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CAMERA DEI DEPUTATI
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N. 434 |
recuperare significato sociale alla propria vita e attività;
acquisire capacità di assunzione di nuovi ruoli sociali;
trovare istituzioni culturali a loro adatte, vere università della vita con la proposta di un sapere ricondotto al suo significato umano e sociale.
Nel lontano 1930, lo psicanalista Karl Gustav Jung parlava della necessità di due tipi di scuola: la scuola che prepara alla vita e la scuola che approfondisce il modo di vivere. In tutto il mondo, diceva, si trovano scuole che preparano i giovani al lavoro, scuole essenzialmente del fare, dell'agire, dell'inserimento nel processo produttivo. Quando però uno è inserito nella società, continuava Jung, quando ha imparato questo «ABC», comincerà proprio allora ad aver bisogno di altre scuole molto più qualificate, che insegnino come vivere e come rendere umana la società. Sono quelli che hanno 40 anni ad aver bisogno di queste istituzioni per vivere la vita, per imparare a «essere», per svolgere un ruolo umanizzante nella società. Queste scuole non ci sono.
Ai tempi di Jung era ovviamente impensabile una sistematica educazione degli adulti; ma neppure nella nostra società questa esiste, nonostante molto si sia parlato di educazione degli adulti, di istruzione permanente, di istruzione ricorrente. Oggi si ritiene tutt'al più necessaria l'educazione permanente, per adeguare le competenze del lavoratore ai cambiamenti strutturali. Si tratta però sempre di scuole «del fare». Noi dovremmo inventare altre scuole, accanto a queste, le quali aiutino le persone a vivere pienamente la loro esperienza di vita sociale, a rendere più umana la società, che si dimostra molto conflittuale, invivibile per certi aspetti.
Per questo, la presente proposta di legge prevede una matrice culturale e scientifica e definisce i requisiti in modo da distinguere le università della terza età dalle generiche proposte culturali o di socializzazione (articolo 2), da assicurare nel pluralismo italiano la loro autonomia istituzionale (articolo 3), organizzativa (articolo 4) e finanziaria (articolo 5); precisa inoltre la loro matrice istituzionale e al tempo stesso territoriale, assegnando alle regioni funzioni di riconoscimento e di controllo (articoli 6 e 7); infine, riconosce a tali istituzioni la qualità di organizzazioni non lucrative di utilità sociale (articolo 10).
1. Le università della terza età, comunque denominate, sono libere associazioni o enti riconosciuti e operanti nel settore culturale, senza fini di lucro, partitici, sindacali e confessionali, con ordinamenti autonomi disciplinati da propri statuti e regolamenti.
1. Le università della terza età hanno l'obiettivo fondamentale della promozione culturale ai fini del riconoscimento e del mantenimento di un ruolo attivo delle persone adulte e anziane nella società, mediante:
a) attuazione di corsi o laboratori e realizzazione di altre attività culturali collegate o collaterali;
b) promozione e sostegno di studi, ricerche e altre iniziative culturali per il confronto tra le culture e le generazioni;
c) stimolo allo studio della condizione della persona anziana e alla sensibilizzazione socio-culturale del territorio per una sempre maggiore integrazione sociale degli anziani e per il rafforzamento del dialogo intergenerazionale;
d) promozione diretta o in collaborazione con altri enti della ricerca sulla condizione della persona anziana.
1. Ogni università della terza età adotta un proprio statuto che ne disciplina gli organi e le loro funzioni, le competenze e le procedure e le modalità di funzionamento.
1. Le università della terza età hanno autonomia gestionale, organizzativa e didattica nella scelta dei corsi di insegnamento e dei docenti ad essi preposti.
1. I mezzi finanziari delle università della terza età sono assicurati dalle quote di iscrizione e da contributi privati e pubblici.
2. La legge finanziaria dello Stato definisce annualmente uno stanziamento specifico per le federazioni o le associazioni nazionali di università e per le università della terza età aventi i requisiti di cui all'articolo 6, le quali presentino domanda secondo modalità da definire con decreto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
1. La regione di appartenenza riconosce, su domanda, come libere università
a) essere regolarmente costituite come associazioni o enti culturali con le finalità, sancite dai propri statuti e regolamenti, previste dall'articolo 2, oppure come strutture operative di enti culturali giuridicamente riconosciuti che operano nel settore o diramazione nel territorio di altra università della terza età con i requisiti richiesti;
b) svolgere da almeno due anni una regolare attività accademica, costituita da almeno sei corsi per un totale di 150 ore annue;
c) avere un corpo docente composto per almeno due terzi da docenti laureati, insegnanti o liberi professionisti, anche in quiescenza;
d) avere una regolare struttura amministrativa;
e) aderire a una federazione o associazione di università a carattere nazionale.
1. Le regioni istituiscono appositi elenchi delle università della terza età riconosciute.
1. Le università della terza età iscritte all'elenco regionale possono beneficiare di contributi dello Stato, delle regioni e di enti locali, stipulare convenzioni per l'eventuale utilizzo di locali e personale dipendente dagli stessi e per lo svolgimento di attività culturali nel territorio.
1. Il riconoscimento regionale cessa qualora l'università della terza età perda uno o più requisiti di cui all'articolo 6. A tale fine, le regioni verificano periodicamente
1. Le università della terza età iscritte all'elenco regionale di cui all'articolo 7 sono ammesse a beneficiare delle agevolazioni previste dalla sezione II del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, e successive modificazioni, a condizione che sia data la comunicazione di cui all'articolo 11, comma 1, del medesimo decreto legislativo n. 460 del 1997 alla Direzione regionale dall'Agenzia delle entrate del Ministero dell'economia e delle finanze competente per territorio.
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