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PDL 814

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 814



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato CONSOLO

Conferimento di una borsa di studio
ai medici specializzatisi negli anni 1983-1991

Presentata il 19 maggio 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - Il tema che vorrei sottoporre alla vostra attenzione riguarda l'attività di formazione dei medici specialisti e, in particolare, la previsione di una remunerazione per i professionisti che affrontarono il proprio periodo di specializzazione nel periodo compreso tra il 1983 e il 1991.
      A tale argomento sono stato sollecitato da un moto di curiosità destato in me da vicende giudiziarie di ambito civile, nelle quali la Repubblica italiana è stata convenuta in giudizio per il riconoscimento di emolumenti in forma di borse di studio da parte di cittadini che, a suo tempo, frequentarono un corso di specializzazione in discipline mediche, ma non usufruirono di nessuna forma di gratificazione economica.
      Per meglio intendere il fondamento di tali istanze e, dunque, la portata della presente proposta di legge, è da premettere che con le direttive 75/362/CEE, 75/363/CEE, 82/76/CEE, e, successivamente, 93/16/CEE (che ha abrogato le direttive citate), la Comunità europea aveva inteso dare piena attuazione, per la professione medica, agli articoli 5 e 189 dell'originario Trattato istitutivo della Comunità europea, prevedendo, con il tenore programmatico tipico dello strumento legislativo della direttiva, disposizioni generali in tema di reciproco riconoscimento tra i Paesi membri della Comunità dei diplomi e degli altri titoli di studio dei medici, al fine di agevolarne la libera circolazione all'interno dello spazio comunitario e di garantire piena operatività, anche in tale settore, ai princìpi della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi.
      Tra le tante disposizioni dettate, in particolare l'articolo 13 della direttiva 82/76/CEE del 1982, novellando la direttiva 75/363/CEE con l'introduzione di un corrispondente allegato, stabiliva che il periodo
 

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di specializzazione doveva formare «oggetto di una adeguata rimunerazione», applicando così princìpi di civiltà del lavoro e di confacenza della retribuzione che trovavano e trovano larga eco anche nel nostro dettato costituzionale e assecondando, altresì, un principio che sembra germogliato e colto presso l'opinione comune, ovvero quella del cittadino, in base al quale chi lavora deve essere compensato per gli sforzi profusi per la buona riuscita della propria attività.
      Tale punto, e la necessità dunque di una retribuzione per chi sia ancora impegnato nella propria fase di formazione, venivano poi pienamente ribaditi in sede di rivisitazione organica della materia, operata attraverso la citata direttiva 93/16/CEE, la quale ha raccolto in un contesto unitario gli spunti maturati al riguardo nel corso del ventennio precedente, inquadrandoli formalmente in un unico provvedimento oggi in vigore.
      Tuttavia, nonostante la pertinenza dei suggerimenti impartiti dalla Comunità europea mediante i propri atti e nonostante la sua innegabile corrispondenza a precetti di dignità costituzionale del nostro ordinamento, quanto pianificato, a causa di deprecabili deficienze in area legislativa, non ha avuto per nulla attuazione nel diritto interno, e solo dopo lungo tempo, mercè l'intervento sanzionatorio della Corte di giustizia delle Comunità europee, il nostro legislatore si è risolto ad emanare il decreto legislativo 8 agosto 1991, n. 257, attraverso il quale, all'articolo 6, è stato riconosciuto un contributo a favore degli specializzandi dell'importo di lire 21.500.000, ma con effetti a decorrere soltanto dall'anno accademico 1991-1992.
      Com'è evidente, tale intervento ha adempiuto solo in parte agli obblighi comunitari, e in misura ancora più esigua ha soddisfatto le legittime aspettative e istanze che avevano preceduto, circondato e accompagnato l'emanazione della disciplina comunitaria; e ciò perché, nonostante avesse avuto luogo un lungo dibattito in sede di predisposizione di tale provvedimento, si decise poi di non corredarlo di efficacia retroattiva, pregiudicando per questa via la posizione di quanti avessero conseguito la specializzazione prima della sua entrata in vigore o fossero ancora iscritti ai corsi senza averli terminati.
      Va da sé che nel frattempo gli organi di giustizia amministrativa avevano provveduto ad annullare i provvedimenti adottati al riguardo dalle pubbliche amministrazioni, e che per tale ragione il legislatore era stato indotto a riconoscere, con legge 19 ottobre 1999, n. 370, il diritto a tale remunerazione, ma solo per un ristretto novero di soggetti, ovvero per i destinatari delle sentenze coperte da giudicato pronunciate nei processi amministrativi citati; tali soggetti sono dunque tuttora gli unici professionisti ai quali, sebbene iscritti ai corsi prima del 1991, è stato corrisposto, seppure forfettariamente, il contributo di loro spettanza, quantificato in lire 13.000.000 annue.
      Anche in questo caso, dunque, nonostante l'occasione legislativa fosse propizia, si è tralasciato di regolamentare la posizione di coloro i quali di tali sentenze non fossero beneficiari, di quanti non avessero partecipato alle singole e concrete vicende impugnative, e fossero, comunque e tuttavia, pur sempre titolari di un diritto alla retribuzione sulla base della disciplina comunitaria; e non si è risolto definitivamente il problema, come sarebbe stato legittimo attendersi, estendendo il contributo a tutti quelli che ne detenevano il diritto in base alle deliberazioni legislative e giurisdizionali degli organi europei; e ciò ancora una volta sulla base di determinazioni difficilmente comprensibili e palesemente discriminatorie.
      Tale ingiustificata elaborazione della norma ha poi esacerbato il contenzioso, sortendo nuove condanne da parte della Corte di giustizia delle Comunità europee, la quale, con sentenze del 25 febbraio 1999 e del 3 ottobre 2000, tornava in argomento per ribadire che l'obbligo di retribuzione era da un lato incondizionato, e dall'altro somministrato dalla normativa in maniera sufficientemente precisa e dettagliata, tale che la sua immediata
 

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applicazione doveva ritenersi sicut sagitta obbligo del legislatore nazionale.
      Inoltre il contenzioso, suscitato dall'inerzia del legislatore e aggravato dai suoi improvvidi interventi, non si è esaurito dinanzi alla magistratura europea e a quella interna, poiché alle numerose iniziative promosse dinanzi ad esse sono andati ad aggiungersi, come riferito inizialmente, i giudizi civili pendenti di fronte al tribunale di Roma sotto i numeri di ruolo 8189/01, 52532/01 e 12845/01, instaurati da un nutrito numero di medici avverso l'Amministrazione al fine di ottenere soddisfazione del diritto sancito dalle direttive comunitarie.
      In seguito, il decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368, ha generalizzato il principio della retribuzione dei medici specializzandi, precisando che i medesimi sono legati da vincolo contrattuale con gli enti universitari e con la regione di appartenenza di questi e che «al medico in formazione specialistica è (...) corrisposto un trattamento economico annuo onnicomprensivo», ma lasciando ancora una volta senza replica le istanze e le aspettative di quanti hanno maturato il diritto al compenso allo scadere del termine per il recepimento e l'attuazione delle direttive comunitarie, durante gli anni impiegati dal legislatore per tradurre in provvedimento nazionale quanto contemplato e imposto dalla normativa sovranazionale.
      Da ultimo, l'articolo 1, comma 300, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria per il 2006) ha finalmente introdotto un trattamento economico per gli specializzandi, ma solo a decorrere dall'anno accademico 2006-2007.
      La proposta di legge di cui mi faccio portatore intende dunque rimediare alla protratta inottemperanza del legislatore nazionale, rendendo finalmente effettivo per i medici che hanno frequentato scuole di specializzazione tra il 1983 e il 1991 il diritto, sancito a livello comunitario, di conseguire «l'adeguata rimunerazione» prevista per il loro operato, e si colloca in un processo di rimeditazione di ampia latitudine dei princìpi normativi sottesi della professione medica, già intrapreso con il citato decreto legislativo n. 368 del 1999, e portato avanti con la legge finanziaria per il 2006.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Remunerazione con efficacia retroattiva dell'attività di specializzazione svolta).

      1. Ai medici che sono stati ammessi alla frequenza di corsi di specializzazione in medicina presso le facoltà universitarie tra gli anni accademici 1983-1984 e 1990-1991 è corrisposta, da parte del Ministero dell'università e della ricerca, una borsa di studio a titolo forfettario dell'importo di 10.000 euro, sulla base delle condizioni di cui all'articolo 2. Tale importo non è oggetto di pagamento di interessi e di rivalutazione monetaria.

Art. 2.
(Aventi diritto).

      1. Sono destinatari della borsa di studio di cui all'articolo 1 i soggetti riguardo ai quali sono state accertate, ad opera del Ministero dell'università e della ricerca, le seguenti condizioni:

          a) l'avvenuta frequenza di un corso di specializzazione in base alla normativa prevista dal decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162, e successive modificazioni, per l'intera durata legale del corso di formazione;

          b) l'impegno di servizio a tempo pieno o ridotto, attestato dal direttore della scuola di specializzazione o da autocertificazione ai sensi dell'articolo 46 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, e successive modificazioni;

          c) il mancato esercizio, per tutta la durata del corso di specializzazione, di qualsiasi attività libero-professionale esterna, nonché di attività lavorativa, anche

 

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in regime di convenzione o di precarietà, con il Servizio sanitario nazionale.

Art. 3.
(Soggetti esclusi).

      1. Non sono ammessi alla fruizione della borsa di studio di cui all'articolo 1 coloro i quali:

          a) hanno interrotto ingiustificatamente il corso di specializzazione per un periodo superiore a trenta giorni in un anno accademico;

          b) non hanno recuperato i periodi di sospensione dovuti a servizio militare, missioni scientifiche, gravidanza o malattia.

Art. 4.
(Disposizioni di attuazione).

      1. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dell'università e della ricerca determina, con proprio decreto, il termine entro il quale, a pena di decadenza, deve essere trasmessa la domanda di corresponsione della borsa di studio, lo scaglionamento dei pagamenti, nonché le modalità di inoltro e di autocertificazione in base alla vigente normativa. Con lo stesso decreto dispone l'effettuazione di controlli a campione su una porzione delle istanze presentate non inferiore al 10 per cento.

Art. 5.
(Copertura finanziaria).

      1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, valutato in 6 milioni di euro per l'anno 2006, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2006-2008, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze

 

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per l'anno 2006, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
      2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Art. 6.
(Entrata in vigore).

      1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.


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