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PDL 161

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 161



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

MAZZOCCHI, MARRAS, MAZZONI, NARDI, BARBIERI, BELLOTTI, BENEDETTI VALENTINI, BRUSCO, CATONE, CICCIOLI, CIRIELLI, COLUCCI, CONSOLO, DE CORATO, FERRIGNO, FOTI, FRANZOSO, GASPARRI, ALBERTO GIORGETTI, LAMORTE, LENNA, LUCCHESE, MANCUSO, MIGLIORI, MINASSO, MURGIA, ANGELA NAPOLI, NESPOLI, PATARINO, PELINO, PORCU, RAISI, RAMPELLI, ROMAGNOLI, ROSITANI, SALERNO, SANZA, TUCCI, ULIVI, ZACCHERA

Modifica all'articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, in materia di variazioni ai fini dell'imposta sul valore aggiunto in caso di mancato pagamento totale o parziale

Presentata il 28 aprile 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - Il problema del gravare dell'imposta sul valore aggiunto (IVA) in capo al fornitore di beni o al prestatore di servizi tenuto all'emissione della fattura anche nelle ipotesi di mancato pagamento da parte del suo cliente o committente è stato da sempre all'attenzione del legislatore sia nazionale che comunitario. Tuttavia le possibilità offerte dalla disciplina comunitaria in relazione alla fattispecie sono state dal nostro legislatore recepite solo in maniera estremamente limitativa.
      Infatti, la modifica introdotta con il decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30, come subito modificato dal successivo decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, ha notevolmente ridotto le possibilità da parte del soggetto passivo IVA di emettere note di variazione, limitandole ai soli casi di procedure concorsuali o esecutive infruttuose.
 

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      Tale formulazione normativa, seppur ispirata a ovvi princìpi di cautela fiscale al fine di evitare abusi, è tuttavia penalizzante soprattutto per i piccoli imprenditori, per i quali il recupero dell'imposta viene differito nel tempo alla conclusione di lunghe e, soprattutto, onerose procedure.
      Al contrario, la modifica normativa proposta all'articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, ne avvicina il testo all'originaria formulazione della disciplina contenuta nella direttiva comunitaria. Infatti la direttiva n. 77/388/CEE del Consiglio del 17 maggio 1977, al numero 1 del paragrafo C dell'articolo 11, espressamente prevede che: «In caso di annullamento, recesso, risoluzione, non pagamento totale o parziale o di riduzione di prezzo dopo che l'operazione è stata effettuata, la base imponibile viene debitamente ridotta alle condizioni stabilite dagli Stati membri. Tuttavia, in caso di non pagamento totale o parziale, gli Stati membri possono derogare a questa norma».
      Il nostro Paese, come detto, ha fruito della possibilità di derogare alla norma in questione fino al 1997. Infatti, l'originaria formulazione dell'articolo 26 limitava notevolmente i casi di legittima emissione di note di variazione, prevedendo una serie di eventi attraverso il richiamo a istituti che attengono alla patologia contrattuale, come la nullità, l'annullamento, la rescissione, istituti che hanno come comune denominatore l'eliminazione in tutto o in parte degli effetti del contratto.
      Una seconda serie di eventi considerati dall'originario testo dell'articolo 26 non pone nel nulla il negozio giuridico, ma incide solo sul corrispettivo (abbuoni, sconti, eccetera).
      Sulla base di tali elementi o l'operazione imponibile viene meno in tutto o in parte o, se la stessa rimane in vita, se ne riduce l'ammontare imponibile.
      La prima modifica all'articolo 26 è avvenuta con il citato decreto-legge n. 669 del 1996, che ha introdotto la possibilità di emettere note di variazione anche per «mancato pagamento in tutto o in parte a causa dell'avvio di procedure concorsuali o di procedure esecutive rimaste infruttuose».
      Successivamente, tale modifica è stata a sua volta corretta dall'articolo 13-bis del decreto-legge n. 79 del 1997, con l'eliminazione delle parole «dell'avvio», sicché il testo dell'articolo 26 è divenuto (e tale è la formulazione oggi vigente) «mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive rimaste infruttuose».
      È evidente la notevole differenza tra le due formulazioni. Infatti, la prima formulazione (introdotta dal decreto-legge n. 669 del 1996) subordinava l'emissione della nota di variazione all'avvio di procedure concorsuali, ovvero all'avvio del fallimento, del concordato, eccetera.
      Peraltro tale formulazione dava adito a numerosi dubbi e perplessità in merito alle parole usate dal legislatore «avvio di procedure esecutive rimaste infruttuose». Infatti non era ben chiaro se ai fini della riconosciuta facoltà di emettere nota di variazione, fosse giuridicamente rilevante il momento iniziale della procedura (l'avvio) o quello finale (l'infruttuosità).
      Parte della dottrina si era espressa nel senso che, poiché per le procedure concorsuali la norma giudicava sufficiente l'avvio, il principio costituzionale di uguaglianza e quello di razionalità imponevano di dare rilevanza all'instaurarsi della procedura esecutiva, anche se essa era singolare e non concorsuale.
      Altra tesi espressa dagli interpreti invece rinviava la possibilità di emettere la nota di variazione al momento del verificarsi della infruttuosità della procedura esecutiva.
      Con la modifica apportata dal decreto-legge n. 79 del 1997, in base al novellato articolo 26 il contribuente ha oggi la possibilità di effettuare note di variazione dell'IVA non recuperata nei confronti del proprio avente causa unicamente nei casi di procedure esecutive individuali e concorsuali rimaste infruttuose. Come, del resto, chiarito dal Ministero delle finanze nella circolare 17 aprile 2000, n. 77/E, che prevede la possibilità di emettere note di variazione solo alla conclusione delle procedure.
 

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      Con la presente proposta di legge, invece, si vuole anticipare tale momento all'apertura delle procedure concorsuali o esecutive, al fine di conseguire i seguenti obiettivi:

          a) avvicinare il dettato normativo nazionale alla direttiva comunitaria;

          b) assimilare la disciplina ai fini dell'IVA a quella ai fini delle imposte sui redditi, come avviene in altri Paesi europei (ad esempio in Belgio); ciò anche in considerazione del fatto che con l'entrata in funzione degli uffici delle entrate l'organo accertatore è divenuto il medesimo per l'IVA e per le imposte sui redditi (ricordiamo che antecedentemente vi erano da un lato gli uffici delle imposte dirette e dall'altro gli uffici IVA);

          c) favorire soprattutto le categorie imprenditoriali più piccole (artigiani e commercianti) che solitamente vantano crediti impagati di importo modesto per i quali non è conveniente l'avvio di procedure concorsuali e per i quali le procedure esecutive spesso si dimostrano fin dall'origine destinate a non produrre effetti.

 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. All'articolo 26, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, le parole: «a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive rimaste infruttuose» sono sostituite dalle seguenti: «a causa dell'avvio di procedure concorsuali o di procedure esecutive, ovvero se il mancato pagamento risulti comunque da elementi certi e precisi,».
      2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche a tutte le procedure in corso alla data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 2.

      1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.


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