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PDL 689

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 689


 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

DE SIMONE, GUADAGNO detto VLADIMIR LUXURIA,
MIGLIORE, MASCIA

Modifiche al decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216, recante attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro

Presentata il 15 maggio 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge si pone l'obiettivo di modificare il decreto legislativo n. 216 del 2003, recante attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro.
      Il citato decreto legislativo stabilisce un quadro generale per la lotta alle discriminazioni fondate sulla religione o sulle convinzioni personali, sugli handicap, sull'età o sulle tendenze sessuali, per quanto concerne l'occupazione e le condizioni di lavoro, al fine di rendere effettivo negli Stati membri dell'Unione europea il principio della parità di trattamento.
      Ma l'impostazione generale del decreto legislativo appare ambigua e del tutto insoddisfacente. Il testo, infatti, sfrutta in chiave estremamente restrittiva le «zone d'ombra» della direttiva 2000/78/CE, cosicché l'introduzione di eccezioni generali e non circostanziate all'applicazione del principio di parità di trattamento comporta il rischio che i princìpi contenuti nella direttiva restino lettera morta, rendendo in sostanza inefficaci strumenti che avrebbero dovuto rappresentare ed esercitare tutela e adeguata protezione.
      Il decreto legislativo evidenzia il tentativo del Governo di limitare la protezione dei lavoratori e delle lavoratrici, che, al
 

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contrario, costituiva la finalità della direttiva. Le eccezioni generali previste potrebbero essere applicate in maniera tanto estensiva da contenere in modo significativo, se non vanificare, la portata della disciplina antidiscriminatoria.
      L'attuazione della direttiva in senso meno minimalista avrebbe reso possibile per la prima volta nel nostro ordinamento l'introduzione di princìpi e di misure antidiscriminatorie fondate sulla base dell'orientamento sessuale.
      Il decreto legislativo approvato rappresenta una occasione mancata.
      Altro punto importante è quello relativo all'onere della prova, che nell'attuale formulazione rimane a carico della vittima: la mancata inversione dell'onere della prova rappresenta una violazione agli articoli 9 e 10 della direttiva.
      Il decreto legislativo manca poi di norme di attuazione delle disposizioni relative alla diffusione delle informazioni, al dialogo sociale e con le organizzazioni non governative; omette, inoltre, la previsione di misure finalizzate al monitoraggio delle prassi dei luoghi di lavoro.
      La presente proposta di legge non mira a riscrivere interamente il decreto legislativo, ma si prefigge di sanare le maggiori storture e di intervenire sugli aspetti della nuova disciplina che ci sembrano più inadeguati.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Oggetto).

      1. All'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216, le parole: «disponendo le misure necessarie affinché tali fattori non siano causa di discriminazione» sono sostituite dalle seguenti: «disponendo le misure necessarie per la lotta alla discriminazione fondata sui citati fattori».

Art. 2.
(Ambito di applicazione).

      1. All'articolo 3 comma 1, lettera a), del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «indipendentemente dal ramo di attività e a tutti i livelli della gerarchia professionale».
      2. Il comma 3 dell'articolo 3 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216, è sostituito dal seguente:

      «3. Nell'ambito del rapporto di lavoro o dell'esercizio dell'attività d'impresa, non costituiscono atti di discriminazione ai sensi dell'articolo 2 quelle differenze di trattamento basate su caratteristiche connesse alla religione, alle convinzioni personali, all'handicap, all'età o all'orientamento sessuale di una persona, qualora, per la natura dell'attività lavorativa o per il contesto in cui essa viene espletata, si tratti di caratteristiche che costituiscono un requisito essenziale e determinante ai fini dello svolgimento dell'attività medesima, purché la finalità sia legittima e il requisito proporzionato».

 

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      3. Il comma 4 dell'articolo 3 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216, è sostituito dal seguente:

      «4. Sono, comunque, fatte salve le disposizioni che prevedono la possibilità di trattamenti differenziati in relazione all'età, riguardanti gli adolescenti, i giovani, i lavoratori anziani, e i lavoratori con persone a carico, dettati dalla particolare natura del rapporto di lavoro e dalle legittime finalità di politica del lavoro, di mercato del lavoro e di formazione professionale».
      4. Il comma 5 dell'articolo 3 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216, è sostituito dal seguente:

      «5. Non costituiscono atti di discriminazione ai sensi dell'articolo 2 le differenze di trattamento basate sulla professione di una determinata religione o di determinate convinzioni personali che siano praticate nell'ambito di enti religiosi o altre organizzazioni pubbliche o private la cui etica è fondata sulla religione o sulle convinzioni personali, qualora tale religione o tali convinzioni personali, per la natura delle attività professionali svolte da detti enti o organizzazioni o per il contesto in cui esse sono espletate, costituiscano requisito essenziale, legittimo e giustificato ai fini dello svolgimento delle medesime attività. Le differenze di trattamento di cui al presente comma non possono comunque giustificare una discriminazione basata su altri motivi».

      5. Il comma 6 dell'articolo 3 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216, è sostituito dal seguente:

      «6. Non costituiscono, comunque, atti di discriminazione ai sensi dell'articolo 2 quelle differenze di trattamento che, pur risultando indirettamente discriminatorie, siano giustificate oggettivamente da finalità legittime perseguite attraverso mezzi appropriati e necessari».

 

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Art. 3.
(Tutela giurisdizionale dei diritti).

      1. Il comma 4 dell'articolo 4 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216, è sostituito dal seguente:

      «4. Quando il ricorrente fornisce elementi di fatto, desunti anche da dati di carattere statistico relativi alle assunzioni, ai regimi retributivi, all'assegnazione di mansioni e di qualifiche, ai trasferimenti, alla progressione in carriera e ai licenziamenti, idonei a fondare, in termini precisi e concordanti, la presunzione dell'esistenza di atti o di comportamenti discriminatori in base alle caratteristiche di cui all'articolo 1, spetta al convenuto l'onere della prova sulla insussistenza della discriminazione».

Art. 4.
(Legittimazione ad agire).

      1. L'articolo 5 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216, è sostituito dal seguente:

      «Art. 5. (Legittimazione ad agire) - 1. Le rappresentanze locali delle organizzazioni nazionali comparativamente più rappresentative a livello nazionale e le organizzazioni e le associazioni che hanno un interesse specifico ad intervenire in giudizio in ragione degli interessi che rappresentano sono legittimate ad agire ai sensi dell'articolo 4, in nome e per conto del soggetto passivo della discriminazione, in forza di delega rilasciata per iscritto, a pena di nullità, o a suo sostegno, contro la persona fisica o giuridica cui è riferibile il comportamento o l'atto discriminatorio.
      2. Le rappresentanze sociali, le organizzazioni e le associazioni di cui al comma 1 sono, altresì, legittimate ad agire nei casi di discriminazione collettiva, anche nei casi in cui non siano individuabili in modo immediato e diretto le persone lese dalla discriminazione».

 

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Art. 5.
(Dialogo sociale e con le organizzazioni
non governative).

      1. Dopo l'articolo 5 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216, come sostituito dall'articolo 4 della presente legge, è inserito il seguente:

      «Art. 5-bis. (Dialogo sociale e con le organizzazioni non governative). - 1. Allo scopo di sostenere il principio di parità di trattamento, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali promuove la consultazione delle parti sociali nonché delle organizzazioni e delle associazioni di cui all'articolo 5.
      2. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentite le parti sociali nonché le organizzazioni e le associazioni di cui al comma 1, e di intesa con esse, promuove altresì il monitoraggio delle prassi nei luoghi di lavoro, delle norme contenute nei contratti collettivi di lavoro, nei codici di comportamento nonché ricerche o scambi di esperienze e di buone pratiche e adotta le misure necessarie per assicurare in tali ambiti il rispetto dei requisiti minimi previsti dal presente decreto».

Art. 6.
(Diffusione delle informazioni).

      1. Dopo l'articolo 5-bis del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216, introdotto dall'articolo 5 della presente legge, è inserito il seguente:

      «Art. 5-ter. (Diffusione delle informazioni). - 1. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentite le parti sociali e le organizzazioni e le associazioni di cui all'articolo 5, e di intesa con esse, adotta le iniziative necessarie alla diffusione delle informazioni sui luoghi di lavoro, anche mediante campagne informative sul territorio nazionale, allo scopo di assicurare che le disposizioni di cui al presente decreto siano portate all'attenzione dei soggetti interessati».

 

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Art. 7.
(Disposizioni finali).

      1. Dopo l'articolo 7 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216, è aggiunto, in fine, il seguente:

      «Art. 7-bis. (Disposizioni finali). - 1. Sono nulle tutte le disposizioni contrarie al principio della parità di trattamento di cui al presente decreto contenute nei contratti collettivi di lavoro, nei regolamenti aziendali, nei codici di comportamento e nei codici deontologici.
      2. Sono altresì nulle, ai sensi dell'articolo 1418 del codice civile, le clausole contrattuali contrarie alle disposizioni del presente decreto».


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