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PDL 1164

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1164



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

MIGLIORE, FORGIONE, MASCIA, DANIELE FARINA

Modifiche alla disciplina delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni

Presentata il 20 giugno 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge interviene sulla delicata materia delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni e si pone come obiettivo quello di contemperare le necessità investigative, la libertà di stampa, il diritto-dovere di informare e di essere informati, e il diritto alla privacy dei cittadini. Se, infatti, è incontestabile l'utilità di tale mezzo di ricerca della prova, è altrettanto incontestabile che l'uso di tale delicato strumento di indagine debba avvenire con la massima cautela. L'articolo 15 della Costituzione sancisce l'inviolabilità della libertà e della segretezza di ogni forma di comunicazione e prevede espressamente che «La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge». Proprio per conciliare tali princìpi, il codice di procedura penale ha previsto che le intercettazioni (telefoniche, ambientali, eccetera) possano essere disposte - salvo i casi d'urgenza, e allorché vi sia fondato motivo di ritenere che dal ritardo possa derivare grave pregiudizio alle indagini - da un giudice, in presenza di «gravi indizi di reato» e allorché assolutamente indispensabili ai fini della prosecuzione delle indagini (deroghe sono state introdotte dal decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, per reati di particolare gravità).
 

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Il legislatore, dunque, ha ritenuto possibile l'intercettazione di conversazioni private solo in presenza di indizi gravi, di una situazione di «assoluta indispensabilità per la prosecuzione delle indagini», ed esclusivamente in procedimenti per reati di particolare gravità; ha inoltre previsto espressamente che il provvedimento autorizzativo fosse motivato.
      Malgrado le precise e tassative disposizioni codicistiche (articolo 266 e seguenti del codice di procedura penale), si è instaurata però una prassi che contrasta con la lettera e la ratio della legge (anche senza violazioni tali da determinare nullità o inutilizzabilità): non sono infrequenti, infatti, i provvedimenti autorizzativi, o di proroga, motivati con formule di stile ovvero con motivazioni tautologiche o generiche. I dati più recenti confermano che tale strumento di indagine, da «eccezionale», si è trasformato in «ordinario».
      Secondo l'Eurispes, nel decennio 1994-2004, in Italia, sarebbero state intercettate circa 30 milioni di persone, con una spesa che ha toccato i 300 milioni di euro; nell'ultimo biennio le cifre del numero delle intercettazioni e della relativa spesa sono addirittura aumentate, come le recenti vicende di cronaca testimoniano. Considerati i tempi medi delle intercettazioni (circa 45 giorni) ogni anno sarebbero intercettate oltre un milione e mezzo di persone. Si rende necessario, quindi, e non più procrastinabile, un limitato intervento legislativo che, senza incidere sulle effettive necessità investigative, tuteli anche la privacy dei singoli, soprattutto se non indagati o allorché le intercettazioni riguardino comunicazioni irrilevanti per le indagini e del tutto personali. È indispensabile prevedere una disciplina più rigorosa non solo in relazione alla motivazione del provvedimento che dispone le intercettazioni, ma anche in relazione alla successiva attività di utilizzazione processuale delle conversazioni intercettate, in modo che sia ridotto al minimo il sacrificio del diritto alla riservatezza (che non viene meno per il solo fatto che l'intercettazione sia stata legittimamente autorizzata) e, soprattutto, che sia limitato il più possibile il rischio della loro divulgazione e pubblicazione, quando coperte dal segreto o irrilevanti ai fini di una corretta informazione. Il sistema vigente, infatti, non si è rivelato idoneo a tutelare il diritto alla riservatezza dei cittadini allorché questo sia prevalente rispetto al diritto-dovere di informare (soprattutto con riferimento ai terzi estranei al processo): ciò in quanto il meccanismo procedimentale rende conoscibili alle parti - e non solo a loro - tutte le conversazioni intercettate e riportate sommariamente nei «brogliacci» della polizia giudiziaria, mancando - come noto - una preventiva selezione della documentazione rilevante.
      Con il deposito presso la segreteria del pubblico ministero, ai sensi dell'articolo 268, comma 4, del codice di procedura penale, ovvero nei casi in cui è applicata una misura custodiale, le intercettazioni perdono il carattere della segretezza (articolo 329, comma 1, del codice di procedura penale). Per quanto concerne la pubblicazione, l'articolo 114 del codice di procedura penale prevede, da un lato, che sia vietata «la pubblicazione, anche parziale, degli atti non più coperti dal segreto fino a che non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell'udienza preliminare» (il relativo reato è oblabile con il pagamento di 127 euro); ma, dall'altro, consente «la pubblicazione del contenuto di atti non più coperti dal segreto» (articolo 114, commi 2 e 7, del codice di procedura penale).
      Nella presente proposta di legge non sono state modificate le condizioni che legittimano il ricorso alle intercettazioni, anche se si rende più «stringente» l'obbligo di motivazione del provvedimento autorizzativo: la disciplina vigente appare sufficientemente rigorosa nell'individuare i limiti, che possono essere ricondotti, come quelli previsti dalle misure cautelari, ai princìpi di «proporzionalità e adeguatezza». L'intercettazione, infatti, deve costituire l'unico mezzo di prova adeguato a soddisfare l'esigenza investigativa in una situazione in cui l'indagine non possa essere diversamente sviluppata. Si è ritenuto invece necessario intervenire
 

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in relazione alla riservatezza del terzo e alla pubblicazione di comunicazioni intercettate dei soggetti, non indagati né coinvolti nelle indagini, ma di cui pure siano stati intercettati i colloqui, attraverso un intervento diretto sul procedimento delineato dall'articolo 268 del codice di procedura penale. La sequenza procedimentale del deposito e della secretazione del materiale irrilevante viene modificata, attribuendo prima al pubblico ministero, e poi al giudice, il potere di selezionare le intercettazioni da acquisire e di disporre la secretazione di quelle ritenute irrilevanti (si è preferito proporre la secretazione delle intercettazioni irrilevanti, e non la distruzione, in quanto non è raro il caso di intercettazioni che possono apparire irrilevanti in una determinata fase delle indagini e che, successivamente, si dimostrano decisive per l'innocenza o la colpevolezza dell'imputato). La selezione preventiva della documentazione rilevante riduce i rischi di divulgazione dei contenuti delle intercettazioni, senza abbassare il livello di tutela del diritto di difesa dell'imputato, al quale viene riconosciuta la facoltà di prendere cognizione della documentazione che il pubblico ministero ha ritenuto non rilevante. La nuova disciplina si caratterizza, inoltre, per l'istituzione di un apposito archivio riservato nel quale il pubblico ministero deve custodire i verbali e le registrazioni, l'accesso al quale è consentito ai difensori delle parti solo per la verifica della completezza del materiale acquisito e per la eventuale richiesta di integrazione al giudice. La documentazione è custodita nell'archivio riservato fino alla decisione non più soggetta a impugnazioni.
      La rivelazione delle conversazioni intercettate ma non acquisite, e che quindi dovrebbero rimanere segrete, è punita in maniera autonoma al pari dei delitti contro la inviolabilità dei segreti che attengono alla sfera privata (articoli 616 e seguenti del codice penale). La presente proposta di legge introduce nel nostro ordinamento una nuova fattispecie penale che di fatto amplia le ipotesi di lesione del diritto alla riservatezza in conseguenza di condotte che si estrinsecano nella indebita rivelazione del contenuto delle registrazioni ritenute irrilevanti. La proposta di legge interviene poi in materia di «pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale» (articolo 684 del codice penale): una norma posta a tutela non solo del diritto alla riservatezza dei cittadini, ma anche a tutela delle indagini e dell'accertamento della verità. Chi pubblica arbitrariamente atti di un procedimento penale è attualmente punito con l'arresto fino a trenta giorni o l'ammenda da 51 a 258 euro (reato che si può estinguere pagando un'oblazione di 127 euro). La presente proposta di legge, rispetto alla quale si auspica un ampio e approfondito confronto in Parlamento e nel Paese, intende distinguere, rispetto alla pubblicazione, tra atti processuali e atti di indagine: mentre il contenuto dei primi (ad esempio ordinanza di custodia cautelare, provvedimenti del tribunale del riesame, eccetera) è pubblicabile allorché non più coperto dal segreto, gli atti di indagine, e il loro contenuto (a meno che non sia riportato in altri atti processuali), non sono pubblicabili fino al termine delle indagini preliminari; ciò a tutela delle indagini, degli indagati e dei terzi estranei al procedimento penale. Si è ritenuto di proporre questa distinzione, che deve essere evidentemente approfondita, in quanto si ritiene che, allorché venga data la notizia di un provvedimento cautelare, o di altri provvedimenti analoghi, rientri nel diritto di informare e di essere informati conoscerne le motivazioni: in tali casi, gli organi di informazione ben possono (o, meglio, dovrebbero) riportare, nell'ambito di una corretta informazione, anche le considerazioni dell'indagato e/o dei suoi difensori. Diverso, evidentemente, è il caso della pubblicazione del contenuto di indagini (testimonianza, intercettazioni, ricognizioni, eccetera) prima che le stesse siano completate, in conseguenza della quale si rischierebbe non solo di fornire una informazione parziale, ma anche di
 

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incidere negativamente sulla possibilità di accertare singole responsabilità. Proprio per questo si propone di modificare non solo l'articolo 114 del codice di procedura penale, ma anche l'articolo 684 del codice penale (pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale). Si è ritenuto di non prevedere sanzioni, neppure di carattere pecuniario (e, quindi, tanto meno detentivo) per il giornalista, lasciando ogni valutazione di carattere deontologico al consiglio dell'ordine, e di depenalizzare il reato, con significative sanzioni amministrative pecuniarie, rapportate alla diffusione del mezzo di informazione e alla gravità del fatto, per la proprietà della testata. Competente a irrogare tale sanzione dovrebbe essere il Garante per la protezione dei dati personali.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. All'articolo 267 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) il comma 1 è sostituito dal seguente:

      «1. Il pubblico ministero richiede al giudice per le indagini preliminari l'autorizzazione a disporre le operazioni previste dall'articolo 266 quando ritiene sussistenti gravi indizi di reato e l'intercettazione sia assolutamente indispensabile per la prosecuzione delle indagini. L'autorizzazione è data, a pena di inutilizzabilità, con decreto motivato sia in relazione alla sussistenza di gravi indizi di reato, sia in relazione alla assoluta indispensabilità ai fini della prosecuzione delle indagini»;

          b) il comma 2 è sostituito dal seguente:

      «2. Nei casi di urgenza, quando vi è fondato motivo di ritenere che dal ritardo possa derivare grave pregiudizio alle indagini, il pubblico ministero dispone l'intercettazione con decreto motivato che deve essere comunicato immediatamente e comunque non oltre le ventiquattro ore al giudice indicato al comma 1. Il giudice, entro quarantotto ore dal provvedimento, decide sulla convalida con decreto motivato ai sensi del comma 1. Se il decreto del pubblico ministero non viene convalidato nel termine stabilito, l'intercettazione non può essere proseguita e i risultati di essa non possono essere utilizzati»;

          c) dopo il comma 3 è inserito il seguente:

      «3-bis. Fermo restando quanto previsto da disposizioni speciali, la durata dell'intercettazione di comunicazioni tra presenti non può essere prorogata per più di due volte, salvo che siano emersi nuovi elementi

 

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che rendano assolutamente indispensabile l'intercettazione ai fini della prosecuzione delle indagini».

Art. 2.

      1. All'articolo 268 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) il comma 4 è sostituito dal seguente:

      «4. I verbali e le registrazioni sono trasmessi immediatamente e comunque non oltre la scadenza del termine di ciascun periodo di intercettazione al pubblico ministero, che li custodisce nell'archivio riservato previsto dall'articolo 269, comma 1»;

          b) i commi 5, 6, 7 e 8 sono abrogati.

Art. 3.

      1. Dopo l'articolo 268 del codice di procedura penale, come da ultimo modificato dall'articolo 2 della presente legge, sono inseriti i seguenti:

      «Art. 268-bis. - (Trasmissione e deposito dei verbali). - 1. Entro cinque giorni dalla conclusione delle operazioni, il pubblico ministero trasmette al giudice per le indagini preliminari i verbali relativi alle conversazioni, o a parti di esse, che ritiene rilevanti ai fini delle indagini, enunciando le ragioni della rilevanza. Con i verbali sono trasmessi anche i decreti che hanno disposto, autorizzato, convalidato o prorogato l'intercettazione. Gli atti relativi a conversazioni di cui è vietata l'utilizzazione e a quelle prive di rilevanza perché riguardanti persone, fatti o circostanze estranei alle indagini restano custoditi nell'archivio riservato previsto dall'articolo 269, comma 1.
      2. Il giudice può autorizzare il pubblico ministero a ritardare la trasmissione dei verbali non oltre la chiusura delle indagini preliminari qualora possa derivare irreparabile pregiudizio per le indagini.

 

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      3. Entro dieci giorni dalla trasmissione, il giudice dispone con decreto il deposito dei verbali delle conversazioni che ritiene rilevanti e di cui non è vietata l'utilizzazione, nonché dei decreti trasmessi. I verbali delle conversazioni non depositati sono restituiti al pubblico ministero che li custodisce nell'archivio riservato.
      4. Ai difensori è dato immediato avviso della facoltà di esaminare gli atti depositati e quelli custoditi nell'archivio riservato e di ascoltare le registrazioni. I difensori delle parti possono indicare specificamente le conversazioni, o parti di esse, non depositate, delle quali chiedono l'acquisizione, enunciando le ragioni della loro rilevanza.

      Art. 268-ter. - (Udienza di acquisizione delle conversazioni). - 1. Il giudice, sentite le parti, dispone con ordinanza motivata l'acquisizione delle conversazioni rilevanti di cui non è vietata l'utilizzazione, esaminando, se lo ritiene necessario, anche gli atti custoditi nell'archivio riservato previsto dall'articolo 269, comma 1. La documentazione depositata ma non acquisita è immediatamente restituita al pubblico ministero e custodita nell'archivio riservato.
      2. I difensori delle parti possono estrarre copia delle conversazioni di cui è stata disposta l'acquisizione.
      3. I verbali e le registrazioni non acquisiti sono coperti da segreto.
      4. Il giudice dispone perizia per la trascrizione delle registrazioni ovvero la stampa in forma intellegibile delle informazioni contenute nei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche acquisite.
      5. Le trascrizioni delle registrazioni e le stampe sono inserite nel fascicolo degli atti di indagine e poi nel fascicolo del dibattimento a norma dell'articolo 431.
      6. Delle trascrizioni e delle stampe i difensori possono estrarre copia.
      7. Se, prima della conclusione delle operazioni di trascrizione, è presentata la richiesta di rinvio a giudizio, il giudice può fissare l'udienza preliminare e procedere alle deliberazioni quando per la decisione non è necessario attendere l'esito delle operazioni peritali.

 

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      Art. 268-quater. - (Uso delle intercettazioni nel corso delle indagini preliminari). - 1. Quando il giudice deve adottare una decisione prima del deposito previsto dall'articolo 268-bis, comma 3, il pubblico ministero può presentare i risultati delle intercettazioni che ritiene rilevanti, anche a favore della persona sottoposta alle indagini, e di cui non è vietata l'utilizzazione. Il giudice dispone l'acquisizione nel fascicolo degli atti di indagine delle conversazioni rilevanti per la decisione e restituisce le altre al pubblico ministero affinché le custodisca nell'archivio riservato previsto dall'articolo 269, comma 1.

      Art. 268-quinquies. - (Ascolto e acquisizione di conversazioni disposti dal giudice). - 1. Dopo la chiusura delle indagini preliminari il giudice, ai fini della decisione da adottare, può disporre, anche di ufficio, l'esame dei verbali e l'ascolto delle registrazioni custodite nell'archivio riservato previsto dall'articolo 269, comma 1.
      2. Quando è richiesta l'archiviazione, il giudice, se provvede a norma dell'articolo 409, commi 4 e 5, indica al pubblico ministero le conversazioni rilevanti, fissando, ove occorra, l'udienza di acquisizione delle stesse.
      3. Nell'udienza preliminare, il giudice dispone, anche di ufficio, con ordinanza motivata, l'acquisizione delle conversazioni rilevanti.
      4. Nel corso del dibattimento, il giudice può disporre, su specifica e motivata richiesta delle parti, l'acquisizione delle intercettazioni in precedenza ritenute prive di rilevanza. Per la trascrizione si osservano le forme e le garanzie della perizia».

Art. 4.

      1. All'articolo 269 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) il comma 1 è sostituito dal seguente:

      «1. I verbali e le registrazioni sono conservati integralmente in apposito archivio

 

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riservato del pubblico ministero che ha disposto l'intercettazione»;

          b) il secondo e il terzo periodo del comma 2 sono sostituiti dai seguenti: «La documentazione non necessaria per il procedimento è secretata fino alla definizione del procedimento. Successivamente, a richiesta del pubblico ministero o della parte interessata, può esserne chiesta al giudice la distruzione. Il giudice fissa la data dell'udienza in camera di consiglio e, sentite le parti, decide sulla richiesta con decreto motivato».

Art. 5.

      1. All'articolo 270 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) il comma 2 è sostituito dal seguente:

      «2. Ai fini della utilizzazione prevista dal comma 1, i verbali e le registrazioni delle intercettazioni sono trasmessi all'autorità competente per il diverso procedimento. Si applicano le disposizioni di cui agli articoli 268-bis, 268-ter e 268-quater»;

          b) dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:

      «3-bis. La documentazione contenuta nell'archivio riservato di cui all'articolo 269, comma 1, è trasmessa in copia al pubblico ministero competente che provvede a custodirla nell'archivio istituito presso il proprio ufficio».

Art. 6.

      1. Dopo l'articolo 617-sexies del codice penale è inserito il seguente:

      «Art. 617-septies. - (Rivelazione del contenuto di conversazioni e comunicazioni intercettate nel procedimento penale). - Chiunque rivela indebitamente il contenuto di conversazioni o comunicazioni intercettate e coperte dal segreto, delle quali è venuto a conoscenza in ragione del

 

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proprio ufficio, servizio o qualità in un procedimento penale, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni.
      Se l'agevolazione è soltanto colposa, la pena è della reclusione fino ad un anno.
      Se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, la pena è della reclusione da uno a cinque anni, nei casi previsti dal primo comma, e della reclusione da due mesi a due anni, nei casi previsti dal secondo comma».

Art. 7.

      1. Dopo l'articolo 89 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, è inserito il seguente:

      «Art. 89-bis. - (Archivio riservato delle intercettazioni). - 1. Presso l'ufficio del pubblico ministero è istituito l'archivio riservato previsto dall'articolo 269, comma 1, del codice, in cui sono custoditi i verbali e le registrazioni delle intercettazioni.
      2. L'archivio è tenuto sotto la direzione e la sorveglianza del pubblico ministero con modalità tali da assicurare la riservatezza della documentazione in esso contenuta.
      3. Oltre agli ausiliari autorizzati dal pubblico ministero, all'archivio possono accedere, nei casi stabiliti dalla legge, il giudice e i difensori. Ogni accesso è annotato in apposito registro, con l'indicazione della data, dell'ora iniziale e finale dell'accesso e degli atti contenuti nell'archivio di cui è stata presa conoscenza.
      4. Il difensore può ascoltare le registrazioni con apparecchi a disposizione dell'archivio, ma non può ottenere copia delle registrazioni e degli atti di cui ha preso conoscenza».

Art. 8.

      1. L'articolo 684 del codice penale è sostituito dal seguente:

      «Art. 684. - (Pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale). - In

 

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caso di pubblicazione, integrale o parziale, anche per riassunto o a guisa d'informazione, di atti di indagine di un procedimento penale, o del loro contenuto, di cui sia vietata per legge la pubblicazione, l'editore è punito con la sanzione amministrativa della multa da euro 20.000 a euro 100.000. Competente a irrogare la sanzione è il Garante per la protezione dei dati personali, che la quantifica tenendo conto della gravità del fatto e della diffusione del mezzo di comunicazione».

Art. 9.

      1. All'articolo 114 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) il comma 2 è sostituito dal seguente:

      «2. È vietata la pubblicazione, anche parziale, di atti di indagine o del loro contenuto fino a che non siano concluse le indagini preliminari»;

          b) il comma 7 è abrogato.


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