Frontespizio Relazione Progetto di Legge

Nascondi n. pagina

Stampa

PDL 255

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 255



 

Pag. 1

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato ZANELLA

Disposizioni concernenti il divieto di sperimentazione sugli animali

Presentata il 28 aprile 2006


      

torna su
Onorevoli Colleghi! - La vivisezione - letteralmente: dissezione di esseri viventi - è, nell'uso comune, sinonimo di sperimentazione, sugli animali, in tutte le sue forme.
      I suoi campi di applicazione sono molteplici e oggi, soprattutto, si evidenziano i seguenti: esperimenti di farmacologia; studio delle malattie; test sui cosmetici; esperimenti di psicologia; test bellici o didattici. Gli esperimenti di tossicità sono «trasversali» a queste categorie, perché riguardano il campo farmacologico, medico, cosmetico, eccetera. Essi vengono effettuati (dati britannici) per circa il 60 per cento in industrie e in laboratori privati, per circa il 33 per cento in università e in scuole di medicina, e per circa il 7 per cento in laboratori pubblici e in dipartimenti governativi. Di tutti gli esperimenti, il 63 per cento circa viene compiuto senza anestesia, il 22 per cento circa con anestesia solo parziale. Gli animali utilizzati (che vengono devocalizzati, avvelenati, ustionati, accecati, affamati, mutilati, congelati, decerebrati, sottoposti a ripetute scariche elettriche attraverso elettrodi conficcati nel cervello, infettati con virus o batteri, eccetera) raggiungono, in tutto il mondo, circa 500 milioni l'anno, ma la cifra potrebbe crescere molto di più se si continuasse a usare questo metodo di ricerca.
      La vivisezione è sempre e in ogni caso inaccettabile, sia dal punto di vista scientifico che da quello etico. Occorre escludere la sperimentazione animale, così come ogni altra forma di tortura, anche perché vi è sempre un'altra via, con basi scientifiche e senza violenza: è quella che va esplorata e allargata, è quella che concretamente porta i risultati migliori
 

Pag. 2

per l'essere umano. La vivisezione, definita da Gandhi «il crimine più nero tra i neri crimini commessi dall'uomo», va avanti per una forma di inerzia culturale, perché non ci si oppone agli interessi che la sostengono e che impongono come dogma che «la vivisezione è necessaria».
      Anche chi considera eticamente corretta la sperimentazione animale mette come condizione che vi sia risposta affermativa alla domanda: «L'uso del "modello animale" ha un'utilità nella ricerca medica e nella tutela della salute umana?».
      Oggi il nostro diritto alla salute viene sempre più ridotto a causa del continuo aumento della concentrazione delle sostanze tossiche nell'ambiente. Secondo alcune indagini epidemiologiche la «guerra chimica» alla quale siamo sottoposti miete centinaia di migliaia di vittime ogni anno nella sola Europa. È dunque esigenza primaria valutare la tossicità delle suddette sostanze in modo corretto, per poi regolamentarne la diffusione. Si pone ancora una volta la domanda: il «modello animale», regolarmente usato, può fornire per l'uomo una reale valutazione di tossicità?
      La risposta che le statistiche e anche, sempre più frequentemente, gli ambienti scientifici danno a queste due domande è un semplice «no».
      La sperimentazione animale (risultato di una visione meccanicista dell'essere vivente che interpreta l'animale come una macchina e trascura la complessità dei sistemi naturali) si basa infatti su di un presupposto errato: che i dati ottenuti sperimentando su di una specie possano essere utilizzati come base per valutazioni cliniche su specie differenti. È ben noto ormai che questa estrapolazione non è possibile perché le specie animali sono differenti dagli esseri umani, come pure tra loro: nel metabolismo, nell'anatomia, nella fisiologia, nell'immunologia, nella struttura cellulare di base eccetera. Ogni specie reagisce alle sostanze in maniera diversa. Un numero sempre crescente di medici non accetta più la validità della vivisezione come principio indiscutibile e considera antiscientifici gli esperimenti sugli animali. Questi esperimenti non portano ad alcuna reale conoscenza sugli effetti di una eventuale sostanza da provare (come ad esempio un farmaco), perché animali di specie diverse, come pure di razze diverse o addirittura di ceppi della stessa specie, rispondono in modo diverso a un dato stimolo. E, dunque, se il risultato ottenuto sul topo è diverso da quello ottenuto sul gatto, diverso da quello ottenuto sul cane e anche da quello ottenuto sul ratto, a chi somiglierà di più l'uomo: al topo, al gatto, al cane o al ratto? La risposta non si può sapere a priori. Solo dopo avere sperimentato sull'essere umano si scoprirà, volta per volta, a quale specie e razza egli assomigli di più in quel particolare caso. Si può affermare che la vivisezione è addirittura dannosa per l'uomo, per due ragioni principali: si sperimentano direttamente sull'essere umano sostanze che non hanno subìto alcun vaglio preventivo (dal momento che il risultato della sperimentazione sugli animali non è in alcun modo predittivo per le persone) e si corre il rischio di scartare sostanze che potrebbero essere invece di grande aiuto, per il solo fatto che su di una particolare specie animale sono risultate tossiche.
      Per citare solo pochi esempi:

          1) la penicillina uccide cavie e criceti;

          2) la stricnina lascia indifferenti cavie, polli e scimmie;

          3) l'arsenico è ottimo cibo per pecora e per porcospino, l'Amanita phalloides (fungo velenosissimo) è mangereccio per il coniglio;

          4) la tossina botulinica è innocua per il gatto.

      Vale la pena di sottolineare che la sperimentazione sugli animali fornisce ai produttori di farmaci la possibilità di selezionare la risposta, variando la specie animale o semplicemente le condizioni dell'esperimento, con il fine di commercializzare, in un'ottica di profitto, migliaia di farmaci che, una volta in commercio, si rivelano spesso inutili e talvolta dannosi.

 

Pag. 3

La sperimentazione animale fornisce così una comoda (ma per noi pericolosa) tutela giuridica alle aziende farmaceutiche. Esistono circa 200.000 specialità farmaceutiche in commercio nel mondo, mentre quelle ritenute utili dall'Organizzazione mondiale della sanità sono soltanto 300-400.
      Per quale ragione, allora, si sperimenta ancora sugli animali? Lo si fa in grande parte per favorire le carriere universitarie, basate sul numero di pubblicazioni prodotte, essendo gli esperimenti sugli animali (non importa se già effettuati migliaia di volte) la via più facile e veloce. Inoltre, la sperimentazione sugli animali costituisce per le industrie una sicura tutela giuridica per ogni eventuale contenzioso. Infatti, la sperimentazione animale consente l'incertezza della prova, fornendo ai produttori un alibi sempre pronto. Le industrie possono così dare inizio con maggiore disinvoltura alle prove cliniche (sull'essere umano) e addirittura permettersi di giustificare i disastri farmacologici (vedi Lipobay, vedi Vioxx, per citare solo due dei più noti) adducendo il fatto che la sperimentazione sull'animale ha comunque un margine di errore. Con il risultato che alle industrie non sarà addebitata alcuna responsabilità civile.
      Vi sono poi gli interessi legati al commercio di animali e, infine, la consapevolezza che, utilizzando differenti tipi di animali in differenti protocolli, gli sperimentatori possono trovare prove a sostegno di qualunque teoria: per esempio, si sono utilizzati esperimenti sugli animali sia per provare sia per negare il ruolo cancerogeno del fumo.
      Gli scienziati, consapevoli di tutto ciò, hanno oggi tendenza a iniziare le prove cliniche assai prima di conoscere i risultati forniti dagli animali.
      Il movimento di scienziati che si oppongono alla sperimentazione animale «sulla base di teorie unicamente scientifiche» sta crescendo progressivamente; essi denunciano il rischio che sostanze e terapie utili all'uomo vengano scartate perché rivelatesi dannose nella sperimentazione animale, mentre altre sostanze, considerate sicure in base alla sperimentazione su animali, creano gravi danni, talvolta insidiosi e duraturi, alla nostra salute.
      Sono sempre più frequenti gli articoli che, su riviste scientifiche accreditate, parlano della necessità di una verifica del metodo.
      Due esempi: 1) New Scientist, (volume 182, issue 2436), dove viene dimostrato che la ricerca sulla sclerosi multipla è stata portata fuori strada, per molti anni, dalla sperimentazione su animali; 2) British Medical Journal (n. 328 del 28 febbraio 2004) dove un raffronto tra i risultati ottenuti sugli animali e quelli ottenuti nelle prove cliniche porta alla conclusione che non si dovrebbero fare nuovi esperimenti su animali fino a quando non sarà stata valutata la loro validità e la possibilità che essi hanno di venire generalizzati al campo della pratica clinica.
      Per la sperimentazione animale, infatti, non è mai stata richiesta, malgrado tanta evidenza negativa, alcuna validazione, mentre questa viene richiesta per ogni nuovo metodo proposto. Ma la cosa più grave è che i risultati forniti dal modello animale costituiscono il termine di raffronto per la valutazione dei nuovi metodi, rendendo così pressoché impossibile giungere a una qualsiasi validazione degli stessi.
      Eppure i ricercatori che abbiano a cuore la vera ricerca scientifica e non la propria carriera avrebbero a disposizione metodi migliori dei test sugli animali:

          a) innanzitutto la ricerca clinica: la maggior parte delle scoperte mediche (i cui successi vengono spesso attribuiti alla sperimentazione animale) è dovuta infatti a un'osservazione clinica (sull'essere umano, considerando anche la differenza, in certi casi molto rilevante, tra l'uomo e la donna) di un particolare fenomeno, che solo in seguito i ricercatori tentano di riprodurre negli animali, inducendo in essi delle patologie artificiali. Essi variano le condizioni dell'esperimento, così come la specie di animale utilizzata, fintanto che il risultato non coincida con l'indicazione fornita dall'uomo;

 

Pag. 4

          b) l'epidemiologia e la statistica. L'epidemiologia studia la frequenza e la distribuzione dei fenomeni epidemici e quindi delle malattie nella popolazione; la statistica è invece la disciplina che si occupa del trattamento dei dati numerici derivanti da un gruppo di individui. Sono stati l'impiego della epidemiologia e della statistica che hanno permesso di riconoscere la maggior parte dei fattori di rischio delle malattie cardiocircolatorie quali l'ipertensione arteriosa, il fumo, il sovrappeso, l'ipercolesterolemia;

          c) lo studio diretto dei pazienti, tramite i moderni strumenti di analisi non-invasivi. Questi metodi consentono di ottenere ottimi risultati, come è stato riscontrato per le malattie cardiache;

          d) autopsie e biopsie: le autopsie sono state cruciali per la comprensione di molte malattie; con le biopsie si possono ottenere molte informazioni durante i vari stadi della malattia. Per esempio, le biopsie endoscopiche hanno dimostrato che il cancro al colon deriva da tumori benigni chiamati adenomi. Questo è in contrasto con il modello animale più usato, in cui non vi è la sequenza adenoma-carcinoma;

          e) colture in vitro di cellule e di tessuti umani;

          f) simulazioni al computer.

      Inoltre, per le sostanze già entrate in commercio, assume enorme importanza quella che è, a tutti gli effetti, una sperimentazione di seconda fase e che avviene attraverso le registrazioni dettagliate degli effetti collaterali, la rapida identificazione di farmaci pericolosi, il monitoraggio degli effetti collaterali imprevisti (talvolta anche positivi e che hanno consentito in passato di sfruttarli per patologie diverse da quelle per cui erano stati studiati). In pratica è necessario riconoscere il ruolo fondamentale della farmacovigilanza, di grande utilità per valutare in modo concreto l'impatto dei prodotti farmaceutici e per strutturarne in modo più efficace i meccanismi di funzionamento e di analisi dei dati raccolti.
      Per concludere: è soltanto mettendo fine all'uso degli animali da laboratorio che si potranno infine incrementare dei metodi di ricerca medica e di valutazione di tossicità scientifici. Questi metodi, già esistenti, danno risultati assai più predittivi della sperimentazione animale: si tratta degli studi su organi, tessuti e in particolare su cellule umane. Si tratta della epidemiologia, delle autopsie e delle biopsie, delle simulazioni al computer, eccetera.
      Un settore in cui vengono oggi effettuati grandi progressi, in vari continenti, è quello della tossicogenomica, che valuta la tossicità di una sostanza osservando il comportamento dei geni all'interno di cellule umane messe a contatto con essa. I risultati, oltre a essere di gran lunga più precisi, sono anche centinaia di volte più veloci ed economici di quelli forniti dalla sperimentazione animale.
      L'EPA (Environmental Protection Agency, USA) ha creato un centro di tossicogenomica e l'FDA (Food and Drug Administration, USA) ha pubblicato una raccomandazione che chiede alle industrie di trasmettere i dati farmacogenomici dei prodotti da approvare. È auspicabile che l'Italia si impegni per chiedere all'Unione europea un rinnovamento urgente e indispensabile nelle scienze biomediche, affinché essa imbocchi la strada di una valutazione di tossicità affidabile. È la condizione indispensabile per una tutela effettiva della salute dei cittadini europei. La presente proposta di legge vuole rappresentare un primo passo verso questo obiettivo, disponendo il divieto di sperimentazione sugli animali.

 

Pag. 5


torna su
PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. L'articolo 1 della legge 12 giugno 1931, n. 924, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «Art. 1. - 1. La vivisezione e tutti gli altri esperimenti sugli animali sono vietati.
      2. Chiunque viola la disposizione di cui al comma 1 è punito ai sensi dell'articolo 727 del codice penale».

Art. 2.

      1. Il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 116, e successive modificazioni, è abrogato.

Art. 3.

      1. A decorrere dall'anno 2007, lo Stato provvede, ai sensi del comma 2, a finanziare la ricerca e la sperimentazione di valide metodologie alternative alla sperimentazione animale.
      2. Con proprio decreto, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sentito il Ministro della salute, provvede ad individuare modalità, procedure e soggetti beneficiari dei finanziamenti previsti dal comma 1.
      3. Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo, pari a 40 milioni di euro per ciascuno degli anni 2006 e 2007 e 2008, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2006-2008, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale»

 

Pag. 6

dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2006, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
      4. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Art. 4.

      1. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, gli studi e le ricerche condotti con l'impiego di sperimentazione sugli animali devono essere conclusi.
      2. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro della salute, con proprio decreto, stabilisce i criteri e le modalità per la sospensione degli esperimenti sugli animali per i quali è stata concessa la prescritta autorizzazione nonché per la conclusione degli studi e delle ricerche in attuazione del comma 1.    


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
torna su