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PDL 1326

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1326



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

CAPARINI, GIANCARLO GIORGETTI, BODEGA, ALLASIA, BRICOLO, FILIPPI, GOISIS, MONTANI, PINI

Modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in materia di gestione del servizio idrico e di determinazione delle relative tariffe nei comuni montani

Presentata il 10 luglio 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - Dal 1933 la giurisprudenza definisce come pubbliche tutte le acque, sorgenti, fluenti e lacuali, anche se artificialmente estratte dal sottosuolo ad uso di pubblico e generale interesse: per questo il «bene acqua» ha natura pubblica. Purtroppo, il sistema tariffario non tiene conto del risparmio, della possibilità di riutilizzo e di restituzione dell'acqua non inquinata. Questa lacuna normativa ha consentito che in alcune parti del nostro Paese, soprattutto nel Meridione, non venissero migliorate e manutenute le infrastrutture di adduzione, distribuzione e smaltimento. Un'incuria che ha portato alla cronica inefficienza degli acquedotti, con perdite dell'acqua addotta, su scala nazionale, del 27 per cento prima di giungere all'utenza, cui si aggiunge un altro 5 per cento dovuto all'inadeguatezza degli impianti domestici.
      Nel 1994, con la cosiddetta «legge Galli» - la legge 5 gennaio 1994, n. 36, le cui disposizioni sono ora confluite nel decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 - furono gettate le basi per la gestione integrata dell'intero ciclo idrico (captazione, trattamento, distribuzione, fognature e depurazione) che il legislatore ha affidato a un unico soggetto, con lo scopo di assicurare un'amministrazione razionale dell'acqua riducendo gli sprechi e favorendo il risparmio e il riuso. Il legislatore ha così stabilito il principio che l'onere della gestione
 

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ricade sulla tariffa, elemento regolatore del sistema, trasferendo il costo della gestione della risorsa dalla collettività all'utenza. Al centro del sistema di governo pubblico della «risorsa acqua» ci sono le regioni, che hanno il compito di istituire gli ambiti territoriali ottimali (ATO), al fine di individuare la migliore forma di gestione del servizio idrico integrato (concessione a terzi o affidamento diretto a società miste a maggioranza pubblica). La «legge Galli» ha segna un'importante evoluzione normativa nella definizione del concetto di gestione di una risorsa che deve essere accessibile a tutti: «le acque superficiali e sotterranee, ancorché non estratte dal sottosuolo, sono pubbliche e costituiscono una risorsa che è salvaguardata ed utilizzata secondo criteri di solidarietà» (articolo 1, comma 1).
      Le direttive europee, imponendo la realizzazione di gare internazionali per l'assegnazione della gestione delle reti e l'erogazione dei servizi pubblici locali, hanno reso il quadro normativo molto più complesso e articolato. Tali gare avrebbero fatalmente visto soccombere le nostre aziende municipalizzate a favore delle multinazionali, con l'apertura a privati senza le sufficienti garanzie per i livelli minimi di qualità e per i costi dei servizi (energia elettrica e metano insegnano).
      Per correre ai ripari, con la legge finanziaria 2002 il legislatore ha stabilito l'affidamento diretto, senza gara, dei servizi pubblici locali a rilevanza industriale: tra questi i servizi pubblici di captazione, adduzione, distribuzione, di fognatura e di depurazione delle acque. L'intervento indica un modello preferenziale di gestione del servizio integrato tramite la trasformazione delle aziende speciali e dei consorzi pubblici in società di capitali controllate da enti pubblici locali e partecipate da aziende private. Un accorgimento per dare la possibilità ai comuni e alle società municipalizzate di organizzarsi e attrezzarsi per fronteggiare l'agguerrita concorrenza delle multinazionali. Infatti, l'alternativa sarebbe stata la messa in gara internazionale dei servizi pubblici locali.
      La presente proposta di legge prevede un regime particolare per la gestione delle acque dei comuni, introducendo la possibilità di rendere facoltativa l'adesione alla gestione unica del servizio idrico integrato da parte dei comuni fino a 1.000 abitanti nonché per i comuni fino a 3.000 abitanti inclusi nel territorio delle comunità montane. Tale innalzamento è giustificato dalla bassa densità abitativa di questi ultimi, dalla quale risulta evidente che si tratta di territori economicamente svantaggiati, per i quali l'acqua rappresenta spesso la principale, se non l'unica, risorsa certa.

      Per tali comuni la possibilità dell'autogestione del servizio idrico appare inevitabile: infatti, nei piccoli comuni montani è la stessa morfologia territoriale a rendere inefficace una gestione centralizzata che creerebbe inconvenienti e disservizi per gli utenti. Spesso si tratta di territori poco urbanizzati, con caratteristiche particolari, ove la limitata presenza dell'uomo, la bassa densità abitativa e la conseguente necessità di estendere le reti a vaste aree poco urbanizzate rendono diseconomica la gestione del servizio idrico su base centralizzata.
      Fino a poco tempo fa i piccoli comuni hanno gestito in economia il proprio servizio idrico e gli stessi cittadini o l'amministrazione comunale si sono adoperati per preservare la rete e il suo corretto funzionamento. L'adesione obbligatoria al servizio idrico integrato e la gestione del servizio da parte di un unico gestore centrale sta rompendo l'equilibrio fragile dell'economia locale e richiede un immediato intervento legislativo.
      La presente proposta di legge, nel rendere facoltativa l'adesione al servizio idrico integrato da parte dei comuni di montagna fino a 3.000 abitanti, prevede tuttavia un coordinamento da parte dell'Autorità d'ambito, che esercita funzioni di regolazione generale e di controllo, sulla base di un contratto di servizio. Peraltro, la possibilità di gestioni plurime del servizio, previo coordinamento unitario da parte di un unico soggetto, era già prevista
 

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dall'articolo 9, comma 4, della «legge Galli», proprio per venire incontro ad esigenze territoriali particolari, e la facoltatività dell'adesione al servizio integrato a certe condizioni è già prevista per i comuni montani fino a 1.000 abitanti dall'articolo n. 148 del decreto legislativo n. 152 del 2006.
      Inoltre, per incentivare l'adesione al servizio integrato da parte dei piccoli comuni di montagna, la presente proposta di legge prevede agevolazioni tariffarie per il servizio idrico integrato, fatto salvo, ovviamente, il bilancio paritario di gestione dell'intero ambito.
      A tale fine, una diversificazione della tariffa idrica è prevista per tutti i comuni facenti parte delle comunità montane, essendo opportuna un'articolazione della tariffa per fasce territoriali sulla base della popolazione comunale.
      Si auspica un celere esame della presente proposta di legge per permettere una corretta applicazione dei princìpi vigenti in materia, senza stravolgere la già critica economia locale dei comuni di montagna.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) all'articolo 148, il comma 5 è sostituito dai seguenti:

      «5. Per i comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti, nonché per i comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti inclusi nel territorio delle comunità montane, l'adesione al servizio idrico integrato è facoltativa. Ove il comune non aderisca, il nuovo soggetto gestore non subentra all'azienda speciale, all'ente o al consorzio pubblico esercente il servizio. I comuni di cui al presente comma possono, altresì, ritirare la propria adesione al servizio idrico integrato previo preavviso di sei mesi all'Autorità d'ambito.
      5-bis. Sulle gestioni di cui al comma 5-bis l'Autorità d'ambito esercita funzioni di regolazione generale e di controllo, sulla base di un contratto di servizio»;

          c) all'articolo 154 sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:

      «7-bis. Nella modulazione della tariffa sono previste specifiche agevolazioni per i comuni ricadenti nelle comunità montane, mediante l'applicazione di riduzioni nelle misure di seguito indicate:

          a) comunità fino a 1.500 abitanti, 50 per cento;

          b) comunità da 1.501 a 5.000 abitanti, 40 per cento;

          c) comunità sopra i 5.000 abitanti, 30 per cento.

 

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      7-ter. I comuni di cui all'articolo 148, comma 5, applicano la riduzione di cui al comma 7-bis, lettera a), qualora aderiscano al servizio idrico integrato».

Art. 2.

      1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.


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