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CAMERA DEI DEPUTATI
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N. 989 |
a) aspirina: in Italia una confezione da 10 pasticche del prodotto 03 della Bayer costa mediamente 4,50 euro. Negli USA una confezione di aspirina con 100 pasticche costa mediamente 2 dollari (circa 1,6 euro). Cioè in USA un'aspirina costa 0,016 euro e in Italia 0,45 euro;
b) ibuprofene (principio attivo di diversi analgesici): in Italia una confezione del prodotto generico con 12 pasticche costa poco più di 4 euro. Negli USA con 5 dollari (circa 4 euro) si comprano 100 pasticche.
Per abbassare i prezzi occorre aprire il mercato ad altri competitori e introdurre una concorrenza effettiva. Questo significherebbe anche:
1) trasparenza dei prezzi: quando in farmacia si chiede il prodotto meno caro, il farmacista guarda sul suo computer e dà la risposta. Tutto bene, ma, andando in un'altra farmacia, alla stessa domanda rispondono con farmaco e prezzo diversi. Nei supermercati, invece, i farmaci sarebbero uno accanto all'altro, con prezzi visibili, e quindi la scelta sarebbe libera da parte del consumatore;
2) reperibilità: facciamo l'ipotesi che sia domenica; se percorrendo l'autostrada si viene colti da un attacco di allergia (di questo periodo cosa non così rara), nei Paesi in cui non c'è il monopolio delle farmacie basta fermarsi al primo autogrill ed i farmaci da banco più comuni sono lì in vendita accanto alle bibite e agli snack. In Italia si deve uscire dall'autostrada, avventurarsi in una città o in un paese sconosciuto e cercare la farmacia di turno aperta.
Ricordiamo le segnalazioni al Parlamento e al Governo dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato: nella segnalazione n. 144 dell'11 giugno 1998 l'Autorità sostiene che l'eliminazione del monopolio delle farmacie sui medicinali senza l'obbligo di prescrizione medica e la conseguente possibilità di acquistarli anche presso altri canali sarebbe di tutto vantaggio per il consumatore in termini di migliore servizio e di più basso prezzo, così come accade in vari Paesi europei.
Inoltre, l'Autorità ha espresso un negativo giudizio sia sul contingentamento numerico delle farmacie sia sulla regolamentazione relativa ai vincoli di orari, turni e ferie. La conseguenza della prima regolamentazione è che «circa l'80 per cento dei comuni italiani, pari al 27 per cento della popolazione, ha a disposizione una sola farmacia» sicché «è del tutto plausibile ritenere che il numero di esercizi presenti in una larga parte dei comuni italiani sia inadeguato a soddisfare la domanda». Mentre sui vincoli di orari, turni e ferie l'Autorità ha sottolineato carenze competitive e del servizio ai consumatori, rilevando che anche «la regolamentazione dei comportamenti concernenti le modalità di svolgimento dell'attività» metteva «in luce che la disciplina attualmente vigente in materia di orari e turni delle farmacie pone significative restrizioni della concorrenza».
L'Autorità ha approfondito questo secondo aspetto nella segnalazione n. 206 del 17 febbraio 2000.
Nella segnalazione n. 300 del 10 giugno 2005, relativa alle possibili distorsioni della concorrenza del decreto-legge n. 87 del 2005 (successivamente convertito, con modificazioni, dalla legge n. 149 del 2005), l'Autorità ha, fra l'altro, ritenuto «improcrastinabile la liberalizzazione della vendita dei farmaci di automedicazione, consentendone la commercializzazione anche presso i punti vendita della distribuzione organizzata», e chiarendo che «una volta che nel punto vendita vengano garantiti un adeguato spazio dedicato a questi prodotti e l'eventuale assistenza informativa alla clientela, l'ampliamento del numero dei punti vendita di questi farmaci determinerebbe un aumento della concorrenza e quindi un forte incentivo per le farmacie a praticare sconti sul prezzo di questi farmaci, ben maggiore di quello derivante dalla previsione della mera possibilità di applicare sconti». Inoltre l'Autorità ha ribadito che si tratta di una «pratica diffusa in vari Paesi europei, senza che essi abbiano determinato alcun danno, di natura sanitaria o altro, per i consumatori; pertanto le barriere alla commercializzazione dei farmaci da banco non appaiono giustificate da nessuna considerazione di interesse pubblico e determinano solamente il permanere di rendite a favore dei beneficiari di tali limitazioni».
1. La presente legge promuove la concorrenza, tutela gli interessi economici dei consumatori, migliora la distribuzione dei farmaci non soggetti a prescrizione medica (SOP) e da banco (OTC), le cui confezioni esterne recano il bollino di riconoscimento previsto dall'articolo 9-bis del decreto-legge 18 settembre 2001, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2001, n. 405, e definito dal decreto del Ministro della salute 1 febbraio 2002, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 33 dell'8 febbraio 2002, garantendo la sicurezza e la tutela della salute.
1. Gli esercizi commerciali previsti dall'articolo 4 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, hanno titolo a porre in vendita i farmaci di cui all'articolo 1 a condizione che la vendita sia effettuata in una parte della superficie dell'esercizio ben definita e distinta dagli altri reparti.
1. Lo sconto sul prezzo indicato nella confezione dei farmaci di cui all'articolo 1 è liberamente determinato dal distributore al dettaglio per ogni singolo farmaco, è esposto in modo leggibile e chiaro ed è praticato a tutti gli acquirenti.
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