino al venire meno delle ragioni del divieto.
      7. L'esercizio venatorio è, comunque, vietato in forma vagante sui terreni in
 

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attualità di coltivazione. Si considerano in attualità di coltivazione: i terreni con coltivazioni erbacee da seme; i frutteti specializzati; i vigneti e gli uliveti specializzati fino alla data del raccolto; i terreni coltivati a soia e a riso, nonché a mais per la produzione di seme fino alla data del raccolto. L'esercizio venatorio in forma vagante è inoltre vietato sui terreni in attualità di coltivazione individuati dalle regioni, sentite le organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale, tramite le loro strutture regionali, in relazione all'esigenza di protezione di altre colture specializzate o intensive.
      8. L'esercizio venatorio è vietato a chiunque nei fondi chiusi da muro o da rete metallica o da altra effettiva chiusura, di altezza non inferiore a metri 1,20, o da corsi o specchi d'acqua perenni il cui letto abbia la profondità di almeno metri 1,50 e la larghezza di almeno 3 metri. I fondi chiusi esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge e quelli che si intenderà successivamente istituire devono essere notificati ai competenti uffici regionali. I proprietari o i conduttori dei fondi di cui al presente comma provvedono ad apporre a loro carico adeguate tabellazioni esenti da tasse.
      9. La superficie dei fondi di cui al comma 8 entra a fare parte della quota dal 20 al 25 per cento del territorio agro-silvo-pastorale di cui all'articolo 10, comma 3.
      10. Le regioni regolamentano l'esercizio venatorio nei fondi con presenza di bestiame allo stato brado o semibrado, secondo le particolari caratteristiche ambientali e di carico per ettaro, e stabiliscono i parametri entro i quali tale esercizio è vietato nonché le modalità di delimitazione dei fondi stessi.
      11. Scaduti i termini di cui all'articolo 37, commi 1 e 2, fissati per l'adozione degli atti che consentono la piena attuazione della presente legge nella stagione venatoria 2007-2008, il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali provvede in via sostitutiva secondo le modalità di cui all'articolo 14, comma 15. Comunque, a decorrere dalla stagione venatoria
 

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2007-2008 le disposizioni di cui al primo comma dell'articolo 842 del codice civile si applicano esclusivamente nei territori sottoposti al regime di gestione programmata della caccia ai sensi degli articoli 10 e 14 della presente legge.

Art. 16.
(Aziende faunistico-venatorie
e aziende agri-turistico-venatorie).

      1. Le regioni, su richiesta degli interessati e sentito l'Istituto nazionale per la fauna selvatica, entro il limite del 15 per cento del proprio territorio agro-silvo-pastorale, possono:

          a) autorizzare, regolamentandola, l'istituzione di aziende faunistico-venatorie, senza fini di lucro, soggette a tassa di concessione regionale, per prevalenti finalità naturalistiche e faunistiche con particolare riferimento alla tipica fauna alpina e appenninica, alla grossa fauna europea e a quella acquatica; tali concessioni devono essere corredate da programmi di conservazione e di ripristino ambientale al fine di garantire l'obiettivo naturalistico e faunistico. In tali aziende la caccia è consentita nelle giornate indicate dal calendario venatorio secondo i piani di assestamento e di abbattimento. In ogni caso, nelle aziende faunistico-venatorie non è consentito immettere o liberare fauna selvatica posteriormente alla data del 1o agosto;

          b) autorizzare, regolamentandola, l'istituzione di aziende agri-turistico-venatorie, ai fini di impresa agricola, soggette a tassa di concessione regionale, nelle quali sono consentiti l'immissione e l'abbattimento per tutta la stagione venatoria di fauna selvatica di allevamento.

      2. Le aziende agri-turistico-venatorie devono:

          a) essere preferibilmente situate nei territori di scarso rilievo faunistico;

          b) coincidere preferibilmente con il territorio di una o più aziende agricole

 

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ricadenti in area di agricoltura svantaggiata, ovvero dismesse da interventi agricoli ai sensi del citato regolamento (CE) n. 1698/2005.

      3. Le aziende agri-turistico-venatorie nelle zone umide e vallive possono essere autorizzate solo se comprendono bacini artificiali e fauna acquatica di allevamento, nel rispetto delle convenzioni internazionali.
      4. L'esercizio dell'attività venatoria nelle aziende di cui al comma 1 è consentito nel rispetto delle norme della presente legge.

Art. 17.
(Allevamenti).

      1. Le regioni autorizzano, regolamentandolo, l'allevamento di fauna selvatica a scopo alimentare, di ripopolamento, ornamentale e amatoriale.
      2. Le regioni, ferme restando le competenze dell'Ente nazionale della cinofilia italiana, dettano altresì norme per gli allevamenti dei cani da caccia.
      3. Nel caso in cui l'allevamento di cui al comma 1 sia esercitato dal titolare di un'impresa agricola, questi è tenuto a dare semplice comunicazione alla competente autorità provinciale nel rispetto delle norme regionali.
      4. Le regioni, ai fini dell'esercizio dell'allevamento a scopo di ripopolamento, organizzato in forma di azienda agricola singola, consortile o cooperativa, possono consentire al titolare, nel rispetto delle norme della presente legge, il prelievo di mammiferi ed uccelli in stato di cattività con i mezzi di cui all'articolo 13.

Art. 18.
(Specie cacciabili
e periodi di attività venatoria).

      1. Ai fini dell'esercizio venatorio è consentito abbattere esemplari di fauna selvatica

 

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appartenenti alle seguenti specie e per i periodi sottoindicati:

          a) specie cacciabili dalla prima domenica di settembre al 31 dicembre: quaglia (Coturnix coturnix); tortora (Streptopeia turtur); merlo (Turdus merula); passero (Passer italiae); passera mattugia (Passer montanus); passera oltremontana (Passer domesticus); allodola (Alauda arvensis); colino della Virginia (Colinus virginianus); starna (Perdix perdix); pernice rossa (Alectoris rufa); lepre comune (Lepus erupaeus); lepre sarda (Lepus capensis); coniglio selvatico (Oryctolagus cuniculus); minilepre (Silvilagus floridamus); colombaccio (Columba palumbus); fagiano (Phasianus colchicus); fringuello (Fringilla coelebs); peppola (Fringilla montifringilla);

          b) specie cacciabili dalla terza domenica di settembre al 28 febbraio: storno (Sturnus vulgaris); cesena (Turdus pilaris); tordo bottaccio (Turdus philomelos); tordo sassello (Turdus iliacus); germano reale (Anas platyrhynchos); folaga (Fulica atra); gallinella d'acqua (Gallinula chloropus); alzavola (Anas crecca); canapiglia (Anas strepera); porciglione (Rallus aquaticus); fischione (Anas penelope); codone (Anas acuta); marzaiola (Anas querquedula); mestolone (Anas clypeata); moriglione (Aythya ferina); moretta (Aythya fuligula); beccaccino (Gallinago gallinago); frullino (Lymnocryptes minimus); combattente (Philomachus pugnax); beccaccia (Scolopax rusticola); taccola (Corvus monedula); corvo (Corvus frugilegus); cornacchia nera (Corvus corone); pittima reale (Limosa limosa); cornacchia grigia (Corvus corone cornix); ghiandaia (Garrulus glandarius); gazza (Pica pica); volpe (Vulpes vulpes);

          c) specie cacciabili dal 1o ottobre al 30 novembre: pernice bianca (Lagopus mutus); fagiano di monte (Tetrao tetrix); francolino di monte (Bonasa bonasia); coturnice (Alectoris graeca); camoscio alpino (Rupicapra rupicapra); capriolo (Capreolus capreolus); cervo (Cervus elaphus); daino (Dama dama); muflone (Ovis musimon), con esclusione della popolazione sarda; lepre bianca (Lepus timidus); pernice sarda (Alectoris barbara);

 

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          d) specie cacciabili dal 1o ottobre al 31 dicembre: cinghiale (Sus scrofa);

          e) specie cacciabili dal 15 ottobre al 30 novembre limitatamente alla popolazione di Sicilia: lepre italica (Lepus corsicanus).

      2. I termini di cui al comma 1 possono essere modificati per determinate specie in relazione alle situazioni ambientali delle diverse realtà territoriali. Le regioni autorizzano le modifiche previo parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica. I termini devono essere comunque contenuti tra il 1o settembre e il 28 febbraio dell'anno nel rispetto dell'arco temporale massimo indicato al citato comma 1. L'autorizzazione regionale è condizionata alla preventiva predisposizione di adeguati piani faunistico-venatori. La stessa disciplina si applica anche per la caccia di selezione degli ungulati; sulla base di piani di abbattimento, può essere autorizzata a decorrere dal 1o agosto nel rispetto delle norme della presente legge.
      3. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, di intesa con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, sono recepiti i nuovi elenchi delle specie di cui al comma 1, entro sessanta giorni dall'avvenuta approvazione comunitaria o dalla data di entrata in vigore delle convenzioni internazionali. Il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, di intesa con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, sentito l'Istituto nazionale per la fauna selvatica, dispone variazioni dell'elenco delle specie cacciabili in conformità alle vigenti direttive comunitarie e alle convenzioni internazionali sottoscritte, tenendo conto della consistenza delle singole specie sul territorio.
      4. Le regioni, sentito l'Istituto nazionale per la fauna selvatica, pubblicano, entro e non oltre il 1o giugno, il calendario regionale e il regolamento relativo all'intera annata venatoria, nel rispetto di quanto stabilito ai commi 1, 2 e 3, e con l'indicazione del

 

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numero massimo di capi abbattibili in ciascuna giornata di attività venatoria. Qualora la regione non provveda entro tale termine, resta in vigore il calendario deliberato nell'anno precedente.
      5. Il numero delle giornate di caccia settimanali non può essere superiore a tre per la selvaggina stanziale. Le regioni possono consentirne la libera scelta al cacciatore, escludendo i giorni di martedì e di venerdì, nei quali l'esercizio dell'attività venatoria è in ogni caso sospeso.
      6. Fermo restando il silenzio venatorio nei giorni di martedì e di venerdì l'esercizio venatorio alla fauna selvatica migratoria, nei periodi intercorrenti fra il 1o ottobre e il 30 novembre, è consentito per cinque giorni alla settimana.
      7. Il titolare di licenza venatoria che ha scelto la forma di caccia da appostamento fisso può esercitare anche la caccia da appostamento temporaneo limitatamente alla selvaggina migratoria, per tutto il mese di settembre a decorrere dalla prima domenica.
      8. La caccia è consentita da un'ora prima del sorgere del sole fino al tramonto. La caccia di selezione agli ungulati è consentita fino a un'ora dopo il tramonto.
      9. Non è consentita la posta alla beccaccia né la caccia da appostamento, sotto qualsiasi forma, al beccaccino.

Art. 19.
(Controllo della fauna selvatica).

      1. Le regioni possono vietare o ridurre per periodi prestabiliti la caccia a determinate specie di fauna selvatica di cui all'articolo 18, per importanti e motivate ragioni connesse alla consistenza faunistica o per sopravvenute particolari condizioni ambientali, stagionali o climatiche o per malattie o altre calamità.
      2. Le regioni, per la migliore gestione del patrimonio zootecnico, per la tutela del suolo, per motivi sanitari per la selezione biologica, per la tutela del patrimonio storico-artistico, per la tutela delle produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche,

 

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provvedono al controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia. Tale controllo, esercitato selettivamente, è praticato di norma mediante l'utilizzo di metodi ecologici su parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica. Qualora l'Istituto verifichi l'inefficacia dei citati metodi, le regioni possono autorizzare piani di abbattimento. Tali piani devono essere attuati dalle guardie venatorie dipendenti dalle amministrazioni provinciali. Queste ultime possono altresì avvalersi dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si attuano i piani medesimi, purché muniti di licenza per l'esercizio venatorio, nonché delle guardie forestali e delle guardie comunali munite di licenza per l'esercizio venatorio. L'attuazione di piani di abbattimento selettivo è vietata nei giorni di martedì e di venerdì.

Art. 20.
(Esercizio delle deroghe previste
dall'articolo 9 della direttiva 79/409/CEE).

      1. Le regioni disciplinano l'esercizio delle deroghe previste dalla direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, conformandosi alle prescrizioni dell'articolo 9, ai princìpi e alle finalità degli articoli 1 e 2 della stessa direttiva e alle disposizioni della presente legge.
      2. Le deroghe, in assenza di altre soluzioni soddisfacenti, possono essere disposte solo per le finalità indicate dall'articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 79/409/CEE e devono menzionare le specie che ne formano oggetto, i mezzi, gli impianti e i metodi di prelievo autorizzati, le condizioni di rischio, le circostanze di tempo e di luogo del prelievo, il numero dei capi giornalmente e complessivamente prelevabili nel periodo, i controlli e le forme di vigilanza cui il prelievo è soggetto e gli organi incaricati della stessa, fermo restando quanto previsto dall'articolo 28, comma 2. I soggetti abilitati al prelievo in deroga vengono individuati dalle regioni, d'intesa con gli àmbiti territoriali di caccia (ATC) e i comprensori alpini.

 

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      3. Le deroghe di cui al comma 1 sono applicate per periodi determinati, sentito l'Istituto nazionale per la fauna selvatica, o gli istituti riconosciuti a livello regionale, e non possono avere comunque ad oggetto specie la cui consistenza numerica sia in grave diminuzione.
      4. Il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per gli affari regionali, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, previa delibera del Consiglio dei Ministri, può annullare, dopo aver diffidato la regione interessata, i provvedimenti di deroga da questa posti in essere in violazione delle disposizioni della presente legge e della direttiva 79/409/CEE.
      5. Entro il 30 giugno di ogni anno, ciascuna regione trasmette al Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero al Ministro per gli affari regionali ove nominato, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro per le politiche comunitarie, nonché all'Istituto nazionale per la fauna selvatica, una relazione sull'attuazione delle deroghe di cui al presente articolo; detta relazione è altresì trasmessa alle competenti Commissioni parlamentari. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio trasmette annualmente alla Commissione europea la relazione di cui all'articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 79/409/CEE.

Art. 21.
(Introduzione di fauna selvatica dall'estero).

      1. L'introduzione dall'estero di fauna selvatica viva, purché appartenente alle specie autoctone, può essere effettuata solo a scopo di ripopolamento e di miglioramento genetico.
      2. I permessi di importazione possono essere rilasciati unicamente a ditte che dispongono di adeguate strutture e attrezzature per ogni singola specie di selvatici, al fine di avere le opportune garanzie per controllo, eventuali quarantene e relativi controlli sanitari.

 

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      3. Le autorizzazioni per le attività di cui al comma 1 sono rilasciate dal Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali su parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica, nel rispetto delle convenzioni internazionali.

Art. 22.
(Divieti).

      1. È vietato a chiunque:

          a) l'esercizio venatorio nei giardini, nei parchi pubblici e privati, nei parchi storici e archeologici e nei terreni adibiti ad attività sportive;

          b) l'esercizio venatorio nei parchi nazionali, nei parchi naturali regionali e nelle riserve naturali conformemente alla legislazione nazionale in materia di parchi e riserve naturali. Nei parchi naturali regionali costituiti anteriormente alla data di entrata in vigore della legge 6 dicembre 1991, n. 394, le regioni adeguano la propria legislazione al disposto dell'articolo 22, comma 6, della citata legge n. 394 del 1991, e successive modificazioni, entro il 1o gennaio 2008, provvedendo nel frattempo all'eventuale riperimetrazione dei parchi naturali regionali anche ai fini dell'applicazione dell'articolo 32, comma 3, della legge medesima;

          c) l'esercizio venatorio nelle oasi di protezione e nelle zone di ripopolamento e cattura, nei centri di riproduzione di fauna selvatica, nelle foreste demaniali ad eccezione di quelle che, secondo le disposizioni regionali, sentito il parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica, non presentano condizioni favorevoli alla riproduzione e alla sosta della fauna selvatica;

          d) l'esercizio venatorio ove vi sono opere di difesa dello Stato e ove il divieto è richiesto a giudizio insindacabile dell'autorità militare, o dove esistono beni monumentali, purché tali zone siano delimitate da tabelle esenti da tasse indicanti il divieto;

 

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          e) l'esercizio venatorio nelle aie e nelle corti o in altre pertinenze di fabbricati rurali; nelle zone comprese nel raggio di 100 metri da immobili, fabbricati e stabili adibiti ad abitazione o a posto di lavoro e a distanza inferiore a 50 metri da vie di comunicazione ferroviaria e da strade carrozzabili, eccettuate le strade poderali e interpoderali;

          f) sparare da distanza inferiore a 150 metri con uso di fucile da caccia con canna ad anima liscia, o da distanza corrispondente a meno di una volta e mezzo la gittata massima in caso di uso di altre armi, in direzione di immobili, fabbricati e stabili adibiti ad abitazione o a posto di lavoro; di vie di comunicazione ferroviaria e di strade carrozzabili, eccettuate quelle poderali e interpoderali; di funivie, filovie e altri impianti di trasporto a sospensione, di stabbi, stazzi, recinti e altre aree delimitate destinate al ricovero e all'alimentazione del bestiame nel periodo di utilizzazione agro-silvo-pastorale;

          g) il trasporto, all'interno di centri abitati e delle altre zone ove è vietata l'attività venatoria, ovvero a bordo di veicoli di qualunque genere e comunque nei giorni non consentiti per l'esercizio venatorio dalla presente legge e dalle disposizioni regionali, di armi da sparo per uso venatorio che non sono scariche e in custodia;

          h) cacciare a rastrello in più di tre persone ovvero utilizzare, a scopo venatorio, scafandri o tute impermeabili da sommozzatore negli specchi o corsi d'acqua;

          i) cacciare sparando da veicoli o natanti a motore o da aeromobili;

          l) cacciare a distanza inferiore a 100 metri da macchine operatrici agricole in funzione;

          m) cacciare su terreni coperti in tutto o nella maggior parte di neve, salvo che nella zona faunistica delle Alpi, secondo le disposizioni emanate dalle regioni interessate;

 

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          n) cacciare negli stagni, nelle paludi e negli specchi d'acqua artificiali in tutto o nella maggior parte coperti da ghiaccio e su terreni allagati da piene di fiume;

          o) prendere e detenere uova, nidi e piccoli nati di mammiferi e uccelli appartenenti alla fauna selvatica, salvo che nei casi previsti dall'articolo 4, comma 1, o nelle zone di ripopolamento e cattura, nei centri di riproduzione di fauna selvatica e nelle oasi di protezione per sottrarli a sicura distruzione o morte, purché, in tale ultimo caso, se ne dia pronto avviso nelle ventiquattro ore successive alla competente amministrazione provinciale;

          p) usare richiami vivi, al di fuori dei casi previsti dall'articolo 5;

          q) usare richiami vivi non provenienti da allevamento nella caccia agli acquatici;

          r) usare a fini di richiamo uccelli vivi accecati o mutilati ovvero legati per le ali e richiami acustici a funzionamento meccanico, elettromagnetico o elettromeccanico, con o senza amplificazione del suono;

          s) cacciare negli specchi d'acqua ove si esercita l'industria della pesca o dell'acquacoltura, nonché nei canali delle valli da pesca, quando il possessore le circonda con tabelle, esenti da tasse, indicanti il divieto di caccia;

          t) commerciare fauna selvatica morta non proveniente da allevamenti per sagre e per manifestazioni a carattere gastronomico;

          u) usare munizione spezzata nella caccia agli ungulati; usare esche o bocconi avvelenati, vischio o altre sostanze adesive, trappole, reti, tagliole, lacci, archetti o congegni similari; fare impiego di civette; usare armi da sparo munite di silenziatore o impostate con scatto provocato dalla preda; fare impiego di balestre;

          v) vendere a privati e detenere da parte di questi reti da uccellagione;

          z) produrre, vendere o detenere trappole per la fauna selvatica;

 

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          aa) l'esercizio in qualunque forma del tiro a volo su uccelli a decorrere dal 1o gennaio 2007, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 10, comma 8, lettera e);

          bb) vendere, detenere per vendere, acquistare uccelli morti, nonché loro parti o prodotti derivati facilmente riconoscibili, appartenenti alla fauna selvatica, che non appartengono alle specie cacciabili di cui all'articolo 18, comma 1, lettere a), b) e c);

          cc) il commercio di esemplari vivi di specie di avifauna selvatica nazionale non proveniente da allevamenti;

          dd) rimuovere, danneggiare o comunque rendere inidonee al loro fine le tabelle legittimamente esposte ai sensi della presente legge o delle disposizioni regionali a specifici ambiti territoriali, ferma restando l'applicazione dell'articolo 635 del codice penale;

          ee) detenere, acquistare o vendere esemplari di fauna selvatica, ad eccezione dei capi utilizzati come richiami vivi nel rispetto delle modalità previste dalla presente legge e della fauna selvatica lecitamente abbattuta, la cui detenzione è regolamentata dalle regioni anche con le norme sulla tassidermia;

          ff) l'uso dei segugi per la caccia al camoscio.

      2. Se le regioni non provvedono entro il termine previsto dall'articolo 1, comma 5, a istituire le zone di protezione lungo le rotte di migrazione dell'avifauna, il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali assegna alle regioni stesse novanta giorni per provvedere. Decorso inutilmente tale termine, è vietato cacciare lungo le suddette rotte a meno di 500 metri dalla costa marina del continente e delle due isole maggiori; le regioni provvedono a delimitare tali aree con apposite tabelle esenti da tasse.
      3. La caccia è vietata su tutti i valichi montani, contrassegnati dalle province con tabelle esenti da tasse, e interessati dalle principali rotte di migrazione della avifauna, per una distanza di 1.000 metri dagli stessi.

 

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Art. 23.
(Licenza di porto di fucile anche per uso di caccia e abilitazione all'esercizio venatorio).

      1. La licenza di porto di fucile anche per uso di caccia è rilasciata in conformità alle leggi di pubblica sicurezza.
      2. Il primo rilascio della licenza avviene dopo che il richiedente ha conseguito l'abilitazione all'esercizio venatorio a seguito di esami pubblici dinanzi ad un'apposita commissione nominata dalla regione in ciascun capoluogo di provincia.
      3. La commissione di cui al comma 2 è composta da esperti qualificati in ciascuna delle materie indicate al comma 4, di cui almeno un laureato in scienze biologiche o in scienze naturali esperto in vertebrati omeotermi.
      4. Le regioni stabiliscono le modalità per lo svolgimento degli esami di cui al comma 2, che devono in particolare riguardare nozioni nelle seguenti materie:

          a) legislazione venatoria;

          b) zoologia applicata alla caccia con prove pratiche di riconoscimento delle specie cacciabili;

          c) armi e munizioni da caccia e relativa legislazione;

          d) tutela della natura e princìpi di salvaguardia della produzione agricola;

          e) norme di pronto soccorso.

      5. L'abilitazione è concessa se il giudizio è favorevole in tutte le cinque prove d'esame sulle materie elencate al comma 4.
      6. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge le regioni promuovono corsi di aggiornamento sulle norme di carattere innovativo introdotte dalla legge stessa.
      7. L'abilitazione all'esercizio venatorio è necessaria, oltre che per il primo rilascio della licenza, anche per il rinnovo della stessa in caso di revoca.
      8. Per sostenere gli esami il candidato deve essere munito del certificato medico di idoneità.

 

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      9. La licenza di porto di fucile per uso di caccia ha la durata di sei anni e può essere rinnovata su domanda del titolare corredata da un nuovo certificato medico di idoneità di data non anteriore a tre mesi dalla domanda stessa.
      10. Nei dodici mesi successivi al rilascio della prima licenza il cacciatore può praticare l'esercizio venatorio solo se accompagnato da cacciatore in possesso di licenza rilasciata da almeno tre anni che non abbia commesso violazioni alle norme della presente legge comportanti la sospensione o la revoca della licenza ai sensi dell'articolo 33.
      11. Le norme di cui al presente articolo si applicano anche per l'esercizio della caccia mediante l'uso dell'arco e del falco.

Art. 24.
(Tasse di concessione regionale).

      1. Le regioni, per conseguire i mezzi finanziari necessari per realizzare i fini previsti dalla presente legge e dalle leggi regionali in materia, sono autorizzate a istituire una tassa di concessione regionale, ai sensi dell'articolo 3 della legge 16 maggio 1970, n. 281, e successive modificazioni, per il rilascio dell'abilitazione all'esercizio venatorio di cui all'articolo 23 della presente legge.
      2. La tassa di cui al comma 1 è soggetta al rinnovo annuale e può essere fissata in misura non inferiore al 40 per cento e non superiore all'80 per cento della tassa erariale prevista dall'articolo 5 della nuova tariffa delle tasse sulle concessioni governative, di cui al decreto del Ministro delle finanze 28 dicembre 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 303 del 30 dicembre 1995. Per i pensionati con reddito lordo inferiore a 750.000 euro annui, la tassa regionale è ridotta del 50 per cento. Essa non è dovuta qualora durante l'anno il cacciatore eserciti l'attività venatoria esclusivamente all'estero.
      3. Nel caso di diniego della licenza di porto di fucile per uso di caccia la tassa regionale deve essere rimborsata. La tassa

 

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di concessione regionale è rimborsata anche al cacciatore che rinuncia all'assegnazione dell'ambito territoriale di caccia. La tassa di rinnovo non è dovuta qualora non si eserciti la caccia durante l'anno.
      4. I proventi della tassa di cui al comma 1 sono utilizzati, altresì, per il finanziamento o il concorso nel finanziamento di progetti di valorizzazione del territorio presentati anche da singoli proprietari o conduttori di fondi, che, nell'ambito della programmazione regionale, prevedono, tra l'altro, la realizzazione di strutture per l'allevamento di fauna selvatica nonché dei riproduttori nel periodo autunnale; la manutenzione degli apprestamenti di ambientamento della fauna selvatica; l'adozione di forme di lotta integrata e di lotta guidata; il ricorso a tecniche colturali e tecnologie innovative non pregiudizievoli per l'ambiente; la valorizzazione agrituristica di percorsi per l'accesso alla natura e alla conoscenza scientifica e culturale della fauna ospite; la manutenzione e la pulizia dei boschi anche al fine di prevenire incendi.
      5. Gli appostamenti fissi, i centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale e le aziende faunistico-venatorie sono soggetti a tasse regionali.

Art. 25.
(Istituzione di un fondo presso il Ministero dell'economia e delle finanze).

      1. A decorrere dall'anno 2006 presso il Ministero dell'economia e delle finanze è istituito un fondo la cui dotazione è alimentata da una addizionale di 5 euro alla tassa prevista dall'articolo 5 della nuova tariffa delle tasse sulle concessioni governative, di cui al decreto del Ministro delle finanze 28 dicembre 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 303 del 30 dicembre 1995.
      2. Le disponibilità del fondo di cui al comma 1 sono ripartite entro il 31 marzo di ciascun anno con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto

 

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con il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, nel seguente modo:

          a) il 4 per cento per il funzionamento e l'espletamento dei compiti istituzionali del Comitato tecnico-faunistico venatorio nazionale;

          b) l'1 per cento per il pagamento della quota di adesione dello Stato italiano al Consiglio internazionale della caccia e della conservazione della selvaggina;

          c) il 95 per cento fra le associazioni venatorie nazionali riconosciute, in proporzione alla rispettiva documentata consistenza associativa.

      3. L'addizionale di cui al presente articolo non è computata ai fini di quanto previsto dall'articolo 24, comma 2.
      4. L'attribuzione della dotazione prevista dal presente articolo alle associazioni venatorie nazionali riconosciute non comporta l'assoggettamento delle stesse al controllo previsto dalla legge 21 marzo 1958, n. 259, e successive modificazioni.

Art. 26.
(Indennizzo dei danni derivanti dall'esercizio dell'attività venatoria).

      1. Per l'indennizzo dei danni derivanti dall'esercizio dell'attività venatoria restano ferme le disposizioni relative al Fondo di garanzia per le vittime della caccia, di cui agli articoli 302, 303 e 304 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209.

Art. 27.
(Risarcimento dei danni prodotti dalla fauna selvatica e dall'attività venatoria).

      1. Per fare fronte ai danni non altrimenti risarcibili arrecati alla produzione agricola e alle opere approntate sui terreni coltivati e a pascolo dalla fauna selvatica, in particolare da quella protetta, e dall'attività venatoria, è istituito a cura di ogni regione un fondo destinato alla prevenzione

 

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e ai risarcimenti, al quale affluisce anche una percentuale dei proventi di cui all'articolo 24.
      2. Le regioni provvedono, con apposite disposizioni, a regolare il funzionamento del fondo di cui al comma 1, prevedendo per la relativa gestione un comitato in cui sono presenti rappresentanti di strutture provinciali delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale e rappresentanti delle associazioni venatorie nazionali riconosciute maggiormente rappresentative.
      3. Il proprietario o il conduttore del fondo è tenuto a denunciare tempestivamente i danni al comitato di cui al comma 2, che procede entro trenta giorni alle relative verifiche anche mediante sopralluogo e ispezioni e, nei centottanta giorni successivi, alla liquidazione.
      4. Per le domande di prevenzione dei danni, il termine entro cui il procedimento deve essere concluso è direttamente disposto con norma regionale.

Art. 28.
(Vigilanza venatoria).

      1. La vigilanza sull'applicazione della presente legge e delle leggi regionali è affidata:

          a) agli agenti dipendenti degli enti locali delegati dalle regioni. A tali agenti è riconosciuta, ai sensi della legislazione vigente, la qualifica di agenti di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza. Tali agenti possono portare durante il servizio e per i compiti di istituto le armi da caccia di cui all'articolo 13 nonché armi con proiettili a narcotico. Le armi di cui alla presente lettera sono portate e detenute in conformità al regolamento di cui all'articolo 5, comma 5, della legge 7 marzo 1986, n. 65, e successive modificazioni;

          b) alle guardie volontarie delle associazioni venatorie, agricole e di protezione ambientale nazionali presenti nel Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale e a quelle delle associazioni di protezione

 

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ambientale riconosciute dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, alle quali è riconosciuta, previo superamento con esame finale di un apposito corso di qualificazione presso la medesima commissione di cui all'articolo 23, comma 2, della presente legge, la qualifica di guardia giurata ai sensi del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni.

      2. La vigilanza di cui al comma 1 è, altresì, affidata agli ufficiali, sottufficiali e guardie del Corpo forestale dello Stato, alle guardie addette a parchi nazionali e regionali, agli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, alle guardie giurate comunali forestali e campestre e alle guardie private riconosciute ai sensi del citato testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni; è affidata altresì alle guardie ecologiche e zoofile riconosciute da leggi regionali.
      3. Gli agenti di cui ai commi 1 e 2 svolgono le proprie funzioni, di norma, nell'ambito della circoscrizione territoriale di competenza.
      4. La qualifica di guardia volontaria può essere concessa, ai sensi del citato testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, a tutti i cittadini che hanno superato un apposito corso di qualificazione con esame finale, presso la medesima commissione di cui all'articolo 23, comma 2, della presente legge, al termine del quale è rilasciato un attestato di idoneità.
      5. Agli agenti di cui ai commi 1 e 2 con compiti di vigilanza è vietato l'esercizio venatorio nell'ambito del territorio in cui esercitano le funzioni. Alle guardie venatorie volontarie è vietato l'esercizio venatorio durante l'esercizio delle loro funzioni.
      6. I corsi di preparazione e di aggiornamento delle guardie per lo svolgimento delle funzioni di vigilanza sull'esercizio venatorio, sulla tutela dell'ambiente e della fauna e sulla salvaguardia delle produzioni agricole, possono essere organizzati anche dalle associazioni di cui al comma 1, lettera b), sotto il controllo della regione.

 

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      7. Le province coordinano l'attività delle guardie volontarie delle associazioni agricole, venatorie e ambientaliste.
      8. Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, d'intesa con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, garantisce il coordinamento in ordine alle attività delle associazioni di cui al comma 1, lettera b), rivolte alla preparazione, all'aggiornamento e all'utilizzazione delle guardie volontarie.
      9. I cittadini in possesso, ai sensi del citato testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, della qualifica di guardia venatoria volontaria alla data di entrata in vigore della presente legge, devono essere in possesso dell'attestato di idoneità di cui al comma 4. L'attestato deve essere loro rilasciato entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 29.
(Poteri e compiti degli addetti alla vigilanza venatoria).

      1. I soggetti preposti alla vigilanza venatoria ai sensi dell'articolo 28, possono chiedere a qualsiasi persona trovata in possesso di armi o arnesi atti alla caccia, in esercizio o in attitudine di caccia, la esibizione della licenza di porto di fucile per uso di caccia, del tesserino di cui all'articolo 12, comma 12, del contrassegno della polizza di assicurazione nonché della fauna selvatica abbattuta o catturata.
      2. Nei casi previsti dall'articolo 31, gli ufficiali ed agenti che esercitano funzioni di polizia giudiziaria procedono al sequestro delle armi, della fauna selvatica e dei mezzi di caccia, con esclusione del cane e dei richiami vivi autorizzati. In caso di condanna per le ipotesi di cui al medesimo articolo 31, comma 1, lettere a) e b), le armi e i citati mezzi sono in ogni caso confiscati.
      3. Quando è sequestrata fauna selvatica, viva o morta, gli ufficiali o agenti la consegnano all'ente pubblico localmente preposto alla disciplina dell'attività venatoria

 

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il quale, nel caso di fauna viva, provvede a liberarla in località adatta ovvero, qualora non risulti liberabile, a consegnarla ad un organismo in grado di provvedere alla sua riabilitazione e cura e alla successiva reintroduzione nel rispettivo ambiente naturale; in caso di fauna viva sequestrata in campagna, e che risulta liberabile, la liberazione è effettuata sul posto dagli ufficiali o agenti accertatori. Nel caso di fauna morta, l'ente pubblico provvede alla sua vendita tenendo la somma ricavata a disposizione della persona cui è contestata l'infrazione ove si accerti successivamente che l'illecito non sussiste; se, al contrario, l'illecito sussiste, l'importo relativo deve essere versato su un conto corrente intestato alla regione.
      4. Della consegna o della liberazione di cui al comma 3, gli ufficiali o gli agenti danno atto in apposito verbale nel quale sono descritte le specie e le condizioni degli esemplari sequestrati, e quanto altro può avere rilievo ai fini penali.
      5. Gli organi di vigilanza che non esercitano funzioni di polizia giudiziaria, i quali accertano, anche a seguito di denuncia, violazioni delle disposizioni sull'attività venatoria, redigono verbali, conformi alla legislazione vigente, nei quali devono essere specificate tutte le circostanze del fatto e le eventuali osservazioni del contravventore, e li trasmettono all'ente da cui dipendono e all'autorità competente ai sensi delle disposizioni vigenti.
      6. Gli agenti venatori dipendenti dagli enti locali che hanno prestato servizio sostitutivo ai sensi della legge 8 luglio 1998, n. 230, e successive modificazioni, non sono ammessi all'esercizio di funzioni di pubblica sicurezza, fermo restando il divieto di cui all'articolo 15, comma 6, della medesima legge.

Art. 30.
(Agenti dipendenti degli enti locali).

      1. Ferme restando le altre disposizioni della legge 7 marzo 1986, n. 65, e successive modificazioni, gli agenti dipendenti

 

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degli enti locali, cui sono conferite a norma di legge le funzioni di agente di polizia giudiziaria e di agente di pubblica sicurezza per lo svolgimento dell'attività di vigilanza venatoria, esercitano tali attribuzioni nell'ambito territoriale dell'ente di appartenenza e nei luoghi nei quali sono comandati a prestare servizio, e portano senza licenza le armi di cui sono dotati nei luoghi predetti e in quelli attraversati per raggiungerli e per farvi ritorno.
      2. Gli agenti di cui al comma 1 possono altresì redigere i verbali di contestazione delle violazioni e degli illeciti amministrativi previsti dalla presente legge, e gli altri atti indicati dall'articolo 29, anche fuori dall'orario di servizio.

Art. 31.
(Sanzioni penali).

      1. Per le violazioni delle disposizioni della presente legge e delle leggi regionali si applicano le seguenti sanzioni:

          a) l'ammenda da 1.032 euro a 6.197 euro per chi abbatte, cattura o detiene esemplari di orso, stambecco, camoscio d'Abruzzo, muflone sardo; in caso di recidiva l'arresto da tre mesi ad un anno o il doppio della sanzione amministrativa;

          b) l'ammenda da 516 euro a 2.066 euro per chi esercita l'uccellagione non autorizzata; in caso di recidiva l'arresto da due mesi a sei mesi o il doppio della sanzione amministrativa;

          c) l'arresto da due a sei mesi o l'ammenda da 516 euro a 2.066 euro per chi pone in commercio o detiene a tale fine fauna selvatica in violazione della presente legge. Se il fatto riguarda la fauna di cui alla lettera a) del presente comma, e all'articolo 32, comma 1, lettere b) ed e), le pene sono raddoppiate.

      2. Per la violazione delle disposizioni della presente legge in materia di imbalsamazione e di tassidermia si applicano le medesime sanzioni che sono comminate per l'abbattimento degli animali le cui

 

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spoglie sono oggetto del trattamento descritto. Le regioni possono prevedere i casi e le modalità di sospensione e di revoca dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività di tassidermia e di imbalsamazione.
      3. Nei casi di cui al comma 1 non si applicano gli articoli 624, 625 e 626 del codice penale. Salvo quanto espressamente previsto dalla presente legge, continuano ad applicarsi le disposizioni di legge e di regolamento in materia di armi.
      4. Ai sensi dell'articolo 23 del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670, le sanzioni penali stabilite dal presente articolo si applicano alle corrispondenti fattispecie come disciplinate dalle leggi provinciali.

Art. 32.
(Sanzioni amministrative).

      1. Per le violazioni delle disposizioni della presente legge e delle leggi regionali, salvo che il fatto sia previsto dalla legge come reato, si applicano le seguenti sanzioni amministrative:

          a) l'ammenda da 930 euro a 2.582 euro per chi esercita la caccia in periodo di divieto generale, intercorrente tra la data di chiusura e la data di apertura fissata dall'articolo 18; in caso di recidiva sospensione per cinque anni solari della licenza di caccia o il doppio della sanzione amministrativa;

          b) l'ammenda da 775 euro a 2.066 euro per chi abbatte, cattura o detiene mammiferi o uccelli compresi nell'elenco di cui all'articolo 2, comma 1; in caso di recidiva si applica la sospensione per due anni solari della licenza di caccia o il doppio della sanzione amministrativa;

          c) l'ammenda da 516 euro a 1.549 euro per chi esercita la caccia nei parchi nazionali, nei parchi naturali regionali, nelle riserve naturali, nelle oasi di protezione, nelle zone di ripopolamento e cattura,

 

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nei parchi e giardini urbani, nei terreni adibiti ad attività sportive; in caso di recidiva si applica la sospensione per due anni solari o il doppio della sanzione amministrativa;

          d) l'ammenda da 207 euro a 620 euro per chi esercita la caccia nei giorni di silenzio venatorio; in caso di recidiva si applica la sospensione della licenza di caccia per due anni solari o il doppio della sanzione amministrativa;

          e) l'ammenda da 1.032 euro a 3.099 euro per chi abbatte, cattura o detiene esemplari appartenenti alla tipica fauna stanziale alpina non contemplati nella lettera b), della quale è vietato l'abbattimento; in caso di recidiva si applica la sospensione della licenza di caccia per un periodo di due anni solari o il doppio della sanzione amministrativa;

          f) l'ammenda da 103 euro a 465 euro per chi abbatte, cattura o detiene specie di mammiferi o uccelli nei cui confronti la caccia non è consentita, o fringillidi in numero superiore a dieci o per chi esercita la caccia con mezzi vietati. La stessa pena si applica a chi esercita la caccia con l'ausilio di richiami vietati di cui all'articolo 22, comma 1, lettera r). Nel caso di tale infrazione si applica altresì la misura della confisca dei richiami e dei mezzi vietati;

          g) l'ammenda da 516 euro a 2.066 euro per chi esercita la caccia sparando da autoveicoli, da natanti a motore o da aeromobili; in caso di recidiva si applica la sospensione per un periodo di due anni della licenza di caccia o il doppio della sanzione amministrativa e, comunque, la confisca dei mezzi vietati;

          h) la sanzione amministrativa da 207 euro a 723 euro per chi esercita la caccia in una forma diversa da quella stabilita ai sensi dell'articolo 12, comma 5;

          i) la sanzione amministrativa da 516 euro a 2.066 euro per chi esercita la caccia senza avere stipulato la regolare polizza d'assicurazione; in caso di recidiva la sanzione è raddoppiata;

 

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          l) la sanzione amministrativa da 155 euro a 930 euro per chi esercita la caccia senza avere effettuato il versamento delle tasse di concessione governativa o regionale; in caso di recidiva la sanzione è da 258 euro a 1.549 euro;

          m) la sanzione amministrativa da 155 euro a 930 euro per chi esercita senza autorizzazione la caccia all'interno delle aziende faunistico-venatorie, nei centri pubblici o privati di riproduzione e negli ambiti e comprensori destinati alla caccia programmata; se la violazione è nuovamente commessa, la sanzione è da 258 euro a 1.549 euro, e si applica la sospensione della licenza di caccia per un anno solare; in caso di recidiva si applica la sanzione da 516 euro a 2.066 euro, con la relativa sospensione della licenza di caccia per un periodo di due anni solari. Le sanzioni previste dalla presente lettera sono ridotte di un terzo se il fatto è commesso mediante sconfinamento in un comprensorio o in un ambito territoriale di caccia viciniore a quello autorizzato;

          n) la sanzione amministrativa da 103 euro a 620 euro per chi esercita la caccia in zone di divieto non diversamente sanzionate; in caso di recidiva la sanzione è da 258 euro a 1.549 euro;

          o) la sanzione amministrativa da 103 euro a 620 euro per chi esercita la caccia in fondo chiuso, ovvero nel caso di violazione delle disposizioni emanate dalle regioni o dalle province autonome di Trento e di Bolzano per la protezione delle coltivazioni agricole; in caso di recidiva si applica la sanzione da 258 euro a 1.549 euro, e la sospensione della licenza di caccia per il periodo di un anno solare;

          p) la sanzione amministrativa da 103 euro a 465 euro per chi esercita la caccia in violazione degli orari consentiti; in caso di recidiva si applica la sanzione da 207 euro a 930 euro, e la sospensione della licenza per un periodo di sei mesi solari;

          q) la sanzione amministrativa da 103 euro a 465 euro per chi si avvale di richiami non autorizzati, ovvero in violazione

 

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delle disposizioni emanate dalle regioni ai sensi dell'articolo 5, comma 1; in caso di recidiva si applica la sanzione da 258 euro a 1.549 euro;

          r) la sanzione amministrativa da 52 euro a 465 euro per chi non esegue le prescritte annotazioni sul tesserino regionale;

          s) la sanzione amministrativa da 52 euro a 465 euro per ciascun capo, per chi importa fauna selvatica senza l'autorizzazione di cui all'articolo 20, comma 3; alla violazione consegue la revoca di eventuali autorizzazioni rilasciate ai sensi del citato articolo 21 per altre introduzioni;

          t) la sanzione amministrativa da 26 euro a 155 euro per chi, pur essendone munito, non esibisce, se legittimamente richiesto, la licenza, la polizza di assicurazione o il tesserino regionale; la sanzione è applicata nel minimo se l'interessato esibisce il documento entro cinque giorni;

          u) la sanzione amministrativa da 103 euro a 620 euro per chi detiene o commercializza uova, nidi e piccoli nati; in caso di recidiva la sanzione è raddoppiata;

          v) la sanzione amministrativa da 26 euro a 155 euro al cacciatore che abbandona i bossoli. La raccolta dei bossoli, per i cacciatori da appostamento fisso o temporaneo, può essere effettuata al momento dell'abbandono del posto di caccia.

      2. Le leggi regionali prevedono sanzioni per gli abusi e l'uso improprio della tabellazione dei terreni.
      3. Le regioni prevedono la sospensione dell'apposito tesserino di cui all'articolo 12, comma 12, per particolari infrazioni o violazioni delle norme regionali sull'esercizio venatorio.
      4. Resta salva l'applicazione delle norme di legge e di regolamento per la disciplina delle armi e in materia fiscale e doganale.
      5. Nei casi previsti dal presente articolo non si applicano gli articoli 624, 625 e 626 del codice penale.

 

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      6. Per quanto non altrimenti previsto dalla presente legge, si applicano le disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni.

Art. 33.
(Sospensione, revoca e divieto di rilascio della licenza di porto di fucile anche per uso di caccia. Chiusura o sospensione dell'esercizio).

      1. Oltre alle sanzioni penali previste dall'articolo 31, nei confronti di chi riporta sentenza di condanna definitiva o decreto penale di condanna divenuto esecutivo per una delle violazioni di cui al comma 1 dello stesso articolo, l'autorità amministrativa può disporre:

          a) la sospensione della licenza di porto di fucile anche per uso di caccia, per un periodo da quattro a sei mesi effettivi di caccia, nei casi previsti dal citato articolo 31, comma 1, lettere a), b) e c), limitatamente alle ipotesi di recidiva di cui all'articolo 99, secondo comma, numero 1), del codice penale;

          b) la sospensione della licenza di porto di fucile anche per uso di caccia, per un periodo da due a quattro mesi solari nel caso previsto dall'articolo 32, comma 1, lettera i);

          c) la revoca della licenza di porto di fucile anche per uso di caccia e il divieto di rilascio per un periodo di due anni solari, nei casi previsti dall'articolo 31, comma 2, limitatamente alle ipotesi di recidiva di cui all'articolo 99, secondo comma, numero 1), del codice penale.

      2. I provvedimenti indicati nel comma 1 sono adottati dal questore della provincia del luogo di residenza del contravventore, a seguito della comunicazione del competente ufficio giudiziario, quando è effettuata l'oblazione ovvero quando diviene definitivo il provvedimento di condanna.

 

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      3. Oltre alle sanzioni amministrative previste dall'articolo 32, si può applicare il provvedimento di sospensione per due mesi effettivi di caccia, della licenza di porto di fucile anche per uso di caccia, nei casi indicati dallo stesso articolo 32, comma 1, lettera h), nonché, qualora la violazione sia nuovamente commessa, nei casi indicati alle lettere i), m), f) e o) del medesimo comma 1.
      4. Il provvedimento di sospensione della licenza di porto di fucile anche per uso di caccia di cui al comma 3 è adottato dal questore della provincia del luogo di residenza di chi ha commesso l'infrazione, previa comunicazione, da parte dell'autorità amministrativa competente, che è stato effettuato il pagamento in misura ridotta della sanzione pecuniaria o che non è stata proposta opposizione avverso l'ordinanza-ingiunzione ovvero che è stato definito il relativo giudizio.
      5. L'organo accertatore dà notizia delle contestazioni effettuate ai sensi del comma 3 al questore, il quale può valutare il fatto ai fini della sospensione e del ritiro temporaneo della licenza ai sensi delle leggi di pubblica sicurezza.

Art. 34.
(Rapporti sull'attività di vigilanza).

      1. Nell'esercizio delle funzioni amministrative di cui all'articolo 9 le regioni, entro il mese di maggio di ciascun anno a decorrere dal 2007, trasmettono al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali un rapporto informativo nel quale, sulla base di dettagliate relazioni fornite dalle province, è riportato lo stato dei servizi preposti alla vigilanza, il numero degli accertamenti effettuati in relazione alle singole fattispecie di illecito e un prospetto riepilogativo delle sanzioni amministrative e delle misure accessorie applicate. A tale fine il questore comunica tempestivamente all'autorità regionale, entro il mese di aprile di ciascun anno, i dati numerici inerenti alle misure accessorie applicate nell'anno precedente.

 

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      2. I rapporti di cui al comma 1 sono trasmessi al Parlamento entro il mese di ottobre di ciascun anno.

Art. 35.
(Associazioni venatorie).

      1. Le associazioni venatorie sono libere.
      2. Le associazioni venatorie istituite per atto pubblico possono chiedere di essere riconosciute agli effetti della presente legge, a condizione che posseggano i seguenti requisiti:

          a) abbiano finalità ricreative, formative e tecnico-venatorie;

          b) abbiano ordinamento democratico e posseggano una stabile organizzazione a carattere nazionale, con adeguati organi periferici;

          c) dimostrino di avere un numero di iscritti non inferiore a un ventesimo del totale dei cacciatori calcolato dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), riferito al 31 dicembre dell'anno precedente quello in cui avviene la presentazione della domanda di riconoscimento.

      3. Le associazioni di cui al comma 2 sono riconosciute con decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'interno, sentito il Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale.
      4. Qualora vengano meno i requisiti previsti per il riconoscimento, il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali dispone con decreto la revoca del riconoscimento stesso.
      5. Si considerano riconosciute agli effetti della presente legge la Federazione italiana della caccia e le associazioni venatorie nazionali (Associazione migratoristi italiani, Associazione nazionale libera caccia, ARCI caccia, Unione nazionale enalcaccia pesca e tiro, Ente produttori selvaggina, Associazione italiana della caccia-Italcaccia) già riconosciute e operanti ai sensi dell'articolo 86 del testo unico delle norme per la protezione della selvaggina

 

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e per l'esercizio della caccia, di cui al regio decreto 5 giugno 1939, n. 1016, come sostituito dall'articolo 35 della legge 2 agosto 1967, n. 799.
      6. Le associazioni venatorie nazionali riconosciute sono sottoposte alla vigilanza del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali.

Art. 36.
(Relazione sullo stato di attuazione
della legge).

      1. Al termine dell'annata venatoria 2007-2008 le regioni trasmettono al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali e al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio una relazione sull'attuazione della presente legge.
      2. Sulla base della relazione di cui al comma 1, il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, di intesa con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, presenta al Parlamento una relazione complessiva sullo stato di attuazione della presente legge.

Art. 37.
(Disposizioni transitorie).

      1. Entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali sono fissati i termini per l'adozione, da parte dei soggetti partecipanti al procedimento di programmazione ai sensi della presente legge, degli atti di rispettiva competenza, secondo modalità che consentano la piena attuazione della legge stessa nella stagione venatoria 2007-2008.
      2. Le regioni adeguano la propria legislazione ai princìpi e alle norme stabiliti dalla presente legge entro e non oltre un anno dalla data di entrata in vigore della stessa.

 

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      3. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro il medesimo termine di cui al comma 2, adeguano la propria legislazione ai princìpi e alle norme stabiliti dalla presente legge nei limiti della Costituzione, dei rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione.

Art. 38.
(Disposizioni finali).

      1. Ferme restando le disposizioni che disciplinano l'attività dell'Ente nazionale per la protezione degli animali, le guardie zoofile volontarie che prestano servizio presso di esso esercitano la vigilanza sull'applicazione della presente legge e delle leggi regionali in materia di caccia ai sensi dell'articolo 28, comma 1, lettera b).
      2. La legge 11 febbraio 1992, n. 157, e successive modificazioni, è abrogata.


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