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PDL 1228

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1228



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

SGOBIO, DILIBERTO, PAGLIARINI, BELLILLO, CANCRINI, CESINI, CRAPOLICCHIO, DE ANGELIS, GALANTE, LICANDRO, NAPOLETANO, FERDINANDO BENITO PIGNATARO, SOFFRITTI, TRANFAGLIA, VACCA, VENIER

Piano di interventi integrati per la non autosufficienza

Presentata il 28 giugno 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge è stata molto attesa. II problema della non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana è un problema diffusissimo che riguarda quasi tutte le famiglie italiane, che ne sconvolge le dinamiche interne e per il quale spesso sono le donne ad essere costrette a lasciare il lavoro per prestare l'assistenza quotidiana e concreta agli anziani e alle persone non autosufficienti del nucleo familiare.
      Tale problema, oltre a sconvolgere la vita interna delle famiglie, determina un costo finanziario insopportabile: i dati statistici indicano che le famiglie che si trovano al di sotto della soglia di povertà sono, nella maggior parte dei casi, proprio quelle che devono sopportare il peso del costo e di un problema che non può essere considerato un fatto privato e che, inoltre, riguarda 1,5 milioni di anziani e 1,3 milioni di persone disabili al di sotto dei 65 anni di età e che comporta una stima dei costi assistenziali che si aggira attorno ai 12-13 miliardi di euro.
      Il nostro è un Paese che invecchia, e che invecchia male, anche perché la mentalità della prevenzione, nonostante l'istituzione del Servizio sanitario nazionale risalga al 1978, tarda a radicarsi non solo negli operatori sanitari e nell'organizzazione sanitaria, ma soprattutto tra noi cittadini: oggi, per ogni bambino, ci sono cinque nonni e una famiglia su cinque, in casa propria, ha il problema della non autosufficienza. Inoltre, l'Italia su questo versante sconta un grave ritardo, continua
 

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a non stare al passo con gli altri Paesi europei, Francia e Germania in primo luogo, che da anni hanno adottato misure efficaci per sostenere le persone con diversi gradi di disabilità. Nonostante le diverse mobilitazioni delle associazioni, delle organizzazioni sindacali dei pensionati, e nonostante diverse iniziative parlamentari, non esiste oggi nel nostro Paese alcuno strumento in grado di affrontare un tema così ampio e complesso.
      È un problema che non può essere affrontato soltanto con «prestazioni monetarie», bensì con una integrazione tra interventi economici e prestazioni professionali. Proprio la complessità delle domande e delle risposte sconsiglia il ricorso a un modello assicurativo. Tale modello, infatti, renderebbe praticamente impossibile l'integrazione tra prestazioni economiche, prestazioni sanitarie e prestazioni sociali.
      È questa la ragione per la quale molte associazioni, organizzazioni sindacali, rappresentanti di forze politiche, affermano che solo un servizio pubblico, articolato su più livelli istituzionali, aperto alla collaborazione con le organizzazioni dei cittadini, può rispondere al problema della non autosufficienza.
      La presente proposta di legge si prefigge di promuovere e di incrementare il sistema di prevenzione, contrasto e riabilitazione degli stati di non autosufficienza. In particolare, essa prevede l'istituzione di un Piano nazionale per la non autosufficienza, programma che dovrà accompagnare le famiglie dei disabili nel loro percorso garantendo la specificità e i requisiti delle prestazioni sociali, le priorità di intervento e le modalità di azione, nonché la definizione dei livelli essenziali di assistenza. La proposta di legge, inoltre, cerca di dare delle risposte concrete al problema ponendosi come obiettivo anche la mobilitazione del mondo politico al fine di fare riprendere l'iter legislativo avviato nella scorsa legislatura dalla Commissione Affari sociali della Camera dei deputati.
      Nel nostro Paese, a differenza degli altri Paesi europei che da tempo si sono dotati di una legge strutturale sulla non autosufficienza, viene erogato, in assenza di appositi servizi, solo un assegno di accompagnamento per i disabili al 100 per cento. Una mancanza di strutture di supporto, tutta italiana, che viene supplita dal lavoro delle assistenti familiari. Una soluzione, quest'ultima, che carica di costi altissimi le famiglie e favorisce l'espandersi del lavoro irregolare.
      Il precedente Governo di centrosinistra aveva varato riforme molto importanti, come il decreto legislativo n. 229 del 1999 («Norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale, a norma dell'articolo 1 della legge 30 novembre 1998, n. 419») e la legge n. 328 del 2000 («Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali»), con le quali ha garantito adeguate risorse finanziarie, assicurato il reddito minimo di inserimento e posto al centro dell'idea dei servizi alla persona proprio il tema dell'assistenza agli anziani e alle persone non autosufficienti. In tale ambito era stato stabilito che le risorse finanziarie dovessero essere reperite contestualmente all'analisi dei bisogni.
      Il Governo Berlusconi, invece, è andato in tutt'altra direzione, scegliendo una linea di contrapposizione rispetto alle esigenze del Paese, decidendo di far pagare il conto di una crisi economica, cui non è riuscito a contrapporre politiche efficaci di risanamento e di sviluppo, ai cittadini più in difficoltà e alle famiglie che già fronteggiano gravosi carichi assistenziali.
      Il Governo Berlusconi ha inoltre ostacolato la definizione e l'approvazione di una legge sulla non autosufficienza, da una parte non prevedendo alcun finanziamento nelle varie leggi finanziarie che ha predisposto e, dall'altra, contrastando lo sforzo compiuto dalla Commissione Affari sociali della Camera dei deputati, che nella XIV legislatura ha elaborato e discusso con le parti sociali confederali una proposta di testo unificato per la istituzione di un Fondo nazionale per la non autosufficienza, recependo i princìpi base delle proposte sostenute dai sindacati dei pensionati e dalle organizzazioni confederali (atto Camera n. 2166 e abbinati). Infatti,
 

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con successivi strumenti legislativi economico-finanziari, il Governo Berlusconi ha di fatto accantonato l'ipotesi della istituzione di un Fondo nazionale per la non autosufficienza, sulla quale si era realizzata un'inattesa convergenza tra maggioranza e opposizione in Commissione.
      Con le leggi finanziarie che si sono susseguite negli ultimi anni, il Governo Berlusconi ha decurtato sia il Fondo sanitario nazionale che il Fondo nazionale per le politiche sociali, trascinando inevitabilmente le famiglie italiane, i lavoratori e perfino il ceto medio verso nuove forme di povertà, indotte anche dall'aumento del costo dei ticket sanitari, dei servizi sociali e dei servizi sanitari.
      La legge finanziaria per il 2005, legge n. 311 del 2004, all'articolo 1, comma 349, introducendo il comma 4-bis dell'articolo 12 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, in materia di deduzioni per oneri di famiglia, si è limitata infatti a prevedere soltanto una deduzione dal reddito complessivo, fino ad un massimo di 1.820 euro, delle spese sostenute per gli addetti all'assistenza personale, le cosiddette «badanti», figure la cui attività è rivolta al sostegno e all'aiuto prestato a domicilio di persone anziane o disabili in situazione di non autosufficienza. La spesa totale prevista era di 80 milioni di euro per 215.000 destinatari a fronte dei circa 2.800.000 non autosufficienti. L'inadeguatezza economica del provvedimento è fin troppo evidente se si pensa ai costi annui necessari a garantire una assistenza e al numero attuale e crescente di persone non autosufficienti. Ma la citata legge finanziaria per il 2005 ha altri due importanti difetti: non prevede alcuna graduazione delle prestazioni rispetto alla gravità del bisogno e comporta significative difformità su base territoriale nell'applicazione dei criteri di accesso alle prestazioni.
      Il Governo Berlusconi, dunque, non ha impegnato neanche un euro per affrontare un problema che interessa oggi 2.800.000 nostri concittadini, numero destinato a crescere in misura proporzionale all'allungamento della vita media, accantonando di fatto l'ipotesi della istituzione di un Fondo nazionale per la non autosufficienza.

      In effetti, il ricorso a uno specifico Fondo per la non autosufficienza appare di gran lunga preferibile per una serie di ragioni, prima fra tutte quella che il semplice accorpamento sotto un'unica posta di bilancio di tutte le risorse oggi destinate all'assistenza delle persone non autosufficienti garantirebbe una maggiore trasparenza complessiva nell'uso delle risorse pubbliche. Nell'ambito del Fondo si potrebbe poi effettuare una graduazione delle prestazioni rispetto alla gravità del bisogno. II Fondo dovrebbe adottare un orizzonte temporale di programmazione più lungo di quello associato a politiche finanziate anno per anno sotto i vincoli dell'andamento congiunturale: infatti, poiché il progressivo aggravamento dei bisogni è in larga misura riconducibile all'invecchiamento della popolazione, è necessario che i problemi di equilibrio finanziario dei diversi programmi siano affrontati con un orizzonte temporale medio-lungo dedicando anche attenzione al problema della sostenibilità e dell'equità tra le diverse generazioni.
      Tornando allo sfortunato iter parlamentare della scorsa legislatura del citato testo unificato, la Commissione Affari sociali lo ha approvato, su proposta dei deputati del centrosinistra; il testo si è però arenato presso la Commissione Bilancio.
      L'intenzione del Governo era quella, come hanno più volte annunciato i Ministri dell'economia e delle finanze e della salute, di introdurre il modello assicurativo, cosa che significherebbe escludere dalla cura e dall'assistenza le fasce sociali più deboli. La non autosufficienza, d'altra parte, richiederebbe l'integrazione tra diverse competenze professionali, tecnologiche e finanziarie che nessuna assicurazione o mutua privata può garantire. Ciò che è accaduto dunque è assai chiaro: si sono ridotti drasticamente i fondi per le politiche sociali trasferendo peso e responsabilità delle scelte sugli enti locali e producendo così una crisi irreversibile dei bilanci delle regioni e dei comuni, determinando
 

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così profonde disuguaglianze territoriali e creando le condizioni di una rottura del patto di coesione sociale. Tutto ciò con un obiettivo predeterminato: accelerare la crisi del welfare pubblico per sostituirlo con nuove forme assicurative e di privatizzazione dei servizi.
      La parola d'ordine del Governo Berlusconi è dunque stata quella di dare seguito al progressivo ritiro dello Stato dai servizi di carattere sociale, intenzione peraltro espressa già nel Libro bianco del welfare, per privatizzare il mercato delle prestazioni e dei servizi sociali e creare un welfare a due velocità: uno per i poveri; l'altro per chi ha le possibilità economiche di rivolgersi ai privati attraverso forme assicurative o direttamente con i propri mezzi. Non a caso il privato con fini di lucro rivolge sempre più attenzione al mercato dei servizi sociali.
      La dinamica demografica, invece, e la crescita positiva delle prospettive di vita degli anziani segnalano la necessità di una iniziativa diffusa e coerente del Parlamento per il consolidamento e lo sviluppo del welfare e della rete dei servizi pubblici in favore della non autosufficienza.
      La CGIL, la CISL e la UIL, all'epoca dell'approvazione del testo unificato sul Fondo nazionale per la non autosufficienza, sia in occasione delle audizioni promosse dalla Commissione sia nel corso di iniziative pubbliche, hanno già avuto modo di esprimere l'apprezzamento per lo sforzo congiunto delle forze di opposizione e di maggioranza nell'elaborazione del testo bipartisan, nonché le loro osservazioni di merito al testo unificato.
      Con la presente proposta di legge si vuole ribadire che la istituzione di un Fondo nazionale per la non autosufficienza è l'unica efficace risposta ai bisogni di 2.800.000 (1.970.000 ultrasessantacinquenni) persone totalmente o parzialmente inabili e delle loro famiglie che, nella maggior parte dei casi, affrontano da sole situazioni pesanti dal punto di vista economico, dello sforzo fisico e psicologico.
      Tra i princìpi che ispirano la proposta di legge vi è quello che il Fondo deve avere un carattere universalistico e che il finanziamento va coperto dalla fiscalità generale, escludendo forme assicurative selettive e costose non in grado, quindi, di coprire le esigenze delle persone inabili e di un crescente numero di persone che fortunatamente vedono crescere le aspettative di allungamento della vita.
      L'approvazione della presente proposta di legge sarebbe inoltre auspicabile poiché darebbe impulso alla programmazione e alla gestione dell'integrazione dei servizi socio-sanitari nei territori in applicazione di uno dei cardini della citata legge n. 328 del 2000, in quanto la valutazione del grado di non autosufficienza, la definizione, la gestione e la responsabilità dell'intervento personalizzato richiederebbero necessariamente una forte interazione di professionalità sanitarie con quelle del settore sociale e dei servizi.
      Inoltre, consideriamo importante che vi sia un Fondo nazionale che assicuri un servizio base in tutto il Paese al fine di contenere le differenze dei servizi forniti tra diversi territori, in particolare tra nord e sud, ma che lasci contemporaneamente alle singole realtà regionali la possibilità di decidere interventi aggiuntivi.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Finalità).

      1. Nell'ambito del sistema integrato di interventi e servizi sociali di cui alla legge 8 novembre 2000, n. 328, e nel rispetto degli articoli 117 e 119 della Costituzione, la presente legge, al fine di incrementare il sistema di prevenzione, contrasto e riabilitazione dei processi di non autosufficienza e di garantire il sostegno e il benessere delle persone non autosufficienti e delle rispettive famiglie, determina i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti sociali da erogare nei casi di non autosufficienza, definisce i princìpi per la loro garanzia attraverso il Piano nazionale per la non autosufficienza e istituisce il Fondo nazionale per la non autosufficienza.
      2. Hanno diritto di usufruire delle prestazioni e dei servizi di cui alla presente legge i cittadini italiani e, nel rispetto degli accordi internazionali e con le modalità e nei limiti definiti dalle leggi regionali, anche i cittadini di Stati appartenenti all'Unione europea e i loro familiari, nonché gli stranieri di cui all'articolo 41 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulle condizioni dello straniero di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.

Art. 2.
(Definizione di non autosufficienza e piano individualizzato di assistenza).

      1. Ai fini della presente legge, sono definite non autosufficienti le persone con disabilità fisica, psichica, sensoriale, relazionale accertata attraverso l'adozione di criteri uniformi su tutto il territorio nazionale secondo le indicazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità e della

 

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International Classification of Functioning, Disability and Health-ICF nonché attraverso la valutazione multidimensionale delle condizioni funzionali e sociali.
      2. La valutazione multidimensionale delle condizioni funzionali e sociali di cui al comma 1 è effettuata nell'ambito del distretto socio-sanitario da apposite unità pluriprofessionali appartenenti ai servizi socio-sanitari, composte da medici specialisti nelle discipline cliniche oggetto della disabilità, da personale sanitario dell'area infermieristica e della riabilitazione e da assistenti sociali designati dai comuni, nonché dal medico di medicina generale della persona da valutare.
      3. Per la valutazione della non autosufficienza le unità di cui al comma 2 si avvalgono di strumenti e di metodologie validati e uniformi su tutto il territorio nazionale e idonei alla misurazione del grado di autonomia funzionale, quale risultante delle condizioni organiche delle patologie cronico-degenerative e di comorbilità e dei loro esiti, delle condizioni psichiche, sensoriali, cognitive e relazionali ai fini dello svolgimento delle funzioni della vita quotidiana, della cura di sé e dell'uso degli strumenti e mezzi di comunicazione.
      4. Le fasce della non autosufficienza e le corrispondenti misure assistenziali differenziate sono definite in rapporto ai seguenti livelli di disabilità:

          a) incapacità di provvedere autonomamente al governo della casa, all'approvvigionamento e alla predisposizione dei pasti;

          b) incapacità di provvedere autonomamente alla cura di sé, ad alimentarsi ed al governo della casa;

          c) incapacità di provvedere autonomamente alle funzioni della vita quotidiana, alle relazioni esterne e presenza di problemi di mobilità e di instabilità clinica.

      5. A favore della persona non autosufficiente viene predisposto dall'unità pluriprofessionale un piano individualizzato di assistenza (PIA) che stabilisce le prestazioni di cura, di riabilitazione, di assistenza personale,

 

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di aiuto nel governo della casa e, qualora necessarie, misure di sostegno al reddito personale. Nella redazione del PIA sono coinvolti i familiari e, qualora richiesto dall'interessato, un esperto indicato dalle organizzazioni sindacali o dagli organismi di tutela dei cittadini. La realizzazione del PIA è monitorata da un operatore del servizio socio-sanitario con funzioni di responsabile del caso, che interagisce con la persona assistita, i suoi familiari e le risorse ambientali, al fine di valorizzare e utilizzare tutte le risorse idonee a migliorare le condizioni della persona non autosufficiente.
      6. I criteri e le modalità di attuazione del presente articolo sono disciplinati e periodicamente aggiornati, nell'ambito del Piano nazionale per la non autosufficienza di cui all'articolo 5.

Art. 3.
(Livelli essenziali delle prestazioni socio-assistenziali e diritti esigibili).

      1. I livelli essenziali delle prestazioni socio-assistenziali per le persone non autosufficienti (LESNA) che devono essere parte integrante dei livelli essenziali sociali da definire ai sensi degli articoli 18, comma 3, e 22 della legge 8 novembre 2000, n. 328, e i relativi parametri sono definiti nel Piano nazionale per la non autosufficienza e sono posti a carico del Fondo nazionale per la non autosufficienza di cui, rispettivamente, agli articoli 5 e 8 della presente legge.
      2. I LESNA garantiscono su tutto il territorio nazionale l'esigibilità dei seguenti diritti:

          a) informazione e consulenza sulla rete di prestazioni offerte per la non autosufficienza e accesso unificato ai servizi socio-sanitari, nonché misure di pronto intervento;

          b) valutazione multidimensionale individuale delle condizioni funzionali e sociali;

 

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          c) predisposizione di un PIA e accompagnamento nel percorso assistenziale ivi stabilito;

          d) prestazioni integrate domiciliari, semiresidenziali, residenziali o di ricovero di sollievo nelle diverse componenti di cura, assistenza, sostegno personale, familiare e sociale.

      3. Per assicurare in ambito sociale gli interventi di cui al comma 2, sono definiti i seguenti livelli essenziali delle prestazioni:

          a) assistenza tutelare alla persona a carattere domiciliare;

          b) aiuto domestico familiare, ivi compreso quello a sostegno delle cure prestate dai familiari;

          c) assistenza economica;

          d) adeguamento e miglioramento delle condizioni abitative al fine di una migliore fruizione dell'abitazione;

          e) sostegno alla mobilità.

      4. Le prestazioni garantite dai LESNA non sono sostitutive di quelle sanitarie, sono integrative delle stesse e in particolare di quelle indicate nell'allegato C annesso al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 33 dell'8 febbraio 2002, e successive modificazioni, e concorrono alla copertura dei costi di rilevanza sociale dell'assistenza integrata socio-sanitaria, ai sensi dell'atto di indirizzo e coordinamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 febbraio 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 129 del 6 giugno 2001. I livelli essenziali delle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie, erogate con continuità temporale e senza restrizioni per le persone non autosufficienti, sono integrativi delle prestazioni garantite dai LESNA. Resta fermo quanto disposto dall'articolo 2, comma 6, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, come sostituito dall'articolo 2 del decreto legislativo 3 maggio 2000, n. 130.

 

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      5. Le regioni possono stabilire ulteriori e più elevati LESNA, assumendosene l'onere finanziario.

Art. 4.
(Coordinamento delle misure economiche erogate dello Stato nei LESNA).

      1. Per le persone riconosciute non autosufficienti ai sensi della presente legge, i LESNA sono integrati e coordinati con le misure di carattere economico erogate dallo Stato alle persone con invalidità, sordomutismo e cecità, di cui alle leggi 10 febbraio 1962, n. 66, 26 maggio 1970, n. 381, 27 maggio 1970, n. 382, 30 marzo 1971, n. 118, 11 febbraio 1980, n. 18, ed ai decreti legislativi 21 novembre 1988, n. 508, e 23 novembre 1988, n. 509.
      2. Fatti salvi i benefìci in atto e i diritti maturati fino all'entrata in vigore del Piano nazionale di cui all'articolo 5, la concessione delle prestazioni economiche di cui al comma 1 del presente articolo, a decorrere dalla data prevista dallo stesso Piano, è effettuata all'interno della valutazione delle condizioni psico-fisiche del richiedente, con le modalità indicate all'articolo 2.
      3. Le prestazioni economiche di cui al presente articolo sono erogate anche nel caso in cui la persona non autosufficiente sia ospitata in strutture semiresidenziali e residenziali non riabilitative, prevedendo l'utilizzo degli emolumenti economici percepiti, come concorso ai costi della tariffa alberghiera, ferma restando l'attribuzione alla persona non autosufficiente di una somma non inferiore al 25 per cento dell'assegno sociale di cui all'articolo 3, commi 6 e seguenti, della legge 8 agosto 1995, n. 335, e successive modificazioni.

Art. 5.
(Piano nazionale per la non autosufficienza).

      1. La definizione, le caratteristiche i requisiti delle prestazioni sociali comprese

 

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nei LESNA, le priorità di intervento, le modalità di attuazione del sistema integrato di interventi e di servizi per la non autosufficienza, gli indicatori e i parametri per la verifica della realizzazione dei livelli essenziali e della utilizzazione delle risorse del Fondo nazionale per la non autosufficienza di cui all'articolo 8 della presente legge, sono definiti nel Piano nazionale per la non autosufficienza approvato con le procedure di cui all'articolo 18 della legge 8 novembre 2000, n. 328.
      2. Il primo Piano nazionale per la non autosufficienza è approvato entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
      3. Il sistema informativo dei servizi sociali di cui all'articolo 21 della legge 8 novembre 2000, n. 328, integrato con i dati del Servizio informativo sanitario e della spesa sociale degli enti locali per la non autosufficienza, provvede al monitoraggio annuale sull'erogazione dei LESNA, sul loro grado di efficienza e di efficacia, sui risultati conseguiti anche rispetto al contenimento della spesa ospedaliera impropria secondo modalità e criteri stabiliti con il Piano nazionale.
      4. Sulla base di programmi nazionali e regionali, di intesa con le organizzazioni sociali e di tutela dei cittadini, sono promosse le iniziative collegate all'affermazione di nuovi stili di vita, volti a rallentare il decadimento psichico e fisico e a mantenere attivi interessi culturali e mobilità nelle persone non autosufficienti.

Art. 6.
(Soggetti erogatori).

      1. All'erogazione dei LESNA provvedono i comuni e il servizio sanitario, in forma diretta o accreditata, secondo le rispettive competenze, come disciplinate dall'atto di indirizzo e coordinamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 febbraio 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 129 del 6 giugno 2001; alle prestazioni di cui all'articolo 3, comma 3, lettera c), della presente legge,

 

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provvede lo Stato. Nelle forme di accreditamento è riservato un ruolo primario alle organizzazioni di cui all'articolo 1, comma 4, della legge 8 novembre 2000, n. 328.
      2. I LESNA di cui all'articolo 3, comma 2, lettera d), ove sia carente l'offerta dei servizi da parte dei soggetti di cui al comma 1 del presente articolo, possono essere erogati anche secondo le indicazioni previste dell'articolo 17 della legge 8 novembre 2000, n. 328. L'erogazione delle prestazioni di cui al citato articolo 3, comma 3, lettere a), b) e d), può avvenire anche attraverso persone singole, in possesso di adeguata qualificazione, o comunque disponibili a percorsi formativi di base. I criteri e le modalità di attuazione del presente comma sono stabiliti, nel rispetto delle competenze delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, dal Piano nazionale per la non autosufficienza.

Art. 7.
(Esigibilità dei diritti).

      1. Le persone non autosufficienti, come definite ai sensi dell'articolo 2, e, per quanto di competenza, le rispettive famiglie, hanno diritto alle prestazioni incluse nei LESNA anche su richiesta della persona interessata o di chi la rappresenta. In caso di inadempienza del competente ente è ammesso ricorso in via giurisdizionale. Gli interessati possono essere assistiti in giudizio dagli istituti di patronato, dalle associazioni di promozione sociale e dalle organizzazioni di volontariato.

Art. 8.
(Fondo nazionale per la non autosufficienza).

      1. Per l'attuazione della presente legge è istituito, presso il Ministero della solidarietà sociale, il Fondo nazionale per la non autosufficienza, di seguito denominato «Fondo».
      2. Il Fondo persegue, con i criteri previsti dal Piano nazionale per la non

 

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autosufficienza, le seguenti finalità in favore delle persone non autosufficienti:

          a) attuazione dei LESNA e delle misure economiche di cui, rispettivamente, agli articoli 3 e 4;

          b) potenziamento dei servizi, delle prestazioni e degli interventi socio-assistenziali;

          c) finanziamento dei titoli per la fruizione di prestazioni sociali;

          d) sostegno alle famiglie, ivi compresi quello economico e la copertura previdenziale dei familiari addetti all'assistenza della persona non autosufficiente, e riconoscimento del lavoro informale delle famiglie anche attraverso servizi di sollievo e agevolazioni tariffarie;

          e) erogazione delle risorse necessarie per il pagamento della quota sociale a carico dell'utente in caso di ricovero in strutture residenziali o di ricorso ad altre strutture anche a carattere diurno;

          f) assistenza economica, ivi compresa l'erogazione degli assegni e delle indennità di cui all'articolo 4, comma 1.

      3. Alla programmazione e all'erogazione dei servizi, delle prestazioni e degli interventi di cui al comma 2 provvedono i soggetti titolari in base alle leggi delle rispettive regioni e province autonome, nonché alle indicazioni del Piano nazionale per la non autosufficienza e dei rispettivi piani regionali.
      4. Restano ferme le competenze del Servizio sanitario nazionale e le vigenti modalità di finanziamento delle prestazioni in materia di prevenzione, di cura e di riabilitazione con continuità temporale e senza restrizioni per le persone definite non autosufficienti ai sensi dell'articolo 2.

Art. 9.
(Finanziamento del Fondo).

      1. II finanziamento del Fondo è a carico dello Stato, che assicura, comunque, la copertura delle prestazioni di cui all'articolo 3.

 

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      2. Al Fondo affluiscono altresì le somme derivanti:

          a) dalle risorse destinate all'erogazione ai soggetti beneficiari degli assegni e delle indennità di cui all'articolo 4, comma 1;

          b) dal contributo di solidarietà di cui all'articolo 1, comma 350, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, calcolato ai fini dell'imposta sul reddito sui redditi di importo superiore a 100.000 euro annui;

          c) dall'importo dei premi non riscossi del gioco del lotto e delle lotterie nazionali;

          d) dai finanziamenti derivanti da programmi europei;

          e) da donazioni di soggetti privati, comprese le fondazioni ex-bancarie; su tali donazioni di applicano i benefìci fiscali vigenti in favore delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale;

          f) dal recupero di entrate conseguenti all'emersione del lavoro irregolare eventualmente derivante dall'applicazione dell'articolo 6, comma 2;

          g) dal recupero dell'evasione fiscale.

      3. La ripartizione fra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano delle risorse del Fondo è effettuata, entro il 31 dicembre di ogni anno, con decreto del Ministro della solidarietà sociale, di concerto con i Ministri della salute e dell'economia e delle finanze, di intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari. La ripartizione viene effettuata, secondo i criteri contenuti nel medesimo decreto, sulla base di indicatori riferiti alla percentuale di persone non autosufficienti sulla popolazione di riferimento e degli altri indicatori e criteri previsti ai fini della ripartizione del Fondo nazionale per le politiche sociali e tenendo conto della realtà dei territori meno sviluppati e dei risultati del monitoraggio previsto dall'articolo 5, comma 3.

 

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Art. 10.
(Fondi integrativi regionali).

      1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono istituire fondi regionali e interprovinciali integrativi per la non autosufficienza al fine di integrare le risorse finanziarie disponibili e di erogare prestazioni, interventi e servizi integrativi o ulteriori rispetto a quelli assicurati mediante i finanziamenti del Fondo.
        


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