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PDL 1392

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1392



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

PALOMBA, BALDUCCI, BUEMI, DONADI, EVANGELISTI, DANIELE FARINA, MARAN, MISITI, PORFIDIA, RAITI, SCOTTO, SUPPA, VACCA, VELO

Disposizioni in materia penale concernenti la riduzione delle sanzioni detentive e la soppressione di fattispecie incriminatrici

Presentata il 17 luglio 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - Mentre cresce nella coscienza sociale la richiesta di certezza della pena in relazione a reati che colpiscono particolarmente la sensibilità collettiva, è, altresì, sempre più presente la convinzione che una certa «ipertrofia» del sistema penale colpisca anche condotte che potrebbero essere punite con sanzioni diverse da quelle penali, o che le punisca in maniera eccessiva.
      Il dibattito sull'indulto mette ancor più in evidenza la necessità di interventi normativi volti, da una parte, all'abrogazione di disposizioni che determinano un'ingiustificata punizione, con più gravi sanzioni detentive, di comportamenti per i quali essa non è necessaria; dall'altra, ad evitare più che si può la pena detentiva.
      Una revisione del sistema penale, dalle norme incriminatrici all'aspetto sanzionatorio, è ormai indifferibile. Ma si è anche consapevoli dei tempi non immediati che essa richiede. E invece è urgente dare il segno, magari limitato ed incompiuto anche per la tempistica estremamente rapida che è imposta alla redazione della presente proposta di legge, della volontà di cominciare contemporaneamente ad operare
 

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su un piano organico che restituisca legalità all'azione dello Stato.
      Per queste ragioni la presente proposta di legge si limita ad operare, da una parte, sviluppando e ampliando istituti e princìpi giuridici già conosciuti in altri sistemi penali, a cominciare da quello minorile, proprio per evitare di fare anticipazioni di riforme che devono più organicamente essere approntate; da un'altra parte, eliminando dal nostro sistema disposizioni incriminatrici che non hanno dato buona prova o che potrebbero produrre effetti moltiplicatori della detenzione.
      Ciò consegue non a una volontà distruttiva di tutto quanto in precedenza è stato fatto, ma a una rigorosa analisi degli effetti, attuali e probabili, di alcune disposizioni a maggiore valenza inflattiva del carcere.
      Con l'articolo 1 della presente proposta di legge si amplia la previsione contenuta dapprima nell'articolo 27 dell'ordinamento penale minorile, poi nell'articolo 34 del decreto legislativo n. 274 del 2000, istitutivo della competenza penale del giudice di pace.
      La figura della «diversion», cioè dell'espulsione precoce dal sistema penale di fatti di non rilevante gravità, è conosciuta in numerosi ordinamenti giuridici di altri Stati, per lo più connotati dalla non obbligatorietà dell'esercizio dell'azione penale. In taluni casi è la stessa polizia che può non denunciare; in altri è il pubblico ministero che può direttamente evitare di procedere.
      Nel nostro ordinamento giuridico, caratterizzato dall'obbligatorietà dell'esercizio dell'azione penale, occorreva trovare forme di espulsione dal circuito penale di reati di non rilevante gravità compatibili con quel vincolo costituzionale, in modo tale che l'improcedibilità venisse dichiarata nel corso di un procedimento giudiziario formale, cioè verificata da un organo giudicante. In tale modo, la verifica si è incentrata sull'offensività in concreto: la norma incriminatrice resta in vigore; l'obbligo di procedere per le violazioni alla stessa, anche: solo che l'ordinamento giuridico ritiene antieconomico per lo Stato e per l'imputato, considerato il notevole costo economico e psicologico del processo, proseguire nel procedimento formale in presenza della scarsa concreta offensività del fatto.
      La previsione dell'improcedibilità per tenuità del fatto è già ripetutamente passata indenne al vaglio della Corte costituzionale, che non vi ha visto alcuna lesione di princìpi costituzionali. Si è ritenuto, perciò, opportuno estenderne l'applicabilità ad altre tipologie di reato, fermo restando che ogni volta si deve rigorosamente verificare la concreta offensività del fatto.
      La previsione della possibilità di applicare la misura in ogni stato e grado del giudizio consegue alle pronunce della Corte costituzionale, che ne ha dichiarato la natura sostanziale, e non meramente processuale, legata alla fase precoce del processo.
      Con l'articolo 2 si opera l'estensione della previsione di estinzione del reato per attività riparatoria, già presente nell'articolo 35 del citato decreto legislativo n. 274 del 2000 sulla competenza penale del giudice di pace. La riparazione può consistere o nel risarcimento del danno o in altre forme di riparazione, che possono scaturire anche da un'attività di mediazione sollecitata o governata dai servizi sociali.
      Con l'articolo 3 si prevede la possibilità di applicare la messa alla prova, già prevista e applicata nel processo minorile, anche agli imputati adulti. Questa misura ha dato risultati confortanti nel processo minorile, nel quale l'estinzione del processo per esito positivo della prova viene pronunciata in circa il 75 per cento dei casi in cui la prova viene disposta, con conseguenze importanti in ordine alla drastica riduzione della recidiva nei soggetti che hanno affrontato positivamente la prova. La motivazione di ciò viene vista nell'effetto di rinforzo sull'identità sociale che il superamento della prova induce.
      È stata prevista una limitazione per titolo di reato (mentre nel processo minorile essa può essere disposta per tutti i reati) e per durata, considerandosi applicabili le disposizioni del processo minorile in quanto compatibili. La misura favorisce una rilevante deflazione penitenziaria, in quanto tende a evitare la condanna e la carcerazione attraverso un modo diverso
 

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di riaffermazione delle regole giuridiche che governano la società, interno al processo e tendenzialmente senza una fase esecutiva penitenziaria, se non in caso di esito negativo della prova, caso nel quale il processo riprende con la stessa possibilità di esiti esistente prima della prova. Questa, infatti, non costituisce pena anticipata e non può essere computata come pena espiata in caso di esecuzione penale della eventuale sentenza di condanna.
      Con l'articolo 4 si prevedono riduzioni di pena, applicabili facoltativamente, per la categoria dei cosiddetti «giovani adulti», ai quali da tempo orientamenti di diverse sedi sopranazionali raccomandano di riservare una specifica attenzione. Non è difficile riscontrare nelle attuali società occidentali un allungamento dei cosiddetti «tempi di latenza», con processi di socializzazione e di costruzione dell'identità sociale non sempre facili, che alcuni studiosi definiscono «adolescenza lunga». Una riduzione di pena a cagione dell'età è già conosciuta per i soggetti minorenni, ed è obbligatoria; secondo la presente proposta di legge, invece, ai giovani adulti essa si applicherebbe facoltativamente, in misura ridotta e in presenza di determinate condizioni. Peraltro, nel nostro ordinamento giuridico, a parte la condizione minorile, il riconoscimento di specifici trattamenti per particolari classi di età, ad esempio, per le persone anziane, non è nuovo. In definitiva, quindi, non sarebbe dato di riscontrare alcuna lesione del principio costituzionale di uguaglianza, che ammette ragionati casi di discriminazione positive per situazioni diverse.
      L'articolo 5 abroga le disposizioni della legge cosiddetta legge «ex Cirielli» (legge n. 251 del 2005), in materia di recidiva, che crea un meccanismo moltiplicatore di condanna, prevalentemente nei confronti di soggetti più fragili sotto il profilo della reiterazione criminosa di condotte magari di scarso rilievo criminale, tale da rendere più lunga la permanenza in carcere solo per ragioni personali, cioè senza che ad essa corrisponda l'aumento di infrazioni penali o della loro gravità. Si prevede, quindi, il ripristino della situazione vigente prima dell'entrata in vigore della legge n. 251 del 2005, con la previsione che le condanne definitive nel frattempo irrogate, le cui pene risultino aumentate in conseguenza della nuova normativa che oggi si abroga, siano corrispondentemente ridotte dal giudice dell'esecuzione.
      La disposizione rappresenta una esplicitazione del principio della retroattività della legge penale più favorevole, che è riprodotta anche nelle successive previsioni normative contenute negli articoli 6 e 7.
      L'articolo 6 prevede il medesimo procedimento di cui al precedente articolo con riferimento al complessivo e non giustificato aggravamento delle fattispecie criminose connesse con la tossicodipendenza, introdotte dal decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2006, n. 49. Si è ritenuto necessario, diversamente dai casi di altri provvedimenti normativi su cui pure si incide con la presente proposta di legge, riportare completamente la situazione a quella preesistente, onde si possa, qualora il Parlamento decidesse di riprendere in esame complessivamente la normativa sugli stupefacenti, procedere con quella calma, organicità e coinvolgimento di tutte le forze politiche che sono mancati in occasione dell'approvazione del provvedimento che si vuole abrogare, avvenuta, invece, in tutta fretta al termine della precedente legislatura.
      D'altra parte, l'intreccio tra le disposizioni è tale che sarebbe difficile separare le disposizioni con maggiore capacità di inflazione penitenziaria dalle altre. La portata deflattiva sul sistema carcerario conseguente al ripristino della legislazione previgente, pur essendo trascorso ancora poco tempo dalla sua entrata in vigore, è intuibile se appena si consideri che la modifica riguardante l'accorpamento di sostanze stupefacenti in un'unica tabella comporterebbe assai più gravi sanzioni per le condotte prima punite meno severamente, in relazione alla diversa pregressa composizione tabellare che teneva separate le droghe cosiddette «leggere» e puniva meno severamente i reati a queste connessi.
 

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      L'articolo 7 opera nella medesima direzione per quanto concerne le previsioni più restrittive introdotte in materia di immigrazione da alcune disposizioni del decreto-legge 14 settembre 2004, n. 241, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 novembre 2004, n. 271.
      In entrambi i casi previsti negli articoli 6 e 7 della presente proposta di legge si sono già risentiti effetti negativi sull'aumento della popolazione carceraria, considerato che solo nel 2005, secondo notizie fornite dall'Amministrazione penitenziaria, per i titoli contemplati nell'articolo 7 sono entrate nel carcere 9.619 persone, per molte delle quali oggi si deve prevedere l'indulto.
      Nessuna delle disposizioni introdotte con la presente proposta di legge deprime la difesa sociale.
      Nei casi di cui agli articoli da 1 a 3, perché l'infrazione penale è bilanciata, sotto oculata decisione e vigilanza, da una condotta proporzionalmente compensativa o da una intrinseca carenza di offensività. Le disposizioni ivi previste andranno a incidere prevalentemente sui fatti di più scarso impatto sociale e non altrimenti eliminabili dal circuito sanzionatorio, a differenza che in altri sistemi penali, ricadenti tra i reati contro il patrimonio, che rappresentano circa il 30 per cento dei titoli di reato riguardanti l'esecuzione penale.
      Per quello che riguarda l'articolo 4, perché la diminuzione è facoltativa e connessa con la previsione di una migliore risocializzazione, andando a incidere su una popolazione penitenziaria entro i venticinque anni di età, che riguarda circa il 20 per cento dei soggetti ristretti in carcere.
      Per quanto concerne gli articoli da 5 a 7, o perché la maggiore severità sanzionatoria non è giustificata dall'aumento del numero di reati commessi o della gravità di quelli ascritti: e quando il più severo regime della recidiva sarà entrato pienamente a regime esso esplicherà effetti micidiali sull'inflazione carceraria; o perché altre sanzioni anche precedentemente previste, quali quelle amministrative o quelle meno gravi dell'arresto, sono ritenute idonee a garantire il medesimo risultati con minori costi personali o strutturali, quali quelli connessi al sovraffollamento carcerario.
      Naturalmente, la presente proposta di legge rappresenta uno stimolo a intervenire sulla problematica in oggetto ed è aperta ai contributi che si muovano nella stessa direzione.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

    1. Dopo l'articolo 44 del codice penale è inserito il seguente:

      «Art. 44-bis. - (Particolare tenuità del fatto). - Non è punibile chi ha commesso un fatto di particolare tenuità. Il fatto è di particolare tenuità quando, rispetto all'interesse tutelato, l'esiguità del danno o del pericolo che ne è derivato, nonché la sua occasionalità e il grado della colpevolezza, non giustificano l'esercizio dell'azione penale, tenuto conto altresì del pregiudizio che l'ulteriore corso del procedimento può recare alle esigenze di lavoro, di studio, di famiglia o di salute dell'autore del fatto stesso».

      2. Dopo l'articolo 411 del codice di procedura penale è inserito il seguente:

      «Art. 44-bis. - (Esclusione della procedibilità nei casi di particolare tenuità del fatto). - 1. Nel corso delle indagini preliminari, il giudice dichiara con decreto di archiviazione non doversi procedere per la particolare tenuità del fatto definita a norma dell'articolo 44-bis del codice penale, quando non risulta un interesse della persona offesa alla prosecuzione del procedimento.
      2. Fatta salva la competenza del giudice di pace per i reati previsti nell'articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, e successive modificazioni, può dichiararsi non doversi procedere per la particolare tenuità del fatto per tutte le contravvenzioni e per i delitti punibili con pena massima, sola o congiunta a pena pecuniaria, non superiore a dieci anni di reclusione, fatta eccezione per quelli compresi nei titoli II e III del libro II del codice penale nonché per quelli connessi con la criminalità organizzata o con il terrorismo ovvero consistenti

 

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in condotte lesive della libertà sessuale di minori.
      3. La declaratoria di non doversi procedere ai sensi dei commi 1 e 2 può essere pronunciata in qualunque stato e grado del giudizio».

Art. 2.

      1. Dopo l'articolo 168 del codice penale è inserito il seguente:

      «Art. 168-bis. - (Estinzione del reato conseguente a condotte riparatorie). - Il reato è estinto se, in rapporto all'interesse tutelato, l'autore abbia provveduto alla riparazione del danno cagionato dal reato mediante le restituzioni e il risarcimento, ovvero altra idonea condotta riparatoria, quando tali attività siano idonee a soddisfare le esigenze di riprovazione del reato e quelle di prevenzione nonché quando abbia eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato medesimo».

      2. Dopo l'articolo 423 del codice di procedura penale è inserito il seguente:

      «Art. 423-bis. - (Declaratoria di estinzione del reato conseguente a condotte riparatorie). - 1. A conclusione dell'udienza preliminare il giudice, sentite le parti e l'eventuale persona offesa, dichiara con sentenza estinto il reato, enunciandone la causa nel dispositivo, quando l'imputato dimostra di aver provveduto, prima dell'udienza medesima, alla riparazione del danno cagionato dal reato e all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato stesso.
      2. Il giudice può tuttavia disporre la sospensione del processo, per un periodo non superiore a tre mesi, se l'imputato chiede nell'udienza preliminare di poter provvedere agli adempimenti di cui al comma 1 e dimostra di non averlo potuto fare in precedenza. In tale caso, il giudice può imporre specifiche prescrizioni.
      3. Con l'ordinanza di sospensione il giudice incarica un ufficiale di polizia giudiziaria o un operatore di servizio sociale dell'ente locale di verificare l'effettivo

 

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svolgimento delle attività riparatorie, eventualmente con il ricorso a tecniche di mediazione tra imputato e vittima a cura dei servizi sociali. Fissa, poi, una nuova udienza per una data successiva al termine del periodo di sospensione.
      4. Qualora accerti che le attività riparatorie hanno avuto esecuzione, il giudice, sentite le parti e l'eventuale persona offesa, dichiara con sentenza estinto il reato enunciandone la causa nel dispositivo.
      5. Quando non provvede ai sensi dei commi 1 e 4 il giudice dispone la prosecuzione del procedimento.
      6. Fatta salva la competenza per materia del giudice di pace, il giudice può pronunciare l'estinzione del reato conseguente a condotte riparatorie per tutte le contravvenzioni e per i delitti per i quali è prevista una pena, sola o congiunta a pena pecuniaria, non superiore nel massimo a dieci anni di reclusione, fatta eccezione per quelli connessi con la criminalità organizzata o con il terrorismo ovvero consistenti in condotte lesive della libertà sessuale di minori».

Art. 3.

      1. Dopo l'articolo 168-bis del codice penale, introdotto dall'articolo 2 della presente legge, è inserito il seguente:

      «Art. 168-ter. - (Estinzione del reato per esito positivo della prova). - Il reato è estinto per esito positivo della prova cui l'imputato sia stato sottoposto su sua richiesta».

      2. Dopo l'articolo 420-quinquies del codice di procedura penale è inserito il seguente:

      «Art. 420-sexies. - (Attività relative alla sospensione del processo con messa alla prova). - 1. All'udienza preliminare il giudice, sentite le parti, su richiesta dell'imputato può disporre con ordinanza la sospensione del processo quando ritenga di poterlo mettere alla prova e che questa possa avere esito positivo, valutata la sua personalità e tutte le circostanze del fatto.

 

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Il giudice può sospendere il processo e mettere alla prova l'imputato per un periodo non superiore ad un terzo della pena detentiva minima prevista per il reato più grave tra quelli contestati.
      2. La sospensione del processo con messa alla prova può essere disposta solo per tutte le contravvenzioni e per i delitti punibili con pena detentiva, sola o congiunta a pena pecuniaria, non superiore nel massimo a dieci anni di reclusione, fatta eccezione per quelli compresi nei titoli II e III del libro II del codice penale nonché per quelli connessi con la criminalità organizzata o con il terrorismo ovvero consistenti in condotte lesive della libertà sessuale di minori.
      3. Resta salva la competenza per materia del giudice di pace.
      4. Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 28 e 29 delle disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448, e successive modificazioni, e l'articolo 27 delle norme di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 272, intendendosi sostituiti ai servizi minorili dell'amministrazione della giustizia gli uffici locali di esecuzione esterna dell'amministrazione penitenziaria, di cui all'articolo 72 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, con la collaborazione dei servizi sociali degli enti locali e di tutte le risorse presenti nel territorio comprese le comunità, e demandando la vigilanza sull'osservanza delle prescrizioni alle Forze di polizia indicate nell'ordinanza dal giudice.
      5. Nei successivi stati e gradi del giudizio di merito si procede ai sensi del presente articolo».

Art. 4.

      1. Al capo I del titolo IV del libro I del codice penale, dopo l'articolo 98 è aggiunto il seguente:

      «Art. 98-bis. (Maggiorenni infraventicinquenni). - Il giudice può, nei confronti di persone che abbiano commesso il fatto dopo il compimento del diciottesimo

 

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anno di età, ma non oltre il compimento del venticinquesimo anno, senza pregiudizio per l'applicazione di riduzioni di pena in conseguenza della sussistenza di eventuali circostanze attenuanti, applicare una diminuzione della pena fino a un quarto quando rilevi che il fatto commesso è riconducibile a negativi processi di socializzazione e ritenga che l'inflizione di una pena diminuita favorisca la risocializzazione e il rispetto delle regole sociali.
      Sono esclusi dal beneficio di cui al primo comma gli autori di delitti connessi con la criminalità organizzata o con il terrorismo e di delitti consistenti in condotte lesive della libertà sessuale di minori».

Art. 5.

      1. Gli articoli 4, 5, 6, 7, 9 e 10 della legge 5 dicembre 2005, n. 251, nonché gli articoli 30-ter e 50-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, introdotti dai commi 1 e 5 dell'articolo 7 della citata legge n. 251 del 2005, sono abrogati.
      2. Dalla data di entrata in vigore della presente legge riacquistano efficacia le disposizioni degli articoli 81, 99, 157, 158, 159, 160 e 161 del codice penale, 47-ter e 58-quater della legge 26 luglio 1975, n. 354, e 656 e 671 del codice di procedura penale, nel testo vigente prima della data di entrata in vigore della legge 5 dicembre 2005, n. 251.
      3. Le pene irrogate con sentenza definitiva in misura aumentata in conseguenza dell'applicazione delle disposizioni di cui al comma 1 sono corrispondentemente ridotte, dal giudice dell'esecuzione, alla misura di quelle che sarebbero state comminate in base alla disciplina applicabile ai sensi del comma 2.

Art. 6.

      1. Gli articoli da 4 a 4-vicies ter del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2006, n. 49, nonché gli articoli 75-bis

 

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e 122-bis e le tabelle I e II del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, introdotti dagli articoli 4-quater, 4-septiesdecies e 4-vicies ter, comma 32, del citato decreto-legge n. 272 del 2005, sono abrogati.
      2. Dalla data di entrata in vigore della presente legge riacquistano efficacia le disposizioni degli articoli 2, 13, 14, 26, 31, 34, 35, 36, 38, 40, 41, 42, 43, 45, 46, 47, 54, 60, 61, 62, 63, 65, 66, 69, 71, 73, 75, 78, 79, 82, 89, 90, 91, 92, 93, 94, 96, 97, 113, 114, 115, 116, 117, 120, 122, 123 e 127 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, nonché l'articolo 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e l'articolo 56 della legge 24 novembre 1981, n. 689, nel testo vigente prima della data di entrata in vigore del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2006, n. 49.
      3. Le pene irrogate con sentenza definitiva, che risultino inflitte o aumentate in conseguenza dell'applicazione delle disposizioni di cui al comma 1, sono, dal giudice dell'esecuzione, dichiarate estinte o corrispondentemente ridotte alla misura di quelle che sarebbero state comminate in base alla disciplina applicabile ai sensi del comma 2.

Art. 7.

      1. La lettera a) del comma 2-ter e il comma 5-bis del decreto-legge 14 settembre 2004, n. 241, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 novembre 2004, n. 271, sono abrogati.
      2. Dalla data di entrata in vigore della presente legge riacquistano efficacia le disposizioni del comma 13 dell'articolo 13 e dei commi 5-ter e 5-quater dell'articolo 14 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nel testo vigente prima della data di entrata in vigore del decreto-legge 14 settembre 2004, n. 241, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 novembre 2004, n. 271.

 

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      3. Le sanzioni comminate con sentenza definitiva in conseguenza dell'applicazione delle disposizioni di cui al comma 1 sono dichiarate estinte dal giudice dell'esecuzione ovvero convertite in quelle che sarebbero state comminate in base alla disciplina applicabile ai sensi del comma 2, nella misura residua ancora da espiare.


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