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PDL 1101

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1101



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato CAMPA

Disposizioni a tutela dei lavoratori e delle lavoratrici contro la violenza morale e psicologica nell'ambito del rapporto di lavoro dipendente

Presentata il 13 giugno 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - Il termine anglosassone mobbing evidenzia un particolare comportamento - tipico del mondo animale - in cui un gruppo attacca un invasore del suo territorio: il termine viene usato per la prima volta dall'etologo Lorenz per indicare il comportamento di alcune specie di animali quando si coalizzano contro un membro del gruppo fino ad escluderlo dalla comunità.
      Dagli animali agli uomini la sostanza di tali comportamenti non muta.
      Questo termine oggi rappresenta un problema largamente diffuso negli ambienti di lavoro, ma di cui nessuno parla per omertà, per paura o più semplicemente per non conoscenza.
      Uno degli aspetti più preoccupanti del fenomeno, infatti, è quello relativo all'impossibilità di conoscerne la reale entità. Nel 2000 un'indagine condotta dalla Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro (Fondazione di Dublino) rese noto che ben l'8 per cento dei lavoratori dell'Unione europea, pari a 12 milioni di persone, era stato o era - proprio in quel momento - vittima di mobbing sul posto di lavoro: considerando che l'incidenza di fenomeni di violenza e di molestie sul lavoro presenta sensibili variazioni tra gli Stati membri in ragione delle differenti sensibilità e delle differenze culturali esistenti nei confronti del mobbing, si può tranquillamente pensare che il dato elaborato sia notevolmente sottostimato.
      Per questo motivo nella risoluzione votata nel settembre del 2001, il Parlamento europeo ha esortato la Commissione a promuovere iniziative comuni a livello dell'Unione finalizzate a superare le difficoltà di trovare strumenti efficaci per prevenire e contrastare il fenomeno e per avere maggiore influenza sugli atteggiamenti culturali degli Stati membri; a questi ultimi, in particolare, la risoluzione
 

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parlamentare raccomanda di rivedere o di completare la propria legislazione vigente sotto il profilo della lotta contro il mobbing e di imporre a tutti gli attori sociali interessati l'attuazione di efficaci politiche di prevenzione.
      A partire dagli anni '90 alcuni Stati membri hanno cominciato a dotarsi di una legislazione specifica in materia di lotta al mobbing (Francia e Svezia); altri sono nella fase finale dell'elaborazione dello strumento normativo, mentre altri ancora - e fra questi l'Italia - utilizzano in via interpretativa norme costituzionali, civilistiche, penali e specialistiche per colmare l'assenza di una specifica previsione legislativa.
      La dimensione assunta dal fenomeno negli ultimi anni nel nostro Paese e il suo trend in crescita, tuttavia, esortano a non procrastinare ulteriormente il momento del varo di una legge nazionale; da segnalare, altresì, l'intensa attività delle regioni, le quali si stanno attrezzando con proprie iniziative legislative nelle more di un intervento di natura statale.
      La presente proposta di legge mira, dunque, a colmare questo incomprensibile vuoto normativo; essa, in particolare, si concentra sulle misure tese alla prevenzione del fenomeno, al monitoraggio e all'assistenza per le vittime di mobbing e al coinvolgimento attivo delle parti sociali, degli enti locali e degli organismi di tutela già previsti nel decreto legislativo n. 626 del 1994.
      L'articolo 1 individua nella prevenzione e nel contrasto all'insorgere del mobbing, sia nel settore pubblico che in quello privato, lo scopo della proposta di legge.
      L'articolo 2 dà la definizione del fenomeno mobbing esplicitando, in maniera peraltro del tutto esemplificativa e non esaustiva, le modalità del suo manifestarsi.
      L'articolo 3 elenca, anche in questo caso a scopo esemplificativo, le norme generali poste in capo ai datori di lavoro e ai superiori gerarchici ai fini di tutelare il lavoratore dal mobbing.
      Negli articoli 4 e 5 si dispone il coinvolgimento concreto degli attori sociali e delle istituzioni: la loro funzione si esplica sia sul lato della formazione e dell'informazione sia su quello del supporto medico-giuridico alla vittima degli abusi.
      L'articolo 6 prevede la possibilità per il lavoratore, pubblico o privato, che sia stato già vittima di atti o di comportamenti vessatori e discriminanti di esperire l'azione di tutela giudiziaria.
      La pluralità dei soggetti coinvolti e la complessità del fenomeno necessitano di un organismo di raccordo e di coordinamento delle iniziative adottate nelle diverse sedi: a questo proposito viene prevista l'istituzione di un Osservatorio nazionale sul mobbing al quale, fra gli altri compiti, viene attribuito quello di redigere le linee guida applicative in materia di prevenzione e di contrasto del fenomeno (articoli 7 e 8).
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Finalità).

      1. In attuazione dei princìpi posti a tutela della persona e del lavoratore dagli articoli 2, 3, 4, 32, 35, 36 e 41 della Costituzione, la presente legge ha la finalità di prevenire e di contrastare l'insorgenza e la diffusione del mobbing, come definito ai sensi dell'articolo 2, nell'ambito del rapporto di lavoro dipendente pubblico e privato.

Art. 2.
(Definizione di mobbing).

      1. Ai fini della presente legge per mobbing si intendono atti, comportamenti e atteggiamenti ricorrenti che denotano forme di persecuzione e di violenza morale e psicologica, esercitate nei confronti del lavoratore dipendente, pubblico o privato, dal datore di lavoro, dai superiori gerarchici e dai colleghi.
      2. Gli atti, i comportamenti e gli atteggiamenti di cui al comma 1 possono consistere nel:

          a) calunniare o diffamare il lavoratore;

          b) sottoporre il lavoratore a vessazioni;

          c) esercitare sul lavoratore pressioni psicologiche;

          d) sabotare o impedire in maniera deliberata l'esecuzione dell'attività da parte del lavoratore;

          e) isolare il lavoratore, boicottarlo o disprezzarlo pubblicamente;

          f) minacciare, intimorire o avvilire il lavoratore nella sua sfera personale;

 

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          g) insultare, criticare in modo eccessivo o immotivato o assumere atteggiamenti ostili in modo deliberato nei confronti del lavoratore;

          h) impedire al lavoratore di entrare in possesso di informazioni relative alla sua mansione oppure fornirgli informazioni non corrette al riguardo;

          i) sottoporre il lavoratore a sanzioni senza un motivo e senza dare spiegazioni ovvero allontanarlo dal posto di lavoro o dai suoi doveri;

          l) controllare l'operato del lavoratore senza che lo stesso ne sia informato o con l'intento di danneggiarlo;

          m) attribuire compiti dequalificanti al lavoratore in relazione al profilo professionale posseduto o non attribuirgli alcun compito;

          n) marginalizzare in maniera immotivata il lavoratore rispetto anche a iniziative formative, di riqualificazione e di aggiornamento professionali;

          o) mettere in atto comportamenti lesivi della dignità del lavoratore come tale e come persona.

Art. 3.
(Misure generali di tutela dal mobbing).

      1. Il datore di lavoro e i superiori gerarchici adottano le misure necessarie dirette a tutelare il lavoratore dal mobbing e, in particolare, quelle finalizzate a:

          a) valutare le cause che possono produrre comportamenti a rischio;

          b) ridurre al minimo lo stress psicologico nello svolgimento delle mansioni;

          c) ridurre il grado di incertezza nella suddivisione dei compiti;

          d) monitorare periodicamente il livello organizzativo dei luoghi di lavoro;

          e) controllare il livello di competizione tra i lavoratori;

 

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          f) fare circolare in maniera libera e corretta le informazioni all'interno del luogo di lavoro;

          g) predisporre misure di prevenzione collettiva e individuale, affidate a figure di riferimento individuate allo scopo sul luogo di lavoro;

          h) favorire l'utilizzo del metodo della negoziazione per risolvere i conflitti all'interno del luogo di lavoro;

          i) promuovere la cultura del rispetto dei lavoratori e fra i lavoratori, attraverso la formazione e l'informazione.

Art. 4.
(Organismi bilaterali e paritetici).

      1. La promozione e la diffusione delle iniziative formative e informative relative alla problematica del mobbing e finalizzate all'attuazione delle misure di cui all'articolo 3, rientrano nell'ambito delle funzioni attribuite agli organismi bilaterali e paritetici costituiti tra le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori, organizzate a livello territoriale, di cui all'articolo 20 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626.
      2. Agli effetti dell'articolo 9 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, gli organismi di cui al comma 1 sono parificati alla rappresentanza indicata nel medesimo articolo 9.

Art. 5.
(Sportelli anti-mobbing).

      1. Per l'assistenza adeguata del lavoratore oggetto di comportamenti discriminanti o di natura vessatoria, le regioni possono istituire o utilizzare appositi centri pubblici o istituti specializzati.
      2. I centri e gli istituti di cui al comma 1 utilizzano personale specializzato, tra cui, necessariamente, un medico legale, un medico del lavoro, uno psichiatra, uno psicologo clinico o del lavoro. Ai fini della

 

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formulazione delle diagnosi, i centri o gli istituti possono avvalersi di altre figure specialistiche convenzionate.
      3. Qualora i centri o gli istituti accertino l'effettiva esistenza di elementi atti a configurare la fattispecie di cui all'articolo 2 assumono iniziative a tutela del lavoratore e, in particolare:

          a) forniscono una prima consulenza in ordine ai diritti del lavoratore;

          b) verificano l'insorgenza di stati patologici determinati o aggravati dal mobbing e assicurano al lavoratore, direttamente o indirettamente e con il suo consenso, la relativa terapia;

          c) segnalano al datore di lavoro, pubblico o privato, la situazione di disagio del lavoratore e lo invitano ad assumere le misure opportune per rimuoverne le cause.

Art. 6.
(Azioni di tutela giudiziaria).

      1. Ferma restando l'azione ordinaria, il lavoratore pubblico o privato sottoposto a forme di persecuzione e di violenza morale e psicologica ai sensi dell'articolo 2 può, anche tramite l'associazione sindacale alla quale aderisce o conferisce mandato, ricorrere al tribunale in funzione di giudice del lavoro competente per territorio. Il giudice adito, nei cinque giorni successivi, convocate le parti e assunte sommarie informazioni, qualora ritenga fondato il ricorso, con decreto motivato e immediatamente esecutivo ordina al datore di lavoro o al responsabile del comportamento denunziato la cessazione degli atti, degli atteggiamenti o dei comportamenti pregiudizievoli, adotta ogni altro provvedimento idoneo a rimuoverne gli effetti e stabilisce le modalità di esecuzione della decisione. Il giudice determina, altresì, in via equitativa la riparazione pecuniaria dovuta al lavoratore per ogni giorno di ritardo nell'esecuzione del provvedimento. Entro quindici giorni dalla comunicazione alle parti, è ammessa opposizione a tale

 

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provvedimento dinanzi al tribunale, che decide in composizione collegiale con sentenza immediatamente esecutiva. Si applicano gli articoli 413 e seguenti del codice di procedura civile.
      2. Il risarcimento del danno dovuto al lavoratore oggetto dei comportamenti definiti ai sensi dell'articolo 2 comprende anche una somma a titolo di indennizzo del danno biologico determinata in via equitativa.
      3. Nel caso dei rapporti di lavoro di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, il ricorso deve essere proposto al tribunale amministrativo regionale competente per territorio, che provvede in via d'urgenza ai sensi del comma 1 del presente articolo.
      4. Qualora venga presentato ricorso in via d'urgenza ai sensi del presente articolo, non trovano applicazione l'articolo 410 del codice di procedura civile e l'articolo 65 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

Art. 7.
(Osservatorio nazionale sul mobbing).

      1. Presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale è istituito l'Osservatorio nazionale sul mobbing, di seguito denominato «Osservatorio». L'Osservatorio è presieduto dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale o dal direttore generale della Direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro, dallo stesso Ministro delegato, ed è composto da:

          a) sei funzionari esperti designati dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di cui due ispettori del lavoro, un medico legale, un medico del lavoro, uno psichiatra, uno psicologo del lavoro;

          b) il direttore e due funzionari dell'Istituto superiore per la prevenzione e la
sicurezza del lavoro;

          c) un funzionario dell'Istituto superiore di sanità;

 

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          d) il direttore generale competente del Ministero della salute e un funzionario per ciascuno dei seguenti Ministeri: dello sviluppo economico; dell'interno; della difesa; delle infrastrutture; dei trasporti; delle politiche agricole, alimentari e forestali; dell'ambiente e della tutela del territorio; nonché un funzionario designato dai Ministri per gli affari regionali e le autonomie locali, per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione e per i diritti e le pari opportunità;

          e) sei rappresentanti delle regioni e delle province autonome designati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;

          f) un rappresentante dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro;

          g) otto esperti nominati dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale su designazione delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale;

          h) otto esperti nominati dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale su designazione delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro, anche dell'artigianato e della piccola e media impresa, maggiormente rappresentative a livello nazionale;

          i) un esperto nominato dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale su designazione delle organizzazioni sindacali dei dirigenti di azienda maggiormente rappresentative a livello nazionale.

      2. Ai componenti dell'Osservatorio per le riunioni e le giornate di lavoro, non spetta il gettone di presenza di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 gennaio 1956, n. 5.
      3. Le funzioni inerenti la segreteria dell'Osservatorio sono svolte da due funzionari del Ministero del lavoro e della previdenza sociale.
      4. I componenti dell'Osservatorio e i segretari sono nominati con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza

 

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sociale su designazione degli organismi competenti e durano in carica cinque anni.

Art. 8.
(Compiti dell'Osservatorio).

      1. L'Osservatorio svolge i seguenti compiti:

          a) esamina i problemi applicativi della normativa vigente in materia di mobbing e predispone una relazione annuale al riguardo;

          b) formula proposte per il miglioramento e l'aggiornamento della legislazione vigente;

          c) esamina le problematiche evidenziate dagli organismi bilaterali e dagli sportelli regionali anti-mobbing di cui agli articoli 4 e 5 e fornisce loro ogni tipo di supporto tecnico;

          d) elabora le linee guida applicative in materia di prevenzione e di contrasto del mobbing;

          e) esprime parere, su richiesta del Ministro del lavoro e della previdenza sociale o delle regioni, su qualsiasi questione relativa alla tutela dei lavoratori dalle pressioni e dalle violenze psicologiche e morali subite nell'ambiente di lavoro o comunque nell'ambito del rapporto lavorativo;

          f) promuove studi e ricerche, nonché campagne di sensibilizzazione e di informazione, di concerto con le amministrazioni regionali, con gli enti e con gli organismi interessati, per la diffusione della cultura di contrasto al mobbing.

      2. La relazione di cui al comma 1, lettera a), è trasmessa al Parlamento e ai presidenti delle giunte regionali.

 

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Art. 9.
(Copertura finanziaria).

      1. Agli oneri derivanti dall'attuazione dell'articolo 5, pari a 2 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2006, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2006-2008, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2006, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
      2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


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