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PDL 441

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 441



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato ASCIERTO

Effetti delle misure patrimoniali di prevenzione nei confronti dei terzi

Presentata il 4 maggio 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge, che riproduce, con i necessari aggiornamenti, un'iniziativa già presentata nella scorsa legislatura (Atto Camera n. 441, XIV legislatura), mira a una regolamentazione equilibrata del conflitto fra la pretesa dello Stato di avocare a sé i patrimoni illecitamente costituiti e le esigenze di tutela di quanti abbiano avuto rapporti giuridici con l'indiziato di appartenenza ad associazioni mafiose, confidando senza colpa nel suo patrimonio. Infatti, lo sviluppo delle organizzazioni mafiose e il carattere invasivo assunto dalla loro penetrazione nel mercato fanno sì che il sequestro e la confisca coinvolgano categorie sempre più vaste di soggetti che, di fatto, finiscono con il subire, senza colpa alcuna, gli effetti della misura di prevenzione patrimoniale.
      La necessità di fare «terra bruciata» attorno alle cosche, chiudendo ogni varco all'espansione economica delle organizzazioni mafiose, non può implicare, in un Paese fondato su princìpi di diritto codificato, che si possa prescindere del tutto dalla tutela dei «terzi» incolpevoli. La compressione dei diritti dei terzi di buona fede, frutto di una visione ad modum belli del diritto penale, finendo con il negare anche istituti e consolidati princìpi giuridici cicivilistici, ostacola la certezza dei traffici giuridici e accentua le diffidenze verso il sistema complessivo della prevenzione. La mancanza di un chiaro intervento normativo sul tema rende inoltre arduo e faticoso il compito quotidiano degli operatori giuridici; rende imprevedibili le decisioni giurisdizionali; comporta paralisi gestionali dei beni sequestrati (o addirittura definitivamente confiscati) foriere di dispersione di rilevanti ricchezze sociali; determina situazioni conflittuali sul piano sociale, che hanno ricadute negative per la formazione di una cultura favorevole alla lotta alle organizzazioni criminali di tipo mafioso.
      La tutela dell'affidamento dei terzi di buona fede va però assicurata tenendo sempre presenti il rischio che il mafioso
 

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possa avvalersi di meri prestanome, che vantino fittiziamente diritti sui beni sottoposti alla misura reale, al fine di riottenerne il controllo; e, soprattutto, la evenienza che, consentendo al creditore incolpevole di soddisfarsi sul patrimonio del proposto, si consenta altresì che siano portate a termine operazioni di «riciclaggio» di danaro di provenienza illecita.
      Nel potenziale conflitto tra interessi di carattere generale e interessi meramente privatistici, quantunque giuridicamente e socialmente rilevanti, si muove la presente proposta di legge con lo scopo di raggiungere un sia pur difficile equilibrio.
      Essa si muove sulla scia della proposta elaborata nella XIII legislatura dalla Commissione per la ricognizione ed il riordino della normativa di contrasto della criminalità organizzata, istituita presso il Ministero della giustizia, rispetto alla quale può constatarsi una condivisione pressoché integrale delle linee ispiratrici e delle soluzioni, con riguardo sia all'ambito dei soggetti tutelabili sia alle forme ed alle tecniche di tutela ivi suggerite, fatti salvi taluni aspetti, di non poco momento, che, a seguito di ulteriori approfondimenti, sono stati fatti oggetto di diversa soluzione.
      Merita segnalare, prima di passare all'illustrazione del contenuto dell'articolato, che i riferimenti normativi alla «legge fallimentare» (regio decreto 16 marzo 1942, n. 267) sono stati aggiornati per tenere conto delle modifiche ad essa apportate dal decreto legislativo 9 gennaio 2006, n. 5, di ormai prossima entrata in vigore.

Articolo 1.

      L'articolo 1 si occupa, sul piano sostanziale, delle situazioni soggettive attive tutelate e delle ulteriori condizioni necessarie perché sia assicurato il soddisfacimento dei diritti vantati dai terzi sui beni del debitore vincolati al sequestro antimafia. I terzi in questione sono ovviamente diversi da quelli contemplati dall'articolo 2-ter della legge n. 575 del 1965, il quale, disponendo che siano chiamati ad intervenire nel procedimento di prevenzione i terzi cui risultino appartenere i beni sottoposti a sequestro, si riferisce a quanti siano titolari di diritti di proprietà o di ulteriori diritti reali di godimento su quei beni. Viceversa, la questione della tutela dei diritti dei terzi in ambito prevenzionistico riguarda essenzialmente i terzi che abbiano maturato specifici diritti in ordine al singolo determinato bene sottoposto a misura reale. Si tratta cioè di accordare tutela ai creditori muniti di privilegio speciale, ovvero a quanti abbiano già intrapreso sui beni atti di esecuzione forzata in epoca antecedente al sequestro (vincolandoli specificatamente, sia pure sul piano meramente processuale, alla garanzia dei propri crediti). In tali ipotesi, il conflitto tra la pretesa acquisitiva dello Stato in ordine al bene di origine illecita e le pretese legittimamente vantate dai terzi sul detto bene è risolto sulla base del criterio oggettivo dell'anteriorità delle trascrizioni e delle iscrizioni, in sostanziale conformità con le disposizioni di cui agli articoli 2913 e seguenti del codice civile. Ovviamente, la tutela dei terzi titolari di diritti di credito muniti di privilegio speciale o che abbiano compiuto atti d'esecuzione concerne i soli crediti insorti in epoca antecedente al sequestro, giacché per quelli successivi la legge dispone espressamente che l'amministratore giudiziario faccia fronte alle spese dell'amministrazione - con una sorta di prededuzione generalizzata - mediante prelevamento dalle somme a qualsiasi titolo riscosse, oppure ricorrendo in via d'anticipazione all'erario.
      Il criterio ispiratore della tutela è quello della buona fede, nel senso che, mentre i terzi compartecipi dell'illiceità possono persino condividere con il mafioso la responsabilità civile o penale che scaturisce dall'attività illecita, quelli di buona fede possono avvantaggiarsi dei diritti scaturiti dai rapporti giuridici intrattenuti

 

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con il mafioso. Il principio civilistico dell'affidamento, preposto alla certezza dei traffici giuridici, individua la ragione di tutela del diritto del terzo ma, insieme, costituisce il limite entro cui la tutela può essere assicurata. Per converso, non è apparso congruo con le finalità della prevenzione l'esclusione dalla tutela di quei terzi non già collusi o compartecipi ma meramente consapevoli del carattere mafioso del contraente (nonché di coloro che avrebbero potuto rendersi conto, mediante la normale diligenza, di avere a che fare con un soggetto mafioso), senza alcuna considerazione del rilievo oggettivo dell'atto posto in essere.
      Si è osservato, cioè, che il criterio tradizionale della «buona fede», intesa in senso meramente soggettivo, può restringere in modo ingiustificato l'area dei soggetti tutelabili (si pensi, ad esempio, ai lavoratori dipendenti dell'imprenditore mafioso). Recependo la proposta della Commissione per la ricognizione ed il riordino della normativa di contrasto della criminalità organizzata, si è ritenuto potersi sostituire, al criterio tradizionale, quello, oggettivo, della funzionalità dell'atto rispetto all'attività illecita, escludendo quindi la tutelabilità delle situazioni soggettive dei terzi in presenza di atti che, in quanto ausiliari o strumentali all'attività illecita, la agevolino obiettivamente, ma riconoscendola comunque allorquando il terzo ignori senza colpa tali caratteristiche dell'atto.
      In tema di onere probatorio si presenta la divergenza più significativa tra la presente proposta di legge e il progetto della Commissione per la ricognizione ed il riordino della normativa di contrasto della criminalità organizzata.
      L'applicazione della regola di cui all'articolo 1147 del codice civile, rischia di rendere del tutto inefficace la prevenzione reale, per la possibilità che il mafioso ha di precostituire agevolmente diritti di credito fittizi - magari assistiti da privilegio - e tuttavia sostanzialmente incontrollabili. Le connotazioni mafiose del contesto ambientale in cui le negoziazioni solitamente si svolgono e le considerazioni sistematiche sul rilievo preminentemente oggettivo della buona fede in ambito negoziale, hanno indotto, recependo i risultati cui è pervenuta di recente la giurisprudenza, a suggerire di costruire l'estraneità dell'atto negoziale all'attività illecita del debitore o l'inscentia come elementi costitutivi della fattispecie, la cui prova deve gravare sul creditore che invoca tutela.
      Per i creditori chirografari, per i quali opera la generica garanzia di cui all'articolo 2740 del codice civile, i quali non abbiano compiuto atti d'esecuzione sui beni in sequestro, gli effetti della confisca rendono la loro posizione non dissimile da quella dei creditori negligenti o intempestivi i quali tentino inutilmente di aggredire il patrimonio del debitore, su beni ormai sottratti alla garanzia.
      Può tuttavia accadere che quei creditori non riescano a soddisfare i loro diritti sui restanti beni dell'indiziato di mafia, a cagione dell'incapienza del patrimonio non in sequestro.
      Si pone allora la questione concernente la possibilità che possano soddisfarsi anch'essi sui beni sequestrati o confiscati.
      Si osserva che la compressione dei diritti dei creditori chirografari sembra contraria alle Convenzioni di Strasburgo dell'8 novembre 1990, resa esecutiva dalla legge 9 agosto 1993, n. 328, in materia di riciclaggio, sequestro e confisca dei proventi di reato, e di Vienna del 20 dicembre 1988, resa esecutiva dalla legge 5 novembre 1990, n. 328, in tema di traffico illecito di sostanze stupefacenti e psicotrope, le quali, disponendo sulla tutela dei terzi in buona fede, non sembrano distinguere tra quanti siano muniti o no di garanzia specifica. Si rileva quindi che la compressione costante dei creditori chirografari può non essere corretta, per il potenziale sacrificio di categorie sociali considerate anche costituzionalmente meritevoli di particolare protezione (ad esempio i lavoratori subordinati e gli artigiani); e neppure opportuna, ove si pensi alla possibilità
 

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di assicurare intorno alla prevenzione il necessario consenso sociale. D'altro canto, tanto l'incremento di redditività dei beni in sequestro, auspicato dalla legislazione prevenzionistica, quanto la stessa conservazione dell'attività d'impresa implicano necessariamente il riconoscimento anche dei crediti chirografari maturati in epoca antecedente al sequestro.
      Il difficile contemperamento del carattere «non universale» della confisca di prevenzione, che induce a rimarcare il principio per cui il mafioso continua a rispondere in proprio delle obbligazioni assunte (mediante il suo patrimonio non in sequestro, presente e futuro), con l'opportunità di apprestare comunque una qualche tutela per i creditori sguarniti di privilegio speciale o che non abbiano compiuto atti d'esecuzione sui beni è stato ravvisato, sulla scia della soluzione già indicata dalla Commissione per la ricognizione ed il riordino della normativa di contrasto della criminalità organizzata, nella possibilità che i creditori chirografari, se di data certa anteriore al sequestro, possano soddisfare le loro ragioni sui beni confiscati, purché dimostrino che il restante patrimonio non in sequestro del mafioso risulti a tal fine insufficiente, e ciò a seguito della preventiva sua escussione, ovvero sulla scorta dei bilanci dell'impresa, ovvero ancora sulla scorta degli atti delle indagini patrimoniali assunti nell'ambito dello stesso procedimento di prevenzione. Soluzione questa che appare in sintonia con i più recenti arresti giurisprudenziali, ed anzi, per molti versi, assai più sensibile di quelli alle ragioni della tutela sociale, cui è preposta la prevenzione.
      Stato soggettivo di buona fede, anteriorità del credito rispetto al sequestro, carattere documentale del credito (avente data certa) e, in caso di crediti chirografari, insufficienza del restante patrimonio del debitore principale costituiscono dunque le condizioni, restrittive, in presenza delle quali, secondo la proposta di legge, i creditori sono ammessi al concorso sui beni in sequestro o confiscati.
      L'onere di provare la sussistenza della buona fede a carico del creditore, l'onere di provare l'insufficienza del restante patrimonio del debitore mafioso a carico di chi invoca tutela, insieme con la responsabilità penale connessa alla dichiarazione fraudolentemente simulata di sussistenza del credito (articolo 2), ed ai mezzi di revocazione dell'ammissione del credito al concorso in caso di simulazione, costituiscono strumenti di contenimento del rischio che il mafioso possa avvalersi di meri prestanome, che vantino fittiziamente diritti sui beni sottoposti alla misura reale, al fine di riottenerne il controllo.
      Regole particolari, volte ad evitare che attraverso la tutela dei crediti possano essere vulnerate le ragioni della tutela sociale, sono poi previste per particolari categorie di creditori, quali i beneficiari di promesse di pagamento o di ricognizioni di debito, ovvero i portatori di titoli di credito, o - ancora - i titolari di diritti personali di godimento o di diritti derivanti da contratti preliminari aventi ad oggetto i beni in sequestro.
      Consegue a tanto che in ogni caso non possono soddisfarsi sui beni in sequestro i titolari di diritti di credito non documentali ed in genere i titolari di diritti di credito illiquidi, ciò che appare giustificato dal rischio, in queste ipotesi particolarmente elevato, del carattere fittizio del credito azionato. Ovviamente, anche quei creditori conservano integre le pretese sul restante patrimonio, presente e futuro, dell'originario debitore indiziato di mafia, secondo la disposizione generale di cui all'articolo 2740 del codice civile.
      Quella dell'erario è dunque ipotesi di responsabilità che, in presenza di particolari presupposti, si aggiunge in via sussidiaria alla normale responsabilità del proposto, rimanendo comunque contenuta nell'ambito del valore dei beni confiscati.
      L'ultimo comma dell'articolo 1 disciplina il possibile conflitto tra i creditori del proposto e quelli del terzo intestatario formale del bene confiscato. Tra le diverse
 

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possibili soluzioni, prima fra tutte quella del ricorso alla disciplina civilistica in materia di simulazione negoziale, si è ritenuta preferibile la soluzione basata sulle regole dell'«apparenza» e della «separazione» dei patrimoni, nel senso che, ove siano stati confiscati beni intestati a terzi, sugli stessi concorrono i soli creditori dell'intestatario formale, sempre se ed in quanto il restante patrimonio del debitore risulti insufficiente al soddisfacimento dei loro diritti (ove si tratti di chirografari), ovvero secondo la regola della priorità nell'esecuzione del vincolo (qualora si tratti di creditori che abbiano compiuto atti di esecuzione, ovvero abbiano privilegio speciale sui beni in sequestro).
      Per converso, è ovvio che i creditori del terzo intestatario formale del bene non possano concorrere sui restanti beni in sequestro, formalmente intestati all'indiziato di mafia.

Articolo 2.

      L'articolo 2 disciplina il modulo procedimentale mediante il quale si perviene all'accertamento dei crediti nei confronti del proposto. Il modello di riferimento é rappresentato dalla legge fallimentare (regio decreto n. 267 del 1942), cui già oggi si ispira il procedimento di prevenzione per quanto concerne la fase dell'amministrazione dei beni in sequestro.
      A legislazione invariata, secondo taluni orientamenti dottrinari e giurisprudenziali possono agire in giudizio i soli terzi titolari di diritti reali di garanzia, i quali dovrebbero attendere la definitività della confisca per agire nelle forme civilistiche ordinarie, in particolare, mediante l'opposizione all'esecuzione, o con l'azione d'accertamento del proprio diritto reale nei confronti dell'erario, ovvero con l'esercizio diretto del diritto di sequela da cui il diritto di credito è assistito. A loro volta, i creditori muniti di titolo esecutivo potrebbero iniziare o proseguire azioni esecutive persino durante il sequestro antimafia. Questa opzione solleva non pochi problemi.
      In particolare, essa demanda la tutela di interessi fondamentali per il pubblico interesse alla discrezionalità del creditore procedente, che agisce a garanzia del proprio interesse personale; comporta il rischio che, per effetto del prevedibile fuoco di fila di azioni civili, l'erario finisca con il corrispondere ai creditori somme complessivamente eccedenti lo stesso valore dei beni confiscati; impegna l'amministrazione pubblica, in prima battuta destinataria delle revindiche e delle richieste di pagamento dei terzi, in accertamenti sull'effettività e sulla ricorrenza delle condizioni di tutelabilità dei diritti azionati (in particolare sulla sussistenza della buona fede), senza che essa abbia i necessari poteri d'indagine.
      Deve invece riconoscersi che solo il giudice penale è a conoscenza dei processi formativi delle possidenze e dei flussi reddituali del proposto, per il cui accertamento può comunque avvalersi di poteri d'indagine, anche inquisitori.
      È la ragione per cui la giurisprudenza sempre più di frequente individua, quale sede di tutela del creditore, unicamente l'incidente di esecuzione.
      Sennonché, è assai discutibile che l'incidente di esecuzione possa assolvere una funzione satisfattoria, seppure in forma succedanea, del diritto oggetto dell'esecuzione. Per quanto grande sia la forza espansiva dell'incidente d'esecuzione, deve escludersi che esso possa avere struttura concorsuale, attitudine liquidativa di beni e funzione satisfattiva dei diritti, nel rispetto della par condicio creditorum e delle cause legittime di prelazione.
      Per queste ragioni, ancora condividendo le proposte elaborate dalla Commissione per la ricognizione ed il riordino della normativa di contrasto della criminalità organizzata, si ritiene necessaria l'introduzione nell'ambito del procedimento di prevenzione di un subprocedimento in funzione essenzialmente accertativa, in quanto volto alla verifica dei

 

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diritti di credito dei terzi, solo eventualmente satisfattivo, cui sono estranei scopi liquidativi dei beni (che potrebbero anche dover essere restituiti al proposto), e che consenta nella fase dei pagamenti, rimessa alla pubblica amministrazione, il rispetto della par condicio creditorum e dell'ordine legale dei privilegi.
      Si è consapevoli che l'introduzione di procedure accertative e (parzialmente) satisfattorie, con il conseguente apprestamento di rimedi e di garanzie processuali, è potenzialmente confliggente con le esigenze di rapidità dei meccanismi previsti per la fase cautelare della prevenzione reale.
      Per questa ragione, si prospetta l'opportunità che il procedimento di verifica dei crediti si svolga, d'ordinario, su esclusivo impulso di parte e solo successivamente alla definitività della confisca (articolo 2, comma 1). In tal modo, si evita pure che il procedimento di verifica possa essere instaurato inutilmente nel corso della fase cautelare, per la possibilità che la richiesta di confisca sia poi rigettata.
      L'apertura del procedimento implica ovviamente la dichiarazione del creditore che vanti un diritto o che intenda soddisfarsi, in tutto o in parte, sui beni sottoposti a sequestro o a confisca (comma 2).
      La domanda deve contenere, tra l'altro, quale espressione del principio liberale di autoresponsabilità, l'attestazione, fatta dal creditore personalmente o per mezzo di mandatario speciale, che il credito è vero e reale, e alla previsione si accompagna una sanzione penale per il caso di insinuazione fraudolenta nel fallimento di crediti inesistenti (commi 3 e 4).
      Il principio per cui il debitore mafioso continua a rispondere delle obbligazioni con tutto il suo restante patrimonio, presente e futuro, non in sequestro; il carattere non universale della confisca di prevenzione; la circostanza per cui, per effetto del sequestro di taluni beni, lo Stato non diviene successore a titolo universale nei rapporti giuridici del proposto; la natura sussidiaria della responsabilità dell'erario spiegano la previsione per cui la domanda di verifica non interrompe la prescrizione, né impedisce la maturazione dei termini di decadenza, nei rapporti diretti tra creditore ed indiziato di mafia o intestatario formale del bene in sequestro (comma 5).

Articolo 3.

      L'inammissibilità delle azioni esecutive su beni in sequestro e l'improcedibilità di quelle già intraprese è conseguenza di quanto già rilevato sulla necessità di accertare i crediti in sede endofallimentare (comma 1). Infatti, la sussistenza del titolo di credito, giudiziale o extragiudiziale che sia, non esclude la necessità della sua integrazione mercè l'accertamento della sussistenza dello stato di buona fede in capo al creditore procedente.
      L'improseguibilità temporanea della procedura esecutiva ovviamente cessa ove il sequestro sia revocato, e rivive l'efficacia del pignoramento. L'estinzione delle procedure esecutive in caso di confisca dei beni pignorati ha motivo nella destinazione dei beni medesimi alle procedure di cui agli articoli 2-decies e seguenti della legge n. 575 del 1965 (comma 2).
      Il comma 3 introduce il principio per cui, in caso di confisca definitiva, il creditore è soddisfatto dall'erario, la responsabilità del quale deve intendersi intra vires, trovando comunque limite nel valore dei beni confiscati.
      Il comma 4 disciplina l'evenienza che il bene sequestrato fosse oggetto di domande giudiziali precedentemente trascritte e prevede che il terzo debba essere citato nel procedimento principale di prevenzione.

Articolo 4.

      L'articolo disciplina il procedimento di verifica dei crediti, ricalcando, come detto, il modello della legge fallimentare.

 

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      I provvedimenti decisori del giudice delegato sono assoggettati ad opposizione nel termine perentorio di dieci giorni dalla loro comunicazione agli interessati e sulla stessa provvede il tribunale, in camera di consiglio, nel termine di sessanta giorni, con provvedimento ricorribile per cassazione, ai sensi dell'articolo 111 della Costituzione.
      I termini per impugnare sono indubbiamente contenuti, e tuttavia appaiono consoni con quelli brevissimi previsti per la durata del procedimento di prevenzione, in primo grado e in grado di appello.
      La recente riformulazione dell'articolo 111 della Costituzione ha poi indotto a recepire la modulazione accurata del procedimento di verifica dei crediti compiuta dalla Commissione per la ricognizione ed il riordino della normativa di contrasto della criminalità organizzata, andata oltre le scarne disposizioni di cui agli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile. Si è cioè ritenuto che la necessità di un giusto processo «regolato dalla legge» imponga la formulazione di «regole del gioco» preventivamente conoscibili dalle parti, e non affidate solo alla discrezionalità del giudice, al fine di rendere effettiva sul piano formale e sostanziale l'eguaglianza e la parità delle parti nel processo (comma 8).
      Lo sforzo della citata Commissione, nel dettare specifiche regole per la difesa, il contraddittorio e la completezza dell'istruttoria, è stato quello di conciliare l'eguaglianza e la parità delle parti nel subprocedimento con la necessità di una celere definizione del procedimento principale, imposta da ragioni di tutela sociale a fronte delle più gravi manifestazioni della criminalità organizzata.

Articolo 5.

      L'articolo disciplina l'efficacia degli accertamenti giurisdizionali nei confronti della pubblica amministrazione, attributaria della fase satisfattiva dei diritti di credito verificati.
      Il provvedimento decisorio, tanto di rigetto quanto di accoglimento, in caso di confisca fa stato nei confronti dell'erario, che risponde conseguentemente delle obbligazioni accertate (comma 3). L'accertamento dei crediti è compiuto infatti dal giudice delegato con la presenza necessaria dell'amministratore giudiziario, il quale opera «per conto di chi spetta» (quindi, in caso di confisca, per conto dell'erario). La responsabilità intra vires dello Stato, reiterata dal comma 4, risponde all'esigenza di non avvantaggiare il creditore che, diversamente, a seguito della confisca finirebbe con il contare su un patrimonio maggiore di quello sul quale poteva confidare al momento costitutivo dell'obbligazione credito.
      Nessuna efficacia svolge invece il provvedimento giurisdizionale, qualunque ne sia il contenuto, in caso di rigetto della proposta e di restituzione dei beni al prevenuto.
      L'esclusione dell'efficacia del giudicato nell'ambito del rapporto creditore-indiziato, in caso di rigetto della dichiarazione di credito, si spiega con la struttura semplificata del procedimento e con le modalità di accertamento dei crediti, sottratte alle ordinarie regole probatorie, essendo ammessa la sola prova precostituita del credito (mentre i restanti mezzi istruttori tornano tutti in rilievo con riguardo all'accertamento delle ulteriori condizioni soggettive ed oggettive di tutelabilità: ad esempio, buona fede e insufficienza del restante patrimonio dell'indiziato a fare fronte alle obbligazioni).
      Il giudicato apparentemente secundum eventum litis non è un'anomalia nel nostro ordinamento (si pensi alle ipotesi di solidarietà passiva ed agli effetti della confessione resa da taluni soltanto dei convenuti); la circostanza che l'accertamento del giudice delegato non faccia stato nei rapporti creditore-debitore indiziato di mafia, neppure (si pensi al procedimento di verifica fallimentare, il cui esito non è opponibile al fallito

 

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tornato in bonis, il quale non ha potuto difendersi nel procedimento).
      Alla disposizione si ricollega anche la previsione - già esaminata - secondo cui la domanda di verifica non interrompe la prescrizione né impedisce la maturazione dei termini di decadenza nei rapporti tra creditori ed indiziato o intestatario.

Articolo 6.

      Le linee della riforma proposta consentono di vincolare l'amministrazione finanziaria agli accertamenti dei crediti compiuti in forma giurisdizionalizzata dal giudice della prevenzione, e di superare così le difficoltà nell'attività d'indagine sui rapporti fra i creditori ed il sottoposto a confisca cui la pubblica amministrazione andrebbe sicuramente incontro.
      L'esigenza di rendere effettiva la tutela dei terzi ha tuttavia indotto a considerare l'opportunità di procedimentalizzare anche la fase satisfattoria, rimessa alla pubblica amministrazione, per sottrarla alla molteplicità delle prassi oggi vigenti, non sempre ortodosse, e per evitare possibili inerzie, suscettive di spostare alla fase successiva alla confisca definitiva i nodi irrisolti che si sono evidenziati nell'incipit di questa riflessione.
      Si è così proposto che, entro il termine di novanta giorni dal provvedimento definitivo di confisca, sulla base della comunicazione contenente l'indicazione dei crediti ammessi e la specificazione di quelli non ancora soddisfatti, con i rispettivi importi e con le cause di prelazione che li assistono, nonché dell'elenco dei riparti, degli accantonamenti eseguiti e degli acconti prestati, l'amministratore giudiziario, dedotte le spese anticipate dallo Stato, proponga un progetto di graduazione dei crediti, secondo l'ordine stabilito dal codice civile e dalle leggi speciali, e di determinazione della quota di riparto spettante a ciascun creditore, tenuto conto del valore dei beni confiscati: a tale ultimo fine, è previsto che, ove necessario, sia disposta la stima dei beni e delle aziende confiscati.
      È altresì previsto che, entro dieci giorni dalla comunicazione del piano di riparto finale, i creditori possano proporre opposizione mediante ricorso al giudice civile del luogo in cui si è svolto il procedimento di prevenzione (il quale provvede con il rito dei procedimenti camerali); mentre, all'esito delle eventuali impugnazioni, divenuto definitivo il piano di riparto finale, la pubblica amministrazione deve procedere senza indugio ai pagamenti dovuti. Decorso il termine di centoventi giorni senza che vi abbia provveduto, ciascun creditore può conseguire l'ottemperanza al giudicato mediante ricorso al giudice amministrativo, che nomina un commissario per l'adempimento.
      È quindi previsto che in nessun caso i beni immobili confiscati possano essere sottratti ai procedimenti di destinazione sociale contemplati dalla legge n. 575 del 1965. Si è voluto così conservare quello che è stato definito il valore simbolico, o pedagogico, del procedimento di destinazione sociale dei beni confiscati alla mafia.
      Ovviamente, la disposizione riveste particolare rilevanza con riguardo ai creditori ipotecari, i quali in nessun caso possono aggredire il bene sui quali vantano la loro garanzia specifica.
      L'effettività della tutela del diritto di credito impone tuttavia che al terzo sia dato rimedio avverso l'inadempimento della pubblica amministrazione, consentendogli di conseguire l'ottemperanza al giudicato, appunto mercè la nomina di un commissario ad acta.

Articolo 7.

      Al sequestro dei beni costituiti in azienda si applicano le disposizioni in materia di soggetti tutelabili e di presupposti sostanziali di tutelabilità (articolo 1); di inammissibilità e di improseguibilità delle azioni esecutive individuali sui beni in sequestro; di modalità procedimentali della verifica dei crediti e delle opposizioni avverso

 

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gli accertamenti giurisdizionali del giudice delegato, con le precisazioni di seguito evidenziate.

Articolo 8.

      Nell'ipotesi in cui oggetto della misura cautelare reale sia un compendio aziendale, la funzione conservativa del sequestro e la necessità di incrementare, ove possibile, la redditività dei beni implicano la prosecuzione dell'attività imprenditoriale, e quindi il rispetto anche dei diritti maturati dai finanziatori, dai fornitori e dai lavoratori dipendenti dell'impresa in epoca antecedente al sequestro. È dunque previsto che il procedimento di verifica dei crediti si apra d'ufficio, sulla scorta delle risultanze delle scritture contabili, già nel corso della fase cautelare (comma 1). Al fine di evitare che la durata del subprocedimento di verifica possa riflettersi in qualche modo sul sequestro, è previsto che il termine di efficacia del sequestro sia sospeso sino al decreto che, all'esito delle opposizioni, dichiara esecutivo lo stato passivo (articolo 5, comma 5).
      La disposizione non incide sul diritto alla ragionevole durata del vincolo cautelare, ed il debitore non ha a dolersi della sospensione, dovuta ad un'attività svolta comunque nel suo interesse.
      L'automatismo del subprocedimento è tuttavia condizionato dall'esito favorevole della prognosi che l'amministratore giudiziario - e di seguito il tribunale - sono tenuti a compiere sulla sussistenza di concrete possibilità di prosecuzione o di ripresa dell'attività imprenditoriale. Si tratta all'evidenza di un momento particolarmente delicato della procedura, in cui le capacità tecniche e le valutazioni dell'amministratore giudiziario rivestono un ruolo essenziale.
      Ove la prognosi sia favorevole, e si apra il procedimento di verifica dei crediti, è previsto che non possa farsi luogo alla dichiarazione dello stato d'insolvenza prima che il procedimento medesimo sia definito, e ciò quand'anche si determini nell'immediatezza del sequestro - come ordinariamente accade - una situazione di temporanea illiquidità dell'impresa: la previsione risponde sia alla regola per cui l'accertamento dell'effettività e delle condizioni di tutelabilità dei diritti deve essere compiuto esclusivamente dal giudice della prevenzione, sia alla necessità di consentire la concreta predisposizione dei piani di risanamento dell'impresa.
      Qualora le attività siano in bonis ovvero, pur essendovi temporanea difficoltà di fare fronte alle obbligazioni, sussistano concrete prospettive di recupero dell'equilibrio finanziario dell'impresa, si apre il procedimento di verifica dei crediti, che si svolge innanzi al giudice delegato il quale, per l'accertamento dell'effettività dei crediti e delle condizioni tutte di ammissione al passivo, si avvale dei poteri inquisitori previsti dall'articolo 2-ter, primo comma, della legge n. 575 del 1965.
      Il procedimento si svolge in modo sostanzialmente analogo a quello contemplato per l'ipotesi in cui sia stato confiscato un bene di natura diversa dall'azienda (comma 3). È il giudice delegato a fissare un termine entro cui devono pervenire le dichiarazioni di credito. È inoltre previsto che la domanda di verifica non interrompe la prescrizione né impedisce la maturazione dei termini di decadenza nei rapporti tra creditori ed indiziato o intestatario (comma 4).
      Rimane dunque differenziato, quale effetto del superamento dello schermo della personalità giuridica, il solo regime concernente l'ipotesi di sequestro totalitario di azienda di imprenditore collettivo, per il quale gli atti interruttivi della prescrizione posti in essere nei confronti dell'amministrazione giudiziaria hanno efficacia anche nei confronti del prevenuto, che disponga della società.

Articolo 9.

      Allorquando in sequestro sia un compendio aziendale, è previsto che, anche

 

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dopo la chiusura del procedimento di verifica e la dichiarazione di esecutività dello stato passivo, e purché non oltre il provvedimento definitivo di confisca, siano ammesse domande tardive, quando il creditore provi di non aver potuto insinuarsi tempestivamente nel subprocedimento per causa non imputabile (comma 7).
      Nella consapevolezza che il sequestro dell'azienda comporta quasi sempre la crisi dell'impresa (per il contestuale venir meno delle fonti lecite ed illecite di finanziamento, per le contestuali istanze recuperatorie del ceto creditorio eccetera), si è cercata una soluzione che fosse frutto dell'equilibrio tra le ragioni di tutela del credito, in prospettiva essenziali per la stessa sopravvivenza dell'impresa, e le esigenze di conservazione di complessi aziendali ancora validi, che proprio dall'immediato integrale soddisfacimento delle ragioni dei creditori potrebbero essere definitivamente pregiudicate. Recependo l'indicazione proveniente ancora una volta dalla Commissione per la ricogninizione ed il riordino della normativa di contrasto della criminalità organizzata, si è prevista la possibilità che, nella fase giurisdizionale del sequestro, siano distribuiti acconti ed effettuati riparti parziali ai creditori.
      Gli acconti rappresentano pagamenti di una parte dei crediti, eseguiti anticipatamente rispetto all'accertamento formale dei crediti stessi, e si sostanziano nell'attribuzione di somme in via provvisoria e ripetibile, giacché subordinata all'effettiva ammissione dei crediti.
      La determinazione della percentuale degli acconti non è predeterminata, ma è rimessa alla prudente valutazione dell'amministratore giudiziario e del giudice delegato, il quale deve autorizzare la distribuzione (comma 4).
      La corresponsione degli acconti è subordinata alle concrete esigenze connesse all'esercizio dell'impresa, la cui prosecuzione costituisce lo strumento per la conservazione e l'incremento dell'apparato produttivo, finalità precipua della procedura, una volta attuato lo spossessamento dell'imprenditore mafioso. Pertanto, la distribuzione di acconti deve essere funzionale alla continuazione dell'attività imprenditoriale, piuttosto che alla sottrazione di liquidità all'impresa. Essa deve rispettare le cause legittime di prelazione, può riguardare solo le somme che saranno prevedibilmente attribuite in via definitiva ai creditori (utilizzando la valutazione dei beni costituenti l'attivo e l'elenco dei creditori), e va operata tenendo conto, ai fini della convenienza e della misura della distribuzione, anche dei debiti insorti dopo il sequestro e per i quali non si sia fatto ricorso all'anticipazione da parte dell'erario (fermo restando che questi ultimi rapporti, in quanto debiti della procedura, vanno regolati in prededuzione).
      La distribuzione degli acconti può avvenire in qualsiasi momento della procedura, anche immediatamente dopo la sua apertura, ma incontra il limite finale costituito dalla chiusura del procedimento di verifica dei crediti, decorso il quale è ipotizzabile la effettuazione di riparti parziali e del riparto finale.
      Quanto ai destinatari degli acconti, la norma accorda una mera preferenza temporale (che implica comunque il rispetto delle cause legittime di prelazione) ai crediti dei lavoratori subordinati, ed ai crediti degli imprenditori per i finanziamenti, per le vendite e le somministrazioni di beni, e per le prestazioni di servizi effettuate a favore dell'impresa nei sei mesi precedenti il sequestro. Gli acconti possono essere distribuiti a tutti i creditori o solo ad alcune categorie, determinabili con riferimento sia a particolari attività (ad esempio i lavoratori subordinati, le banche, eccetera), sia alla qualità del credito (chirografari, privilegiati): ove ricorra il primo caso, si è ritenuto che nell'ambito della categoria prescelta la distribuzione vada effettuata in percentuale eguale per tutti i creditori.
      In conclusione, la possibilità di corrispondere acconti può costituire un utile strumento, particolarmente importante per la sopravvivenza dell'impresa durante
 

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il tempo occorrente all'amministratore per acquisire piena cognizione dell'effettivo stato finanziario e patrimoniale dell'impresa e per prospettare agli istituti di credito e agli altri fornitori dei seri piani di rientro.
      Le attribuzioni di somme mediante riparti si differenziano dagli acconti in quanto definitive ed in quanto beneficiari di esse possono essere tutti quanti i creditori, senza che sia data all'amministratore giudiziario la possibilità di scegliere tra le varie categorie. Esse presuppongono la definitività dello stato passivo e le somme devono essere distribuite, nel rispetto delle cause legittime di prelazione, secondo le risultanze dello stesso.
      Anche le attribuzioni mediante riparti sono però connesse con le esigenze dell'impresa, nel senso che, ferma la loro doverosità, la concreta attuazione va ricollegata nel «quando» e nel «quantum» alle risultanze del piano di risanamento e di ristrutturazione dell'impresa mafiosa.
      Gli accantonamenti hanno riguardo ai crediti in contestazione: sono tali i crediti per i quali vi sia stato provvedimento di non ammissione allo stato passivo, definitivo o no che sia.
      Ove il rigetto dell'istanza non sia definitivo, l'accantonamento si giustifica con la necessità di attendere l'esito del giudizio, onde non pregiudicare le ragioni del creditore. Ove il rigetto sia definitivo, l'accantonamento si giustifica con la necessità di attendere l'esito del procedimento di prevenzione, per l'evenienza della restituzione del compendio in sequestro al proposto, cui è correlata l'opportunità di conservare la funzionalizzazione delle somme disponibili al soddisfacimento dei creditori.

Articolo 10.

      L'articolo riproduce le disposizioni di cui all'articolo 3, con i necessari adattamenti.
      Esso dispone infatti che, divenuta definitiva la confisca, lo stato passivo, contenente l'indicazione dei crediti ammessi e la specificazione di quelli non ancora soddisfatti, con i rispettivi importi, con le cause di prelazione che li assistono, nonché l'elenco dei riparti e degli accantonamenti eseguiti e degli acconti prestati, sono comunicati al competente ufficio del Ministero dell'economia e delle finanze. Al contempo, il giudice delegato dispone la revoca degli accantonamenti e l'attribuzione delle relative somme al patrimonio aziendale. La disposizione si spiega con la circostanza già rilevata per cui, in caso di confisca, il provvedimento conseguente alla verifica, tanto se di rigetto quanto se di accoglimento, fa stato nei confronti dell'erario, che risponde conseguentemente delle obbligazioni accertate, sia pure nell'ambito del valore dei beni confiscati.
      Particolari disposizioni a tutela dei creditori sono poi contemplate in considerazione delle concrete destinazioni che alle aziende definitivamente confiscate possono essere attribuite ai sensi della legge n. 575 del 1965.

Articolo 11.

      La disposizione disciplina l'ipotesi del fallimento che segua al sequestro totalitario di azienda. L'accertamento dell'eventuale stato di decozione in cui versa l'imprenditore non può essere impedito dalla circostanza che su singoli beni aziendali o sull'intero patrimonio aziendale gravi il sequestro di prevenzione. Nell'ordinamento, l'insolvenza rileva infatti di per sé e non per le cause che l'hanno determinata, sicché anche l'insolvenza incolpevole, dovuta al factum principis, non impedisce la dichiarazione di fallimento.
      Il problema che si pone in questi casi è relativo all'individuazione del soggetto (curatore o amministratore giudiziario) titolare del munus di gestire i beni in sequestro, nonché all'individuazione delle finalità

 

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(conservativo-liquidative nel fallimento, ovvero di amministrazione attiva al fine di incrementare la redditività dei beni nella prevenzione) cui deve ispirarsi la gestione, e, soprattutto, del soggetto legittimato a percepire il ricavato dalla vendita dei beni (creditori o Stato).
      Il procedimento di verifica dei crediti, eventualmente aperto in ambito prevenzionistico, diviene improcedibile e si trasferisce nella sede fallimentare sua propria (comma 4).

Articolo 12.

      Quanto all'individuazione del soggetto (curatore o amministratore giudiziario) titolare del munus di gestire i beni in sequestro, l'articolo in esame prevede la competenza del curatore. Ancora una volta recependo integralmente le indicazioni provenienti dalla Commissione per la ricognizione ed il riordino della normativa di contrasto della criminalità organizzata, si è ritenuto che l'orientamento che affida la gestione dei beni al curatore fallimentare, oltre ad essere in sintonia con la soluzione data alla questione del creditore individuale che abbia compiuto atti d'esecuzione sui beni in sequestro, ha un maggiore fondamento logico, giacché il fallimento, privando il debitore dell'amministrazione e della disponibilità del suo patrimonio, in linea generale vanifica uno dei presupposti di ammissibilità del sequestro, cioè l'esistenza di beni che si trovino nella disponibilità, diretta o indiretta, dell'indiziato mafioso.

Articoli 13, 14, 15, 16, 17 e 18.

      Si tratta di disposizioni che regolamentano l'iter procedimentale. In particolare, è previsto che nella formazione dello stato passivo, il giudice delegato al fallimento debba avvalersi anche dell'assistenza dell'amministratore giudiziario. Viceversa, la presenza del pubblico ministero è meramente facoltativa (articolo 15, comma 2).
      I diritti di credito sono accertati secondo le regole proprie della disciplina fallimentare solo ove nelle more il sequestro di prevenzione sia revocato. Diversamente, occorre che sia accertata la ricorrenza delle condizioni di tutelabilità di cui all'articolo 1 (articolo 15, comma 3).
      Si è quindi ritenuta necessaria l'introduzione di una serie di garanzie procedurali volte ad assicurare:

          1) che anche nelle procedure concorsuali i beni sottoposti a sequestro siano destinati al soddisfacimento dei creditori chirografari solo qualora i restanti beni costituenti l'attivo fallimentare siano a quel fine insufficienti (articolo 15, comma 3);

          2) che, intervenendo nella procedura concorsuale, il creditore dichiari se intenda soddisfarsi anche sui beni in sequestro e dichiari in caso affermativo la effettività del proprio credito, esponendosi alle relative responsabilità (articolo 15, comma 1);

          3) che all'accertamento dei crediti partecipino gli organi della procedura di prevenzione (articolo 15, comma 2);

          4) che siano previsti mezzi di reazione per l'evenienza che si scopra tardivamente che i crediti insinuati erano fittizi (articolo 15, comma 5);

          5) che la vendita dei beni immobili avvenga solo mediante incanti (articolo 16);

          6) che alla liquidazione dei beni non partecipino soggetti legati in qualsiasi modo alle associazioni mafiose (articolo 17, comma 1), sicché sono vietate, tra l'altro, le vendite per persona da nominare (articolo 17, comma 2);

          7) che il mafioso non approfitti dei ribassi d'asta normalmente conseguenti alle vendite andate deserte (magari per effetto della forza intimidatrice dell'associazione criminale), per riappropriarsi del bene:

 

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a tale fine è previsto che, durante il sequestro, se un bene immobile resta invenduto per tre incanti successivi, il giudice delegato ne dà comunicazione al Ministero dell'eonomia e delle finanze e la vendita resta sospesa fino all'esito del procedimento di prevenzione. Intervenuta la confisca, in ogni caso i beni rimasti invenduti per tre incanti successivi sono sottratti alla procedura fallimentare e destinati agli utilizzi previsti dalle vigenti disposizioni in tema di destinazione dei beni confiscati (articolo 18).

Articolo 19.

      L'articolo ripropone il principio per cui all'erario è destinato solo il residuo ricavato dalla vendita dopo che siano stati soddisfatti i creditori (comma 1).
      È altresì confermato il principio per cui il rigetto delle dichiarazioni di credito per ragioni attinenti alla sussistenza della buona fede non pregiudica le ragioni verso il debitore, ragioni che, ovviamente, possono essere fatte valere direttamente nei confronti del fallito, una volta che sia tornato in bonis (comma 2).

Articolo 20.

      Si tratta di disposizione volta a regolamentare la diversa evenienza del sequestro di prevenzione che intervenga successivamente alla dichiarazione di fallimento del mafioso. È prevista l'applicabilità delle disposizioni del capo III, in quanto compatibili (comma 1).
      Il vincolo di indisponibilità dei beni in sequestro e comunque ragioni di convenienza e di opportunità di procedure cosiddette «minori», inducono a prevedere la cessazione immediata dell'amministrazione controllata, del concordato fallimentare e del concordato preventivo (comma 2), con conseguente dichiarazione di fallimento, per l'ipotesi del concordato preventivo in cui non vi sia stata cessione dei beni al terzo assuntore e conseguente liberazione del debitore.

 

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PROPOSTA DI LEGGE

Capo I
SEQUESTRO E CONFISCA DI BENI NON COSTITUITI IN AZIENDA

Art. 1.

      1. La confisca non pregiudica i diritti reali di garanzia costituiti in epoca anteriore al sequestro, quando l'atto da cui il credito deriva non è funzionale all'attività illecita o a quella economica che ne costituisce il frutto o il reimpiego, ovvero quando il titolare dimostra di averne ignorato senza colpa il nesso di funzionalità.
      2. Se ricorrono le condizioni indicate al comma 1, la confisca non pregiudica altresì:

          a) i diritti di coloro che hanno compiuto atti di esecuzione o che sono intervenuti nella esecuzione forzata anteriormente al sequestro;

          b) i diritti di credito non assistiti da garanzie reali che risultano da atti aventi data certa anteriore al sequestro, se il restante patrimonio dell'indiziato risulta insufficiente al loro soddisfacimento;

          c) i diritti personali di godimento, ove il contratto abbia data certa anteriore al sequestro.

      3. Colui a favore del quale è stata fatta una promessa di pagamento o una ricognizione di debito deve provare il rapporto fondamentale; nel caso di titoli di credito il portatore deve altresì provare il rapporto che ne legittima il possesso.
      4. Fermo il disposto dell'articolo 2645-bis del codice civile, se ricorrono le condizioni indicate al comma 1, il sequestro e la confisca non pregiudicano i diritti derivanti dal contratto preliminare quando l'atto

 

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è stato trascritto prima del sequestro e vi è congruità tra le prestazioni.
      5. Se sono confiscati beni intestati a terzi, sugli stessi concorrono i soli creditori dell'intestatario, ai sensi dell'articolo 4; sui beni del proposto non concorrono i creditori del terzo intestatario formale.

Art. 2.

      1. Il creditore che intende soddisfarsi in tutto o in parte sui beni sottoposti a sequestro deve farne domanda al giudice delegato.
      2. La domanda deve contenere le generalità del creditore e l'indicazione della somma, del titolo da cui il credito deriva, delle eventuali ragioni di privilegio e dei documenti giustificativi.
      3. La domanda deve altresì contenere l'attestazione del creditore, resa personalmente o a mezzo di mandatario speciale, che il credito è vero e reale.
      4. Il creditore elegge domicilio nel comune in cui ha sede il tribunale procedente; in difetto, tutte le notificazioni e le comunicazioni sono eseguite presso la cancelleria.
      5. La domanda non interrompe la prescrizione né impedisce la maturazione di termini di decadenza nei rapporti tra il creditore e l'indiziato o il terzo intestatario dei beni.
      6. La domanda deve essere depositata, a pena di decadenza, anteriormente al provvedimento di confisca.
      7. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque presenta la domanda, anche per interposta persona, per un credito fraudolentemente simulato, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da 2.000 euro a 10.000 euro.

Art. 3.

      1. A seguito del sequestro non possono essere iniziate azioni esecutive. Quelle precedentemente intraprese restano sospese sino all'esito del procedimento di prevenzione e i beni oggetto d'esecuzione sono

 

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presi in consegna dall'amministratore giudiziario.
      2. Le esecuzioni vanno riassunte entro un anno dalla revoca definitiva del sequestro o della confisca. In caso di confisca esse si estinguono.
      3. In caso di confisca, il creditore procedente e quelli intervenuti anteriormente al sequestro sono soddisfatti dallo Stato nei limiti del valore dei beni e ai sensi di quanto previsto dagli articoli 2741 e seguenti del codice civile, se ed in quanto siano stati ammessi nel procedimento di verifica dei crediti previsto dagli articoli 2, 4 e 5 della presente legge.
      4. Se il sequestro riguarda beni oggetto di domande giudiziali precedentemente trascritte, il terzo, che sia parte del giudizio, deve essere chiamato ad intervenire nel procedimento di prevenzione e può, con l'assistenza di difensore, nel termine Stabilito dal tribunale, svolgere in camera di consiglio le proprie deduzioni e chiedere l'acquisizione di ogni elemento utile ai fini dell'accertamento del proprio diritto. Il giudizio prosegue davanti al giudice della prevenzione. In caso di revoca definitiva della cautela o della confisca per motivi diversi dalla pretesa originariamente fatta valere in sede civile dal terzo chiamato ad intervenire, il giudizio civile deve essere riassunto entro un anno.

Art. 4.

      1. A seguito della confisca definitiva, il giudice delegato, con l'assistenza dell'amministratore giudiziario e con la partecipazione del pubblico ministero, assunte le opportune informazioni, verifica le domande, indicando distintamente i crediti che ritiene di ammettere e quelli che ritiene di non ammettere, in tutto o in parte, esponendo sommariamente i motivi della esclusione.
      2. Il cancelliere comunica alle parti interessate la data dell'udienza di verifica almeno dieci giorni prima. Innanzi al giudice delegato le parti possono farsi assistere dal difensore.

 

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      3. Ai fini dell'accertamento dell'opponibilità dei crediti e dell'accertamento delle condizioni indicate all'articolo 1, comma 1, il giudice delegato può procedere ad ulteriori indagini oltre quelle già compiute dall'ufficio che ha chiesto la misura di prevenzione.
      4. Il giudice delegato procede conseguentemente alla formazione dello stato passivo, tenendo conto anche dei crediti assistiti da diritti reali di garanzia.
      5. Lo stato passivo è depositato in cancelleria e del deposito è data notizia agli interessati dall'amministratore giudiziario a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento.
      6. Entro dieci giorni dalla comunicazione di cui al comma 5, i creditori esclusi possono proporre opposizione mediante ricorso al tribunale; analoga opposizione può essere proposta da ciascun creditore avverso i crediti ammessi.
      7. Il tribunale tratta in modo congiunto le opposizioni fissando un'apposita udienza, della quale è data comunicazione agli interessati.
      8. Ciascuna parte può svolgere in camera di consiglio, con l'assistenza del difensore, le proprie deduzioni, chiedere l'acquisizione di ogni elemento utile e proporre i mezzi di prova. Nel caso siano disposti d'ufficio accertamenti istruttori, ciascuna parte può dedurre, entro un termine perentorio fissato dal giudice, i mezzi di prova che si rendono necessari.
      9. Esaurita l'istruzione, il giudice fissa un termine perentorio entro il quale le parti possono depositare memorie. Il tribunale decide in camera di consiglio, nei sessanta giorni successivi, con decreto, contro il quale può essere proposto ricorso per cassazione nel termine di dieci giorni dalla notifica.

Art. 5.

      1. Lo stato passivo, all'esito delle opposizioni, è sottoscritto dal giudice delegato e dal cancelliere e si chiude con il decreto che lo dichiara esecutivo.

 

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      2. Lo stato passivo è depositato in cancelleria e comunicato al Ministero dell'economia e delle finanze.
      3. I provvedimenti di ammissione e di esclusione dei crediti fanno stato nei confronti dell'erario.
      4. Lo Stato risponde delle obbligazioni accertate nei limiti del valore dei beni confiscati.
      5. Sino al decreto che dichiara esecutivo lo stato passivo, ai beni confiscati non si applicano i procedimenti di destinazione sociale di cui alla legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni.
      6. In ogni caso il provvedimento di esclusione non pregiudica le ragioni del creditore nei confronti del debitore.

Art. 6.

      1. Entro il termine di novanta giorni dal provvedimento definitivo di confisca, sulla base dei crediti ammessi nello stato passivo dichiarato esecutivo ai sensi dell'articolo 5 e della specificazione di quelli non ancora soddisfatti, con i rispettivi importi e con le cause di prelazione che li assistono, nonché dell'elenco dei riparti, degli accantonamenti eseguiti e degli acconti versati, l'amministratore giudiziario, dedotte le spese anticipate dallo Stato, propone un progetto di graduazione dei crediti, secondo l'ordine stabilito dal codice civile e dalle leggi speciali, e di determinazione della quota di riparto spettante a ciascun creditore, in considerazione del valore dei beni confiscati.
      2. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 110 e seguenti del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.
      3. Se necessario, il Ministero dell'economia e delle finanze, su istanza dell'amministratore giudiziario, dispone la stima dei beni e delle aziende confiscati.
      4. Entro il termine di dieci giorni dalla comunicazione della proposta di cui al comma 1, i creditori possono presentare osservazioni sulla graduazione e sulla collocazione dei crediti, nonché sul valore delle aziende e dei beni confiscati.

 

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      5. Decorso il termine di cui al comma 4, l'amministratore giudiziario, tenuto conto delle osservazioni pervenute, previa autorizzazione del Ministero dell'economia e delle finanze, determina il piano di riparto finale.
      6. Entro dieci giorni dalla comunicazione del piano di riparto finale, i creditori possono proporre opposizione mediante ricorso al giudice civile del luogo in cui si è svolto il procedimento di prevenzione. Il giudice tratta in modo congiunto le opposizioni fissando un'apposita udienza in camera di consiglio, della quale è data comunicazione agli interessati.
      7. Ciascuna parte può svolgere in camera di consiglio, con l'assistenza del difensore, le proprie deduzioni, chiedere l'acquisizione di ogni elemento utile e, se l'opposizione riguarda il valore delle aziende e dei beni confiscati, proporre i mezzi di prova.
      8. Esaurita l'istruzione, il giudice fissa un termine perentorio entro il quale le parti possono depositare memorie. Il tribunale decide in camera di consiglio, nei sessanta giorni successivi, con decreto motivato, contro il quale può essere proposto ricorso per cassazione nel termine di dieci giorni dalla notifica.
      9. Divenuto definitivo il piano di riparto finale, il Ministero dell'economia e delle finanze procede senza indugio ai pagamenti dovuti. Decorso il termine di centoventi giorni senza che il medesimo Ministero abbia provveduto, ciascun creditore può adire il giudice amministrativo, che nomina un commissario per l'adempimento.
      10. In nessun caso i beni immobili confiscati possono essere sottratti ai procedimenti di destinazione sociale previsti dalla legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni.

Capo II
SEQUESTRO E CONFISCA DI BENI
COSTITUITI IN AZIENDA

Art. 7.

      1. Al sequestro di azienda si applicano le disposizioni di cui agli articoli 1, 2 e 3.

 

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Art. 8.

      1. L'amministratore giudiziario deve allegare alle relazioni da presentare al giudice delegato l'elenco nominativo dei creditori con l'indicazione dei crediti e delle rispettive scadenze e l'elenco nominativo di coloro che vantano diritti reali sui beni, con l'indicazione delle cose stesse e del titolo da cui sorge il diritto. Nella redazione degli elenchi l'amministratore giudiziario si avvale delle risultanze delle scritture contabili dell'impresa, sentita la persona nei confronti della quale è proposta la misura di prevenzione o l'intestatario dell'impresa.
      2. Se dalla relazione e dagli uniti elenchi risultano concrete possibilità di prosecuzione o di ripresa dell'attività, non può farsi luogo a dichiarazione dello stato d'insolvenza prima della definizione del procedimento di verifica dei crediti. In tale caso il giudice delegato riferisce al tribunale per l'adozione dei provvedimenti di sua competenza sulla gestione dell'impresa e sulla possibilità di prosecuzione o di ripresa dell'attività. Se mancano concrete possibilità di prosecuzione o di ripresa dell'attività, si applicano le disposizioni del capo III.
      3. Il giudice delegato assegna ai creditori e ai titolari di diritti reali mobiliari un termine perentorio per il deposito delle istanze di accertamento dei rispettivi diritti. Il decreto deve essere notificato agli interessati, a cura dell'amministratore giudiziario, almeno sessanta giorni prima della scadenza del citato termine. Alle istanze di accertamento dei diritti si applicano le disposizioni di cui all'articolo 2, ad eccezione di quanto previsto ai commi 5 e 6.
      4. In caso di sequestro di azienda di imprenditore individuale, la domanda di verifica non interrompe la prescrizione né impedisce la maturazione dei termini di decadenza nei rapporti tra i creditori e la persona nei confronti della quale è proposta la misura di prevenzione o l'intestatario dell'impresa.

 

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Art. 9.

      1. Scaduto il termine di presentazione delle istanze, ovvero quello prorogato in caso di mancata o tardiva notifica del provvedimento indicato all'articolo 6, comma 2, il giudice delegato procede all'accertamento dei diritti, della loro opponibilità al sequestro e delle condizioni tutte indicate all'articolo 1, ai sensi delle disposizioni previste dall'articolo 4, commi 1 e 2. Dell'esito della verifica viene data comunicazione ai singoli interessati dall'amministratore giudiziario a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento.
      2. Avverso il provvedimento di rigetto, ciascun interessato può proporre opposizione al tribunale ai sensi dell'articolo 4.
      3. All'esito delle opposizioni, il giudice delegato, compiute le opportune verifiche, approva lo stato passivo e lo dichiara esecutivo.
      4. Prima della chiusura della verifica dei crediti prevista dal comma 1, l'amministratore giudiziario, tenuto conto delle esigenze connesse all'esercizio dell'impresa e autorizzato dal giudice delegato, può distribuire acconti parziali ai creditori, o ad alcune categorie di essi, sulle somme che saranno prevedibilmente attribuite in via definitiva nel rispetto delle cause legittime di prelazione. Nella distribuzione degli acconti è data preferenza ai crediti dei lavoratori subordinati e ai crediti degli imprenditori per i finanziamenti, per le vendite e le somministrazioni di beni e per le prestazioni di servizi effettuati a favore della impresa nei sei mesi precedenti il sequestro.
      5. L'amministratore giudiziario, tenuto conto delle esigenze connesse all'esercizio dell'impresa e del piano di ristrutturazione dell'impresa, procede, autorizzato dal giudice delegato e nel rispetto delle cause legittime di prelazione, alle ripartizioni parziali e finali delle somme disponibili in favore dei creditori ammessi allo stato passivo, nonché agli accantonamenti in relazione ai crediti per i quali vi sia opposizione o che non siano stati ammessi in via definitiva.

 

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      6. In caso di accoglimento dell'opposizione il giudice delegato dispone lo svincolo degli accantonamenti già eseguiti e la loro corresponsione. In caso di rigetto, resta fermo l'obbligo degli accantonamenti fino all'esito del procedimento di prevenzione.
      7. Fino alla pronuncia di confisca sono ammesse richieste relative ad ulteriori crediti quando il creditore prova di non aver potuto presentare l'istanza tempestivamente per causa a lui non imputabile.

Art. 10.

      1. Dopo la confisca, lo stato passivo, contenente l'indicazione dei crediti ammessi e la specificazione di quelli non ancora soddisfatti, con i rispettivi importi e con le cause di prelazione che li assistono, nonché l'elenco dei riparti, degli accantonamenti eseguiti e degli acconti prestati, sono comunicati al Ministero dell'economia e delle finanze. Al contempo, il giudice delegato dispone la revoca degli accantonamenti e l'attribuzione delle somme al patrimonio aziendale.
      2. I provvedimenti di ammissione e di esclusione dei crediti fanno stato nei confronti dell'erario. Delle obbligazioni accertate rispondono l'affittuario e l'acquirente dell'azienda, ed in via sussidiaria lo Stato, nei limiti del valore dell'azienda confiscata; entro i medesimi limiti risponde lo Stato nell'ipotesi di liquidazione dell'impresa.
      3. In ogni caso i provvedimenti di esclusione dei crediti e dei diritti dei terzi non pregiudicano le rispettive ragioni nei confronti dell'imprenditore individuale, degli eventuali soci illimitatamente responsabili e dei garanti.

Capo III
SEQUESTRO DI AZIENDA E FALLIMENTO SUCCESSIVO DELL'IMPRESA

Art. 11.

      1. Se dalla relazione iniziale presentata al giudice delegato risulta che l'impresa versa in stato di insolvenza, l'amministratore

 

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giudiziario, autorizzato dal giudice delegato, chiede al tribunale competente la dichiarazione di fallimento. Si procede analogamente se l'insolvenza sopraggiunge nel corso del procedimento di prevenzione e comunque prima della confisca.
      2. Se l'azienda in sequestro appartiene a società cooperativa, il tribunale ne dichiara il fallimento anche in deroga al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni.
      3. A seguito della dichiarazione di fallimento, il procedimento di prevenzione patrimoniale prosegue; gli effetti della confisca restano sospesi fino alla definizione della procedura concorsuale e si producono relativamente ai beni che residuano e a quelli indicati dall'articolo 18, comma 3.
      4. Salvo che sia già intervenuta pronuncia che costituisce titolo nei confronti del fallimento, l'accertamento dei diritti dei terzi chiamati ai sensi dell'articolo 1, comma 5, diviene improcedibile ed i terzi devono riassumere i giudizi già intrapresi, ove consentito, ovvero procedere ai sensi di quanto previsto dal regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni.

Art. 12.

      1. I beni aziendali, compresi gli eventuali accantonamenti previsti dall'articolo 9 della presente legge, sono presi in consegna dal curatore ai sensi degli articoli 84 e seguenti del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni.

Art. 13.

      1. Nel corso del procedimento di prevenzione, e salvo che sopraggiunga revoca del sequestro o della confisca, si applicano al fallimento le disposizioni del presente capo.

Art. 14.

      1. Salvo che sia diversamente disposto dalla presente legge, nelle ipotesi in cui, ai sensi del regio decreto 16 marzo 1942,

 

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n. 267, e successive modificazioni, devono essere sentiti il curatore e il comitato dei creditori, deve essere sentito anche l'amministratore giudiziario.

Art. 15.

      1. Le domande di ammissione, di separazione e di restituzione devono contenere l'attestazione prevista dall'articolo 2, comma 3. Si applica la disposizione del comma 7 del medesimo articolo 2.
      2. Il giudice delegato procede alla formazione dello stato passivo con l'assistenza del curatore e dell'amministratore giudiziario, e con la partecipazione facoltativa del pubblico ministero, avvalendosi per quanto possibile anche delle eventuali verifiche compiute dal giudice delegato nel procedimento di prevenzione.
      3. I diritti sorti e le garanzie costituite successivamente al sequestro, nonché i diritti per i quali non sono state accertate le condizioni indicate all'articolo 1, comma 1, sono ammessi al passivo a condizione che il procedimento di prevenzione si concluda con la revoca definitiva del sequestro o della confisca. Contro il provvedimento di ammissione senza riserva, l'amministratore giudiziario, autorizzato dal giudice delegato del procedimento di prevenzione, propone impugnazione ai sensi dell'articolo 98, terzo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni. Il giudizio resta tuttavia sospeso fino all'esito definitivo del procedimento di prevenzione e si estingue nel caso di revoca definitiva del sequestro o della confisca.
      4. L'amministratore giudiziario deve essere chiamato a comparire nel procedimento per dichiarazioni tardive di crediti ed ha facoltà di opporsi all'ammissione senza riserva dei crediti inopponibili al sequestro o per i quali non ricorrono le condizioni indicate all'articolo 1, comma 1.
      5. Qualora, successivamente alla chiusura dello stato passivo ovvero all'ammissione tardiva di un credito, si scopra che l'ammissione senza la riserva prevista dal comma 4 è stata determinata da falsità, dolo

 

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o errore essenziale di fatto, o si rinvengano documenti decisivi prima ignorati, la domanda di revocazione prevista dall'articolo 98, quarto comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni può essere proposta anche dal pubblico ministero o dall'amministratore giudiziario, autorizzato dal giudice delegato del procedimento di prevenzione. Il giudizio tuttavia resta sospeso sino all'esito definitivo del procedimento di prevenzione, salva la facoltà del giudice, nell'ipotesi di ripartizioni parziali, di autorizzare il sequestro conservativo se vi è il fondato timore della perdita della garanzia del credito di restituzione di cui all'articolo 114 del citato regio decreto n. 267 del 1942, e successive modificazioni. Il giudizio si estingue nel caso di revoca definitiva del sequestro o della confisca.

Art. 16.

      1. A seguito del provvedimento di esecutività dello stato passivo, il giudice delegato, sentito anche l'amministratore giudiziario, procede ai sensi degli articoli 104 e seguenti del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni. Per gli immobili la vendita deve essere disposta con incanto.
      2. Quando sia prevedibile che il ricavato della vendita di beni appresi al fallimento ma non oggetto di sequestro possa consentire il pagamento delle spese di procedura e l'integrale soddisfazione dei creditori, ivi compresi quelli ammessi ai sensi dell'articolo 15, comma 4, il giudice delegato ne dispone la vendita in via prioritaria.

Art. 17.

      1. Non possono fare offerte di acquisto o chiedere di partecipare alle gare, neanche per interposta persona:

          a) le persone condannate con sentenza definitiva per i delitti di appartenenza

 

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ad associazioni di tipo mafioso o ad associazioni dedite al traffico di stupefacenti, o per i delitti di estorsione, usura, sequestro di persona, riciclaggio, reimpiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita e contrabbando;

          b) le persone condannate, con sentenza definitiva, ad una pena che importa l'interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici;

          c) le persone cui è stata applicata, nei cinque anni antecedenti, con provvedimento definitivo, una misura di prevenzione;

          d) il coniuge e i figli della persona nei confronti della quale è stata proposta la misura di prevenzione e dell'intestatario dei beni, nonché coloro che nell'ultimo quinquennio hanno convissuto con gli stessi soggetti.

      2. La vendita dei beni immobili si svolge innanzi al giudice. Sono vietate le offerte per persona da nominare.
      3. In ogni caso il giudice delegato dispone la comunicazione, senza ritardo, all'amministratore giudiziario e al pubblico ministero del decreto di aggiudicazione. Revoca il decreto se vi è fondato timore che l'aggiudicazione è avvenuta in favore di uno dei soggetti indicati al comma 1, ovvero di persona che ha agito per loro conto.
      4. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, colui che contravviene ai divieti di cui al comma 1 è punito con la pena della reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 1.000 euro a 5.000 euro.

Art. 18.

      1. Se un bene immobile sequestrato resta invenduto per tre incanti di seguito, il giudice delegato ne dà comunicazione al Ministero dell'economia e delle finanze e la vendita resta sospesa fino all'esito del procedimento di prevenzione.

 

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      2. Intervenuta la confisca, in ogni caso i beni rimasti invenduti per tre incanti successivi sono sottratti alla procedura fallimentare e destinati agli utilizzi previsti dalle disposizioni vigenti in tema di destinazione dei beni confiscati.

Art. 19.

      1. A seguito del pagamento delle spese della procedura fallimentare e dell'integrale soddisfacimento delle ragioni dei creditori, i beni e le residue attività aziendali oggetto di confisca sono acquisiti al patrimonio dello Stato e consegnati, senza ritardo, all'amministratore giudiziario.
      2. In ogni caso l'esclusione dei crediti e dei diritti per inopponibilità al sequestro o per difetto dei presupposti di opponibilità indicati all'articolo 15, comma 3, non pregiudica le ragioni dei titolari nei confronti dell'imprenditore individuale, dei soci illimitatamente responsabili e dei garanti.

Capo IV
FALLIMENTO ANTERIORE
AL SEQUESTRO DI AZIENDA

Art. 20.

      1. Se l'azienda in sequestro è di pertinenza di un'impresa precedentemente dichiarata fallita si applicano le disposizioni del capo III, in quanto compatibili.
      2. Il sequestro dell'azienda comporta la cessazione della procedura di amministrazione controllata nonché delle procedure di concordato fallimentare e di concordato preventivo, fatta eccezione per l'ipotesi di intervenuta cessione dei beni al terzo assuntore con liberazione immediata del debitore. Il decreto di sequestro è comunicato al tribunale fallimentare competente, che dichiara immediatamente il fallimento

 

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dell'impresa. Si applicano le disposizioni del comma 1.
      3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2, in quanto compatibili, si applicano altresì al sequestro di beni, il cui intestatario è stato dichiarato fallito in epoca antecedente al provvedimento definitivo di confisca.


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