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PDL 335

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 335



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato CENTO

Norme in materia di imputabilità e di trattamento penitenziario del malato di mente autore di reato

Presentata il 3 maggio 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - La tutela dei diritti del malato mentale che commette un reato propone una questione complessa, ponendo in evidenza le contraddizioni e le difficoltà derivanti dall'esigenza di risolvere il problema dell'infermità mentale in chiave interdisciplinare. È necessario, dunque, un coordinamento tra il momento di intervento giuridico-penale e quello assistenziale-psichiatrico: di qui, l'esigenza di riforma della legislazione penale e penitenziaria relativa ai malati di mente autori di reato, aggiornandola all'evoluzione che hanno conosciuto la psichiatria e lo stesso diritto penale in altri suoi ambiti.
      Sul piano della disciplina penale, il trattamento dell'infermo ha costituito materia di intervento e sollecitazione in conseguenza di diverse pronunce della Corte costituzionale. Fra queste, ad esempio, è opportuno ricordare la sentenza n. 139 del 1982 che, pur respingendo le eccezioni di incostituzionalità, ebbe a indicare l'opportunità di una più adeguata normativa del trattamento degli internati in ospedali psichiatrici giudiziari.
      Nel corso di questi anni la problematica dell'imputabilità degli infermi di mente si è riproposta con nuova intensità all'attenzione di studiosi di diritto e operatori del settore psichiatrico. Con la chiusura degli istituti psichiatrici, per effetto della riforma approvata, tale problematica, nel contempo, appare ristretta e accentuata dalla realtà dei sei ospedali psichiatrici giudiziari. Un progetto di legge in materia, presentato nella X legislatura (atto Senato n. 2894), riprendeva importanti indicazioni della Corte costituzionale, che aveva respinto il principio di «immutabilità, quanto a natura ed intensità, dell'infermità psichica» mentre aveva ammesso la possibilità di una «positiva evoluzione» di questa malattia (si vedano, al
 

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riguardo, le sentenze della Corte costituzionale 28 luglio 1983, n.   349, e 27 luglio 1982, n.   139). Nel contempo quel progetto di legge richiamava, in via generale, istanze e iniziative relative alla drammatica realtà degli ospedali psichiatrici - ne fu simbolo la battaglia sul manicomio di Agrigento - riconoscendo, tuttavia, al rapporto fra diritto penale e realtà del malato di mente una dimensione del tutto specifica e, per aspetti giuridici essenziali, differente da quella degli ospedali psichiatrici.
      Non v'è dubbio che la legge 13 maggio 1978, n. 180, abbia rappresentato una riforma di ampio respiro, i cui contenuti innovativi non possono essere posti in discussione dalle difficoltà di attuazione della normativa stessa; nonostante ciò si deve rilevare comunque l'esiguità di norme in campo penale che costituiscano un punto di contatto con il modello culturale sotteso alla legge n.   180 del 1978.
      In particolare, la legge di riforma psichiatrica, recepita dalla legge 23 dicembre 1978, n.   833, istitutiva del Servizio sanitario nazionale, ha introdotto modifiche rilevanti nel settore dell'assistenza psichiatrica, a favore delle principali esigenze di prevenzione, cura e riabilitazione del malato mentale. In tale contesto anche il ricovero ospedaliero è sempre (pur nei casi di obbligatorietà) inteso come un momento nell'ambito di trattamenti sanitari adeguati.
      I dati che emergono dalle statistiche giudiziarie evidenziano una chiara tendenza all'aumento dei ricoveri in ospedali psichiatrici giudiziari, già nel triennio successivo alla data di entrata in vigore della legge n. 180 del 1978 rispetto al triennio precedente.
      Nella XI legislatura, l'indagine conoscitiva sulla situazione sanitaria nelle carceri, condotta dalla Commissione igiene e sanità del Senato della Repubblica, si concluse con la conferma della particolare gravità e degenerazione della condizione degli ospedali psichiatrici giudiziari: «Negli ospedali pschiatrici giudiziari - si legge nel documento, relatrice la senatrice Bettoni Brandani - acuta è la contraddizione tra funzione sanzionatoria da un lato e funzione riabilitativa o curativa, dall'altro (...). Questa ambiguità, legata alla duplice funzione custodiale-curativa, è ancora più accentuata dal fatto che si tratta di una popolazione di utenti che, a causa del proprio stato, sono privati di qualsiasi capacità "contrattuale" di fronte all'apparato penitenziario».
      L'indagine conoscitiva poneva attenzione a un ulteriore e diverso dato, in questi anni diventato prevalente rispetto all'altro drammatico problema dei cosiddetti «sepolti vivi», fatto emergere negli anni settanta ad esempio da denunce come quelle di Cappelli: cioè a dire, afferma il documento della citata Commissione del Senato, «l'aumentata incidenza del numero di coloro che sono sottoposti a misura di sicurezza per breve periodo (2 anni) evidenzia come trovino ricovero in tali ospedali pazienti psichiatrici a bassa pericolosità sociale per evidente carenza dei servizi psichiatrici del Servizio sanitario nazionale, nonché di adeguate strutture intermedie». Non un problema limitato e di breve periodo, in realtà, al punto che dieci anni prima, nel 1983, analoghe erano le riflessioni indotte dalla realtà degli ospedali psichiatrici giudiziari, in relazione anche alla diminuzione di presenze negli ospedali psichiatrici conseguente all'applicazione della nuova legislazione in materia (S. Luberto, In tema di tutela dei diritti del malato di mente che delinque, in «Studi parmensi», volume XXXIV, Milano, 1983).
      Nel merito delle ipotesi di riforma la Commissione riteneva «auspicabile che gli ospedali pschiatrici giudiziari possano essere trasformati nel senso di rispondere maggiormente alle esigenze di trattamento sanitario dei pazienti». Ciò con «modalità organizzative attraverso le quali organizzare una vera integrazione con i servizi psichiatrici territoriali, e il loro pieno coinvolgimento, superando quella segregazione istituzionale propria dell'attuale ospedale psichiatrico giudiziario».
      Se in materia penale il legislatore è intervenuto più volte - in particolare, con
 

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la riforma penitenziaria (legge 26 luglio 1975, n.   354) e con la legge 24 novembre 1981, n.   689, recante «Modifiche al sistema penale» -, modificando il sistema sanzionatorio fondato sulla pena detentiva per effetto di misure alternative alla detenzione, o con il ricorso in misura più ampia alla sospensione condizionale della pena, in realtà ciò non ha avuto una contestuale o adeguata e coerente applicazione per i malati di mente, per i quali la misura di sicurezza dell'ospedale psichiatrico giudiziario consiste di fatto in una sanzione preventiva.
      Se in passato erano i malati di mente imputati o condannati per reati di media o di elevata gravità a essere sottoposti, di norma, alla misura di sicurezza, negli ultimi anni, di regola appunto, oggetto delle misure di sicurezza sono stati soggetti colpevoli o imputati di reati minori, in particolare connessi alla legislazione proibizionista e punizionista in materia di droghe e di «non droghe».
      A differenza dei soggetti «sani di mente» condannati a pena detentiva, ai quali viene concessa in sede esecutiva la possibilità di usufruire di benefìci e facilitazioni al fine di un reinserimento sociale, a coloro che, per infermità psichica, sono stati prosciolti dal reato, tale possibilità appare negata.
      In tale modo e per considerazioni di ordine più generale, l'istituto della «non imputabilità» del malato di mente corrisponde a minori, se non estremamente limitate, garanzie rispetto a quelle che il riconoscimento dell'imputabilità dovrebbe presentare in relazione al codice penale.
      In questo modo, tramite gli ospedali psichiatrici giudiziari la società evita il proprio dovere di punire chi infrange la legge e, in sostituzione di una riabilitazione umana e sociale in un ambito penale, il malato di mente viene punito con la restrizione e il trattamento in un contesto psichiatrico.
      Con la proposta di legge in oggetto si propone, dunque, di abolire l'istituto della non imputabilità degli infermi psichici, la quale sottintende una ritenuta inadeguatezza della categoria, prettamente giuridica, dell'incapacità di intendere e di volere. Contestualmente va ricordato che anche la nozione della pericolosità del reo sofferente di disturbi psichici non ha un proprio contenuto scientifico e non può considerarsi presupposto per la legittimazione di sanzioni penali, quali le misure di sicurezza psichiatriche, che talvolta si protraggono per anni, financo a superare la pena detentiva prevista e altrimenti applicata.
      Queste conseguenze giuridiche del reato trovano, infatti, la loro ragione giustificatrice nella pericolosità, che influisce sulla misura e qualità del provvedimento. Tale problematica ha, comunque, perso ogni significato attuale, a seguito della previsione dell'articolo 31 della legge n. 663 del 1986.
      Nella presente proposta di legge, pertanto, si riconosce il malato di mente autore di reato capace di intendere e di volere e di conseguenza imputabile, e soggetto alle pene previste dal codice penale per le varie fattispecie di reati. In particolare, la pena detentiva, anche a seguito della riforma dell'ordinamento penitenziario del 1986, ha assunto una nuova fisionomia, stante il valore da attribuire all'articolo 27 della Costituzione, in cui si rileva una forte implicazione tra pena rieducativa e umanità della pena. Di qui, una particolare cura è da assicurare alla tutela della salute del malato di mente sottoposto a detenzione, mediante la previsione di strutture sanitarie, nell'ambito del carcere, idonee alla cura dei disturbi psichici dei detenuti. È previsto che i vari programmi di riabilitazione dovrebbero attuarsi, secondo la normativa proposta, con la collaborazione dei servizi psichiatrici territoriali.
      Integrazione con i servizi nel territorio e garanzie effettive per i malati, quali condizioni per il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari, sostenute ad esempio da Nicolò Amato, al tempo del suo incarico quale direttore generale degli istituti di prevenzione e pena: «Se immaginiamo di ripartire gli internati più recuperabili fra tutte le regioni, avremo piccole comunità di non più di 25-30
 

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malati, facili da amministrare e da affidare in gestione alle USL. Per i casi più difficili si potrebbe pensare a sezioni carcerarie speciali, di tipo psichiatrico».
      Questa è, come esposto, anche la prospettiva della presente proposta di legge, attraverso la quale si intende colmare il divario tra l'evoluzione indiscussa nel campo della psichiatria e la staticità della legislazione speciale, apparentemente «protettiva», per i malati di mente.
      È doveroso ricordare che la proposta di legge riprende e ripropone il progetto di legge presentato nel lontano 1983 dal senatore Grossi quale primo firmatario (atto Senato n. 177, IX legislatura). Progetto di legge che, ricollegandosi ad allora recenti indirizzi della psichiatria volti a considerare il malato di mente come soggetto autore della propria condotta, riteneva l'infermità psichica «uno stato patologico transitorio, come tale curabile ed in molti casi anche sanabile. La transitorietà riconosciuta dalla psichiatria moderna al disturbo psichico, la variabilità e la mutabilità di forme e di intensità che questo conosce nel corso del tempo, impediscono oggi di attribuire validità alla (e quindi conservare la) soluzione adottata dai codici penale e di procedura penale e dalla legislazione penitenziaria vigenti in Italia, che catalogano gli infermi di mente che hanno commesso un reato in una categoria a sé, contrassegnata da caratteri stabili ed immanenti e come tale destinataria di una normativa penale speciale» (si veda la relazione illustrativa del citato disegno di legge, atto Senato n. 177 del 1983, pagine 1-2).
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. L'articolo 88 del codice penale è sostituito dal seguente:

      «Art. 88. - (Vizio totale di mente). - L'infermità psichica non esclude né diminuisce l'imputabilità».

      2. L'articolo 89 del codice penale è abrogato.

Art. 2.

      1. Il secondo comma dell'articolo 108 del codice penale è abrogato.

Art. 3.

      1. Al numero 2) del primo comma dell'articolo 147 del codice penale, dopo le parole: «di grave infermità fisica» sono aggiunte le seguenti: «o psichica».

Art. 4.

      1. L'articolo 148 del codice penale è abrogato.

Art. 5.

      1. Al primo comma dell'articolo 206 del codice penale, le parole: «o l'infermo di mente,» e le parole: «, o in un manicomio giudiziario,» sono soppresse.

Art. 6.

      1. Il secondo comma dell'articolo 212 del codice penale è abrogato.

 

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      2. Al terzo comma dell'articolo 212 del codice penale le parole: «Quando sia cessata la infermità» sono sostituite dalle seguenti: «Se la persona sottoposta a una misura di sicurezza detentiva è colpita da un'infermità psichica, quando è cessata tale infermità».

Art. 7.

      1. Al primo comma dell'articolo 219 del codice penale le parole: «di infermità psichica, o» sono soppresse.

Art. 8.

      1. L'articolo 222 del codice penale è abrogato.

Art. 9.

      1. L'articolo 232 del codice penale è sostituito dal seguente:

      «Art. 232. - (Minori in stato di libertà vigilata). - La persona di età minore non può essere posta in stato di libertà vigilata, se non quando sia possibile affidarla ai genitori o a coloro che abbiano obbligo di provvedere alla sua educazione o assistenza, ovvero a istituti di assistenza sociale».

Art. 10.

      1. L'articolo 70 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

      «Art. 70. - (Accertamenti sulla capacità dell'imputato). - 1. Quando l'imputato a causa di infermità psichica non sia in condizione di partecipare al processo se non derivandone pregiudizio alla salute, il giudice, se non deve pronunciare sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere, dispone con ordinanza, in ogni stato e grado del procedimento di merito, la sospensione del procedimento. In tale caso informa, ove occorra, l'autorità competente per l'adozione

 

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delle misure previste dalle norme sull'assistenza psichiatrica. Per gli accertamenti necessari il giudice può anche ordinare una visita medica».

Art. 11.

      1. L'articolo 286 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

      «Art. 286. - (Custodia cautelare in luogo di cura). - 1. Se il soggetto è affetto da infermità psichica tale da non poter essere condotto in carcere, il giudice ordina la custodia dell'imputato nel luogo in cui si trova per mezzo degli agenti della forza pubblica, ovvero il ricovero dell'imputato in un pubblico ospedale sotto la medesima custodia, se appare necessaria, fino a che le condizioni di salute dell'imputato siano tali da permetterne il trasferimento in carcere. In ogni caso si osservano le norme sull'assistenza psichiatrica».

Art. 12.

      1. Al comma 2 dell'articolo 220 del codice di procedura penale le parole: «indipendenti da cause patologiche» sono soppresse.

Art. 13.

      1. Dopo il settimo comma dell'articolo 11 della legge 26 luglio 1975, n.   354, è inserito il seguente:

      «I soggetti sofferenti di disturbi psichici, che si trovino in stato di detenzione per custodia preventiva o per espiazione di pena, hanno diritto di ricevere in carcere le cure mediche e l'assistenza psichiatrica necessarie per il recupero della salute a scopo di riabilitazione. Per i soggetti sofferenti di gravi disturbi psichici, condannati a pene detentive superiori a due anni, il Ministro della giustizia organizza, con proprio decreto, su basi territoriali regionali, una o più sezioni carcerarie, ognuna delle quali con capienza non superiore a

 

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venti detenuti, opportunamente attrezzate per la costituzione del gruppo terapeutico, provvedendo d'intesa con i competenti organi della regione e con i servizi psichiatrici territoriali. Le direzioni degli istituti carcerari sono tenute a segnalare ai centri medici e di assistenza sociale regionali competenti coloro che, liberati dal carcere, siano ancora bisognevoli di cure e di assistenza».

Art. 14.

      1. Dopo l'articolo 13 della legge 26 luglio 1975, n.   354, è inserito il seguente:

      «Art 13-bis. - (Piano di cura e di assistenza medico-psichiatrica). - 1. All'inizio dell'esecuzione della pena detentiva, per i detenuti infermi di mente viene elaborato un apposito piano di cura e di assistenza medico-psichiatrica, a cui viene data attuazione nel corso dell'esecuzione, finché occorra.
      2. I servizi psichiatrici territoriali del luogo in cui viene eseguita la pena sono tenuti a prestare ai detenuti infermi di mente l'assistenza medico-psichiatrica di cui abbisognano.
      3. In conformità con le norme sul servizio sanitario il detenuto infermo di mente, sotto il controllo del giudice di sorveglianza e in accordo con questo, sceglie il medico dell'azienda sanitaria locale cui affidare la cura della sua salute psichica. Il detenuto può chiedere l'assistenza anche di un medico di fiducia. In tal caso le cure vengono concordate tra i due medici.
      4. Il medico dell'azienda sanitaria locale, dopo avere compiuto sul detenuto gli accertamenti medici necessari, elabora il piano di cura e di assistenza medico-psichiatrica che, in conformità con i prìncipi sanciti in materia di assistenza psichiatrica dalla legge 23 dicembre 1978, n.   833, e successive modificazioni, ritiene maggiormente idoneo alla cura e alla riabilitazione del malato. Il piano è redatto per iscritto ed è corredato da una relazione esplicativa scritta e motivata.

 

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      5. Il piano di cura e di assistenza medico-psichiatrica viene sottoposto al controllo del giudice di sorveglianza. Questi, dopo aver ottenuto il consenso del detenuto, dichiara il piano esecutivo e prende, ove occorra, i provvedimenti che ne rendano possibile l'attuazione.
      6. In accordo con il giudice di sorveglianza e con il detenuto, il medico dell'azienda sanitaria locale che ha redatto il piano di cura e di assistenza medico-psichiatrica provvede a darvi attuazione per la parte medica, segue il detenuto quale suo paziente e controlla l'evoluzione della terapia. Periodicamente, in ogni caso per periodi di tempo non superiori a tre mesi, riferisce al giudice di sorveglianza. Con relazione scritta espone la valutazione clinica sull'andamento delle cure prestate e ove occorra propone, motivandole, modifiche e integrazioni al piano di cura e di assistenza medico-psichiatrica.
      7. È obbligo degli organi penitenziari provvedere affinché per ogni infermo di mente sottoposto a esecuzione di pena detentiva sia elaborato un adeguato piano di cura e di assistenza medico-psichiatrica a tutela della sua salute psichica e a scopo riabilitativo; è diritto di ogni detenuto infermo di mente ottenere l'elaborazione e l'attuazione di tale piano in conformità con le esigenze della propria salute psichica.
      8. Il trattamento penitenziario di cui all'articolo 13 viene attuato, nei confronti dei detenuti infermi di mente, tenute in debito conto le esigenze della terapia medico-psichiatrica».

Art. 15.

      1. Dopo l'articolo 14-quater della legge 26 luglio 1975, n.   354, e successive modificazioni, è inserito il seguente:

      «Art. 14-quinquies. - (Modalità del trattamento nelle sezioni carcerarie regionali). - 1. Alle sezioni carcerarie regionali di cui all'ottavo comma dell'articolo 11 sono assegnati per l'espiazione della pena i soggetti condannati a pena detentiva superiore a due anni che per il tipo e il

 

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grado di infermità psichica da cui sono affetti non possono ricevere in carcere cure adeguate. In via del tutto eccezionale a tali sezioni possono essere assegnati anche gli imputati sottoposti a custodia preventiva, allorquando a causa della precarietà del loro stato psichico deriverebbe dalla custodia carceraria grave pregiudizio alla salute.
      2. Per l'espiazione della pena i condannati sofferenti di gravi disturbi psichici sono assegnati alle sezioni carcerarie allo scopo appositamente attrezzate preferibilmente nella regione in cui è situato il luogo della loro residenza, oppure ove si trova il luogo più idoneo alle cure e all'assistenza medico-psichiatrica che devono essere loro prestate, nonché alla riabilitazione della malattia, oppure ove si trova il luogo che offre loro maggiori possibilità di reinserimento sociale. Si evita di assegnarli alle sezioni carcerarie della regione ove è situato il luogo in cui l'ambiente è loro ostile a causa del reato commesso».

Art. 16.

      1. Dopo l'articolo 55 della legge 26 luglio 1975, n.   354, e successive modificazioni, è inserito il seguente:

      «Art. 55-bis. - (Misure alternative alla detenzione per condannati infermi di mente). - 1. Nei confronti dei condannati infermi di mente sono applicabili le misure alternative alla detenzione, che vengono loro concesse e revocate quando si verifichino le condizioni previste dagli articoli 47, 47-ter, 47-quater, 47-quinquies, 47-sexies, 48, 50, 50-bis, 51, 51-bis, 51-ter, 52, 54 e 55. Anche nel corso delle misure alternative alla detenzione i condannati sofferenti di disturbi psichici devono sottoporsi alle cure e alle prescrizioni disposte dal medico nel piano di cura e di assistenza medico-psichiatrica di cui all'articolo 13-bis. Il sottrarsi alle cure e ai controlli medici, senza giustificato motivo, comporta la revoca della misura alternativa applicata».


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