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PDL 1144

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1144



 

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PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE

d'iniziativa del deputato D'ALIA

Modifica degli articoli 66 e 68 della Costituzione

Presentata il 15 giugno 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - La proposta di modifica degli articoli 66 e 68 della Costituzione tenta di mediare tra due opposte esigenze: quella di rendere effettive le prerogative del Parlamento e quella di evitare che il legittimo esercizio di tali garanzie scada nell'arbitrio della maggioranza.
      Con la presente proposta di legge costituzionale si intende intervenire sulle procedure e sulla composizione degli organi di ciascuna delle Camere, competenti in materia di ineleggibilità, di incompatibilità e di immunità.
      L'articolo 1 sostituisce l'articolo 66 della Costituzione prevedendo l'istituzione di organi di garanzia con il compito di proporre all'Assemblea le deliberazioni in tema di titoli di ammissione, di cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità, e le deliberazioni relative ai giudizi previsti dall'articolo 68 della medesima Costituzione.
      L'articolo proposto innova significativamente l'attuale sistema.
      Esso prevede, infatti, che tali organi devono essere composti in modo tale da garantire la rappresentanza paritaria dei gruppi parlamentari di maggioranza e di opposizione (il modello è mutuato dal Comitato per la legislazione istituito presso la Camera dei deputati).
      Si tratta, pertanto, di trasformare le attuali Giunte della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica in organi interni a rilevanza costituzionale con funzioni tecnico-giuridiche di carattere istruttorio che mettano ciascuna Assemblea
 

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parlamentare nelle condizioni di deliberare serenamente e al riparo da logiche maggioritarie.
      Si intende favorire la formazione di una vera e propria giurisprudenza parlamentare che esprima al meglio il regime di giurisdizione interna proprio di tutti i Parlamenti democratici.
      La conseguenza di un siffatto sistema è che le deliberazioni assunte dalle Assemblee devono essere considerate definitive e, quindi, non soggette a sindacato esterno.
      L'articolo 2 della proposta di legge costituzionale sostituisce l'articolo 68 della Costituzione.
      Come è noto, l'esistenza di un sistema di immunità è generalmente ricondotta al concetto di indipendenza dell'organo parlamentare.
      Fin dalle origini del parlamentarismo moderno, si è affermato che il mandato elettivo deve essere adempiuto in condizioni di assoluta indipendenza sia nei confronti degli altri poteri dello Stato sia nei confronti dei singoli elettori.
      Tutte le esperienze parlamentari conoscono guarentigie o prerogative in virtù delle quali il membro del Parlamento è sottratto in maniera più o meno estesa al diritto comune.
      La concreta esperienza del nostro e di altri ordinamenti democratici evidenzia, infatti, che non si può prescindere dalla previsione di un'area di garanzia rinforzata posta a tutela delle funzioni degli organi legislativi.
      Il sistema delle immunità parlamentari si è da sempre basato su due diversi pilastri: quello della insindacabilità delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle funzioni e quello delle immunità procedurali.
      A tale schema si è uniformata l'Assemblea costituente nella stesura originaria dell'articolo 68 della Costituzione del 1948.
      Tale impostazione è stata, in parte, confermata anche in occasione della modifica del citato articolo avvenuta con la legge costituzionale n. 3 del 1993.
      Il primo comma dell'attuale articolo 68 della Costituzione prevede che «I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni».
      La prerogativa della insindacabilità affonda le sue radici nelle origini del parlamentarismo e trova un espresso richiamo in tutte le attuali Costituzioni dei Paesi occidentali.
      Essa appare più di ogni altra forma di immunità immediatamente collegata con l'esercizio della funzione essendo finalizzata a sottrarre il parlamentare ad ogni tipo di sindacato, al di fuori di quello posto in essere dal corpo elettorale.
      Sulla interpretazione dell'espressione «nell'esercizio delle loro funzioni» si sono da sempre registrate posizioni contrastanti in dottrina e in giurisprudenza, soprattutto a seguito della soppressione dell'autorizzazione a procedere e quindi della «pregiudizialità parlamentare», che hanno determinato un conflitto sistematico tra potere giudiziario e potere legislativo.
      L'inflazione di tali conflitti ha accentuato, in maniera eccessiva, il ruolo arbitrale della Corte costituzionale che, in assenza di previsioni normative il più possibile definite, è chiamata a individuare il punto di equilibrio fra le esigenze di protezione della prerogativa parlamentare e quelle di tutela delle attribuzioni di altri poteri nonché dei soggetti lesi dalle opinioni espresse dal parlamentare.
      La presente proposta di legge costituzionale, riformulando il primo comma dell'articolo 68 della Costituzione, intende dare riferimenti più precisi e puntuali in ordine alla estensione della prerogativa della insindacabilità.
      Secondo la proposta sono coperte dalla insindacabilità le opinioni comunque e ovunque espresse nell'esercizio delle funzioni parlamentari.
      Con tale locuzione si intende chiarire che qualora sia possibile rintracciare un nesso con le funzioni parlamentari, anche le dichiarazioni rese al di fuori dalle sedi delle Camere, sebbene non riproduttive di atti tipici, devono essere coperte dalla prerogativa.
 

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      L'estensione anche extra moenia della insindacabilità appare in linea anche con la volontà del Costituente, il quale scelse, nel 1948, di non riprodurre la medesima dizione utilizzata nello Statuto albertino che, all'articolo 55, dichiarava che la prerogativa era limitata alle opinioni espresse e ai voti dati «nelle Camere».
      A ciò si aggiunga la necessità di collegare in maniera sistematica il precetto dell'articolo 68 con la disciplina recata dall'articolo 67 della Costituzione, che, come è noto, garantisce il libero esercizio del mandato parlamentare.
      La garanzia della libertà del mandato parlamentare ha, infatti, un raggio di azione che supera la sfera della mera discussione parlamentare.
      Le prerogative parlamentari si radicano, infatti, in un più intenso e sofisticato rapporto tra il parlamentare e la società civile sicché esse diventano funzionali ad assicurare libertà, pubblicità e trasparenza al mandato elettivo e al principio della rappresentanza.
      Peraltro, l'evoluzione della nostra democrazia parlamentare ha evidenziato il superamento della tradizionale condizione di separatezza tra istituzioni e comunità e ciò conduce verso un'inevitabile estensione dell'area coperta dalla insindacabilità.
      Per tali ragioni, anche per le esperienze vissute in altri ordinamenti quale quello tedesco, la presente proposta di legge costituzionale specifica che la insindacabilità non si applica alle «espressioni formulate al di fuori delle sedi parlamentari che sono, per i modi e i termini usati, di per sé lesive della altrui dignità».
      Si tende, infatti, a individuare un giusto ed equo contemperamento dei princìpi costituzionali in gioco.
      La esplicita affermazione della massima estensione spaziale della prerogativa trova, infatti, un bilanciamento nella norma che esclude la copertura della insindacabilità per le espressioni che, per i modi e i termini usati, sono oggettivamente lesive della altrui dignità.
      Una espressione che sia gratuitamente offensiva non può rientrare nella garanzia costituzionale.
      A tale riguardo, già l'articolo 46 della Legge fondamentale tedesca conosce un analogo istituto.
      In forza di tale disposizione, infatti, la prerogativa della insindacabilità «non vale in caso di ingiurie diffamanti».
      Nella presente proposta di legge costituzionale si esclude la insindacabilità per le affermazioni di per sé lesive dell'altrui dignità formulate al di fuori delle sedi parlamentari.
      Viene, infatti, mantenuto il principio, confermato dalla Corte costituzionale con sentenza n. 379 del 1996, secondo cui i fatti «esaustivamente qualificabili alla luce del diritto parlamentare» si «sottraggono ad ogni rimedio diverso dai mezzi di tutela del corretto svolgimento dei lavori previsti dal regolamento parlamentare».
      Il diritto parlamentare conosce, soprattutto attraverso i poteri ordinatori assegnati ai presidenti delle Camere, rimedi e strumenti per sanzionare e circoscrivere tali fenomeni, qualora commessi all'interno delle sedi delle Camere.
      Quanto alle immunità processuali, è opportuno preliminarmente evidenziare che la modifica dell'articolo 68 della Costituzione approvata nel 1993 è frutto di una stagione emergenziale che ha influenzato eccessivamente le scelte del legislatore, creando uno scompenso oggettivo tra i diversi interessi costituzionalmente protetti.
      L'istituto dell'autorizzazione a procedere esiste, infatti, nella stragrande maggioranza dei Paesi occidentali, perché è funzionale al sereno svolgimento delle funzioni parlamentari.
      La tutela immediata della libertà psichica e fisica dei membri delle Camere nei confronti degli effetti intimidatori nascenti dal procedimento penale e la difesa della posizione delle Camere da indebite ingerenze sono, infatti, indispensabili strumenti di salvaguardia dei meccanismi della rappresentanza politica.
      Da questa (corretta e unica) prospettiva si comprendono la limitazione del principio di uguaglianza e la eventuale limitazione temporanea dell'azione penale.
 

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      A ciò si aggiunga che la prassi applicativa degli ultimi anni ha evidenziato un aumento della conflittualità istituzionale che conduce, di fatto, a una reciproca delegittimazione del potere giudiziario e del potere legislativo.
      Il conflitto provoca, inoltre, l'attenuazione dei princìpi costituzionali di indipendenza e di autonomia della magistratura da un lato e della sovranità popolare dall'altro.
      La proposta di legge costituzionale non intende, pertanto, reintrodurre una sorta di «supremazia speciale» delle Camere, ma vuole semplicemente riequilibrare le posizioni dei diversi poteri mettendo un freno alla proliferazione dei conflitti istituzionali.
      La reintroduzione, in versione riveduta e corretta, dell'istituto dell'autorizzazione a procedere si pone quindi come strumento di riequilibrio costituzionale tra la garanzia effettiva del libero esercizio del mandato elettivo e la garanzia, posta a presidio dell'autonomia e dell'indipendenza della giurisdizione e della inamovibilità dei magistrati.
      A tale fine, la proposta di legge costituzionale definisce in maniera chiara ciò che in passato era rimesso alla prassi e alle valutazioni dottrinarie e giurisprudenziali. Infatti, si afferma esplicitamente che le Camere potranno negare l'autorizzazione solo qualora accertino che l'azione è stata intrapresa per fini persecutori o quando la privazione della libertà personale può pregiudicare lo svolgimento dell'attività parlamentare.
      In tale caso si prevede che l'esecuzione del provvedimento restrittivo sia sospesa per la durata del mandato.
      A fronte, quindi, della reintroduzione dell'autorizzazione a procedere in senso stretto, è posto un preciso onere di motivazione a carico delle Camere che dovranno, di volta in volta, specificare quali sono le ragioni di fatto e di diritto che legittimano il ricorso alla deroga al diritto comune.
      Le motivazioni potranno riguardare, infatti, solo le esigenze costituzionali di preservare l'integrità della funzione parlamentare da indebite e strumentali azioni giudiziarie da richieste di esecuzione di provvedimenti restrittivi della libertà dei parlamentari il cui effetto potrebbe essere quello di compromettere il regolare svolgimento dell'attività delle Camere.
      La proposta di legge costituzionale, inoltre, innova il vigente testo dell'articolo 68 della Costituzione anche in materia di autorizzazioni per sottoporre i membri del Parlamento a intercettazioni.
      Al riguardo si propone, infatti, di specificare che tale autorizzazione sarà necessaria per procedere a intercettazioni in qualsiasi forma anche indiretta e ciò anche in considerazione di alcuni casi recenti di prassi giudiziaria i quali dimostrano la necessità di procedere a una esplicita definizione delle fattispecie.
      La sanzione della nullità e della irripetibilità degli atti compiuti in violazione dei precetti costituzionali, unitamente all'obbligo dell'immediata distruzione della documentazione, ha lo scopo di rendere effettiva tale garanzia ponendo, comunque, al riparo dall'eventuale uso strumentale degli atti stessi.
      La modifica in esame individua, infine, quali fonti esclusive, per la disciplina sostanziale e procedurale integrativa, i Regolamenti parlamentari, che costituiscono la sede propria nella quale regolamentare tutto ciò che riguarda l'esercizio della giurisdizione interna.
 

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PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE

Art. 1.

      1. L'articolo 66 della Costituzione è sostituito dal seguente:

      «Art. 66. - Ciascuna Camera giudica, secondo le norme del proprio regolamento, dei titoli di ammissione, delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità dei suoi componenti.
      I regolamenti di ciascuna Camera disciplinano l'istituzione di organi di garanzia con il compito di proporre all'Assemblea le deliberazioni relative ai giudizi di cui al primo comma nonché quelle relative all'articolo 68, garantendo la rappresentanza paritaria dei gruppi parlamentari della maggioranza e della opposizione.
      Su tali proposte di deliberazione ciascuna Camera decide in via definitiva».

Art. 2.

      1. L'articolo 68 della Costituzione è sostituito dal seguente:

      «Art. 68. - I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni comunque e ovunque espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni.
      I membri del Parlamento possono essere chiamati a rispondere se le espressioni formulate al di fuori delle sedi parlamentari sono, per i modi e i termini usati, di per sé lesive della altrui dignità.
      Senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a procedimento penale, né può essere arrestato o altrimenti privato della libertà personale, mantenuto in detenzione o sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, salvo che sia colto nell'atto di commettere

 

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un delitto per il quale è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza.
      Analoga autorizzazione è richiesta per sottoporre i membri del Parlamento a intercettazioni in qualsiasi forma, anche indiretta, di conversazioni o di comunicazioni e a sequestro di corrispondenza.
      La Camera cui il parlamentare appartiene, anche su istanza dell'interessato, nega l'autorizzazione quando accerta che l'azione è stata intrapresa per fini persecutori o quando la privazione della libertà personale può pregiudicare lo svolgimento dell'attività parlamentare. In tale ultimo caso l'esecuzione del provvedimento restrittivo è sospesa per tutta la durata del mandato parlamentare.
      Gli atti compiuti in violazione delle disposizioni del presente articolo sono nulli e irripetibili, e la relativa documentazione deve essere immediatamente distrutta.
      I regolamenti di ciascuna Camera disciplinano l'attuazione delle disposizioni del presente articolo».


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