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CAMERA DEI DEPUTATI
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N. 1530 |
per modificare il reclutamento (la legge n. 124 del 1999 è la sanzione del vecchio sistema dei concorsi e delle sanatorie);
per riscrivere lo stato giuridico degli insegnanti in coerenza con il nuovo paradigma organizzativo e didattico (flessibilità) delle scuole;
per dare pertinenza alle competenze richieste ai docenti con il trasferimento alle scuole di nuovi poteri e funzioni tecniche, organizzative e didattiche (in particolare per quanto riguarda il piano dell'offerta formativa - POF).
È significativo che ciò sia avvenuto - ma con effetti non del tutto positivi - solo ed esclusivamente per la figura del dirigente scolastico e del direttore dei servizi generali e amministrativi, creando un oggettivo squilibrio e una asimmetria tra le finalità educative della scuola e il suo funzionamento amministrativo.
Non è una consolazione sapere che anche in altri Paesi europei il problema si pone con le stesse caratteristiche (anche se nell'Unione europea le carriere ci sono), e in modo altrettanto impellente, e con l'unica differenza che in tali Paesi le difficoltà di cambiamento si sono tradotte in una crisi diffusa e drammatica dell'offerta di insegnanti. Ma anche l'Italia si sta avvicinando a questo limite, e non ci deve ingannare l'affollamento delle graduatorie.
Resta, comunque, il fatto che senza una definizione chiara della funzione docente la scuola, come macchina amministrativa, manca del suo naturale carburante professionale. Finora il Parlamento (fin dalle origini del nostro sistema scolastico) si è occupato dell'insegnante essenzialmente come dipendente pubblico, alla stregua di tutti gli altri impiegati dello Stato (si vedano i provvedimenti sul suo stato giuridico del 1906, 1923, 1957 e 1974).
A partire dagli anni ottanta, ad esso sono state assicurate - come agli altri impiegati pubblici - la contrattazione e tutte le libertà sindacali, accentuando la sua dipendenza, piuttosto che la sua autonomia e responsabilità professionali.
Ma può esistere una vera autonomia delle scuole senza un insegnante professionista, capace di vera responsabilità per i risultati?
Sembra di no, a giudicare dallo stato di frustrazione e di disagio che gli insegnanti continuano a manifestare, nonostante i grandi progressi che nel dopoguerra si sono registrati nella sua condizione contrattuale e anche retributiva.
La proposta di legge che ora si sottopone alla Camera, recante norme generali sullo stato giuridico degli insegnanti delle istituzioni scolastiche e formative, parte dall'analisi di alcuni dei motivi di tale disagio.
A) In primo luogo, la dissoluzione dello stato giuridico tradizionale, di carattere sostanzialmente impiegatizio, non sostituito da una nuova concezione dell'insegnante, adeguata al modello di autonomia definito dalla legge n. 59 del 1997. Il vecchio stato giuridico ex lege n. 477 del 1973 è stato demolito dalla successiva «privatizzazione» ovvero, più precisamente, dalla contrattualizzazione del rapporto di lavoro, che ha forzato, nonostante i vincoli contenuti nell'articolo 2 della legge n. 421 del 1992 (sulla base dei quali è stato emanato il decreto legislativo n. 29 del 1993, successivamente abrogato, le cui norme sono confluite definitivamente nel decreto legislativo n. 165 del 2001), i confini del campo riservato alla legge e ai princìpi generali della professione.
A causa di questo sconfinamento, il profilo professionale, ma anche l'autogoverno della professione (organi collegiali territoriali), la valutazione, gli standard, il codice deontologico, la carriera, la formazione iniziale e in servizio, sono rimasti come «residui» di una azione normativa che si è tutta squilibrata sul lato contrattuale, senza alcun vincolo. E non poteva essere diversamente, dato il silenzio dell'azione e della proposta legislativa.
Il processo di «impiegatizzazione» dei docenti (favorito dal numero decisamente impressionante: quasi un milione - nel 1957 erano 261.000), da timore e «profezia» teorizzata negli anni settanta, ha avuto la sua compiuta realizzazione nel contesto di una regolamentazione pattizia vasta e profonda, che ha inciso anche sull'immagine sociale, la percezione di sé e gli stessi comportamenti quotidiani dei docenti.
B) In secondo luogo, l'istituzione di una dirigenza scolastica di tipo amministrativo, non come leadership educativa. La stessa definizione della dirigenza scolastica è avvenuta
1) dopo l'approvazione della citata legge n. 59 del 1997 è intervenuta la riforma della Costituzione (legge costituzionale n. 3 del 2001), che - come conseguentemente anche la cosiddetta legge «La Loggia» - assegna agli enti locali un importante ruolo gestionale, come già avviene nelle province autonome di Trento e di Bolzano;
2) con la finanziaria 2003 (legge n. 289 del 2002) è stato sostanzialmente abolito il consiglio scolastico distrettuale, che in trent'anni non è mai decollato;
3) il consiglio scolastico provinciale - dopo l'istituzione dei consigli scolastici locali - non ha più senso, dato che era nato per servire da «consulente» del dirigente scolastico provinciale. Oggi - con la riforma dell'amministrazione - l'ufficio scolastico provinciale non ha nessuna autonomia decisionale (se non per delega) ed è diventato una struttura decentrata della direzione scolastica regionale (regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 347 del 2000);
4) infine, il Consiglio scolastico nazionale ovvero, nella nuova formulazione, il Consiglio superiore della pubblica istruzione (decreto del Presidente della Repubblica n. 233 del 1999) ha perso ogni significato. Esso era stato concepito fin dalle origini (1857) come organo di garanzia dei docenti contro la burocrazia amministrativa. Ma oggi che il rapporto di lavoro è stato contrattualizzato, tale garanzia è offerta dalla contrattazione e dalla rappresentanza sindacali, non da un organo a metà tra il tecnico (consulenza) e il corporativo (controllo e disciplina del personale).
Circondati da organi collegiali di ogni tipo (e composizione), garantiti da una contrattazione sempre più minuta, che ne ha esaltato la funzione impiegatizia, privi di prospettive di carriera, gli insegnanti restano ancora, in Italia, senza una immagine riconoscibile. Finiti gli entusiasmi di pochi degli anni settanta e i riferimenti ideologici forti delle ideologie contrapposte, per gli insegnanti - non solo in Italia - resta la strada del professionalismo (stato giuridico, formazione iniziale, cultura specialistica condivisa, codice deontologico, carriera, autogoverno della professione), cioè della ridefinizione del ruolo e delle competenze in rapporto ai nuovi compiti della scuola di massa in una società della conoscenza.
La presente proposta di legge tiene conto di questa analisi e propone la ridefinizione di un nuovo statuto professionale dei docenti, che sia rispettoso delle prerogative della legge, da un lato, e della contrattazione collettiva, dall'altro.
Infatti, la legislazione vigente (articolo 2 della legge n. 421 del 1992 e articolo 2 del decreto legislativo n. 165 del 2001) attribuisce alla legge (o ad atti pubblici assunti in attuazione della legge) il compito di regolare gli aspetti di stato giuridico dei pubblici dipendenti che hanno rilevanza organizzativa e le competenze dei vari organi. In particolare, l'articolo 2, comma 1, lettera c), n. 6), della legge n. 421 del 1992, prevede, tra le materie che devono essere regolate con legge, ovvero sulla base della legge o nell'ambito dei princìpi della stessa posti con atti normativi o amministrativi, «la garanzia della libertà di insegnamento e l'autonomia professionale nello svolgimento dell'attività didattica, scientifica e di ricerca».
Tale disposizione attua il principio della libertà di insegnamento di cui all'articolo 33, primo comma, della Costituzione. Da sempre, infatti, lo strumento essenziale per disciplinare la garanzia delle libertà costituzionali è quello legislativo, che, essendo il prodotto delle Assemblee rappresentative, assicura la partecipazione di tutte le posizioni politiche (maggioranza e opposizione) al processo decisionale e il più ampio controllo da parte dell'opinione pubblica.
D'altra parte, la legge, nel dare attuazione al principio costituzionale della libertà di insegnamento, non può limitarsi alla mera definizione della libertà, ma ha il compito di stabilire regole precise con riferimento ai vari aspetti che incidono su di essa, come, ad esempio, il modo con cui si identificano le attività del docente, l'eventuale tipologia della funzione docente, i rapporti fra il docente e la scuola, i rapporti fra la scuola e gli altri pubblici poteri, le procedure di assunzione, la stabilità del rapporto, i princìpi su eventuali «carriere», eccetera. In altri termini, la libertà di insegnamento va tutelata con norme di legge riguardanti non solo lo stato giuridico dei docenti «in senso stretto», ma anche molti aspetti dell'organizzazione del servizio pubblico dell'istruzione. Del resto, atteso che il docente non può rinunciare alla propria posizione di libertà, tutti gli ambiti che integrano la disciplina della libertà di insegnamento devono ritenersi sottratti al contratto collettivo, risultando non disponibili da parte dei diretti interessati.
In tale prospettiva il concetto di «stato giuridico» include, tra l'altro: l'identificazione (in che cosa consiste) e la configurazione (identica o differenziata) della funzione docente; i contenuti e i limiti della libertà di insegnamento; le procedure di reclutamento e la «carriera»; le cause e le modalità di cessazione del rapporto di
1) uno stato giuridico essenziale, che affermi i valori e i princìpi (a partire da quelli contenuti nella Costituzione) su cui fondare la professione dell'insegnante a
2) una carriera, articolata in tre livelli (insegnante iniziale, ordinario ed esperto), che sia fondata su modalità e criteri di valutazione basati sul merito professionale; e una articolazione del ruolo che garantisca alle istituzioni scolastiche e formative autonome professionalità e competenze adeguate, certificate, stabili e valutate (articolo 2);
3) l'istituzione della figura del «vicedirigente delle istituzioni scolastiche e formative», quale ulteriore livello di carriera (articolo 4);
4) organismi di autotutela professionale (standard, prestigio, immagine, promozione eccetera), che sia la garanzia «dinamica» dello sviluppo della professione e che sappia escludere con i mezzi e con le tutele opportuni coloro che non possono essere definiti insegnanti (articoli 5, 6 e 7);
5) una contrattazione snella, nell'ambito di un'area autonoma, che intervenga sulle materie che sono ad essa proprie e quindi sui punti che non incidono sulle competenze professionali e sulla organizzazione della carriera (in particolare: orario, retribuzione, mobilità, nonché riconoscimento dell'autonomia contrattuale di una categoria di professionisti) (articolo 8).
In sostanza, la proposta di legge intende proporre una professione che sappia autogovernarsi per la qualità, l'autonomia e la piena responsabilità della funzione, definita come «primaria risorsa professionale della Nazione».
1. La presente legge definisce, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera n), della Costituzione, lo stato giuridico degli insegnanti delle istituzioni scolastiche e formative, nel rispetto della autonomia funzionale, organizzativa e didattica delle medesime istituzioni e in coerenza con le norme generali in materia di istruzione e di istruzione e formazione professionale di cui alla legge 28 marzo 2003, n. 53, e successive modificazioni.
2. La funzione docente, quale funzione rivolta a contribuire allo sviluppo culturale, civile e morale delle giovani generazioni, è una primaria risorsa professionale della Nazione.
3. La Repubblica riconosce e valorizza la professione dell'insegnante, ne assicura la libertà e ne garantisce la qualità, attraverso una formazione specifica iniziale e continua, un efficace sistema di reclutamento e uno sviluppo di carriera e retributivo per merito.
4. Ai fini di cui ai commi 2 e 3, la Repubblica promuove, riconosce e valorizza le libere associazioni professionali dei docenti, ove essi possono incrementare la propria dimensione professionale.
1. Le disposizioni della presente legge si applicano agli insegnanti delle istituzioni scolastiche e formative, ivi compresi i vicedirigenti di cui all'articolo 4.
2. La funzione docente è rivolta prioritariamente ad educare i giovani all'autonomia personale e alla responsabilità e a perseguire, per ogni allievo, idonei e certificati livelli formativi e di apprendimento
1. La professione docente si articola nei tre livelli di docente iniziale, docente ordinario e docente esperto, che costituiscono riconoscimento giuridico ed economico
a) efficacia dell'azione didattica e formativa;
b) impegno professionale nella progettazione e attuazione del piano dell'offerta formativa;
c) contributo fornito all'attività complessiva dell'istituzione scolastica o formativa;
d) titoli professionali acquisiti in servizio.
5. La valutazione di cui al comma 4 non ha carattere sanzionatorio, salvo il caso di esito gravemente negativo, adeguatamente documentato, riferito agli aspetti di cui alle lettere a) e b), che costituisce
1. È istituita la vicedirigenza delle istituzioni scolastiche e formative.
2. Il vicedirigente svolge attività di collaborazione diretta col dirigente dell'istituzione scolastica, secondo le indicazioni di quest'ultimo, ed è tenuto al pieno rispetto dell'indirizzo organizzativo dell'istituzione stessa. In caso di assenza o impedimento del dirigente, il vicedirigente lo sostituisce a tutti gli effetti. Non possono essere delegati al vicedirigente atti di gestione di natura discrezionale e atti conclusivi di procedimenti amministrativi. Il vicedirigente è sovraordinato gerarchicamente ai docenti per le funzioni delegate e nel caso di sostituzione del dirigente.
3. Alla qualifica di vicedirigente si accede mediante procedure concorsuali per titoli ed esami, indette con decreto del Ministro della pubblica istruzione a livello regionale e con cadenza periodica, cui sono ammessi i docenti ordinari ed esperti in possesso di laurea e al cui esito sono costituite graduatorie di idoneità permanenti di livello provinciale per ogni ordine e grado di istituzioni scolastiche.
4. Il vicedirigente è esonerato dal servizio scolastico.
1. L'associazionismo professionale costituisce libera espressione della professionalità
1. Al fine di garantire l'autonomia professionale, la responsabilità e la partecipazione dei docenti delle istituzioni scolastiche e formative alle decisioni sul sistema educativo di istruzione e formazione sono istituiti organismi tecnici rappresentativi della funzione docente, articolati in un organismo nazionale e in organismi regionali.
2. Gli organismi di cui al comma 1 hanno autonomia organizzativa e finanziaria e sono composti in modo da assicurare una adeguata rappresentanza elettiva dei docenti interessati. Una parte minoritaria dei loro componenti è designata dalle associazioni professionali di cui all'articolo 5, comma 2, e dalle università.
1. L'organismo tecnico rappresentativo nazionale:
a) provvede alla tenuta dell'albo nazionale dei docenti abilitati ai sensi dell'articolo 2, comma 4;
b) formula proposte circa i criteri per la formazione iniziale, per l'abilitazione e per il tirocinio nonché in merito agli standard professionali dei docenti;
c) redige e tiene aggiornato il codice deontologico;
d) esercita potestà disciplinari sugli iscritti all'albo.
2. L'organismo di cui al comma 1 formula inoltre proposte e pareri obbligatori in merito alla determinazione degli obiettivi, dei criteri di valutazione e dei mezzi per il conseguimento degli obiettivi generali del sistema nazionale di istruzione e di formazione, nonché di merito alle tecniche e alle procedure di reclutamento.
3. Gli organismi tecnici rappresentativi regionali provvedono alla tenuta delle sezioni regionali dell'albo di cui al comma 1, lettera a), e alla formulazione di pareri e proposte in materie di competenza dell'organismo tecnico nazionale per quanto riguarda l'ambito di rispettiva competenza.
4. Nell'ambito di ogni organismo di cui al comma 3 sono istituite distinte commissioni disciplinari per la scuola dell'infanzia, per la scuola primaria, per la scuola secondaria di primo grado, per la scuola secondaria di secondo grado e per l'istruzione e formazione professionale.
1. Al fine di garantire l'autonomia della professione docente e la libertà di insegnamento, è istituita l'area contrattuale della professione docente come articolazione autonoma del comparto scuola. Le materie riservate alla contrattazione nazionale e integrativa regionale e di istituto sono individuate secondo criteri di essenzialità e di compatibilità con i princìpi fissati dalla presente legge.
2. Ai fini di cui al comma 1, sono istituite rappresentanze sindacali unitarie di area, composte esclusivamente da docenti dell'istituzione scolastica o formativa, cui si applicano le disposizioni di
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