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PDL 899

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 899



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato VITALI

Nuove norme in materia di procedimento
dinanzi al giudice di pace

Presentata il 24 maggio 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - La normativa afferente il giudice di pace, pur condivisibile nelle sue linee generali tendenti ad affidare parte della giurisdizione a giudici non togati al fine di deflazionare al massimo il processo penale, non appare in alcun modo adeguata alle novità normative nel frattempo sopravvenute.
      In particolare, la nuova formulazione dell'articolo 111 della Costituzione prevede che in tutti i processi penali si osservino alcuni princìpi che, pur assolutamente corretti e portatori di valori di civiltà giuridica, possono indubbiamente rendere assai complesso un rito che era sorto all'insegna della semplificazione. Si osservi infatti che gran parte dell'articolato del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, non è certamente adeguato a garantire un reale contraddittorio. Tale decreto legislativo inoltre non è neppure in linea con quanto statuito dalla successiva normativa riguardante le indagini difensive. Basti notare, fra l'altro, che si prevede espressamente, all'articolo 2, il divieto di assumere prove con l'incidente probatorio, mentre il vigente articolo 392, comma 1-bis, del codice di procedura penale lo indica proprio come modalità di estrinsecazione dei poteri di indagine.
      Ferma restando quindi l'opportunità di mantenere la competenza del giudice di pace nel settore penale, appare indispensabile apportare sostanziali modifiche all'impianto stesso del citato decreto legislativo. L'unica possibilità per non dover applicare in modo radicale i princìpi di cui all'articolo 111 della Costituzione, così come di molte altre norme processuali, è quella di trasformare il rito davanti al giudice di pace in un procedimento speciale scelto dall'imputato. Inoltre, per offrire un maggiore incentivo all'imputato affinché scelga tale rito, si dovrà prevedere
 

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che soltanto dinanzi al giudice di pace sia richiedibile l'ulteriore procedimento speciale del «patteggiamento». Si deve altresì sottolineare che l'applicazione del rito così come oggi strutturato, non essendovi fra l'altro neppure il «patteggiamento», induce l'interessato a proporre sempre appello, che come è noto è di competenza del giudice unico, creando così una totale paralisi nell'ambito del lavoro della magistratura togata. La previsione del ricorso per cassazione nella maggior parte dei casi, inibendosi così l'appello, risolverebbe, così come è oggi per il «patteggiamento», il problema dell'eccessivo lavoro che si riverserebbe sul giudice unico. Si ricordi, infine, che l'impegno richiesto alla polizia giudiziaria dall'attuale rito è assai rilevante e sottrae ingentissime risorse alla tutela della sicurezza, tema che certamente nella situazione attuale non può essere in alcun modo sottovalutato.
      La proposta di legge che si presenta è volta quindi, pur nel pieno rispetto dei diritti della difesa, a garantire un buon funzionamento del sistema giustizia e la sicurezza dei cittadini.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Capo I
MODIFICHE AL CODICE DI PROCEDURA PENALE

Art. 1.
(Modifica all'articolo 415-bis del codice di procedura penale).

      1. Al comma 2 dell'articolo 415-bis del codice di procedura penale sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, salvo che per i reati di competenza del giudice di pace».

Art. 2.
(Introduzione dell'articolo 415-ter del codice di procedura penale).

      1. Al Titolo VIII del libro V del codice di procedura penale, dopo l'articolo 415-bis, come modificato dall'articolo 1 della presente legge, è aggiunto il seguente:

      «Art. 415-ter. (Avviso all'indagato nel procedimento dinanzi al giudice di pace). - 1. Nei procedimenti la cui competenza è attribuita al giudice di pace il pubblico ministero fa notificare all'imputato il capo di imputazione contenente gli articoli di legge violati e la precisa indicazione in forma chiara e precisa del fatto, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare l'applicazione di misure di sicurezza, con l'indicazione dei relativi articoli di legge, con l'avviso della facoltà di estrarre copie di tutti gli atti di indagine compiuti e con l'avviso che entro trenta giorni dalla notifica, pena la decadenza, potrà richiedere che il processo sia deciso dinanzi al giudice di pace».

 

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Art. 3.
(Modifica all'articolo 446 del codice di procedura penale).

      1. All'articolo 446 del codice di procedura penale, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:

      «6-bis. La richiesta per i reati di competenza del giudice di pace deve essere formulata, a pena di decadenza, entro quarantacinque giorni dalla notifica dell'atto di cui all'articolo 415-ter.
      6-ter. Decorso il termine di cui al comma 6-bis, non è ammissibile dinanzi al giudice ordinario la richiesta di applicazione della pena».

Capo II
PROCEDIMENTO PENALE DINANZI AL GIUDICE DI PACE

Sezione I
Soggetti, giurisdizione e competenza

Art. 4.
(Organi giudiziari nel procedimento penale dinanzi al giudice di pace).

      1. Svolgono funzioni giudiziarie nel procedimento penale dinanzi al giudice di pace:

          a) il procuratore della Repubblica presso il tribunale nel cui circondario ha sede il giudice di pace;

          b) il giudice di pace.

Art. 5.
(Princìpi generali del procedimento dinanzi al giudice di pace).

      1. Nel procedimento dinanzi al giudice di pace, per quanto non previsto dalla presente legge, si osservano, in quanto

 

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applicabili, le norme contenute nel codice di procedura penale, come da ultimo modificato dalla medesima legge, e nei titoli I e II delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, e successive modificazioni.
      2. Nel corso del processo, il giudice di pace deve favorire, per quanto possibile, la conciliazione tra le parti.

Art. 6.
(Competenza per materia).

      1. In materia penale, il giudice di pace è competente:

          a) per i delitti consumati o tentati previsti dagli articoli 581, 582, limitatamente alla fattispecie di cui al secondo comma perseguibile a querela di parte, 590, limitatamente alle fattispecie perseguibili a querela di parte e ad esclusione delle fattispecie connesse alla colpa professionale e dei fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale quando, nei casi anzidetti, derivi una malattia di durata superiore a venti giorni, 593, primo e secondo comma, 594, 595, primo e secondo comma, 612, primo comma, 626, 627, 631, salvo che ricorra l'ipotesi di cui all'articolo 639-bis, 632, salvo che ricorra l'ipotesi di cui all'articolo 639-bis, 633, primo comma, salvo che ricorra l'ipotesi di cui all'articolo 639-bis, 635, primo comma, 636, salvo che ricorra l'ipotesi di cui all'articolo 639-bis, 637, 638, primo comma, 639 e 647 del codice penale;

          b) per le contravvenzioni previste dagli articoli 689, 690, 691, 726 e 731 del codice penale.

      2. Il giudice di pace è altresì competente per i delitti, consumati o tentati, e per le contravvenzioni previsti dalle seguenti disposizioni:

          a) articoli 25 e 62, terzo comma, del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza,

 

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di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni;

          b) articoli 1095, 1096 e 1119 del codice della navigazione;

          c) articolo 3 del testo organico delle norme sulla disciplina dei rifugi alpini, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 4 agosto 1957, n. 918, e successive modificazioni;

          d) articoli 102 e 106 del testo unico delle leggi recenti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e successive modificazioni;

          e) articolo 92 del testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, e successive modificazioni;

          f) articolo 15, secondo comma, della legge 28 novembre 1965, n. 1329, e successive modificazioni;

          g) articolo 3 della legge 8 novembre 1991, n. 362;

          h) articolo 51 della legge 25 maggio 1970, n. 352;

          i) articoli 3, terzo e quarto comma, 46, quarto comma, e 65, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 753;

          l) articoli 18 e 20 della legge 2 agosto 1982, n. 528;

          m) articolo 15, comma 3, del decreto legislativo 27 settembre 1991, n. 311;

          n) articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 27 settembre 1991, n. 313, e successive modificazioni;

          o) articoli 186, commi 2 e 6, 187, commi 4 e 5, e 189, comma 6, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni;

 

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          p) articolo 10, comma 1, del decreto legislativo 14 dicembre 1992, n. 507, e successive modificazioni;

          q) articolo 15, comma 3, della legge 3 febbraio 2003, n. 14;

          r) articolo 26, comma 10, del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206;

          s) articolo 22, comma 3, della legge 21 ottobre 2005, n. 219.

      3. La competenza per i reati di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo è tuttavia del tribunale se ricorre una o più delle circostanze previste dagli articoli 1 del decreto-legge 15 dicembre 1979, n. 625, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1980, n. 15, e successive modificazioni, 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e successive modificazioni, e 3 del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205.
      4. Rimane ferma la competenza del tribunale per i minorenni.

Art. 7.
(Competenza per territorio).

      1. Per i reati indicati nell'articolo 6, competente per il giudizio è il giudice di pace del luogo in cui il reato è stato consumato.

Art. 8.
(Competenza per materia determinata dalla connessione).

      1. Tra procedimenti di competenza del giudice di pace e procedimenti di competenza di altro giudice, si ha connessione solo nel caso di persona imputata di più reati commessi con una sola azione od omissione.

 

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      2. Se alcuni dei procedimenti connessi appartengono alla competenza del giudice di pace e altri a quella della corte di assise o del tribunale, è competente per tutti il giudice superiore.
      3. La connessione non opera se non è possibile la riunione dei processi, né tra procedimenti di competenza del giudice di pace e procedimenti di competenza di un giudice speciale.

Art. 9.
(Casi di connessione davanti al giudice di pace).

      1. Davanti al giudice di pace si ha connessione di procedimenti:

          a) se il reato per cui si procede è stato commesso da più persone in concorso o cooperazione fra loro;

          b) se una persona è imputata di più reati commessi con una sola azione od omissione.

Art. 10.
(Competenza per territorio determinata dalla connessione).

      1. Nei casi previsti dall'articolo 9, se i reati sono stati commessi in luoghi diversi, la competenza per territorio appartiene per tutti al giudice di pace del luogo in cui è stato commesso il primo reato. Se non è possibile determinare in tale modo la competenza, questa appartiene al giudice di pace del luogo in cui è iniziato il primo dei procedimenti connessi.

Art. 11.
(Riunione e separazione dei processi).

      1. Nei casi previsti dall'articolo 9, prima di procedere all'udienza di comparizione, il giudice di pace può ordinare la riunione dei processi, quando questa non pregiudica la rapida definizione degli stessi.

 

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      2. Anche fuori dei casi previsti dall'articolo 9, il giudice di pace può ordinare la riunione dei processi quando i reati sono commessi da più persone in danno reciproco le une delle altre o quando più persone con condotte indipendenti hanno determinato l'evento o quando una persona è imputata di più reati commessi con più azioni od omissioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, ovvero ogni volta in cui ciò giova alla celerità e alla completezza dell'accertamento.
      3. Prima di procedere all'udienza di comparizione e, comunque, non oltre la dichiarazione di apertura del dibattimento, il giudice di pace ordina la separazione dei processi, qualora ritenga che la riunione possa pregiudicare il tentativo di conciliazione, ovvero la rapida definizione di alcuni fra i processi riuniti.

Art. 12.
(Astensione e ricusazione del giudice di pace).

      1. Sulla dichiarazione di astensione del giudice di pace decide il presidente del tribunale.
      2. Sulla ricusazione del giudice di pace decide la corte di appello.
      3. Il giudice di pace astenuto o ricusato è sostituito con altro giudice dello stesso ufficio designato secondo le leggi di ordinamento giudiziario.
      4. Qualora non sia possibile la sostituzione prevista dal comma 3, la corte o il tribunale rimette il procedimento al giudice di pace dell'ufficio più vicino.

Sezione II
Giudizio

Art. 13.
(Udienza di comparizione).

      1. Almeno sette giorni prima della data fissata per l'udienza di comparizione, il pubblico ministero deposita nella cancelleria

 

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del giudice di pace l'atto di citazione a giudizio con le relative notifiche.
      2. Le parti che intendono chiedere l'esame dei testimoni, periti o consulenti tecnici nonché delle persone indicate nell'articolo 210 del codice di procedura penale, devono, a pena di inammissibilità, almeno sette giorni prima della data fissata per l'udienza di comparizione, depositare in cancelleria le liste con l'indicazione delle circostanze su cui deve vertere l'esame.
      3. Nei casi in cui occorre rinnovare la convocazione o la citazione a giudizio ovvero le relative notificazioni, vi provvede il giudice di pace, anche d'ufficio.
      4. Il giudice, quando il reato è perseguibile a querela, promuove la conciliazione tra le parti. In tale caso, qualora sia utile per favorire la conciliazione, il giudice può rinviare l'udienza per un periodo non superiore a due mesi e, ove occorra, può avvalersi anche dell'attività di mediazione di centri e di strutture pubblici o privati presenti sul territorio. In ogni caso, le dichiarazioni rese dalle parti nel corso dell'attività di conciliazione non possono essere in alcun modo utilizzate ai fini della deliberazione.
      5. In caso di conciliazione è redatto processo verbale attestante la remissione di querela e la relativa accettazione. La rinuncia al ricorso produce gli stessi effetti della remissione della querela.
      6. Dopo la dichiarazione di apertura del dibattimento, se può procedersi immediatamente al giudizio, il giudice ammette le prove richieste escludendo quelle vietate dalla legge, superflue o irrilevanti e invita le parti ad indicare gli atti da inserire nel fascicolo per il dibattimento, provvedendo ai sensi dell'articolo 431 del codice di procedura penale. Le parti possono concordare l'acquisizione al fascicolo del dibattimento di atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero e della documentazione relativa all'attività di investigazione difensiva.
      7. Se occorre fissare altra udienza per il giudizio, il giudice autorizza ciascuna parte alla citazione dei propri testimoni o consulenti tecnici, escludendo le testimonianze
 

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vietate dalla legge e quelle manifestamente sovrabbondanti. La parte che omette la citazione decade dalla prova.

Art. 14.
(Dibattimento).

      1. L'esame dei testimoni, dei periti, dei consulenti tecnici e delle parti private è condotto dal giudice sulla base delle domande e delle contestazioni anche proposte dal pubblico ministero e dai difensori.
      2. Terminata l'acquisizione delle prove, il giudice, se risulta assolutamente necessario, può disporre anche d'ufficio l'assunzione di nuovi mezzi di prova, compresi quelli relativi agli atti acquisiti ai sensi dell'articolo 13, comma 7.
      3. Il verbale d'udienza, di regola, è redatto solo in forma riassuntiva.
      4. La motivazione della sentenza è redatta dal giudice in forma abbreviata e depositata nel termine di quindici giorni dalla lettura del dispositivo. Il giudice può dettare la motivazione direttamente a verbale.
      5. In caso di impedimento del giudice la sentenza è sottoscritta dal presidente del tribunale, previa menzione della causa di sostituzione.

Art. 15.
(Sentenza di condanna alla pena della permanenza domiciliare).

      1. Subito dopo la pronuncia della sentenza di condanna alla pena della permanenza domiciliare, l'imputato o il difensore munito di procura speciale possono chiedere l'esecuzione continuativa della pena.
      2. Il giudice, se ritiene di poter applicare in luogo della permanenza domiciliare la pena del lavoro di pubblica utilità, indica nella sentenza il tipo e la durata del lavoro di pubblica utilità che può essere richiesto dall'imputato o dal difensore munito di procura speciale.

 

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      3. Nel caso in cui l'imputato o il difensore formulino le richieste di cui ai commi 1 e 2, il giudice può fissare una nuova udienza a distanza di non più di dieci giorni, sempre che sussistano giustificati motivi.
      4. Acquisite le richieste, il giudice integra il dispositivo della sentenza e ne dà lettura.

Sezione III
Definizioni alternative del procedimento

Art. 16.
(Estinzione del reato conseguente a condotte riparatorie).

      1. Il giudice di pace, sentite le parti e l'eventuale persona offesa, dichiara con sentenza estinto il reato, enunciandone la causa nel dispositivo, quando l'imputato dimostra di aver proceduto, prima dell'udienza di comparizione, alla riparazione del danno cagionato dal reato, mediante le restituzioni o il risarcimento, e di aver eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato.
      2. Il giudice di pace pronuncia la sentenza di estinzione del reato di cui al comma 1 solo se ritiene le attività risarcitorie e riparatorie idonee a soddisfare le esigenze di riprovazione del reato e quelle di prevenzione.
      3. Il giudice di pace può disporre la sospensione del processo, per un periodo non superiore a tre mesi, se l'imputato chiede nell'udienza di comparizione di poter provvedere agli adempimenti di cui al comma 1 e dimostra di non averlo potuto fare in precedenza; in tale caso, il giudice può imporre specifiche prescrizioni.
      4. Con l'ordinanza di sospensione, il giudice incarica un operatore di servizio sociale dell'ente locale di verificare l'effettivo svolgimento delle attività risarcitorie e riparatorie, fissando nuova udienza a una data successiva al termine del periodo di sospensione.

 

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      5. Qualora accerti che le attività risarcitorie o riparatorie hanno avuto esecuzione, il giudice, sentite le parti e l'eventuale persona offesa, dichiara con sentenza estinto il reato enunciandone la causa nel dispositivo.
      6. Quando non provvede ai sensi dei commi 1 e 5, il giudice dispone la prosecuzione del procedimento.

Sezione IV
Disposizioni sulle impugnazioni

Art. 17.
(Impugnazioni delle parti).

      1. La persona offesa può proporre appello contro le sentenze di proscioglimento ai soli fini civili.
      2. Competente per il giudizio di appello è il tribunale del circondario in cui ha sede il giudice di pace che ha pronunciato la sentenza impugnata. Il tribunale giudica in composizione monocratica.
      3. Sono inappellabili le sentenze di condanna per le quali è stata applicata la sola pena pecuniaria.

Sezione V
Disposizioni sull'esecuzione

Art. 18.
(Giudice dell'esecuzione).

      1. Salvo diversa disposizione di legge, competente a conoscere dell'esecuzione di un provvedimento è il giudice di pace che l'ha emesso.
      2. Se l'esecuzione concerne più provvedimenti emessi da diversi giudici di pace, è competente il giudice che ha emesso il provvedimento divenuto irrevocabile per ultimo.
      3. Se i provvedimenti sono stati emessi dal giudice di pace e da altro giudice ordinario, è competente in ogni caso quest'ultimo.

 

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      4. Se i provvedimenti sono stati emessi dal giudice di pace e da un giudice speciale, è competente per l'esecuzione il tribunale in composizione collegiale nel cui circondario ha sede il giudice di pace.
      5. Il giudice indicato nei commi da 1 a 4 è competente anche se il provvedimento da eseguire è stato comunque riformato.

Art. 19.
(Procedimento di esecuzione).

      1. Salvo quanto previsto nel comma 2 del presente articolo, nel procedimento di esecuzione davanti al giudice di pace si osservano le disposizioni di cui all'articolo 666 del codice di procedura penale.
      2. Contro il decreto del giudice di pace che dichiara inammissibile la richiesta formulata nel procedimento di esecuzione e contro l'ordinanza che decide sulla richiesta, l'interessato può proporre, entro quindici giorni dalla notifica del provvedimento, ricorso per motivi di legittimità al tribunale in composizione monocratica nel cui circondario ha sede il giudice di pace.
      3. Il tribunale decide con ordinanza non impugnabile. Si osservano le disposizioni di cui all'articolo 127 del codice di procedura penale.

Art. 20.
(Esecuzione delle pene pecuniarie).

      1. Le condanne a pena pecuniaria si eseguono ai sensi dell'articolo 660 del codice di procedura penale, ma l'accertamento della effettiva insolvibilità del condannato è svolto dal giudice di pace competente per l'esecuzione che adotta anche i provvedimenti in ordine alla rateizzazione ovvero alla conversione della pena pecuniaria.

Art. 21.
(Esecuzione della pena della permanenza domiciliare e del lavoro di pubblica utilità).

      1. La sentenza penale irrevocabile è trasmessa per estratto a cura della cancelleria

 

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al pubblico ministero del circondario ove ha sede l'ufficio del giudice individuato ai sensi dell'articolo 18.
      2. Il pubblico ministero, emesso l'ordine di esecuzione, lo trasmette immediatamente, unitamente all'estratto della sentenza di condanna contenente le modalità di esecuzione della pena, all'ufficio di pubblica sicurezza del comune in cui il condannato risiede o, in mancanza di questo, al comando dell'Arma dei carabinieri territorialmente competente.
      3. Appena ricevuto il provvedimento di cui al comma 2, l'organo di polizia ne consegna copia al condannato ingiungendogli di attenersi alle prescrizioni in esso contenute. Qualora il condannato sia detenuto o internato, copia dell'ordine di esecuzione è notificata altresì al direttore dell'istituto o della sezione il quale informa anticipatamente l'organo di polizia della dimissione del condannato. In tale caso, la pena comincia a decorrere dal primo giorno di permanenza domiciliare o di lavoro sostitutivo successivo a quello della dimissione.

Art. 22.
(Modifica delle modalità di esecuzione della permanenza domiciliare e del lavoro di pubblica utilità).

      1. Le modalità di esecuzione della permanenza domiciliare e del divieto di cui all'articolo 28, comma 3, eventualmente imposto, nonché del lavoro di pubblica utilità, stabilite nella sentenza emessa dal giudice possono essere modificate per motivi di assoluta necessità dal giudice osservando le disposizioni dell'articolo 666 del codice di procedura penale.
      2. La richiesta di modifica non sospende l'esecuzione delle pene; in caso di assoluta urgenza, le modifiche possono essere adottate con provvedimento provvisorio revocabile nelle fasi successive del procedimento.

 

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Art. 23.
(Certificati del casellario giudiziale richiesti dal privato).

      1. Nei certificati del casellario giudiziale rilasciati ai sensi degli articoli da 23 a 27 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313, non sono riportate le iscrizioni relative alle sentenze emesse dal giudice di pace.

Art. 24.
(Eliminazione dal casellario giudiziale delle iscrizioni relative a sentenze del giudice di pace in materia penale).

      1. Fermo restando quanto previsto dagli articoli 5 e 8 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313, sono altresì eliminate le iscrizioni relative:

          a) alle sentenze del giudice di pace di proscioglimento per difetto di imputabilità, decorsi tre anni dal giorno in cui la sentenza è divenuta irrevocabile;

          b) alle sentenze del giudice di pace di condanna, decorsi cinque anni dal giorno in cui la sanzione è stata eseguita se è stata inflitta la pena pecuniaria, o dieci anni se è stata inflitta una pena diversa, sempre che nei periodi indicati non sia stato commesso un ulteriore reato.

Sezione VI
Norme di coordinamento e di attuazione

Art. 25.
(Delegati del procuratore della Repubblica nel procedimento penale davanti al giudice di pace).

      1. Nei procedimenti penali dinanzi al giudice di pace, le funzioni del pubblico

 

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ministero possono essere svolte, per delega del procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario:

          a) nell'udienza dibattimentale, da uditori giudiziari, da vice procuratori onorari addetti all'ufficio o da laureati in giurisprudenza che frequentano il secondo anno della scuola biennale di specializzazione per le professioni legali di cui all'articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, e successive modificazioni;

          b) nei procedimenti in camera di consiglio di cui all'articolo 127 del codice di procedura penale, nei procedimenti di esecuzione ai fini dell'intervento di cui all'articolo 655, comma 2, del medesimo codice, e nei procedimenti di opposizione al decreto del pubblico ministero di liquidazione del compenso ai periti, consulenti tecnici e traduttori ai sensi degli articoli 168 e 170 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, da vice procuratori onorari addetti all'ufficio.

      2. Nei casi indicati al comma 1, la delega è conferita in relazione a una determinata udienza o a un singolo procedimento.
      3. La delega è revocabile nei soli casi in cui il codice di procedura penale prevede la sostituzione del pubblico ministero.
      4. Si osservano le disposizioni stabilite dall'articolo 162, commi 1, 3 e 4, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1989, n. 271, e successive modificazioni.

Art. 26.
(Disposizioni regolamentari e sulla tenuta dei registri).

      1. Con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro cinque mesi

 

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dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro della giustizia adotta le disposizioni regolamentari relative ai procedimenti penali dinanzi al giudice di pace, che concernono:

          a) le modalità di formazione e di tenuta dei fascicoli degli uffici giudiziari;

          b) il rilascio da parte degli uffici dei giudici di pace dei certificati del casellario giudiziale previsti dagli articoli da 23 a 27 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313;

          c) le altre attività necessarie per l'attuazione della presente legge.

      2. Il parere del Consiglio di Stato sullo schema del regolamento di cui al comma 1 è reso entro un mese dalla richiesta.
      3. La disciplina sulla tenuta in forma automatizzata dei registri e delle altre forme di registrazione in materia penale è adottata con decreto del Ministro della giustizia.

Sezione VII
Sanzioni applicabili dal giudice di pace

Art. 27.
(Sanzioni).

      1. Ai reati attribuiti alla competenza del giudice di pace per i quali è prevista la sola pena della multa o dell'ammenda continuano ad applicarsi le pene pecuniarie vigenti.
      2. Per gli altri reati di competenza del giudice di pace le pene sono modificate con le seguenti modalità:

          a) quando il reato è punito con la pena della reclusione o dell'arresto alternativa a quella della multa o dell'ammenda, si applica la pena pecuniaria della specie corrispondente da 77 euro a 2.582 euro; se la pena detentiva è superiore nel massimo a

 

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sei mesi, si applica la predetta pena pecuniaria o la pena della permanenza domiciliare da sei giorni a trenta giorni ovvero la pena del lavoro di pubblica utilità per un periodo da dieci giorni a tre mesi;

          b) quando il reato è punito con la sola pena della reclusione o dell'arresto, si applica la pena pecuniaria della specie corrispondente da 516 euro a 2.582 euro o la pena della permanenza domiciliare da quindici giorni a quarantacinque giorni ovvero la pena del lavoro di pubblica utilità da venti giorni a sei mesi;

          c) quando il reato è punito con la pena della reclusione o dell'arresto congiunta con quella della multa o dell'ammenda, si applica la pena pecuniaria della specie corrispondente da 77 euro a 2.582 euro o la pena della permanenza domiciliare da venti giorni a quarantacinque giorni ovvero la pena del lavoro di pubblica utilità da un mese a sei mesi.

      3. Nei casi di recidiva reiterata infraquinquennale, il giudice applica la pena della permanenza domiciliare o quella del lavoro di pubblica utilità, salvo che sussistano circostanze attenuanti ritenute prevalenti o equivalenti.
      4. La disposizione del comma 3 non si applica quando il reato è punito con la sola pena pecuniaria nonché nell'ipotesi indicata nella prima parte della lettera a) del comma 2.

Art. 28.
(Obbligo di permanenza domiciliare).

      1. La pena della permanenza domiciliare comporta l'obbligo di rimanere presso la propria abitazione o in altro luogo di privata dimora ovvero in un luogo di cura, assistenza o accoglienza nei giorni di sabato e di domenica; il giudice, avuto riguardo alle esigenze familiari, di lavoro, di studio o di salute del condannato, può disporre che la pena venga eseguita in giorni diversi della settimana ovvero, a

 

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richiesta del condannato, continuativamente.
      2. La durata della permanenza domiciliare non può essere inferiore a sei giorni né superiore a quarantacinque giorni; il condannato non è considerato in stato di detenzione.
      3. Il giudice può altresì imporre al condannato, valutati i criteri di cui all'articolo 133, secondo comma, del codice penale, il divieto di accedere a specifici luoghi nei giorni in cui non è obbligato alla permanenza domiciliare, tenuto conto delle esigenze familiari, di lavoro, di studio o di salute del condannato.
      4. Il divieto di cui al comma 3 non può avere durata superiore al doppio della durata massima della pena della permanenza domiciliare e cessa in ogni caso quando è stata interamente scontata la pena della permanenza domiciliare.

Art. 29.
(Lavoro di pubblica utilità).

      1. Il giudice di pace può applicare la pena del lavoro di pubblica utilità solo su richiesta dell'imputato.
      2. Il lavoro di pubblica utilità non può essere inferiore a dieci giorni né superiore a sei mesi e consiste nella prestazione di attività non retribuita in favore della collettività da svolgere presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni o presso enti od organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato.
      3. L'attività viene svolta nell'ambito della provincia in cui risiede il condannato e comporta la prestazione di non più di sei ore di lavoro settimanale da svolgere con modalità e con tempi che non pregiudicano le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute del condannato. Tuttavia, se il condannato lo richiede, il giudice può ammetterlo a svolgere il lavoro di pubblica utilità per un tempo superiore alle sei ore settimanali.
      4. La durata giornaliera della prestazione non può comunque oltrepassare le otto ore.

 

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      5. Ai fini del computo della pena, un giorno di lavoro di pubblica utilità consiste nella prestazione, anche non continuativa, di due ore di lavoro.
      6. Fermo quanto previsto dal presente articolo, le modalità di svolgimento del lavoro di pubblica utilità sono determinate con decreto del Ministro della giustizia, di intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

Art. 30.
(Conversione delle pene pecuniarie).

      1. Per i reati i competenza del giudice di pace, la pena pecuniaria non eseguita per insolvibilità del condannato è convertita, a richiesta del condannato, in lavoro sostitutivo da svolgere per un periodo non inferiore a un mese e non superiore a sei mesi con le modalità indicate nell'articolo 29.
      2. Ai fini della conversione prevista dal comma 1, un giorno di lavoro sostitutivo equivale a 12,91 euro di pena pecuniaria.
      3. Il condannato può sempre fare cessare la pena del lavoro sostitutivo pagando la pena pecuniaria, dedotta la somma corrispondente alla durata del lavoro prestato.
      4. Quando è violato l'obbligo del lavoro sostitutivo conseguente alla conversione della pena pecuniaria, la parte di lavoro non ancora eseguito è convertita nell'obbligo di permanenza domiciliare secondo i criteri indicati nel comma 6.
      5. Se il condannato non richiede di svolgere il lavoro sostitutivo, le pene pecuniarie non eseguite per insolvibilità sono convertite nell'obbligo di permanenza domiciliare con le forme e nei modi previsti dall'articolo 28, comma 1; in questo caso non è applicabile al condannato il divieto di cui al medesimo articolo 28, comma 3.
      6. Ai fini della conversione prevista dal comma 5, un giorno di permanenza domiciliare equivale a 25,82 euro di pena pecuniaria e la durata della permanenza non può essere superiore a quarantacinque giorni.

 

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Art. 31.
(Violazione degli obblighi).

      1. Il condannato che senza giusto motivo si allontana dai luoghi in cui è obbligato a permanere o che non si reca nel luogo in cui deve svolgere il lavoro di pubblica utilità o che lo abbandona è punito con la reclusione fino a un anno.
      2. Alla stessa pena soggiace il condannato che viola reiteratamente senza giusto motivo gli obblighi o i divieti inerenti alle pene della permanenza domiciliare o del lavoro di pubblica utilità.
      3. In caso di condanna per i delitti previsti dal presente articolo, non sono applicabili le sanzioni sostitutive previste dagli articoli 53 e seguenti della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni.

Art. 32.
(Competenza).

      1. La competenza per i delitti di cui all'articolo 31 è attribuita al tribunale in composizione monocratica.

Art. 33.
(Effetti delle sanzioni e criteri di ragguaglio).

      1. Per ogni effetto giuridico la pena dell'obbligo di permanenza domiciliare e il lavoro di pubblica utilità si considerano come pena detentiva della specie corrispondente a quella della pena originaria.
      2. Quando per qualsiasi effetto giuridico si deve eseguire un ragguaglio tra la pena detentiva e le pene di cui agli articoli 28 e 29, un giorno di pena detentiva equivale a due giorni di permanenza domiciliare o tre giorni di lavoro di pubblica utilità.
      3. Un giorno di pena detentiva equivale a 38,73 euro di pena pecuniaria irrogata in luogo della pena detentiva ai sensi dell'articolo 27.

 

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      4. In deroga a quanto stabilito nell'articolo 78, primo comma, numero 3), del codice penale, la pena della multa o dell'ammenda non può comunque eccedere la somma di 7.747 euro, ovvero la somma di 30.987 euro se il giudice si avvale della facoltà di aumento indicata nel secondo comma dell'articolo 133-bis dello stesso codice.

Art. 34.
(Controllo sull'osservanza delle sanzioni dell'obbligo di permanenza domiciliare e del lavoro di pubblica utilità).

      1. L'ufficio di pubblica sicurezza del luogo di esecuzione della pena o, in mancanza dell'ufficio di pubblica sicurezza il comando dell'Arma dei carabinieri territorialmente competente, effettua il controllo sull'osservanza degli obblighi connessi alla pena dell'obbligo di permanenza domiciliare o del lavoro di pubblica utilità con le modalità stabilite dall'articolo 65, commi primo e secondo, della legge 24 novembre 1981, n. 689, in quanto applicabile.

Art. 35.
(Esclusione della sospensione condizionale della pena).

      1. Le disposizioni di cui agli articoli 163 e seguenti del codice penale, relative alla sospensione condizionale della pena, non si applicano alle pene irrogate dal giudice di pace.

Art. 36.
(Inapplicabilità delle altre misure sostitutive della detenzione).

      1. Le sanzioni sostitutive previste dagli articoli 53 e seguenti della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni, non si applicano ai reati di competenza del giudice di pace.

 

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Sezione VIII
Disposizioni transitorie e finali

Art. 37.
(Norma transitoria).

      1. Le norme della presente legge si applicano ai procedimenti relativi ai reati indicati nell'articolo 6 commessi dopo la data della sua entrata in vigore.

Art. 38.
(Abrogazione).

      1. Il decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, e successive modificazioni, è abrogato.


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