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PDL 747

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 747



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato ANGELA NAPOLI

Legge quadro sulla famiglia

Presentata il 16 maggio 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - Nell'accingerci a elaborare una proposta di legge (non facile per la vastità del tema) in favore della famiglia intesa come soggetto giuridico, titolare di diritti e doveri, abbiamo ritenuto necessario fornire una visione globale della realtà «famiglia» nella sua evoluzione in Europa e, in particolare, in Italia.
      Mediante un approccio interdisciplinare ci proponiamo di individuare e analizzare indicatori sociali che forniscono dati dettagliati, di segnalarne le correlazioni e di indicare il contesto cui ci riferiamo.
      In particolare, inizialmente riportiamo la definizione della famiglia che danno alcuni importanti trattati al fine di evidenziare come il ruolo della famiglia venga riconosciuto a livello sia internazionale sia nazionale.
      Il ruolo preponderante della famiglia è sottolineato in tutti i grandi trattati, dalla Dichiarazione dei diritti dell'uomo delle Nazioni Unite (in cui la famiglia è definita come «l'elemento naturale e fondamentale della società e Stato»), fino alla Carta sociale europea adottata nel 1961 dal Consiglio d'Europa (in cui si proclama che «la famiglia, in quanto cellula fondamentale della Società, ha diritto ad una protezione sociale, giuridica ed economica atta a garantirne il pieno sviluppo»).
      Il Codice europeo della sicurezza sociale, contenente norme protettive minime che lasciano ai singoli Stati la libertà di scelta tra i vari «rami» di tutela, contempla, tra l'altro, il ramo «prestazioni a favore delle famiglie».
      Il ruolo della famiglia è generalmente riconosciuto da tutti gli Stati membri della Unione europea, sia pure in forme diverse. I diritti della famiglia sono espressamente menzionati da otto Costituzioni nazionali. Diversi Paesi hanno avuto o hanno un Ministro competente per la famiglia; in vari
 

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Paesi gli affari della famiglia sono nello stesso tempo di competenza del potere centrale e degli enti territoriali.
      In ciascuno Stato dell'Unione europea la realtà familiare è affrontata secondo angolature diverse. Anche la concezione del ruolo dei pubblici poteri nei confronti della famiglia varia da un Paese all'altro. Nonostante ciò in tutti gli Stati membri i pubblici poteri si interessano alle condizioni di vita della famiglia e cercano di migliorarle con tutta una gamma di misure di varia natura, che vanno dal settore della sicurezza sociale al diritto di famiglia, passando per i regimi fiscali. La politica della famiglia designa l'insieme di questi interventi.
      Il calo della natalità, che caratterizza tutti i Paesi europei, si è consolidato a decorrere dal 1965. La rapida contrazione dell'indice di natalità interessa tutti i Paesi dell'Europa, per i problemi legati all'istruzione, al tasso di crescita economica, alla proporzione delle donne che accedono al mercato del lavoro o al tasso di disoccupazione. Il calo della natalità non è un fenomeno isolato, ma parallelo all'evoluzione di altri fattori, come la diminuzione della nuzialità, il prolungamento dell'intervallo tra il matrimonio e la nascita del primo figlio, l'aumentata frequenza dei divorzi.
      Profondi mutamenti si riscontrano anche sul versante della mortalità. La mortalità infantile è scesa al di sotto dell'1 per cento; la durata media della vita supera ampiamente i 70 anni e, per le donne, spesso oltrepassa gli 80 anni.
      L'allungamento della vita, associato al calo della natalità, è all'origine dell'invecchiamento della popolazione (ossia l'aumento della proporzione degli anziani sul totale della popolazione) che caratterizza tutta l'Europa. La vittoria della longevità comporta, a più lungo termine, un invecchiamento della popolazione attiva, un aggravio degli oneri sanitari e pensionistici, oltre ad un peso supplementare per le famiglie che devono prodigare cure ai loro membri più anziani.
      Tutti questi fattori - calo della natalità, aumento della speranza di vita alla nascita, diminuito tasso di nuzialità e accresciuta frequenza dei divorzi - hanno alterato la struttura della famiglia, provocandone la disgregazione e moltiplicando i modelli familiari; l'influenza si evidenzia sensibilmente sul numero, sulla dimensione, sulla formazione e sulla composizione delle famiglie.
      Il nucleo familiare costituito da una coppia di coniugi con uno o più figli rimane il modello dominante; ad esso si affiancano sempre più altre configurazioni familiari: famiglie ricostituite (formate da un nuovo partner e da figli dell'altro, oppure dai figli di primo letto di ciascuno dei partner), famiglie monoparentali, unioni consensuali, persone sole.
      Da tutto ciò si deduce che, benché la maggioranza della popolazione trascorra il periodo più lungo della propria vita in una famiglia di tipo tradizionale (coppia con figli), la comparsa di nuovi modelli familiari pone la questione del posto assegnato al bambino nel quadro di un assetto familiare sempre più instabile. Ciò rende necessario un adeguamento della legislazione sociale a queste realtà emergenti, senza peraltro giungere al riconoscimento della famiglia di fatto. Pertanto le nuove realtà, prodotte dal costume e dalle conseguenze della normativa divorzista, vanno considerate sotto il profilo della tutela dei soggetti incolpevoli e più deboli come la prole.
      Tra le tendenze di rilievo che caratterizzano l'evoluzione economica e sociale, un elemento determinante è costituito dall'incremento del lavoro femminile. Mentre il prolungamento della vita è uno dei fattori che influiscono sull'invecchiamento della popolazione, il calo della natalità viene generalmente collegato all'emancipazione della donna, alla sua entrata nel mercato del lavoro (con la conseguente diffusione della contraccezione) e all'avvento della società dei consumi. Negli ultimi trentacinque anni si è registrato un rapido aumento della popolazione attiva femminile. Recentemente a questa crescita hanno contribuito prevalentemente le donne sposate, sia nei Paesi in rapido sviluppo che in quelli a sviluppo più lento.
 

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I tassi di attività, che prima erano elevati tra donne giovani (meno di venticinque anni) e tra quelle più anziane (oltre i quarant'anni) tendono ora ad uniformarsi per tutte le classi di età. Nell'attuale contesto la situazione della donna lavoratrice diventa sempre più precaria; è infatti fra le donne che tendono a svilupparsi forme di occupazione come il lavoro a tempo parziale, a tempo determinato, a domicilio, eccetera.
      Infine, nell'affrontare il tema del lavoro femminile, non si possono ignorare fattori quali il divario retributivo sussistente tra i lavoratori dei due sessi o le ripercussioni negative dei regimi fiscali sull'occupazione femminile (per esempio uno stesso reddito viene tassato in modo diverso a seconda che la persona sia sposata o no; parimenti l'onere fiscale è diverso se entrambi i coniugi esercitano un'attività professionale o se uno solo di essi lavora).
      Queste discriminazioni possono influire anche sul comportamento, scoraggiando, per esempio, il matrimonio quando le persone non sposate sono favorite sul piano fiscale.
      Dal punto di vista personale, l'attività lavorativa della donna rappresenta spesso una necessità per la coppia ed una valvola di sicurezza per la donna in caso di divorzio, separazione, nubilato.
      Sembra quindi opportuno studiare a fondo l'incidenza delle varie forme di riassetto del tempo di lavoro (non solo femminile) e dello statuto dei lavoratori sulla vita familiare e sociale di questi ultimi, soprattutto sull'equilibrio tra la vita familiare e professionale. Particolarmente acuto appare il problema della ripartizione delle responsabilità familiari e professionali e dell'accoglienza dei figli.
      Ne deriva un'esortazione, da parte di vari Ministri europei incaricati degli affari familiari, a intensificare gli sforzi del settore pubblico e del settore privato per rendere più facilmente conciliabili vita familiare e vita professionale; si pone l'accento, in modo particolare, su questioni come il numero, la qualità e l'accessibilità delle strutture destinate all'infanzia, come i servizi di aiuto alle famiglie, nonché la regolamentazione degli orari di lavoro e del congedo parentale.
      I Ministri sottolineano anche la necessità di affermare più chiaramente quale posto occupano le attività domestiche nelle economie nazionali. Inoltre essi hanno sottolineato la necessità di creare un clima sociale favorevole alla famiglia, nell'interesse dei figli e al fine di rafforzare la coesione familiare e la solidarietà fra le generazioni, affermando comunque che la famiglia, cellula di base della società, rimane la struttura più idonea ad assumere un grado ragionevole di stabilità, di libertà e di compiutezza.
      Una considerazione basilare da fare è che tutto ciò che è stato preso in esame per quanto concerne l'analisi della famiglia e la definizione dei relativi indicatori sociali, avviene nell'ambito di una «società complessa» e parlare di complessità sociale significa alludere non soltanto ad una realtà articolata e multiforme, ma anche alla compresenza di aspetti contraddittori ed antagonistici.
      Da questo punto di vista possiamo individuare due realtà.
      C'è da considerare la famiglia come un'istituzione obsoleta e perdente, quando non inutile o repressiva. In tale linea si penserà ovviamente di incrementare i soli diritti individuali oppure quelli collettivi. Questo è proprio quanto si è rivelato del tutto insufficiente negli ultimi decenni; malgrado ciò c'è chi insiste per politiche sociali indirizzate ai diritti soggettivi degli individui difesi attraverso misure collettive (come la proposta dell'assegno sociale di cittadinanza individuale, anziché commisurato sui bisogni familiari). Che la società italiana debba fare spazio ad una maggiore tolleranza e rispetto della persona umana non può che essere condiviso.
      Non può tuttavia essere ignorato il fatto che la famiglia, al di là della tendenza a darsi delle regole proprie, di privatizzazione e di isolamento, tuttora continua a svolgere una moltitudine di funzioni sociali (che diminuiscono in certi aspetti ed aumentano in altri); in particolare la sua influenza sui figli (insieme al bisogno dei figli
 

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di essere socializzati) non è certo inesistente o in via di estinzione.
      D'altronde per chi cerca soluzioni nella direzione della famiglia, le risposte devono essere cercate attraverso una valorizzazione democratica e pluralistica della famiglia, non imponendo alcun modello specifico, a priori, di famiglia.
      Si manifesta quindi l'esigenza che la famiglia sia riconosciuta e trattata come tale: cioè nella sua globalità e non in modo strumentale dall'esterno.
      Alle famiglie che si assumono carichi nell'allevare figli dovrebbero andare riconoscimenti per le funzioni sociali assolte; questi anche qualora si esprimano i riconoscimenti economici (di solidarietà sociale), non devono essere considerati «premi».
      La famiglia ha la necessità di essere soggetto di reciprocità nei rapporti con un'amministrazione pubblica efficiente, equa, razionale e non di essere beneficiaria di sola assistenza.
      Il problema è dunque quello della giustizia sociale, distributiva e redistributiva verso le famiglie a seconda della loro composizione (in particolare il numero dei figli, la loro età, il carico di persone malate o anziane) e delle funzioni sociali che assumono per autonoma decisione.
      È solo negli ultimi anni che si è cominciato a tener conto che la famiglia è pur sempre un punto di riferimento importante per le persone socialmente deboli (dando per scontato che lo è per la formazione della personalità individuale in generale).
      Se si accetta che i sistemi di intervento sociale per la famiglia non possono più essere quelli degli anni passati, si può accedere all'idea, che va acquisendo sempre maggiore consenso, che occorrano interventi di «guida relazionale». Questi ultimi poggiano sull'idea che il compito primario di una politica per la famiglia non è quello di programmare «modelli», né quello di renderli tutti indifferenti, ma invece è quello di creare le condizioni per l'esistenza di un concetto sociale che sia favorevole all'incontro, al dialogo, alla solidarietà familiare.
      Le soluzioni alla questione famiglia devono essere trovate in primo luogo sul proprio terreno. Organizzazioni di comunità e forme associative (volontariato, mutualità, cooperazione, privato sociale in genere) sono le meglio attrezzate per comprendere i bisogni della famiglia e per realizzare i programmi di «guida relazionale».
      Esse additano una forma di società che va oltre l'assetto tipicamente moderno imperniato sul rapporto tra società civile e Stato, in quanto costituiscono nuove reti e nuove regole di vita.

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      Qualunque regolamentazione giuridica che abbia ad oggetto la famiglia richiede, per l'operatore del diritto, un impegno ed una sensibilità superiori alla norma.
      Arturo Carlo Jemolo ha detto che «la famiglia è un'isola che può essere solo lambita dal mare giuridico», con ciò volendo significare che in questo campo il confine tra giuridico e non giuridico è ben limitato e per nessuna ragione invalicabile.
      E in questa ottica che bisogna affrontare qualsiasi problema riguardante la famiglia, con il costante rispetto per ciò che nessun legislatore, neanche il più attento, potrà mai infrangere con le sue regole: la spontaneità dei sentimenti e degli affetti che stanno alla base della unione familiare.
      Ciò nonostante, il legislatore non può rimanere insensibile alle continue variazioni del costume, anzi è suo precipuo compito quello di intervenire egli stesso per modificare il costume e far sì che la regola di oggi sia il costume di domani.
      Seppure oggetto della presente proposta di legge è la famiglia, l'intenzione è quella di regolare tutto ciò che sta intorno ad essa, tutto ciò che può condizionarla positivamente e negativamente, senza mai infrangere i suoi confini, che più che mai si vogliono rispettare e fortificare incidendo solo indirettamente su di essa.
      Non a caso anche il legislatore del 1975, nel riformare il diritto di famiglia, consapevole della intangibilità dei delicati rapporti interpersonali che per loro natura

 

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hanno fondamento nell'affetto e non nella regola giuridica, non ha dato una definizione giuridica di famiglia, ma ha dato una maggiore considerazione agli individui che la compongono.
      Così, facendosi carico dei movimenti sorti negli anni cinquanta e sessanta, la legge sul diritto di famiglia (legge n. 151 del 1975) ribadisce il dettato costituzionale e garantisce la uguaglianza tra i coniugi, la parità tra uomo e donna, la solidarietà tra gli stessi, la tutela dei figli.
      Prima ancora, il legislatore si era interessato anche dei problemi patologici della famiglia, regolando la separazione dei coniugi e le sorti dei figli, nonché le vicende patrimoniali collegate allo scioglimento del vincolo.
      In più di trenta anni questi due orientamenti legislativi: a) recupero e tutela dei singoli all'interno della compagine familiare; b) patologia e rottura inerenti alla famiglia, hanno generato una serie di interventi che ancora oggi dimostrano la loro modernità e la necessità di sempre ulteriori correzioni e adeguamenti da parte del legislatore.
      Addirittura ci si è spinti oltre, incentivando l'idea di interventi legislativi diretti a riconoscere l'esistenza e le conseguenze di una libera convivenza, non solo tutelando i singoli componenti della cosiddetta «famiglia di fatto» (tutela che trova un suo discutibile fondamento nel dettato costituzionale), ma addirittura attribuendo una vera e propria veste giuridica, peraltro contraddittoria con la sua natura che è, e rimane, di mero fatto.
      Lungi dal nostro intento l'addentrarsi nei meandri delle problematiche giuridiche suddette, vogliamo qui precisare che procedendo in parallelo ad esse, abbiamo sentita quanto mai urgente l'esigenza di affrontare un argomento che in più di quarant'anni dall'entrata in vigore della Costituzione della Repubblica italiana nessuno ha mai avuto il coraggio di fare oggetto di un intervento legislativo: la famiglia.
      Non è tautologico il riferimento ma essenziale, difficile e ricco di significato: si vuole così fare riferimento ad una regolamentazione giuridica della famiglia in quanto tale, prescindendo dai singoli soggetti che la compongono e dalle sue patologie e concentrandosi sulla sua tutela.
      L'importanza sociale di tale recupero è stata già indicata e verrà sottolineata alla conclusione della relazione.
      Iniziamo quindi con il precisare la rilevanza autonoma della famiglia nel diritto, confutando quell'orientamento che ha sempre identificato la nozione giuridica di famiglia con quella di diritto di famiglia.
      La distinzione va fatta in quanto la famiglia assume un diverso rilievo giuridico a seconda che la disciplina giuridica guardi ad essa come punto di riferimento per la tutela di una serie di posizioni giuridiche, cioè quelle dei singoli membri della stessa, o che la disciplina giuridica consideri direttamente la famiglia come titolare di effetti giuridici degni di tutela.
      Nel primo caso l'appartenenza alla famiglia crea un vero e proprio status, cioè un punto di riferimento che per il diritto è rilevante ai fini della individuazione e della circoscrizione di alcuni effetti giuridici, che però riguardano il singolo in quanto appartenente alla famiglia.
      Nel secondo caso, invece, è la famiglia in quanto tale che diviene punto di riferimento di una serie di effetti giuridici.
      E su questo punto che noi vogliamo concentrare la nostra attenzione.
      Il riconoscimento giuridico di una realtà superindividuale permette di valutare tutti i rapporti che la famiglia ha con l'esterno e di riconoscerne anche l'incidenza giuridica.
      Tutto ciò che è vincolo, rapporto interpersonale, è già regolato dal diritto di famiglia e quindi prescinde da questa trattazione.
      La dimostrazione che il rapporto familiare possa rappresentare strumento per la tutela di interessi superindividuali viene suggerita dalla funzione sociale che la famiglia è andata assumendo nel corso degli anni.
      L'importanza della famiglia in quanto tale come struttura idonea a risolvere molti mali sociali (si pensi al recupero delle devianze, all'affidamento dei minori,
 

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alle case famiglia) oggi rappresenta il superamento di quell'orientamento dottrinale secondo cui la funzione sociale della famiglia si risolve solo nel contenuto dei singoli diritti e doveri spettanti a ciascun soggetto nello svolgimento del rapporto, e cioè nello assolvimento di specifici doveri verso altri soggetti (coniuge, figli eccetera) e non quindi nella realizzazione di interventi superindividuali.
      In tal senso la famiglia è un'entità che va tutelata per se stessa nella sua unità e prescindendo dai singoli membri che la compongono, anche se sempre in funzione del bene di ciascuno di loro.
      Questa esigenza trova riscontro sia nella Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali del 1950, resa esecutiva con legge n. 848 del 1955, che all'articolo 8 tutela il diritto al rispetto della unità familiare come un diritto di libertà, sia nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo che all'articolo 16, terzo comma, regola il diritto della famiglia ad essere protetta dalla società e dallo Stato: «La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla Società e dallo Stato».
      Ma è soprattutto la nostra Costituzione che riconosce i diritti della famiglia; l'articolo 29, primo comma, infatti recita: «La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio».
      Lasciamo alle dispute dottrinali l'interpretazione di quest'articolo, del concetto di società naturale, eccetera, e soffermiamoci solo su pochi punti che servono da sostegno e da impulso per la nostra proposta di legge.
      Riteniamo qui per presupposto essenziale che la famiglia è una comunità originaria che «preesiste allo Stato» e che per questo rifugge da qualsiasi definizione giuridica (a tal proposito qualcuno ha parlato addirittura di un ordinamento autonomo rispetto a quello statuale e al di fuori di esso).
      Nel momento in cui diventa oggetto di tutela, non è tanto rilevante entrare nel merito della sua natura intrinseca, dovendo anche coinvolgere un problema etico-religioso, quanto il fatto di stabilire in che modo e in quali limiti tale tutela può essere attuata dall'ordinamento giuridico globale nell'ambito del quale la famiglia si sviluppa ed esiste e del quale rappresenta un fondamento.
      Riteniamo, inoltre, per presupposto il riconoscimento della famiglia legittima cioè quella «fondata sul matrimonio» (articolo 29 della Costituzione) sulla base incontrastata che solo la famiglia ha il carattere, giuridicamente rilevante, della stabilità e della esclusività del rapporto che comporta quella unità ed entità che qui vogliono essere oggetto di tutela.
      Inoltre è solo nella famiglia legittima che le parti esprimono una volontà di instaurare un rapporto stabile che rappresenta l'elemento fondamentale, nonché la garanzia che la famiglia possa seguire le proprie finalità istituzionali.
      Ci sia concesso, qui, l'accento polemico (che altro non è che una constatazione di fatto) riguardo al rapporto di una convivenza (cosìddetta «famiglia di fatto») che è privo proprio di quel requisito giuridico della stabilità del rapporto familiare, come tale quindi munito di quella particolare tutela giuridica che l'ordinamento vuole accordare all'unione familiare.
      Che poi la mera convivenza possa generare delle conseguenze giuridiche per i singoli soggetti degne di tutela e di attenzione da parte del legislatore, questo non significa riconoscere conseguenze legali «al vincolo che non è vincolo», cadendo così nella contraddizione di riconoscere «l'esistenza di una libera convivenza la quale, per definizione, non sia qualificata dall'assunzione di un impegno legalmente riconosciuto» (Trabucchi).
      I fermenti di proposte per interventi legislativi in materia hanno richiamato la nostra attenzione sul recupero e sulla valorizzazione giuridica della famiglia legittima a garanzia non solo della famiglia stessa e soprattutto degli effetti conseguenziali nella società, ma anche a salvaguardia di elementari sentimenti umani.
      Perché questa tutela possa essere realizzata è necessario dimostrare l'importanza
 

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che alla famiglia legittima venga riconosciuta una soggettività, così che la legge possa riconoscerle diritti propri, distinti da quelli dei suoi componenti.
      Il dettato costituzionale dell'articolo 29 parla di famiglia riconoscendo così implicitamente la sua originarietà ed autonomia; il collegamento poi con l'articolo 2 della Costituzione che parla di «formazioni sociali» non lascerebbe dubbi circa l'ammissibilità di un riconoscimento della famiglia quale persona giuridica.
      I problemi sono sorti nel momento in cui si è cercato di applicare il concetto di persona giuridica regolato dall'ordinamento positivo alla struttura familiare.
      Gli scontri dottrinali in proposito, provocati dalla delicatezza e particolarità del problema, non hanno sortito effetti positivi ed il legislatore, sebbene in più di una occasione abbia riconosciuto dei diritti alla famiglia - si pensi alla disciplina dell'impresa familiare, alle norme sui contratti agrari, eccetera - non si è mai impegnato a risolvere il problema.
      Riteniamo che il riconoscere una soggettività alla famiglia non rappresenti un problema nel momento in cui, tenendo conto delle considerazioni sul carattere giuridico della esistenza familiare come istituzione di diritto naturale e che in quanto tale ha una sua originarietà che precede il riconoscimento dello Stato, non si cerchi a tutti i costi di attribuire alla famiglia una soggettività giuridica secondo i canoni stabiliti dal diritto positivo per le persone giuridiche.
      L'unico disegno da seguire è quello costituzionale: «la Repubblica riconosce i diritti della famiglia (...)» ed è certamente contraddittorio parlare di diritti della famiglia e non qualificarla come soggetto giuridico.
      Non vogliamo entrare nel merito dando una definizione ed una natura alla soggettività giuridica della famiglia, per il momento ci basta constatarne l'esistenza.
      Speriamo così di dare l'input per una serie di interventi legislativi che considereranno la famiglia come soggetto degno di tutela da parte dell'ordinamento giuridico.
      Il riconoscimento della qualità di soggetto autonomo di diritto sarà una conseguenza, e allora saranno anche possibili una definizione e una identificazione della sua natura giuridica.
      Dal momento in cui la famiglia è soggetto di diritti così come gli altri soggetti di diritti (persona umana, enti, eccetera), è portatrice di diritti fondamentali che lo Stato deve riconoscere e rispettare, proteggendola socialmente, giuridicamente ed economicamente ed assicurandone il pieno sviluppo.
      Ora più che mai questa esigenza è diventata allarme sociale. Per citare solo alcuni problemi: negli ultimi trenta anni si sono moltiplicati i divorzi e le separazioni; aumento delle convivenze more uxorio a discapito del matrimonio legittimo, diminuzione del tasso di natalità che ci vede occupare il primo posto in Europa e, in parallelo, aumento degli aborti (non tenendo conto di quelli clandestini). La famiglia italiana risulta così compromessa e svilita in un momento storico in cui alcuni stimoli della società dimostrano l'urgenza e la necessità di un suo recupero.
      Scopo della proposta di legge quadro sulla famiglia è proprio quello di dare direttive di massima perché il legislatore possa intervenire programmaticamente a favore della famiglia.
      Intendiamo dare, appunto, un indirizzo generale e programmatico che, in stretta coerenza con il dettato costituzionale, possa aprire la strada per un lungo iter normativo che disciplini il recupero della famiglia.
      La proposta di legge parte dal riconoscimento della famiglia come persona giuridica, cioè come entità che, come tale, può divenire destinataria di una serie di diritti. E opportuno precisare che il riconoscimento della famiglia come entità a se stante non prescinde mai dalla stretta complementarietà con le persone che la compongono. Per cui accadrà che alcuni diritti riguarderanno direttamente i singoli membri e indirettamente la famiglia e viceversa.
      La difficoltà pratica di scindere le due entità è dovuta al fatto che la famiglia è
 

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pur sempre un aggregato di persone, rispetto alle quali essa assume sempre un ruolo strumentale. Tale strumentalità però non esclude il ruolo istituzionale della famiglia che realizza l'unione solidale delle persone aggregando i singoli soggetti e incentivando una serie di interessi e diritti che, pur nel rispetto della loro individualità, trovano un normale insediamento e sviluppo nella famiglia stessa.
      Da ciò deriva il ruolo istituzionale della famiglia, in sintonia con quanto affermato dall'articolo 2 della Costituzione che «riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali».
      Questa complementarietà fra persone e istituzioni, comporta il riconoscimento di un diritto della persona alla famiglia.
      Ci sembra questo un presupposto imprescindibile, unico punto di partenza.
      Visto che la famiglia è creata da singoli individui i quali devono essere messi in condizioni di formarla: «La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia» (articolo 31 della Costituzione).
      Si vogliono così creare i presupposti perché il legislatore possa intervenire concretamente in tal senso (per esempio in materia di occupazione e lavoro).
      Esiste, inoltre, il diritto all'ingresso o all'inserimento dell'individuo nella famiglia e questo soprattutto per i soggetti più deboli: minori, portatori di handicap, anziani.
      Tale diritto si esplica in due forme:

          a) il reintegro all'interno della famiglia di origine del soggetto che per qualche motivo ne è stato estromesso (esempio: anziani, portatori di handicap, minori deviati);

          b) l'ingresso del soggetto debole in una famiglia diversa da quella d'origine. Questa forma è atipica e non rientra nel concetto di «naturale»; essa è, però, dettata dalle emergenti esigenze di politica sociale.

      Ancora una volta riemerge il valore istituzionale della famiglia, la cui esistenza richiede la compresenza di diverse generazioni e di diverse posizioni soggettive, comportando tale eterogeneità una vicendevolezza di aiuti e apporti interpretativi che realizzano la omogeneità familiare.
      Quanto detto serve ad evidenziare l'importanza del riconoscimento del diritto alla famiglia come diritto soggettivo perfetto, degno di tutela da parte dell'ordinamento giuridico, e riconosciuto a ogni soggetto, persino al concepito (da cui la antinomia con il diritto all'aborto) e per quanto di tale diritto sia titolare l'individuo esso incide direttamente sulla famiglia e sulla importanza sociale che essa assume (articolo 2 della Costituzione).
      L'importanza di attribuire alla famiglia dei diritti discende dalla esigenza di tutelare l'unità e la stabilità della famiglia stessa per assicurare ai singoli componenti, ma soprattutto alla società, l'esistenza di una costante fonte di valori etici, sociali, culturali, economici e religiosi essenziali.
      Con la presente proposta di legge si crede di aver individuato i diritti fondamentali per la tutela della famiglia ma «il discorso» rimane aperto; per questo si è preferita la struttura della legge quadro solo per dare degli indirizzi e dei messaggi. È necessario quindi avviare una politica che favorisca le nascite ed essa non può essere che economica e sociale. Innanzitutto con l'aumento di quelle integrazioni che già esistono (esempio: assegni familiari) proporzionalmente al numero dei familiari e al reddito; aumentando gli aiuti economici alle famiglie monoreddito e, dove questo è anche basso, rispetto al numero dei familiari; poi con incentivi economici specifici per il secondo figlio; ed ancora stabilendo un minimo vitale per il bambino, cioè un quantum erogato dallo Stato alle famiglie più bisognose in relazione alle esigenze minime di cui un bambino nei primi anni di vita necessita.
      Ma parallelamente alla politica economica deve trovare ampio spazio la politica sociale, che metta in evidenza l'importanza della natalità non solo in rapporto a problemi squisitamente etnici (sì da contenere «naturalmente» il fenomeno della immigrazione), ma anche per far fronte al sorgere di vere e proprie storture sociali. Solo per fare un esempio, statisticamente

 

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sono aumentate le famiglie senza figli e moltissime sono quelle con il figlio unico; qualcuno ha azzardato la previsione di una società senza fratelli e, ci sia concesso di scivolare nell'etica, quale senso avrà appellarsi al concetto di «fratellanza» che storicamente ha rappresentato impulso per l'integrazione e la solidarietà sociale? Siamo, purtroppo, nella società in cui l'edonismo prevale sul sacrificio: è un atteggiamento culturale e mentale che intendiamo modificare profondamente.
      Si coglie l'occasione, che sembra propizia, per ribadire il fermo no all'aborto e alle manipolazioni sperimentali dell'embrione e dell'inseminazione artificiale. Tali progressi della scienza devono servire solo a far fronte a delle situazioni patologiche (come le anomalie) e solo nell'ambito della famiglia, cioè tra i coniugi rispettivamente titolari o portatori dell'embrione e del liquido seminale (edonismo-sacrificio).

Minori.

      Il diritto alla famiglia per il minore, più che per ogni altro soggetto, assume un'importanza primaria, assoluta, vitale.
      Non sempre però l'ingresso nella famiglia è automatico e naturale; spesso esso è condizionato da una serie di situazioni esogene che lo possono addirittura eliminare.
      Il legislatore è sempre stato molto attento alla tutela minorile e alle sue complesse problematiche. Non si vogliono citare il lungo excursus normativo e ricordare i nostri emendamenti o fare il punto su un argomento così delicato; si vuole solo sottolineare l'importanza che ha la famiglia per il minore.
      Ancora una volta la fonte è il dettato costituzionale che all'articolo 31, secondo comma, prevede l'obbligo per la Repubblica di proteggere «l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo». Ma tale secondo comma è strettamente collegato al primo, che tutela la «formazione della famiglia». Si può facilmente dedurre che il primo «istituto necessario» è senza dubbio la famiglia.
      Il capo dedicato ai minori nella presente proposta di legge, regola:

          a) il diritto della famiglia a far fronte alle esigenze dei figli minori per permettere loro uno sviluppo fisico e morale che sia il migliore e il più adeguato alle esigenze specifiche, evitando l'allontanamento (articolo 31 della Costituzione); così le famiglie numerose dovranno essere messe in condizione di far fronte alle necessità di tutti i figli indistintamente, non solo con incentivi economici (sussidi, sgravi fiscali, eccetera), ma anche con sostegni mirati da parte delle istituzioni specializzate (consultori familiari, asili nido, scuole materne eccetera);

          b) il diritto della famiglia ad essere aiutata nel caso di situazioni patologiche del minore: minori portatori di handicap, minori deviati, minori tossicodipendenti. Le statistiche e gli studi approfonditi hanno dimostrato che la famiglia è la sede primaria per quello che giuridicamente viene definito «progetto di recupero»; la carenza delle istituzioni pubbliche è un dato ormai noto; i tentativi del legislatore di venire incontro ai problemi minorili addirittura creando l'istituto dell'affidamento ad una famiglia diversa da quella originaria per un periodo temporaneo necessario a superare quelle difficoltà che hanno portato all'affidamento, sono falliti.
      Non entriamo nel merito della questione, e soprattutto dei gravi problemi che tale istituto ha sollevato, ma soffermiamoci solo a valutare come ancora una volta il legislatore abbia, per così dire, «accantonato» il recupero della famiglia originaria.
      Ne è conseguito che l'affido familiare e l'uso dei servizi sociali (persino in quelle regioni dove danno prova di efficienza), da rimedi eccezionali ai quali si ricorre in extremis, sono passati ad essere la prassi.
      Preme inoltre porre l'accento sul fatto che il processo penale a carico di imputati minorenni è pervaso dall'esigenza di «favorire l'uscita precoce del minore dal processo»; e poi?
      Lo Stato ha il compito, laddove ve ne siano anche i minimi presupposti, di recuperare

 

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il nucleo familiare originario con tutti gli interventi del caso: coordinamento delle attività dei servizi sociali e soprattutto di quelle consultoriali, in modo da intervenire direttamente nell'ambito della famiglia originaria, rendendola idonea ad affrontare i problemi del minore disagiato; ovvero intervento dei servizi sociali e delle aziende sanitarie locali nelle famiglie multiproblema (miseria, assenza di uno dei genitori, condizioni abitative malsane, promiscuità, carenze a livello psicologico e culturale eccetera); concentrandosi più sull'assistenza domiciliare ed evitando l'istituzionalizzazione come risposta ai problemi (home maker); e, infine, contributi economici ed esenzioni fiscali.
      E stato giustamente osservato che la famiglia «costituisce un fattore essenziale di sostegno e di rimedio per il minore», per questo deve essere aiutata.

Portatori di handicap.

      Un discorso simile a quello dei minori meritano i portatori di handicap, fisici e mentali. Anche in questi casi è stata dimostrata soprattutto dalla scienza medica l'importanza dell'integrazione del portatore di handicap nell'ambito della famiglia originaria o, qualora questa non esista, nella famiglia affidataria.
      Per questo tipo di integrazione e per il recupero del portatore di handicap stesso, la famiglia ha bisogno di particolari sostegni. Il discorso vale per tutte le famiglie, disagiate o meno.
      Bisogna innanzitutto incentivare il lavoro d'équipe di più operatori (psicologi, terapisti della riabilitazione, neuropsichiatri eccetera) e dare la possibilità agli stessi di intervenire a domicilio, evitando anche in questo caso il ricovero in istituto. In tale senso saranno previsti degli emolumenti straordinari per l'operatore stesso, così si eviterà quanto più possibile, per esempio, la ospedalizzazione, riducendola solo ai casi più gravi, con un risparmio considerevole anche per le stesse strutture pubbliche.

Anziani.

      Il nostro è un «Paese di anziani»; mentre infatti l'indice di denatalità è aumentato vertiginosamente, quello di «mortalità» è diminuito, tanto da creare problemi di politica sociale per un fenomeno emergente che sino a pochi anni fa era invece marginale o comunque contenuto.
      Diamo atto della situazione e soffermiamoci sull'aspetto del fenomeno che si collega alla proposta di legge, cioè al rapporto anziano-famiglia. Così come per il minore e il portatore di handicap, anche per l'anziano spesso si pone il problema della integrazione nella famiglia, che può essere d'un figlio o di un parente (non ha importanza) che ha il dovere dell'assistenza.
      Innanzitutto si vuole mettere in evidenza, così come si è già sottolineato in precedenza, l'importanza, nell'ambito della compagine familiare, della compresenza di diverse generazioni per armonizzare le diverse esperienze di vita e trarne aiuti reciproci.
      Solo per fare un esempio, che può provocare una forte emotività socio-culturale, il rapporto nonno-nipote, o comunque anziano-bambino; quale migliore baby-sitter, quale migliore scuola di vita e quale migliore tutore di quello che qualcuno, forse un po' enfaticamente, ha soprannominato il «diritto alla favola»?
      Si ritiene, quindi, necessario ribadire l'importanza dell'anziano nell'ambito della famiglia come elemento necessario; questo è l'unico modo di combattere il disadattamento dell'anziano che, oltre ad essere emarginato dal lavoro e dalla società, non lo può essere certo anche dalla sua famiglia.
      Sicuramente più allarmante è la situazione dell'anziano non autosufficiente per deficienze fisiche o psichiche.
      Due sono i piani di intervento:

          a) recupero e integrazione dell'anziano autosufficiente nell'ambito della famiglia. Anche in questo caso, disincentivando il ricovero in istituto e concedendo sussidi economici per le famiglie con uno o più anziani e sgravi fiscali, e comunque

 

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impegnando economicamente i familiari e i parenti che sono obbligati al mantenimento dell'anziano a contribuire al pagamento della retta per il ricovero in istituto quando il reddito dell'anziano non sia sufficiente;

          b) sostegno alla famiglia quando l'anziano non è autosufficiente: deospedalizzazione quando sia possibile o ricorso al day-hospital; introduzione di un sistema integrato di servizi socio-sanitari che aiutino la famiglia nell'assistenza domiciliare del malato; potenziamento economico e organizzativo dei consultori familiari e dei servizi sociali affini;

          c) incentivazione e sostegno per le comunità di tipo familiare (ad esempio, le case-famiglia), le quali hanno dimostrato capacità e connotazioni tali da poter dare valida risposta ai problemi degli anziani che non hanno famiglia.

      Si devono inoltre citare, per completezza di argomentazione, le osservazioni e gli studi già effettuati dalla scienza medica e sociale che dimostrano, anche in questo caso (come per i minori e i portatori di handicap) che l'assistenza più adeguata e il recupero più immediato dell'anziano avvengono nell'ambito familiare.

Lavoro.

      Una delle componenti necessarie, non solo perché la famiglia nasca, ma perché si sviluppi e progredisca, è il lavoro.
      In un Paese in cui il tasso di disoccupazione continua a essere molto alto, l'argomento assume una certa delicatezza.
      Si sono, però, volute semplicemente dare delle direttive che possano permettere condizioni di lavoro (quando questo ci sia) tali da conciliarsi bene con le esigenze della famiglia del o dei lavoratori, così da tutelarne l'integrità.
      Esse indicano i seguenti indirizzi:

          a) riordino e regolamentazione univoca delle normative riguardanti la madre lavoratrice: remunerazione del lavoro casalingo così da consentire alla madre la libertà di non dover uscire fuori dalla famiglia per lavorare; lavoro part-time, adeguamento delle strutture assistenziali nell'ambito dell'organizzazione lavorativa, asili nido, flessibilità dell'orario di lavoro, anno sabbatico. Tali provvedimenti, quando compatibili, si estendono anche al padre;

          b) in materia di collocamento deve essere agevolato il lavoratore con la famiglia di appartenenza così da non creare l'ingiustizia di famiglie con più persone collocate e famiglie senza alcun collocato;

          c) diritto del lavoratore a una sede lavorativa che faciliti il rapporto con la famiglia;

          d) diritto del lavoratore ai congedi familiari per fare fronte alle esigenze della famiglia, soprattutto quando all'interno della stessa ci siano una o più persone disagiate: minore, anziano non autosufficiente, portatore di handicap, tossicodipendente, eccetera;

          e) istituzione delle ferie familiari, cioè della contemporaneità, per i lavoratori componenti dello stesso nucleo familiare, della fruizione del periodo di ferie.

Istituzioni sociali.

      Le carenze sociali, culturali ed economiche che hanno portato allo svilimento della famiglia ed hanno spinto a presentare la proposta di legge, dimostrano comunque che la famiglia ha bisogno di aiuti esterni. Al di là dei riconoscimenti economici diretti, sicuramente è molto più importante l'intervento statale per la creazione e lo sviluppo di quelle strutture sociali che siano idonee a portare un aiuto esterno alla famiglia quando questa abbia dei problemi. Sicuramente l'istituzione che meglio potrebbe fare fronte alle esigenze della famiglia è il consultorio familiare. Dalla data di entrata in vigore della legge 29 luglio 1975, n. 405, istitutiva dei consultori familiari, questi hanno avuto uno sviluppo progressivo ma disomogeneo e, soprattutto, hanno fatto fallire lo spirito informatore della legge, privilegiando l'aspetto

 

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della sanitarizzazione rispetto a quello, fondamentale, della educazione alla famiglia e della famiglia.
      Vogliamo ribadire l'importanza dei consultori per il recupero e per l'assistenza costante della famiglia; senza peraltro non ravvisare l'esigenza di suggerire gli indirizzi per il potenziamento di tale struttura:

          a) innanzitutto sembra più che mai urgente l'omogeneizzazione dello sviluppo dei consultori tra nord e sud, con un richiamo al legislatore e agli organi competenti per il controllo sulle diverse impostazioni date dalle leggi regionali attuative della legge n. 405 del 1975, che hanno evidenziato una differenziazione ingiustificata fra regione e regione;

          b) inoltre preme affermare l'importanza dell'attività consultoriale nella prevenzione e nella educazione alla famiglia rilevandone la funzione etico-sociale rispetto alla medicalizzazione. L'opera del consultorio non può essere rivolta solo alle patologie psico-fisiche (contraccezione, aborto, malattie veneree), ma soprattutto a quelle morali;

          c) rendere stabile nelle équipe la figura del consulente familiare, l'unica che garantisce lo spirito informatore della legge.

      Non si può tralasciare neanche l'importanza della incentivazione economica e sociale dell'associazione tra famiglie e delle già collaudate case-incontro, per rispondere ai problemi non solo dei minori e degli anziani senza famiglia, ma anche degli adolescenti e dei giovani deviati (tossicodipendenti, ex-detenuti eccetera) perché privi del tutto o perché succubi delle carenze della famiglia d'origine.
      Il sostegno nei confronti di tali strutture non deve essere solo economico, ma anche sociale, così da incentivare l'intervento del volontariato.
      E infine occorre una riorganizzazione nell'ambito delle già malandate aziende sanitarie locali per lo sviluppo del lavoro di équipe (medico di base, medico specializzato, assistente sociale, pedagogista, eccetera) e una serie di interventi programmatici sì da riorganizzare il lavoro dell'équipe con preferenza per l'assistenza domiciliare, soprattutto in quei casi in cui è necessario l'intervento di persone altamente specializzate, e quindi coloro che solo le strutture ospedaliere (e non tutte) possono fornire.
      Già il day-hospital ha dato molti risultati, liberando le carenti strutture ospedaliere, ma bisogna andare oltre, fornendo alle famiglie con un malato (anziano, o portatore di handicap o tossicodipendente) la possibilità che il personale specializzato (ad esempio, quello infermieristico), anziché svolgere il lavoro in ospedale, lo svolga a domicilio. Il risultato gioverebbe alla famiglia e all'assistito e soprattutto alla stessa struttura pubblica.

Abitazione.

      Perché la famiglia possa nascere e continuare a esistere nella sua integrità, è necessario che abbia una abitazione adatta alle sue esigenze.
      Anche questo è un problema di grande rilevanza nazionale, al quale fino ad ora non si sono sapute o volute dare soluzioni; semplicemente bisogna creare i presupposti per un adeguato intervento legislativo, che tenga conto anche dello stretto collegamento del problema con quello della famiglia e della sua formazione.
      Si può tranquillamente ribadire che la famiglia ha diritto ad avere una abitazione consona alle sue esigenze. La politica legislativa si deve orientare verso la pianificazione di interventi diversificati tali da tenere conto:

          a) delle famiglie numerose;

          b) dell'agevolazione burocratica e tributaria al fine «di facilitare il frazionamento di appartamenti troppo grandi» (nella maggior parte dei casi di proprietà di persone anziane) e la loro permuta con altri più piccoli (più consoni alle esigenze di coppie di anziani) come è stato suggerito nella relazione conclusiva della Commissione parlamentare di inchiesta sulla condizione degli anziani.

 

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      Incentivare l'edilizia popolare nella costruzione di abitazioni più grandi che possano permettere la convivenza di più persone è un altro obiettivo preciso al quale bisogna tendere.
      Ancora una volta gli interventi economici devono essere menzionati: per cui saranno previste ulteriori facilitazioni, per la costruzione o l'acquisto della prima casa e in materia di sfratto, essendo essenziale alla vita familiare un'abitazione, sicché, pur rispettando i diritti del locatore, alle famiglie sfrattate deve essere assicurato un alloggio idoneo.
      Ne consegue, ad esempio, l'aggravio fiscale per chi tiene sfitti uno o più appartamenti.
      Iniziativa un po' drastica, ma che risponde all'esigenza di inculcare nel troppo individualista popolo italiano quei princìpi di solidarietà di cui la stessa Costituzione (articolo 2) si fa portatrice.

Diritto al ricongiungimento familiare.

      Agevolazione della giovane coppia, applicando in tutte le amministrazioni la legislazione sul ricongiungimento familiare.
      Devono essere garantite dalla legge le condizioni perché, nonostante le situazioni particolari, la famiglia conservi la sua integrità e i rapporti familiari siano mantenuti. Per cui le giovani coppie ed i nuclei familiari in genere hanno diritto a che tutte le amministrazioni applichino la normativa sul ricongiungimento del lavoratore alla famiglia. Per cui i lavoratori emigranti hanno diritto al ricongiungimento rapido con la famiglia e questa deve essere messa in condizione di potersi ricomporre.
      Lo stesso discorso vale per i detenuti.

Educazione.

      La famiglia ha diritto anche a una formazione etico-sociale-religiosa che le permetta di progredire automaticamente e di essere essa stessa la fucina di formazione di valori morali per la società.
      Per quanto la famiglia possa riuscire da sola ad essere strumento di formazione, ha bisogno che dall'esterno le vengano forniti i mezzi perché possa realizzare questo suo diritto, e in contemporanea dovere, nei confronti della società, nel miglior modo possibile.
      È precipuo compito delle istituzioni, a partire dalla scuola, mettere in condizione tutte le famiglie e soprattutto quelle disagiate moralmente ed economicamente, di poter usufruire di adeguati strumenti di formazione.
      I consultori familiari dovranno istituire corsi per le famiglie, volti alla eliminazione delle barriere di comunicazione tra coniugi e tra genitori e figli.
      Le stesse famiglie saranno coinvolte in attività di gruppo, di incontro, di confronto interfamiliare, non solo nell'ambito del consultorio familiare, ma anche in apposite strutture create nell'ambito di ciascun comune o circoscrizione.
      Gli enti locali dovranno incentivare le attività ricreative e di svago non per individualizzate generazioni (anziani, minori, eccetera), ma creando strutture polivalenti nell'ambito delle quali ogni singolo membro della famiglia possa trovare spazio e motivo di incontro e integrazione.

      Lo Stato deve impegnarsi, altresì, in una politica di controllo più attenta sui mass-media, proteggendo la compagine familiare e i suoi membri (soprattutto i minori) dal «bombardamento» di modelli di costume che portano allo sgretolamento della famiglia, prevedendo inoltre un adeguamento dei programmi radiotelevisivi a tutte le esigenze generazionali.
      E infine si sottolinea che un'ampia azione educativa non può fare a meno di investire in maniera precisa i contenuti del- la stampa e della cinematografia, che non possono continuare a essere praticamente sottratti a qualunque forma di controllo.

Strumenti fiscali.

      Se avessimo elaborato una proposta di legge che mirasse solo ed esclusivamente al recupero dei valori sociali e allo sviluppo

 

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della responsabilità individuale per la tutela della famiglia, forse avremmo realizzato meglio il nostro intento, ma avremmo peccato in concretezza.
      Anche l'articolo 31 della Costituzione infatti impegna il legislatore ad agevolare con misure economiche e altre provvidenze la famiglia.
      Anche lo strumento fiscale è necessario «per tendere a creare le condizioni favorevoli per accrescere attraverso la liberazione dai più pesanti assilli e condizionamenti di ordine economico, l'autonomia e la responsabilità delle scelte».
      Già ci si è interessati dei problemi fiscali e dei relativi rimedi diretti ad affrontare situazioni particolari (denatalità, aiuti per gli anziani, per i portatori di handicap), ma gli interventi che riguardano la famiglia devono essere generali e radicali, così da attenuare l'ingiustizia dell'attuale regime fiscale della famiglia.
      Anche in questo caso gli interventi devono essere concepiti e gestiti nell'ambito di discipline ad hoc.
      Solo per accennare ad alcune proposte che sembrano pregnanti, bisognerebbe:

          a) rivedere il regime degli assegni familiari;

          b) applicare lo splitting, tassazione sul cumulo dei redditi dei coniugi, diviso a metà per ciascuno;

          c) ritenere ammissibili come oneri deducibili dal reddito imponibile le spese riguardanti l'educazione e lo sviluppo della famiglia (istruzione);

          d) ammissibilità, sempre come oneri deducibili, delle spese per collaborazione domestica entro limiti predeterminati, e in ogni caso di quelle sostenute per tale motivo, quali contributi previdenziali obbligatori;

          e) previsione di nuovi criteri di valutazione della famiglia come unità impositiva;

          f) eliminazione delle discriminazioni delle famiglie monoreddito, eccetera.

Organizzazione degli interventi.

      Per poter trarre le fila di un discorso programmatico bisogna necessariamente creare dei punti di riferimento, perché il discorso venga attuato e rispettato.
      Gli interventi disorganici di singoli Ministeri devono trovare un coordinamento. Esiste infatti il Ministero del lavoro e delle politiche sociali che è direttamente competente per tutto ciò che riguarda la famiglia e che può essere punto di riferimento di tutte le iniziative menzionate nella presente proposta di legge.
      Nell'ambito del Ministero , quindi, si dovrebbe istituire un Ufficio per la famiglia con scopi programmatici indicativi di nuove tecniche di lavoro integrato dei diversi operatori, impegnati nel perseguimento di obiettivi che riguardano la famiglia. L'Ufficio avrà competenze programmatiche, esecutive e di formazione. In esso, inoltre, confluiranno anche le iniziative programmatiche dei Ministeri interessati, quali, ad esempio, quelli della sanità e dell'economia e delle finanze.
      Da ciò deriva la stretta collaborazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali con tutti quegli altri organi o Ministeri che, per un verso o per l'altro, investono tematiche che riguardano la famiglia.
      Vengono inoltre istituiti, presso il citato Ministero, organi di controllo e vigilanza, soprattutto per la verifica del rispetto delle norme programmatiche a livello locale.
      A livello locale, poi, viene incentivata la figura del difensore civico, che svolge una vigilanza su tutti gli organi e istituzioni impegnati negli enti locali.

*    *    *

      Nel proporre la legge quadro sulla famiglia, siamo partiti dalla considerazione che alla società dell'immagine va sostituita quella dei contenuti; alla cultura dell'alienazione, la cultura degli affetti; al benessere apparente, quello sostanziale.
      La rivalutazione della famiglia come espressione concreta di queste considerazioni

 

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ci ha spinto ad intraprendere questo cammino; non abbiamo dovuto aprire dei varchi, la strada era già segnata, e ben segnalata, dalla nostra Costituzione; noi abbiamo avuto il coraggio di intraprenderla.
      Speriamo di avere un vasto seguito e crediamo di poter avere come motto un'affermazione della Carta dei diritti della famiglia presentata dalla Santa Sede nel 1983, e alla quale ci siamo costantemente ispirati: «La famiglia ha il diritto di esistere e di progredire come famiglia».
      D'altro canto, il rapporto tra la base culturale della nostra parte politica e il mondo cattolico va affrontato e approfondito alla luce degli innumerevoli punti di contatto con la dottrina sociale della Chiesa.
      Intento della proposta di legge è anche quello, infatti, di individuare tematiche chiare per prospettive future, politiche oltre che sociali, che vedano convergenze naturali, al di là di barriere ideologiche, ormai esplicitamente fondate più su strumentali divisioni partitiche che su contenuti culturali.
      La proposta di legge, senza presunzione, vuole avere l'immagine di un «messaggio». Un messaggio su una emergenza sociale, che ha visto fin qui troppe inadempienze, dimenticanze, trascuratezze. Ripensare su una legislazione familiare fortemente datata non è un tornare indietro, ma un proiettarsi verso un futuro nel quale i contenuti della solidarietà e della saldezza del vincolo familiare possono realmente trovare un adeguato supporto giuridico.
      L'attuale legislatura vedrà la nostra parte politica particolarmente impegnata ad affrontare la complessa problematica della famiglia, con particolare attenzione alla tutela dei minori, ai nuovi strumenti fiscali, al ricongiungimento familiare, all'organizzazione del lavoro, agli anziani e agli handicappati. Il tema «famiglia» è di scottante attualità e deve essere posto all'attenzione dei partiti. Ci rendiamo conto che le soluzioni proposte non sono univoche ed è per questo che per la presente proposta di legge ci affidiamo alla coscienza, ai sentimenti, alla cultura più che dei gruppi politici, dei singoli colleghi, con la speranza che il Parlamento voglia, in breve termine, dire una parola chiara.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Capo I
PRINCÌPI FONDAMENTALI

Art. 1.

      1. La famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna è soggetto giuridico ed è pertanto titolare di diritti e destinataria di tutela da parte dello Stato.
      2. Lo Stato riconosce la famiglia come entità originaria e ne regola e rispetta l'autonomia giuridica, etica, sociale ed economica.
      3. Lo Stato riconosce altresì nella famiglia un elemento necessario per la propria esistenza e stabilità.

Capo II
DIRITTO ALLA FAMIGLIA

Art. 2.

      1. La famiglia, nella propria integrità, ha un ruolo strumentale rispetto agli individui che la compongono.
      2. Tutte le persone hanno:

          a) diritto a formare una famiglia;

          b) diritto all'inserimento in una famiglia.

      3. Lo Stato rimuove gli impedimenti sociali ed economici che ostano al godimento dei diritti di cui al comma 2, con riferimento sia alla famiglia d'origine sia alla famiglia non originaria.

 

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Art. 3.

      1. Lo Stato promuove la omogeneità della famiglia, riconoscendo e tutelando la necessità della compresenza nell'ambito della compagine familiare di più generazioni.
      2. Il concepito ha diritto all'ingresso nella famiglia.

Art. 4.

      1. I coniugi hanno il diritto di decidere liberamente se procreare figli, che costituiscono componente essenziale della famiglia. Ogni intervento medico-scientifico riguardante la procreazione deve essere liberamente accettato dai coniugi e circoscritto ai soli casi patologici.
      2. È compito dello Stato rimuovere gli ostacoli di natura economica e sociale alla procreazione, anche di più figli. Possono essere previsti incentivi economici per i figli successivi al primo. Al minore è comunque garantito il minimo vitale.

Capo III
MINORI

Art. 5.

      1. Il minore ha diritto ad avere, comunque, una famiglia, sia essa d'origine o affidataria.
      2. La famiglia deve essere messa in condizione di assicurare lo sviluppo fisico e morale dei figli minori.
      3. Ai fini di cui al comma 2, devono essere garantite le condizioni economico-sociali atte a evitare l'allontanamento del minore dalla famiglia d'origine quando:

          a) la famiglia sia numerosa e incapace di fare fronte alle necessità di tutti i figli;

 

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          b) il minore sia in una situazione patologica, quale portatore di handicap, o si trovi in uno stato di devianza o di tossicodipendenza;

          c) la famiglia versi in condizioni di grave disagio a causa di indigenza, di assenza di uno dei genitori, di condizioni abitative malsane o promiscue ovvero di carenze di ordine psico-pedagogico e culturale.

Capo IV
INTERVENTI A SOSTEGNO DI PORTATORI DI HANDICAP

Art. 6.

      1. Le istituzioni pubbliche specializzate, i consultori familiari e le aziende sanitarie locali formulano programmi e attuano interventi a supporto della famiglia del minore nei casi di cui al comma 3 dell'articolo 5, privilegiando e incentivando l'assistenza e il sostegno domiciliare da parte di équipe specializzate. Particolare sostegno è dato alle famiglie che devono prestare assistenza a uno o più dei loro membri portatori di handicap.
      2. I consultori familiari istituiscono corsi periodici per l'educazione e il sostegno morale delle famiglie che hanno tra i loro membri soggetti portatori di handicap.

Art. 7.

      1. Gli operatori delle équipe che prestano la loro opera presso il domicilio dei portatori di handicap hanno diritto alla corresponsione di una indennità straordinaria.

 

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Capo V
ANZIANI

Art. 8.

      1. Lo Stato garantisce le condizioni che rendono possibili la permanenza e l'integrazione dell'anziano nella famiglia, la quale si avvale del suo apporto educativo.
      2. Ove non siano realizzabili le condizioni di cui al comma 1, è comunque agevolato l'inserimento dell'anziano in comunità di carattere familiare.

Art. 9.

      1. Ai fini di cui all'articolo 8, particolari sostegni economici e sgravi fiscali sono stabiliti per le famiglie con anziani coabitanti, per le famiglie affidatarie, per le case-famiglia, per le comunità familiari e per tutte le associazioni familiari che ospitano anziani.

Art. 10.

      1. Le istituzioni pubbliche specializzate, i consultori familiari e le aziende sanitarie locali elaborano sistemi integrati di interventi socio-sanitari per l'assistenza domiciliare dell'anziano.
      2. Qualora si renda necessario il ricovero dell'anziano in strutture pubbliche, è garantito, compatibilmente con il suo stato di salute, il servizio di day hospital. Devono comunque essere stabilite forme di collaborazione da parte dei familiari, al fine di impedire l'emarginazione morale, fisica ed economica dell'anziano dalla famiglia.

 

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Capo VI
LAVORO

Art. 11.

      1. Il lavoro è elemento fondamentale di sviluppo per la famiglia.
      2. Lo Stato programma una adeguata politica del lavoro, atta a contribuire al benessere della famiglia.
      3. Le norme sul collocamento al lavoro devono adeguarsi ai princìpi di cui al presente capo.

Art. 12.

      1. Le norme concernenti i diritti della madre lavoratrice devono tenere conto dei seguenti princìpi:

          a) adeguamento delle strutture lavorative alle esigenze dei minori nei primi anni di vita, in modo da garantirne il costante contatto con la madre;

          b) flessibilità e adeguamento dell'orario di lavoro alle esigenze della famiglia, soprattutto quando vi siano soggetti disagiati che necessitano di assistenza, quali anziani o minori portatori di handicap;

          c) diritto a una sede lavorativa che favorisca il ricongiungimento dei componenti della famiglia;

          d) diritto alla retribuzione del lavoro casalingo.

      2. Le agevolazioni di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1 possono essere estese al padre lavoratore in caso di assenza della madre o quando le condizioni familiari siano tali da richiedere la presenza dei due coniugi.
      3. Con ulteriori provvedimenti legislativi sono disciplinati gli opportuni incentivi al lavoro a tempo parziale e per il godimento di congedi familiari e di periodi di astensione dal lavoro per motivi

 

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di studio o ricerca, nonché interventi volti ad assicurare la contemporaneità del periodo di fruizione delle ferie per i coniugi lavoratori.

Capo VII
ISTITUZIONI SOCIALI

Art. 13.

      1. Lo Stato, nell'ambito di un programma articolato di interventi, promuove lo sviluppo delle istituzioni sociali di sostegno alla famiglia, anche mediante incentivi economici e facilitazioni giuridiche a favore di associazioni e comunità che operano a tale fine.

Art. 14.

      1. Le amministrazioni centrali competenti elaborano piani di coordinamento e di sviluppo dei consultori familiari, uniformandosi ai princìpi della legge 29 luglio 1975, n. 405, con particolare riguardo alla funzione preventiva ed educativa dei consultori e alle peculiari esigenze locali.
      2. I piani di cui al comma 1 vengono attuati dagli enti locali, i quali provvedono altresì a mettere a diposizione delle famiglie luoghi per lo svolgimento di incontri e attività ricreative che favoriscano l'integrazione interfamiliare.

Capo VIII
EDUCAZIONE

Art. 15.

      1. La famiglia è luogo e strumento di formazione per i suoi componenti e, in generale, per la società.

 

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      2. La famiglia deve essere messa in condizione di esercitare liberamente e autonomamente la sua funzione educativa.
      3. È compito dello Stato fornire a tutte le famiglie, e in particolare a quelle disagiate moralmente, economicamente e culturalmente, adeguati strumenti di formazione.
      4. Lo Stato promuove forme di educazione alla famiglia, anche nelle scuole di ogni ordine e grado, compatibilmente con i programmi scolastici.

Art. 16.

      1. Nell'ambito della tutela della famiglia, sono privilegiati gli interventi tesi a sviluppare apporti culturali diversificati da parte dei mezzi di informazione.

Capo IX
DIRITTO AL RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE E ALL'ABITAZIONE

Art. 17.

      1. Le amministrazioni pubbliche e private devono facilitare il ricongiungimento familiare dei componenti, che costituisce diritto fondamentale della famiglia.
      2. Ai fini di cui al comma 1, particolare attenzione è rivolta:

          a) alle famiglie di nuova formazione e a quelle in cui siano presenti minori o soggetti portatori di handicap o di devianze;

          b) alle famiglie di lavoratori emigrati, tra i cui membri è comunque facilitata la comunicazione.

      3. Compatibilmente con le esigenze di giustizia, devono essere altresì agevolati i contatti del detenuto con la propria famiglia.

 

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Art. 18.

      1. Anche ai fini di cui all'articolo 17, è riconosciuto il diritto della famiglia a una abitazione adeguata alle sue esigenze.
      2. Devono essere attuati interventi programmatici che prevedano la progettazione di nuove abitazioni e il recupero di quelle già esistenti, anche mediante l'utilizzo di abitazioni tenute disabitate, nel rispetto delle esigenze generali e familiari, con particolare riferimento alle famiglie numerose e di nuova formazione, a quelle in cui sono presenti anziani o portatori di handicap e a quelle costituite da emigrati rientrati in Italia.

Art. 19.

      1. Lo Stato, per emancipare la famiglia dagli ostacoli di ordine economico che ne limitano la formazione, la crescita e lo sviluppo, prevede agevolazioni fiscali e tributarie finalizzate in particolare a:

          a) eliminare le discriminazioni a carico delle famiglie monoreddito;

          b) ampliare l'ambito degli oneri deducibili dal reddito imponibile per tutte le spese che riguardano lo sviluppo della famiglia.

Capo X
ORGANIZZAZIONE DEGLI INTERVENTI

Art. 20.

      1. Le iniziative programmatiche e gli interventi riguardanti la famiglia sono di competenza del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

      2. Qualora le iniziative e gli interventi di cui al comma 1 riguardino singoli settori, essi sono assunti di concerto con i Ministri interessati.

 

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Art. 21.

      1. Presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è istituito l'Ufficio centrale per la famiglia.
      2. La struttura organica dell'Ufficio di cui al comma 1 è disciplinata con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

Art. 22.

      1. All'Ufficio centrale per la famiglia di cui all'articolo 21, anche tramite le opportune forme di coordinamento con gli interventi regionali, competono:

          a) l'attività di studio e programmazione dei fenomeni rilevanti per la famiglia;

          b) l'attività di studio e programmazione delle politiche settoriali di intervento relative ai seguenti settori: denatalità, minori, anziani, lavoro, istituzioni sociali, abitazione, educazione, emigrazione, devianze, fisco;

          c) l'attività di programmazione e gli interventi per l'integrazione dei ruoli professionali degli operatori impegnati nelle attività di sostegno alle famiglie;

          d) gli interventi per il lavoro di équipe volti alla composizione degli aspetti sociali, psicologici e sanitari della famiglia;

          e) la omogeneizzazione dello sviluppo dei consultori familiari;

          f) l'aggiornamento di tutti gli operatori impegnati nelle problematiche della famiglia;

          g) la creazione di un centro unico di elaborazione e conservazione dei dati riguardanti la famiglia.

 

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Art. 23.

      1. Le regioni adeguano gli interventi di propria competenza ai princìpi della presente legge.

Art. 24.

      1. Presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, è istituito un organo di controllo e di vigilanza sull'attuazione dei programmi elaborati dall'Ufficio centrale di cui all'articolo 21.
      2. La struttura dell'organo di cui al comma 1 è disciplinata con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

Art. 25.

      1. È istituito, in tutte le regioni, il difensore civico per la famiglia, con il compito di raccordare gli indirizzi dell'Ufficio centrale per la famiglia di cui all'articolo 21 con gli interventi realizzati a livello locale e di vigilare su tutte le attività riguardanti la famiglia.


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