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PDL 907

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 907



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato PEDRIZZI

Disposizioni in materia di obiezione di coscienza dei farmacisti alla vendita della cosiddetta «pillola del giorno dopo»

Presentata il 24 maggio 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - Definizioni scientifiche, manuali e trattati di biologia ed embriologia affermano che con la fecondazione comincia lo sviluppo di una nuova persona e che l'embrione è l'espressione delle fasi più precoci dello sviluppo di tale nuovo individuo. Infatti, «perché l'uovo possa segmentarsi e dare origine a un nuovo organismo (...) è necessaria la fusione della cellula germinale femminile con quella maschile».
      Nel Dizionario di termini medici di M. Garnier e V. Delamare si può leggere che per fecondazione s'intende «l'unione di un gamete maschio (spermatozoo) e di un gamete femmina (ovulo) con formazione di uno zigote», parola quest'ultima derivante dal verbo greco zigoo oppure zeugnumi con il significato di aggiogo, congiungo, accoppio. Lo zigote non è altro che la cellula fecondata alla sua prima divisione; esso è già embrione. Inoltre, secondo Roberto Colombo, docente all'Università Cattolica di Milano, «un ovulo fecondato - meglio chiamato "zigote" - designa l'embrione umano allo stadio di una sola cellula, subito dopo che si è completato il processo di fecondazione nell'ampolla tubarica. A questo stadio di sviluppo, l'impianto non può in alcun caso avvenire. L'impianto avviene invece, normalmente, quando l'embrione si trova al quinto-sesto giorno di sviluppo (blastocisti) e ha ormai raggiunto la cavità uterina». Da ciò si deduce che già con la congiunzione si ha la fecondazione: è noto, inoltre, ai ginecologi di tutto il mondo che tale congiunzione non avviene nell'utero, bensì nella tuba o tromba uterina e che il processo vitale di segmentazione e risegmentazione dell'uovo fecondato avviene proprio durante la migrazione dalla tromba uterina all'utero.
      Alla luce di quanto detto, è palese la funzione abortiva del farmaco, noto con il nome di «pillola del giorno dopo», per il
 

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quale è stata a suo tempo autorizzata la vendita dall'allora Ministro della sanità (estratto del decreto AIC/VAC n. 510 del 2000 del 26 settembre 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 238 dell'11 ottobre 2000).
      Infatti, la «pillola del giorno dopo» è un preparato a base di ormoni che, assunto entro e non oltre le settantadue ore successive a un rapporto sessuale presumibilmente fecondante, esplica un meccanismo di tipo «anti-nidatorio», cioè impedisce che l'eventuale ovulo fecondato (che è un embrione umano), ormai giunto nel suo sviluppo allo stadio di blastocisti (quinto-sesto giorno dalla fecondazione), s'impianti nella parete uterina. Il risultato finale sarà quindi l'espulsione e la perdita di questo embrione. Pertanto, risulta chiaramente che l'azione «anti-nidatoria» della pillola nient'altro è se non un aborto realizzato con mezzi chimici. Del resto, l'assunzione del farmaco è finalizzata direttamente all'interruzione di un'eventuale gravidanza, esattamente come nel caso dell'aborto. La gravidanza, infatti, comincia dalla fecondazione e non già dall'impianto del blastocisti nella parete uterina. Ne consegue che la stessa illiceità di procedere a pratiche abortive, se non accompagnate dagli adempimenti di cui alla legge 22 maggio 1978, n. 194, sussiste anche per la diffusione, la prescrizione e l'assunzione della pillola del giorno dopo.
      Definire il ritrovato in questione un «anti-nidatorio», anziché - con una terminologia trasparente - un «abortivo», permette infatti di sfuggire a tutte le procedure obbligatorie che la legge n. 194 del 1978 prevede per poter accedere all'interruzione di gravidanza, realizzando una forma di aborto del tutto nascosta e non registrabile da alcuna istituzione. Tutto ciò appare in netta contraddizione con la corretta applicazione della pur modificabile legge n. 194 del 1978.
      Proprio perché non si tratta di un farmaco contraccettivo, ma di un vero farmaco abortivo, i farmacisti possono rifiutarsi di vendere la pillola abortiva.
      Perciò, la presente proposta di legge, composta di un unico articolo, detta disposizioni relative alla introduzione del diritto all'obiezione di coscienza per i farmacisti circa l'erogazione del farmaco.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. I farmacisti, sia titolari sia dipendenti, hanno diritto di dichiarare la loro obiezione di coscienza alla vendita di farmaci che impediscono l'annidamento nell'utero dell'ovulo fecondato.
      2. I farmacisti che prestano servizio presso farmacie comunali dichiarano la loro obiezione di coscienza all'assessore competente in materia sanitaria del comune nel quale è ubicata la farmacia. I farmacisti che prestano servizio presso farmacie di aziende ospedaliere dichiarano la loro obiezione di coscienza al direttore sanitario dell'azienda medesima. I farmacisti che prestano servizio all'interno di case di cura private dichiarano la loro obiezione di coscienza al direttore sanitario della struttura medesima.


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