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PDL 1353

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1353



 

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PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE

d'iniziativa del deputato BRESSA

Modifica all'articolo 48 della Costituzione
in materia di definizione di cittadino

Presentata il 13 luglio 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - «Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi Paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio Paese».
      Così recita l'articolo 13, comma 2, della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, proclamata dall'Assemblea genera- le delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948.
      Il diritto di emigrare è dunque un diritto universale, che evidentemente comporta il diritto di immigrazione in un Paese diverso da quello da cui si emigra.
      E non si tratta certo di un diritto umano di ultima o recente generazione.
      Si tratta, al contrario, di uno dei più antichi tra i diritti naturali, enunciato alle origini della civiltà giuridica moderna dal teologo spagnolo Francisco de Vitoria.
      Diritto di emigrazione, diritto di immigrazione entrambi vissuti direttamente dalla nostra comunità nazionale.
      In questo contesto, caratterizzato da crescenti flussi migratori, attribuire al vincolo di sangue un ruolo rilevante per l'acquisizione della cittadinanza è profondamente sbagliato e incongruo. Incongruo perché si intende raggiungere l'obiettivo della riduzione dell'ingresso di immigrati con uno strumento inefficace: la difficoltà a divenire parte del popolo ex lege.
      Chi decide di venire in Italia, nella maggioranza dei casi, lo fa per raggiungere un benessere economico impossibile da raggiungere in patria, non certo per vedersi riconosciuto lo status di cittadino italiano.
      Se quindi il mancato riconoscimento della cittadinanza non è un deterrente per dissuadere dall'immigrazione, si risolve, invece, in un ostacolo al sicuro inserimento nella comunità proprio di quegli immigrati che possono contribuire maggiormente al suo avanzamento.
 

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      Come ha sostenuto autorevole dottrina (tra gli altri, S. Bartole), il costituente italiano ha optato a favore di una concezione civica della Nazione, nel senso che «l'appartenenza alla Nazione non è fondata sul legame etnico che (...) rinvia in ultima istanza a legami di terra e sangue, ma si identifica con l'accettazione volontaria di dati valori civici e costituzionali della nostra comunità statale».
      Anche secondo la Corte costituzionale esiste una comunità di diritti e di doveri di cui fanno parte non solo i cittadini, ma anche altri soggetti, tra i quali non possono non essere annoverati gli stranieri regolarmente residenti che, svolgendovi un'attività lavorativa, formandovi una famiglia, fruendo dei servizi sociali messi loro a disposizione e pagando le imposte, mostrano di integrarsi attraverso la partecipazione alla vita delle comunità locali, ove si svolge la loro personalità.
      Un'ultima riflessione.
      L'articolo 51 della Costituzione, al secondo comma, prevede che «La legge può, per l'ammissione ai pubblici uffici e alle cariche elettive, parificare ai cittadini gli italiani non appartenenti alla Repubblica».
      Questa norma, che era riferita agli italiani dell'Istria, di Fiume e della Dalmazia, ha una potenzialità che va oltre la sua portata storica, come acutamente sostiene il professor Bruno Barel dell'università di Venezia.
      Infatti, se può esserci un italiano non cittadino, perchè non può esserci anche un cittadino non italiano?
      Si tratta, in altri termini, di laicizzare il concetto di cittadinanza, liberandolo dalle incrostazioni filosofiche ottocentesche del principio di nazionalità.
      L'italianità è un valore culturale di appartenenza.
      La cittadinanza è un concetto laico di accettazione volontaria di valori civici e costituzionali e di appartenenza storica a una comunità, che condivide l'esperienza di vita nella Repubblica.
      È questa la definizione di un diritto che merita di essere recepito esplicitamente dalla Costituzione, rappresentando una naturale evoluzione storica di quanto i costituenti hanno sancito nella Carta.
 

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PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE

Art. 1.

      1. All'articolo 48 della Costituzione è premesso il seguente comma:

      «È cittadino chi partecipa effettivamente alla vita economica, sociale e politica del Paese e soddisfa i requisiti stabiliti dalla legge».


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