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PDL 1237

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1237



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

PALUMBO, PRESTIGIACOMO, BAIAMONTE, BERTOLINI, BOCCIARDO, CASTELLANI, CECCACCI RUBINO, DI CEN- TA, DI VIRGILIO, FILIPPONIO TATARELLA, GARDINI, LICASTRO SCARDINO, LUCCHESE, MAZZARACCHIO, MISURACA, MORONI, PAOLETTI TANGHERONI, SANTELLI

Norme per la tutela dei diritti della partoriente, la promozione del parto fisiologico e la salvaguardia della salute del neonato

Presentata il 28 giugno 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - La tutela della famiglia deve costituire una priorità nella consapevolezza del ruolo fondamentale che la stessa riveste quale nucleo primario e fondante della società civile. Nella famiglia gli eventi della maternità e della procreazione e, quindi, l'esperienza della gravidanza e del parto, assumono un ruolo determinante, unitamente all'attento monitoraggio delle metodiche di parto attualmente in essere in Italia.
      Solo quarant'anni fa l'incidenza della morbilità e della mortalità fetale e, alle volte, anche materna, era notevole e legata prevalentemente alla esasperazione di metodiche che privilegiavano il parto vaginale, con un frequente ricorso ad interventi ostetrici quali l'applicazione di forcipe o di ventosa ostetrica o il rivolgimento e l'estrazione podalica. Ciò comportava sovente postumi severi per la salute della madre e del neonato. Il ricorso al taglio cesareo, per contro, era percentualmente scarso sia per la mentalità dei vecchi ostetrici, sia per la scarsa affidabilità delle tecniche chirurgiche ed anestesiologiche di allora.
      Dal 1975 il tasso di mortalità infantile (morti entro il primo anno di vita per 1.000 nati vivi) in Italia è sceso del 76 per cento (dal 20,5 del 1975 al 4,9 per mille del 1999). Tuttavia vi sono ancora differenze tra le regioni del nord e del sud: in alcune regioni meridionali (Puglia, Sicilia, Basilicata), infatti, il tasso di mortalità infantile nel 1999 era del 7,33 per mille
 

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rispetto al 3,0 delle regioni (Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Lombardia) con il tasso di mortalità più basso. Obiettivo fondamentale è quindi innanzitutto ridurre le disparità regionali nei tassi di mortalità neonatale, avvicinando la media nazionale a quella della regione con indice di mortalità più basso. Per quanto riguarda la mortalità nel primo anno di vita, le malformazioni congenite rappresentano, insieme alla prematurità, l'83 per cento di tutte le cause.
      Negli anni successivi la reazione è stata quella di ricorrere ad una ospedalizzazione massiva e ad un eccesso di medicalizzazione del parto. Pensiamo che non si possa e non si debba tornare indietro, innanzitutto perché non esistono quasi più le manualità ostetriche in grado di eseguire quegli interventi vaginali complessi che ormai fanno parte della storia dell'ostetricia, e d'altra parte, la denatalità via via crescente ha condotto ad una standardizzazione delle famiglie con un numero di figli solo raramente superiore a due. Ciò ha indotto sempre più a pretendere di avere una prole sana riducendo al minimo i rischi comunque sempre presenti nel parto vaginale.
      Oggi il 90 per cento ed oltre delle gravidanze si conclude con la nascita di un neonato sano; tra i meno fortunati vanno compresi non soltanto i soggetti nati da gravidanze a rischio elevato, affetti da malformazione o prematuri, ma anche coloro che hanno subito sofferenza prenatale insorta prima del travaglio o durante il parto per cause imprevedibili o impreviste. Ciò significa che anche l'evidenza di condizioni gravidiche e feto-neonatali ragionevolmente ritenute normali, correttamente documentata, non esclude la possibilità di una improvvisa evoluzione verso l'emergenza. Pertanto, tipo e modalità del parto, scelte della gestante, strategie assistenziali adottate al momento dell'avvio del travaglio, nascere o far nascere in un determinato modo piuttosto che in un altro, tipologia ed entità delle risorse umane e strumentali disponibili al momento del parto, insieme ad altri fattori, rappresentano il terreno in cui competenze professionali e mezzi tecnologici concorrono nel conseguimento dell'obiettivo primario, anche se non unico, di far venire alla luce un neonato in condizioni di benessere il più possibile ottimali.
      Il benessere psico-fisico della madre e il soddisfacimento dei suoi desideri non può dunque essere ricercato disgiuntamente dal conseguimento della massima salvaguardia dell'integrità fisica della gravida e del neonato.
      La promozione della salute riproduttiva consiste nel dare corrette informazioni sul possibile rischio genetico, sulla contraccezione, sulla necessità di abolire il fumo, l'alcool e le droghe, sulle problematiche della nutrizione, sulla necessità della profilassi con acido folico e di un supporto sociale ed emozionale tempestivo. Inoltre, devono essere fornite precise informazioni sull'esistenza nel territorio di reparti e centri ostetrici-neonatologici specificatamente indirizzati all'assistenza delle gravidanze normali e ad alto rischio.
      Se è vero che in molti piccoli punti nascita la donna riceve più attenzione, tuttavia neanche questo aspetto può essere generalizzato; il grado di attenzione non è sempre garanzia del benessere fisico della madre e del figlio; una migliore offerta di tipo alberghiero o una maggiore accondiscendenza a richieste dell'utente non sempre sono compatibili con quanto necessario alla prevenzione del rischio.
      L'orientamento delle donne verso un tipo di parto "alternativo" è molto probabilmente una espressione di insoddisfazione del parto e può rappresentare una reazione all'eccesso di medicalizzazione e di ospedalizzazione che si è realizzato fino agli anni ottanta. Tale insoddisfazione rappresenta un terreno fertile per l'attecchimento di messaggi che tendono a distogliere l'attenzione dalla valutazione del rischio perinatale che interessa una quota non indifferente di parti e che non può essere identificato con tanta tempestività da rinunciare a priori all'impiego di tecnologie. Ogni messaggio e offerta rivolti a soddisfare il bisogno di "naturalità" e a
 

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ridurre l'insoddisfazione connessa alla medicalizzazione possono essere ingannevoli se non accompagnati da una chiara esplicitazione degli eventuali rischi aggiuntivi connessi all'espletamento dell'evento nascita nelle condizioni desiderate dalla gestante.
      L'esperienza quotidiana in sale parto di differente livello assistenziale giustifica ampiamente le cause di insoddisfazione sul parto. Tuttavia, il Sistema sanitario nazionale, nelle varie sedi di competenza, non può dare risposte corrispondenti esclusivamente alle attese dell'adulto e, in particolare, ai suoi bisogni di privacy o di accoglienza logistica, ma deve soddisfare in ogni momento i requisiti di salvaguardia della salute della madre e del feto, tenendo conto della compatibilità della domanda nell'allocazione delle risorse a disposizione, dei benefici attesi e dei risultati conseguiti ed obiettivamente valutati.
      Se è vero che la medicalizzazione spinta, a parità di condizioni socio-economiche della popolazione e di risorse ospedaliere di personale e di strutture, ha determinato all'inizio degli anni settanta una riduzione dei tassi di mortalità perinatale superiore al 50 per cento in pochissimi anni, occorre fornire un'equa soluzione per porre in modo corretto al servizio della popolazione più debole e bisognosa mezzi di trattamento e di assistenza proporzionati ai bisogni. Un intervento ostetrico, mirato razionalmente alla tutela globale della salute materno-infantile e caratterizzato dal massimo impegno nel rispetto della proporzionalità dell'utilizzo di tecnologie, non può essere barattato con scelte alternative finalizzate al recupero di quella naturalità che, in anni non ancora dimenticati, ha prodotto tanti esiti infausti e disabilità.
      L'attuale organizzazione ospedaliera, insieme alla mancanza di una continuità assistenziale sul territorio, ha determinato nel 1999 un tasso di ospedalizzazione significativamente più elevato rispetto a quello di paesi europei quali, ad esempio, il Regno Unito (51 per cento) e la Spagna (60 per cento). Oggi umanizzare deve voler dire offrire attitudini nel controllare eventi naturali per mezzo di una nuova cultura del partorire e del nascere che raccolga ed elabori le conoscenze scientifiche, coniugandole con comportamenti assistenziali rispettosi degli stati emotivi e mirati al mantenimento del massimo benessere della partoriente e del nascituro.
      Ormai l'ostetricia è radicalmente cambiata: il parto deve avvenire fisiologicamente e spontaneamente e sarà sempre più rara l'esecuzione di indaginosi parti operativi vaginali. È ovvio però che la loro drastica riduzione ha causato un aumento significativo dell'incidenza dei tagli cesarei: ben il 33 per cento nel 1999, più frequenti nelle strutture del centro-sud con un basso numero di nati, fino a raggiungere in Campania il 51 per cento, mentre le regioni Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia registrano una percentuale di parti con taglio cesareo pari al 20 per cento, valori di poco superiori a quelli riportati dalla maggior parte dei Paesi dell'Unione europea.
      Ma non è solo questa la causa che ha fatto innalzare la percentuale di tagli cesarei ad una media di oltre il 30 per cento di tutti i parti, con alcune punte superiori al 50 per cento. La convinzione di un abbattimento dei rischi e l'esigenza di evitare la sofferenza del travaglio sono un altro elemento soggettivo che ha contribuito alla riduzione dei parti fisiologici.
      Altre condizioni, legate alle mutate esigenze della donna moderna, sempre più impegnata nel mondo del lavoro, hanno elevato oltre i 30 anni l'età media della prima maternità. Considerando infatti che l'età fisiologicamente più idonea per un primo parto va dai 20 ai 30 anni, tale condizione di «primiparità attempata» di per sé rappresenta una condizione di maggior rischio fetale nel parto e quindi una ulteriore causa di maggiore incidenza di tagli cesarei. In Italia si riscontra, invero, una bassa percentuale di gravidanze in età adolescenziale (2,25 per cento), paragonabile ai tassi osservati in altri Paesi europei quali Germania, Danimarca, Finlandia, Svezia e Francia.
      La rivalutazione dei consultori familiari, creati anche per far crescere tra la
 

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gente una cultura della sessualità e della riproduzione e per diffondere la tecnica della preparazione psico-fisica al parto, ormai spesso snaturati e ridotti al rango di semplici ambulatori di ginecologia, potrebbe contribuire alla realizzazione di quel transfert che deve crearsi tra il ginecologo e la donna per stabilire rapporti fiduciari e di sicurezza.
      L'analgesia ostetrica in travaglio di parto, tra le esigenze primarie della donna, risulta pochissimo praticata sul territorio nazionale soprattutto per la carenza di medici anestesisti. Anche in ciò è stato disatteso il progetto obiettivo materno-infantile 1998-2000, che prevedeva la presenza in sala parto del medico anestesista, insieme al ginecologo, al pediatra ed alla ostetrica.
      Il Piano sanitario nazionale 2003-2005 focalizzava l'attenzione sulla salute del neonato e poneva come obiettivo fondamentale quello di ridurre le disparità regionali nei tassi di mortalità e morbilità neonatali, intervenendo sia con la promozione della salute, intesa nel dare corrette informazioni sul rischio genetico e sulla necessità di instaurare corrette abitudini di vita e alimentari, sia con la realizzazione di centri ostetrici e neonatologici specificatamente indirizzati all'assistenza delle gravidanze normali e ad alto rischio.
      Tutti i sondaggi e le indagini statistiche effettuati nell'ambito del parto concordano nell'indicare una sorta di insicurezza e di malessere nella gestante, la quale vorrebbe coniugare sempre sicurezza, umanità e serenità in quel momento magico rappresentato dalla maternità e dalla nascita.
      Gli obiettivi strategici della protezione della maternità e del miglioramento dell'assistenza ostetrica e neonatologica del periodo perinatale non possono esulare dall'educazione alla salute e all'igiene dei giovani e delle famiglie, dalla riduzione del tasso di ospedalizzazione, dalla diminuzione della percentuale dei tagli cesarei, dalla ottimizzazione del numero dei punti nascita, dalla riqualificazione dei consultori familiari, dalla promozione di campagne informative rivolte alle gestanti sulle norme comportamentali di prevenzione, dalla diffusione della pratica del parto indolore, ancora non garantita in Italia dal Servizio sanitario nazionale, e dalla elaborazione di linee guida e percorsi diagnostici-terapeutici condivisi anche in ambito locale.
      Da ultimo, appare non sufficientemente considerato l'aspetto della rivalutazione del profilo professionale dell'ostetrica: al riguardo, questo ruolo, negli ultimi anni messo un po' da parte per via dell'eccessivo ricorso alla medicalizzazione, rappresenta classicamente un filtro tra il parto naturale e quello medicalizzato e può sicuramente contribuire ad una maggiore umanizzazione del parto, una delle esigenze primarie della donna.
      Queste le finalità della presente proposta di legge, che riprende il testo elaborato dalla XII Commissione (Affari sociali) della Camera dei deputati, nella precedente legislatura.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Capo I
PRINCIPI GENERALI

Art. 1.
(Finalità).

      1. La presente legge persegue le seguenti finalità:

          a) promuovere un'appropriata assistenza alla nascita, tutelando i diritti e la libera scelta della gestante;

          b) perseguire la tutela della salute materna, il benessere del nascituro e quello delle famiglie nell'esperienza della genitorialità;

          c) rafforzare gli strumenti per la salvaguardia della salute materna e della salute del neonato, individuando i livelli dell'assistenza ospedaliera che ad essi devono essere garantiti;

          d) favorire il parto fisiologico e promuovere le modalità per l'appropriatezza degli interventi al fine di ridurre la percentuale dei tagli cesarei.

Art. 2.
(Relazione al Parlamento).

      1. Il Ministro della salute presenta annualmente al Parlamento una relazione sullo stato di attuazione della presente legge, tenuto conto dei dati rilevati dalle regioni.

Art. 3.
(Compiti delle Regioni).

      1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, attraverso il piano sanitario regionale e sulla base dei criteri

 

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definiti dai progetti obiettivo in materia materna e infantile (POMI), individuati dal piano sanitario nazionale ai sensi dell'articolo 1, comma 11, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, definiscono modelli organizzativi assistenziali per il percorso nascita e per il rafforzamento della tutela della salute e del benessere della madre e del neonato, nel rispetto delle finalità e dei requisiti individuati dalla presente legge, anche attraverso il potenziamento dei consultori di cui alla legge 29 luglio 1975, n. 405, e successive modificazioni.

Capo II
DIRITTI DELLA PARTORIENTE E PROMOZIONE DEL PARTO FISIOLOGICO

Art. 4.
(Finalità).

      1. Il presente capo ha le seguenti finalità:

          a) soddisfare i bisogni di benessere psicofisico materno-infantile durante la gravidanza, il parto, il puerperio, l'allattamento e il periodo neonatale;

          b) favorire la libertà di scelta informata dei luoghi nei quali il parto può avvenire, in condizioni di adeguata salvaguardia del benessere fisico e psichico;

          c) promuovere la più ampia conoscenza delle modalità di assistenza e delle pratiche sanitarie in uso, comprese le tecniche del controllo del dolore del parto, la verifica dei livelli di assistenza assicurati, la continuità e l'integrazione territorio-ospedale e l'armonizzazione delle modalità di assistenza di tutto il percorso nascita, tenuto conto delle raccomandazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) in materia di tecnologie e metodologie appropriate alla nascita;

          d) favorire l'informazione e la conoscenza delle strutture territoriali e ospedaliere

 

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presenti a cui potersi rivolgere prima, durante e dopo il parto, e consentire così una consapevole conoscenza e scelta del luogo e delle modalità del parto;

          e) ridurre i fattori di rischio ambientali, personali e iatrogeni per ridurre i tassi di morbilità e mortalità materna e perinatale mediante un corretto utilizzo dei professionisti sanitari addetti alla assistenza della gravidanza e del parto fisiologici, valorizzando il ruolo dell'ostetrica, secondo il profilo professionale definito dal comma 1 dell'articolo 1 del decreto del Ministro della sanità 14 settembre 1994, n. 740, che individua in questa figura professionale l'operatore sanitario che assiste e consiglia la donna nel periodo della gravidanza, durante il parto e nel puerperio, conduce e porta a termine parti eutocici con propria responsabilità e presta assistenza al neonato;

          f) assicurare al neonato, durante la degenza, l'instaurarsi di un corretto rapporto relazionale e la continuità del rapporto psico-affettivo con la madre, attraverso modelli organizzativi che consentano la maggiore vicinanza del neonato alla madre, con particolare riferimento alla promozione e al sostegno dell'allattamento al seno, la presenza del padre e di fornire ai genitori l'informazione necessaria sullo stato di salute del neonato e sui modi di garantirla.

Art. 5.
(Assistenza alla nascita).

      1. Le aziende sanitarie locali predispongono modelli organizzativi e risorse di personale e materiali atti a garantire:

          a) l'utilizzazione di un'idonea cartella ostetrica computerizzata, nella quale sono annotati tutti i dati relativi alla gravidanza; tali dati, su richiesta, devono essere messi a disposizione della donna e degli operatori che l'assistono durante e dopo il parto;

 

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          b) i corsi di accompagnamento alla nascita rivolti, fin dall'inizio della gravidanza, alla donna ed alla coppia, onde fornire le conoscenze relative alla sequenza di eventi gravidanza-parto-nascita-puerperio-allattamento ed alle metodiche per l'espletamento del parto, comprese le tecniche per il controllo del dolore da parto;

          c) l'accertamento e la certificazione delle gravidanze a rischio e dei fattori di rischio per la gravidanza.

      2. In ogni caso, l'assistenza sanitaria delle gravidanze a rischio è demandata, a partire dal momento dell'accertamento, alle strutture specialistiche pubbliche o private accreditate.
      3. Le strutture specialistiche pubbliche o private accreditate favoriscono, compatibilmente con le condizioni fisiche della puerpera e del neonato, su espresso consenso della madre, la dimissione precoce, protetta ed appropriata della madre e del figlio, garantendo la partecipazione dell'ostetrica nell'ambito dell'assistenza domiciliare integrata per il controllo del puerperio e del neonato e per il sostegno dell'allattamento al seno.
      4. La durata e le modalità dell'assistenza al puerperio devono essere adeguate allo stato fisico, psicologico e sociale della donna e del bambino. È favorita la presa in carico più precoce possibile del neonato da parte del pediatra di libera scelta.

Art. 6.
(Parto fisiologico).

      1. Si definisce parto fisiologico la spontanea modalità di evoluzione dei tempi e dei ritmi della nascita. Le modalità assistenziali da assicurare durante il travaglio devono garantire, in base alle indicazioni dell'OMS:

          a) il pieno rispetto delle esigenze biologiche e fisiologiche della donna e del nascituro;

 

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          b) l'assecondamento dei ritmi fisiologici del travaglio e l'eliminazione di ogni pratica routinaria non supportata da precise indicazioni cliniche, per ognuna delle quali deve essere fornita una corretta informazione al fine di favorire decisioni consapevoli da parte della partoriente;

          c) la promozione e la diffusione di tecniche naturali e farmacologiche per il controllo del dolore del parto;

          d) l'organizzazione del luogo di assistenza al travaglio di parto che assicuri un ambiente confortevole e rispettoso dell'intimità della donna;

          e) la possibilità di avere accanto il ginecologo o l'ostetrica di fiducia nel rispetto della continuità dell'assistenza e per il potenziamento dell'integrazione assistenziale;

          f) la possibilità per il padre che lo desideri o di altra persona indicata dalla donna, tranne in presenza di gravi ragioni, di essere sempre presente all'evento;

          g) la possibilità di immediato e continuo contatto madre-figlio;

          h) la promozione dell'allattamento al seno nel periodo immediatamente successivo alla nascita e nei primi sei mesi di vita del bambino, secondo le indicazioni dell'OMS e del Fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia (UNICEF).

Art. 7.
(Luoghi per il parto fisiologico).

      1. Per garantire alla donna il diritto a vivere l'evento travaglio-parto-nascita in un contesto umanizzato e sicuro, il parto può svolgersi:

          a) in strutture sanitarie pubbliche o private accreditate o autorizzate;

          b) in case di maternità individuate in eventuali progetti di ristrutturazione o costruzione da parte delle aziende sanitarie locali;

          c) a domicilio.

 

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Art. 8.
(Strutture ospedaliere per il parto fisiologico).

      1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le aziende sanitarie locali, le aziende ospedaliere e le strutture pubbliche o private accreditate o autorizzate attrezzano spazi adeguati per il parto fisiologico nonché per l'effettuazione di tecniche di parto-analgesia. Questi spazi devono consentire, successivamente al parto, in collaborazione con le unità operative neonatologiche, il contatto tra la madre e il bambino mediante la pratica di tenere il neonato in camera con la madre, nonché la presenza del padre senza vincoli di orari.
      2. Gli spazi di cui al comma 1 sono realizzati dalle aziende sanitarie nell'ambito dei propri progetti di ampliamento, di ristrutturazione e di costruzione di reparti ostetrici, pediatrici, neonatologici ed anestesiologici ovvero, in attesa della realizzazione delle nuove strutture, tramite una riorganizzazione funzionale degli esistenti reparti ostetrici, pediatrici, neonatologici ed anestesiologici.

Art. 9.
(Parto a domicilio).

      1. Il parto a domicilio avviene per libera scelta della partoriente.
      2. Il ginecologo e l'ostetrica che hanno seguito la donna valutano se le condizioni di fisiologicità della gravidanza, di salute della partoriente e del nascituro nonché la situazione logistica ed igienico-sanitaria del suo domicilio siano adeguate alla richiesta di parto a domicilio. Le donne con gravidanze a rischio o nelle quali si manifestino segni iniziali di patologia sono indirizzate alle strutture sanitarie pubbliche o private accreditate, garantendo la continuità dell'assistenza.
      3. L'ostetrica deve assicurare alla madre, per almeno dieci giorni a decorrere dal momento del parto, un'adeguata assistenza al puerperio ed all'allattamento al

 

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seno. Il controllo pediatrico del neonato deve essere effettuato entro ventiquattro ore dalla nascita e nel rispetto degli articoli 18 e 19 della presente legge.
      4. In ogni caso in cui si evidenziano impreviste condizioni di rischio per la donna in gravidanza, per il feto o per il neonato, deve essere allertato e attivato il servizio di trasporto materno e neonatale di cui all'articolo 10.

Art. 10.
(Servizio di trasporto materno e neonatale).

      1. I criteri di riconoscimento delle gravidanze, dei parti e delle condizioni neonatali a rischio, al fine del tempestivo ricovero nei punti nascita, sono quelli individuati dall'OMS.
      2. In casi di particolare gravità, il trasporto assistito deve essere effettuato da personale con competenze specifiche, mediante il servizio di trasporto d'emergenza, e deve afferire a strutture assistenziali di II o III livello, utilizzando un'unità mobile attrezzata per le cure intensive da prestare in corso di trasferimento.

Art. 11.
(Donazione del sangue cordonale).

      1. Le divisioni di ostetricia diffondono la cultura della donazione del sangue cordonale informando le puerpere delle potenzialità della donazione, delle possibili utilizzazioni, dell'assoluta mancanza di ogni rischio per sé e per il neonato.

Art. 12.
(Incentivi).

      1. In considerazione dei maggiori costi derivanti dall'assistenza al travaglio e al parto per via vaginale, sia in termini di impegno di personale medico e ostetrico, che di tecnologie, il rimborso alle strutture sanitarie relativo ai parti vaginali, sia

 

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spontanei che operativi, è equiparato a quello previsto per i tagli cesarei.
      2. Per compensare gli oneri economici che derivano alle famiglie dallo svolgimento del parto al proprio domicilio, le aziende sanitarie corrispondono ad esse, su richiesta e dietro presentazione di parcelle di onorari, una somma massima corrispondente al relativo diagnosis related group (DRG).
      3. Le aziende sanitarie che intendono attivare e diffondere le tecniche di analgesia per il parto possono assumere, a tal fine, medici anestesisti anche in soprannumero rispetto alle dotazioni organiche.
      4. Le unità operative che abbiano dimostrato, di anno in anno, di lavorare in conformità alle disposizioni della presente legge devono essere incentivate dalle aziende sanitarie locali con iniziative di formazione e di aggiornamento, nonché con il finanziamento di progetti finalizzati al raggiungimento degli obiettivi fissati dalla presente legge.

Art. 13.
(Compiti delle regioni).

      1. Ai fini dell'espletamento delle attività connesse all'attuazione del parto fisiologico previste dalla presente legge, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, d'intesa con le aziende sanitarie locali, provvedono a:

          a) adottare le nuove linee guida del parto fisiologico, secondo i princìpi stabiliti dalla presente legge;

          b) verificare annualmente il livello qualitativo del percorso parto-nascita, secondo le modalità stabilite dalla presente legge;

          c) programmare corsi di accompagnamento alla nascita all'interno delle strutture pubbliche e accreditate o in altra sede idonea individuata dalla competente azienda sanitaria locale;

          d) raccogliere e monitorare annualmente i dati statistici relativi alle diverse

 

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modalità di parto verificati nelle proprie strutture e nel proprio territorio;

          e) pianificare, per il personale, corsi di aggiornamento di livello generale e specialistico;

          f) favorire il confronto e i collegamenti tra gli operatori dei vari dipartimenti, anche per garantire livelli uniformi di assistenza nell'ambito del percorso nascita;

          g) organizzare e promuovere campagne informative sui diritti della partoriente, del nascituro e del padre.

Art. 14.
(Riqualificazione del personale).

      1. Le disposizioni di cui alle lettere e), f) e g) dell'articolo 13, comma 1, perseguono i seguenti obiettivi:

          a) aggiornare professionalmente e riqualificare tutto il personale attualmente impiegato nei vari servizi, nonché del personale convenzionato, in funzione delle modalità di nascita previste dalla presente legge;

          b) aggiornare sulle tecniche e metodologie ostetriche e sulle tecniche di parto-analgesia al fine di assicurare la continua verifica della validità scientifica e dell'efficacia delle procedure mediche e chirurgiche in uso e comunemente accettate;

          c) valorizzare il confronto clinico come momento di aggiornamento e confronto e di garanzia della qualità della conduzione clinica;

          d) attivare la collaborazione continua pluridisciplinare, sia clinica che di aggiornamento, tra i reparti e i servizi di ostetricia, di neonatologia e di anestesia al fine di ottimizzare gli interventi e le comunicazioni tra i reparti;

          e) promuovere la formazione all'assistenza domiciliare al puerperio;

          f) promuovere la formazione di équipe multidisciplinari che partecipino ordinariamente alle diverse fasi dell'assistenza alla nascita.

 

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Art. 15.
(Relazioni ed indagini).

      1. I competenti organi regionali predispongono una relazione annuale per la rilevazione dei dati relativi a:

          a) morbilità e mortalità perinatale e neonatale;

          b) morbilità e mortalità materna;

          c) modalità di assistenza al parto, compreso quello a domicilio;

          d) complicanze in gravidanza;

          e) uso di ossitociti, antispastici, analgesici, anestetici e specificazione delle relative caratteristiche;

          f) frequenza e modalità dell'allattamento al seno.

      2. Le relazioni di cui al comma 1 contengono altresì dati statistici relativi a:

          a) la popolazione assistita, quali età, classe sociale di appartenenza, rischio sanitario, e altri criteri ritenuti utili per la valutazione della qualità delle cure;

          b) i livelli di assistenza neonatale;

          c) nati pretermine, nati morti e malformati.

      3. Le relazioni di cui al presente articolo sono trasmesse al Ministero della salute, che cura la pubblicazione e la diffusione dei dati raccolti.

Capo III
SALVAGUARDIA DELLA SALUTE DEL NEONATO

Art. 16.
(Livelli di cura e bacini di utenza).

      1. Ad ogni nato, nell'ambito delle strutture ospedaliere, devono essere assicurate competenze specifiche sia mediche sia infermieristiche

 

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e l'aderenza ai requisiti organizzativi, strutturali e tecnologici definiti dai progetti obiettivo in materia materno-infantile, individuati dal piano sanitario nazionale ai sensi dell'articolo 1, comma 11, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, e nel rispetto delle disposizioni del presente capo.
      2. L'assistenza ospedaliera al neonato è articolata su tre livelli di cura:

          a) cure di I livello per neonati sani, con una disponibilità di quindici posti letto per mille nati vivi;

          b) cure di II livello, con una disponibilità di 4,5 posti letto per mille nati vivi, oltre a quelli destinati ai neonati sani;

          c) cure di III livello, con una disponibilità di un posto letto per settecentocinquanta nati vivi, per le cure intensive, e di due posti letto per ogni posto letto di terapia intensiva, per le cure subintensive, oltre alla disponibilità di posti letto adeguati all'utenza bisognosa di cure di I e II livello e di posti letto supplementari per i neonati bisognosi di chirurgia neonatale rapportati all'utenza.

      3. Tutti gli ospedali pubblici e privati accreditati dotati di punto nascita, anche se privi di strutture operative complesse di neonatologia e di terapia intensiva neonatale, devono disporre di posti letto per cure minime ed intermedie, nell'ambito di unità operative di pediatria o neonatologia.
      4. Di norma le unità operative di ostetricia e le unità operative di neonatologia-patologia neonatale e di pediatria con assistenza neonatale devono operare a livello corrispondente, e un livello superiore deve erogare, oltre alle prestazioni che lo caratterizzano, anche quelle di livello inferiore.
      5. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, anche in base alla valutazione della situazione orogeografica, della rete viaria, della consistenza e della localizzazione delle strutture esistenti, definiscono per le unità operative neonatologiche adibite ai compiti di cui al presente

 

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articolo, bacini di utenza atti ad assicurare l'acquisizione di competenze specifiche e di un livello tecnico adeguato alle cure prestate, anche in relazione al numero dei pazienti trattati.
      6. Nelle aree ad alta densità di popolazione o metropolitane i vincoli quantitativi, riferiti ai bacini di utenza che orientano la programmazione regionale del numero delle unità di terapia intensiva neonatale, possono non tradursi in una precisa delimitazione dei bacini, al fine di privilegiare il diritto di scelta dei genitori e la competitività delle aziende che insistono nel medesimo territorio.

Art. 17.
(Requisiti organizzativi e di personale).

      1. Presso ogni presidio sanitario pubblico o privato accreditato sono garantiti i servizi di rianimazione primaria neonatale. A tal fine, nell'ambito della sala parto, o in un locale direttamente comunicante con essa, deve essere predisposta una zona per le prime cure e l'eventuale intervento intensivo sul neonato, denominata «isola neonatale», provvista di spazio ed attrezzature adeguate allo scopo.
      2. Responsabile dell'assistenza nell'isola neonatale è un neonatologo o un pediatra con competenze neonatologiche. Nelle strutture di cui è prevista la guardia attiva ventiquattro ore su ventiquattro del neonatologo o del pediatra con competenze neonatologiche, essi devono garantire l'assistenza al neonato in sala parto. Per garantire l'attuazione del parto indolore nonché la salvaguardia delle funzioni vitali della partoriente e del nascituro si provvede in conformità a quanto previsto dall'articolo 12, comma 3, della presente legge.
      3. Per adeguare le competenze in assistenza intensiva neonatale nei punti nascita in cui non esista la figura del neonatologo o del pediatra con competenze neonatologiche, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano istituiscono corsi di formazione e di aggiornamento

 

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professionale in rianimazione primaria ed assistenza neonatale dedicati a tutto il personale che deve prendersi cura del neonato.
      4. La gestione dei corsi di cui al comma 3 è affidata, di norma, ai centri di terapia intensiva neonatale e ai servizi di anestesia nel cui territorio ricadono i punti nascita, al fine di favorire una corretta collaborazione e integrazione tra centro di riferimento e rete ospedaliera periferica.

Art. 18.
(Controlli post-natali).

      1. Tutti i neonati apparentemente sani, in attesa che si completino i processi fisiologici di adattamento postnatale, nelle ore successive alla nascita, devono usufruire dei comuni controlli dei parametri vitali durante l'osservazione transizionale.
      2. Qualora il neonato necessiti di cure speciali che determinano il temporaneo distacco dalla madre, deve essere assicurata, per quanto possibile, la permanenza della stessa in spazi contigui e adeguati, anche in caso di degenza in terapia intensiva neonatale.

Art. 19.
(Cartella clinica neonatologica).

      1. Per ogni nato vivo deve essere compilata una cartella clinica personale, anche ai fini della compilazione della scheda di dimissione ospedaliera (SDO), contenente, oltre ai dati previsti dalle vigenti disposizioni in materia, i rilievi sulla gravidanza, sul parto e sull'andamento neonatale utili per la valutazione dell'efficienza dei servizi perinatali e dell'efficacia delle cure di nascita.
      2. Il Ministro della salute, sentito il parere di una apposita commissione di esperti, con proprio decreto da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, predispone linee guida per la definizione, da parte delle regioni e delle province autonome

 

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di Trento e di Bolzano, delle caratteristiche della cartella clinica di cui al comma 1.

Art. 20.
(Continuità delle cure al neonato).

      1. Al fine di assicurare la dovuta continuità di indirizzo nelle cure prestate, ogni bambino, il quale in epoca post-natale debba essere nuovamente ospedalizzato per patologie connesse alla nascita e per cui è stato già in trattamento nelle unità operative di neonatologia o patologia neonatale ovvero di terapia intensiva neonatale, può fruire di cure, sia in regime di day hospital sia di ricovero ordinario, presso la stessa unità operativa, indipendente dal superamento dell'età strettamente neonatale.

Art. 21.
(Programmi di prevenzione, educazione e informazione).

      1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano attuano in via prioritaria interventi e programmi di prevenzione, educazione ed informazione per la tutela della gestante e del neonato.

Art. 22.
(Applicazione della disciplina in materia di attività usuranti).

      1. A tutto il personale del ruolo medico, compresi gli anestesisti, e dei profili professionali ostetrici ed infermieristici operanti in unità di terapia intensiva neonatale, in pronto soccorso ostetrico, in sala parto e in sala operatoria si applicano i benefìci previsti dal decreto legislativo 11 agosto 1993, n. 374, e successive modificazioni, e i provvedimenti attuativi di quanto previsto dall'articolo 12 della legge 23 dicembre 1994, n. 724.


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