Frontespizio Relazione Analisi tecnico-normativa Analisi dell'impatto della regolamentazione (AIR) Relazione Tecnica Progetto di Legge

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PDL 1607

XV LEGISLATURA


CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1607



 

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DISEGNO DI LEGGE

presentato dal ministro dell'interno
(AMATO)

di concerto con il ministro degli affari esteri
(D'ALEMA)

con il ministro della giustizia
(MASTELLA)

con il ministro per le politiche per la famiglia
(BINDI)

e con il ministro dell'economia e delle finanze
(PADOA SCHIOPPA)

Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91,
recante nuove norme sulla cittadinanza

Presentato il 30 agosto 2006


      

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Onorevoli Deputati! - Com'è noto, l'attuale disciplina in materia di cittadinanza, fortemente ancorata allo ius sanguinis, stabilisce che acquistano automaticamente, alla nascita, la cittadinanza italiana coloro i cui genitori, o anche soltanto il padre o la madre, siano cittadini italiani; il criterio alternativo dello ius soli è, invece, previsto in via molto residuale, limitatamente ai nati nel territorio italiano e aventi genitori ignoti o apolidi. La medesima possibilità è prevista per i nati in Italia ai quali la legge dello Stato di origine dei genitori non consente di acquisire la cittadinanza dei genitori stessi.
      La cittadinanza italiana viene acquisita anche per riconoscimento della filiazione oppure a seguito dell'accertamento giudiziale della sussistenza della filiazione stessa. Lo straniero nato in Italia, inoltre,
 

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può divenire cittadino italiano a condizione che vi abbia risieduto legalmente e ininterrottamente fino al raggiungimento della maggiore età e dichiari, entro un anno dal compimento dei diciotto anni, di voler acquistare la cittadinanza italiana.
      Per quanto riguarda l'acquisto della cittadinanza da parte di stranieri o apolidi che hanno contratto matrimonio con cittadini italiani, l'acquisto della cittadinanza ha luogo se gli stessi risiedano legalmente da almeno sei mesi nel territorio della Repubblica ovvero siano trascorsi tre anni dalla data del matrimonio e non vi sia stato scioglimento, annullamento o cessazione degli effetti civili né sussista separazione legale.
      L'acquisto della cittadinanza per concessione, infine, richiede una valutazione discrezionale di opportunità da parte della pubblica amministrazione. Il periodo di residenza legale in Italia, graduato in funzione dello status degli stranieri richiedenti - e che costituisce il requisito fondamentale per il conseguimento della cittadinanza secondo tale modalità - deve essere ininterrotto e attuale al momento della presentazione dell'istanza per la concessione della cittadinanza stessa.
      In particolare, il cittadino non appartenente all'Unione europea può presentare domanda per ottenere la concessione della cittadinanza italiana qualora risieda in Italia da almeno dieci anni.
      La legge 5 febbraio 1992, n. 91, ha, quindi, introdotto norme più severe e restrittive rispetto a quelle contenute nella legge 13 giugno 1912, n. 555, per quanto concerne l'applicazione dello ius soli, consentendo l'acquisizione della cittadinanza italiana da parte degli stranieri solo in presenza del requisito della residenza continuativa nel Paese dal momento della nascita fino alla maggiore età (articolo 4, comma 2, della legge n. 91 del 1992).
      Inoltre, nell'attuale normativa viene, com'è noto, riconosciuto un particolare favor agli appartenenti ai Paesi membri della Comunità europea, che si estrinseca in determinate agevolazioni di carattere temporale ad essi riservate per l'acquisto della cittadinanza stessa.
      Tuttavia, già in occasione del dibattito parlamentare relativo alla legge del 1992 non era mancato chi richiamava l'attenzione sulla necessità di rispettare lo spirito democratico ed egualitario contenuto nel preambolo dell'Atto unico europeo, evitando, così, di precostituire, per la concessione della cittadinanza, posizioni di vantaggio dei cittadini comunitari nei confronti di quelli dei Paesi terzi o di altre categorie di non cittadini.
      A quel tempo, però, non si ritenne utile seguire detti segnali di apertura e, pertanto, la vigente legge, pur provvedendo ad adeguare la normativa sulla cittadinanza al dettato costituzionale e ai mutamenti di costume sotto il profilo della parità di sesso, anche a seguito degli specifici interventi della Corte costituzionale, ha finito per accentuare il divario tra cittadini «comunitari» e «non comunitari», aumentando, per questi ultimi, da cinque a dieci anni il periodo di residenza necessario per l'acquisizione del nostro status civitatis.
      Allo stato attuale, pertanto, appare assolutamente imprescindibile la necessità di intervenire nella materia attraverso una riforma della disciplina sulla cittadinanza che si snodi attraverso modifiche riconducibili ad un unico comune denominatore, costituito dalla necessità di attuare effettive politiche di integrazione, favorendo l'acquisizione, in termini più aperti, del diritto di cittadinanza non solo per i nati in Italia, ma anche per coloro che soggiornano stabilmente nel nostro Paese. Non si può disconoscere, infatti, che l'attuale situazione sociale, caratterizzata da un massiccio fenomeno immigratorio, è profondamente diversa da quella esistente all'atto dell'adozione della legge che si intende modificare e non si può non tener conto di una realtà di fatto radicalmente mutata: l'Italia, infatti, da Paese di emigrazione è divenuta Paese di immigrazione.
      A fronte di quanto precede, l'intervento che si propone, in una materia così delicata e rilevante, è stato il frutto di una approfondita e ponderata riflessione essendo, com'è noto, la cittadinanza il «rapporto
 

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fondamentale» che si instaura tra lo Stato e i singoli individui.
      Nella Carta costituzionale infatti - pur non contenendo quest'ultima precise norme aventi ad oggetto l'acquisto e la perdita della cittadinanza, ad eccezione dell'articolo 22, che ne impedisce la perdita per motivi politici - numerosissime sono le disposizioni che si indirizzano ai «cittadini» (ad esclusione, quindi, degli stranieri e degli apolidi) e che fanno sorgere diritti e obblighi solo in capo a questi ultimi.
      Inoltre, anche se la regolamentazione della cittadinanza è prerogativa assoluta di ogni singolo Stato, cioè di esclusiva competenza nazionale, e come tale appartenente alla sovranità di ogni singola nazione, non può non considerarsi, del pari, l'esigenza di pervenire a una armonizzazione della legislazione in tema di cittadinanza con quella degli Stati membri della Unione europea.
      È noto, infatti, che le scelte di ogni singolo Stato si ripercuotono automaticamente in ambito europeo in quanto - a norma del Trattato di Maastricht e, in prospettiva, del Trattato istitutivo della Costituzione europea - ciascuna cittadinanza nazionale porta con sé lo status di cittadino europeo e, con esso, tutta una serie di potestà ben definite, tra cui, principalmente, il diritto di libera circolazione nell'intero territorio comunitario.
      Del resto l'esperienza degli ultimi decenni ci insegna che le migrazioni internazionali non possono essere governate in maniera efficace da un singolo Stato di destinazione, ma richiedono efficaci forme di collaborazione tra i Paesi di destinazione e i Paesi d'origine e di transito.
      Come nel resto d'Europa, anche in Italia l'entità del fenomeno migratorio e le sue caratteristiche stanno trasformando la nostra società in modo radicale e strutturale. Sono quasi tre milioni gli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia, il 4,8 per cento della popolazione, dato vicino alla media europea. Di loro, circa il 30 per cento risiede stabilmente sul nostro territorio da oltre cinque anni. È un'immigrazione articolata per provenienza, distribuita nelle grandi città e nei piccoli centri, che rende sempre più indispensabile, quindi, l'obiettivo di interesse comune dell'adattamento reciproco.
      In ragione di quanto sopra, sia in ambito internazionale che nazionale, dagli operatori del settore è stato fortemente auspicato un rinnovamento del concetto di cittadinanza che superi le radicate concezioni di stampo etnico-territoriale, per dare vita a una idea di cittadinanza «aperta» di stampo socio-culturale, connessa all'effettività dell'inserimento economico, sociale e politico di coloro che intendono stabilirsi nel nostro Paese. Si richiama, in proposito, la Convenzione europea sulla cittadinanza, sottoscritta dall'Italia a Strasburgo nel 1997 e in attesa di ratifica, che invita gli Stati contraenti a rendere più facile l'acquisto della cittadinanza anche in favore delle persone nate nel proprio territorio, in presenza di determinati requisiti, e a stabilire regole certe e un periodo di soggiorno non superiore ai dieci anni per la richiesta di cittadinanza.
      Al riguardo, sotto questo profilo, il periodo di residenza previsto dall'attuale normativa per la naturalizzazione degli stranieri extracomunitari è, in assoluto, il più lungo tra quelli europei: ad esempio, in Germania sono richiesti otto anni, in Francia e nel Regno Unito cinque.
      Anche per quanto riguarda l'acquisizione della cittadinanza per ius soli il nostro ordinamento non contiene disposizioni di particolare favor per i nati in Italia, a differenza dagli altri Stati europei.
      Da un esame della legislazione comparata si evince, infatti, che in Germania acquisiscono automaticamente la cittadinanza tedesca coloro che nascono nello Stato da genitori stranieri, purché almeno uno di essi risieda stabilmente nel Paese da almeno otto anni e sia in possesso di regolare autorizzazione al soggiorno o di permesso di soggiorno illimitato da almeno tre anni.
      In Francia, acquisisce la cittadinanza il bambino nato sul territorio francese, figlio di genitori stranieri, al momento del compimento della maggiore età se, a quella data, abbia la propria residenza in Francia
 

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o vi abbia risieduto abitualmente per un periodo, continuo o discontinuo, di almeno cinque anni dall'età di undici anni in poi. Inoltre, è francese il figlio, legittimo o naturale, nato in Francia quando almeno uno dei genitori vi sia nato, qualunque sia la sua cittadinanza.
      In Spagna, è possibile acquisire la cittadinanza spagnola per coloro che, nati nello Stato, vi risiedano, invece, da un anno.
      In Gran Bretagna, infine, acquisisce la cittadinanza britannica colui che nasce nel Regno Unito se uno dei genitori vi risieda a tempo indeterminato, senza soggiacere ai limiti temporali previsti dalla legislazione in materia di immigrazione. Ha, inoltre, titolo a chiedere il riconoscimento della cittadinanza britannica anche colui che, figlio di genitori non residenti stabilmente nel Regno Unito, nasce nel Regno Unito e vi risiede, continuativamente, per i dieci anni successivi alla nascita.
      Risulta pertanto necessario e non più procrastinabile riformare la vigente legge attraverso una pluralità di interventi che prendono in considerazione le varie situazioni che contraddistinguono la presenza degli stranieri nel nostro Paese e, partitamente, i nati nel nostro territorio, i minori che si ricongiungono ai loro familiari in età infantile o adolescenziale e, infine, gli adulti.
      In linea con la direttiva europea 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, istitutiva del «permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo», in corso di recepimento nel nostro ordinamento, si è ritenuto opportuno determinare, in cinque anni, il periodo temporale minimo di volta in volta richiesto per le varie fattispecie acquisitive della cittadinanza italiana contemplate dalla presente legge.
      Diversamente dalla richiamata direttiva, si è ritenuto, però, opportuno riferire e collegare tale periodo alla residenza legale e continuativa - con ciò intendendosi la contestuale presenza di un regolare permesso di soggiorno più l'iscrizione anagrafica - quale migliore indice di stabilità e radicamento sul territorio ai fini del conseguimento dello status di cui trattasi.
      Anche per i requisiti reddituali, richiesti in determinate ipotesi di acquisto della cittadinanza contemplate nel presente disegno di legge, si è fatto riferimento a quelli stabiliti per il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo.
      Ciò posto, nell'articolo 1 del disegno di legge in esame, che interviene precipuamente sullo ius soli, si è inteso da un lato valorizzare, ai fini dell'acquisizione della cittadinanza, la nascita dello straniero nel territorio della Repubblica e, dall'altro, introdurre gli opportuni contemperamenti necessari a scongiurare il pericolo di un afflusso indiscriminato di stranieri che raggiungono il nostro Paese con il solo miraggio di far acquistare la cittadinanza italiana ai propri figli.
      A tale riguardo, conformemente alla citata direttiva europea 2003/109/CE che fissa a cinque anni di permanenza regolare e ininterrotta il termine per il conseguimento dello speciale permesso sostitutivo della carta di soggiorno, si è provveduto, nella lettera b-bis), a contemperare il principio dello ius soli con il requisito connesso alla regolare presenza di almeno uno dei genitori nel territorio della Repubblica per un periodo di cinque anni antecedenti alla nascita; e la regolare presenza è stata collegata, come sopra detto, al requisito della residenza legale e senza interruzioni in Italia che appare idoneo a comprovare un sufficiente grado di radicamento del soggetto nel territorio.
      Con la lettera b-ter) si introduce un'ulteriore ipotesi di acquisto della cittadinanza iure soli, per i nati in Italia da genitori stranieri di cui almeno uno, residente legalmente all'atto della nascita del figlio nel nostro Paese, sia nato in Italia. La disposizione è finalizzata a favorire l'integrazione degli immigrati di terza generazione come parimenti previsto dalle legislazioni di altri Paesi europei (Francia, Spagna e Olanda). Il requisito della nascita in Italia del genitore, unitamente a quello della residenza legale, costituisce significativo indice della concreta determinazione del soggetto di voler stabilmente
 

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dimorare nel nostro Paese e di inserirsi, con la propria discendenza, nel tessuto sociale creando le condizioni per una reale integrazione nel Paese stesso. Il riferimento ad «almeno uno» dei genitori è essenzialmente preordinato a evitare discriminazioni tra figli legittimi o riconosciuti anche da «uno» solo dei genitori stessi.
      Per quanto concerne l'articolo 2, il principio ispiratore della riforma proposta costituisce una precisa alternativa sia allo ius sanguinis sia allo ius soli: è il cosiddetto ius domicilii, che si affianca allo ius soli per chi non è nato in Italia ma si trova a vivere nel nostro Paese gli anni decisivi della formazione della sua personalità.
      I fatti posti a fondamento di questo diritto - sempre sulla base dell'inderogabile presupposto che almeno uno dei genitori sia residente nel nostro Paese da almeno cinque anni - sono sia la durata della vita in Italia per un congruo periodo, sempre determinato in cinque anni e che costituisce, si ripete, un indice di stabilità significativo nella vita del minore, sia la qualità della vita trascorsa, contrassegnata dalla partecipazione alla scuola e alla formazione professionale o dallo svolgimento di una attività lavorativa, qualora consentita dalle norme che regolano la materia.
      Il conferimento della cittadinanza al minore che si trovi nelle condizioni previste dal citato articolo avviene su istanza dei genitori o del genitore esercente la potestà genitoriale in base all'ordinamento del Paese di origine. È fatta comunque salva la facoltà, per il soggetto, di rinunziare alla cittadinanza entro un anno dalla maggiore età.
      Nel caso in cui, invece, il soggetto, in possesso dei suddetti requisiti, sia divenuto maggiorenne e risieda legalmente in Italia, può acquistare la cittadinanza con una propria dichiarazione da rendere entro un anno dal compimento della maggiore età.
      L'articolo 3 del disegno di legge contiene una norma tendente a contrastare il fenomeno dei cosiddetti «matrimoni di comodo» stabilendo termini più rigorosi per l'acquisto della cittadinanza iure matrimonii. Di particolare rilevanza, altresì, la disposizione che, ai fini dell'acquisto dello status civitatis, richiede la sussistenza del regime matrimoniale anche al momento, successivo, dell'adozione del decreto del Ministro dell'interno.
      Con l'articolo 4 viene stabilito che la cittadinanza per naturalizzazione ex articolo 9 venga concessa ai soggetti in possesso del requisito reddittuale non inferiore a quello richiesto per il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo.
      Nello stesso articolo, al comma 2, viene, altresì, ridotto di cinque anni per gli stranieri extracomunitari il periodo di residenza legale nel territorio dello Stato necessario per poter richiedere la cittadinanza italiana.
      L'articolo 5 introduce il concetto di reale integrazione dello straniero nel territorio dello Stato, subordinando l'acquisizione della cittadinanza alla verifica della sua sussistenza. È un requisito, quest'ultimo, da tempo adottato in gran parte dei Paesi europei, tipizzato attraverso varie definizioni (tra cui «indicatore di socializzazione», «sufficiente integrazione personale e professionale») e concretizzato con diverse formalità attuative (test di integrazione, attestazione di conoscenza della lingua, frequenza di appositi corsi eccetera), ma tutte preordinate ad acclarare la serietà dell'intento di diventare cittadini, nonché la possibilità di un reale inserimento del soggetto nel tessuto sociale del Paese in vista del rapporto perdurante e stabile che con il conferimento della cittadinanza verrà a determinarsi con la società e le sue istituzioni, anche attraverso la conseguente acquisizione dei diritti civili e politici che lo Stato riserva ai suoi cittadini.
      Viene, quindi, demandato a un regolamento da adottarsi con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'interno, l'attuazione della presente legge.
      L'ultima disposizione (articolo 6) modifica parzialmente l'articolo 10 della legge n. 91 del 1992, in materia di giuramento, prevedendo uno specifico rinvio al suddetto
 

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regolamento per quanto concerne le modalità e il contenuto dello stesso.
      Ciò al fine di poter disciplinare in maniera più solenne, come accade in altri Stati europei, il conferimento della cittadinanza italiana, con la previsione di formalità e contenuti più consoni al qualificante status che lo Stato, con proprie leggi, si appresta a concedere a cittadini di altri Paesi.
      La copertura finanziaria del presente disegno di legge è contenuta nell'articolo 7.

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ANALISI TECNICO-NORMATIVA

1. Aspetti tecnico-normativi in senso stretto.

A) Analisi del quadro normativo, della necessità dell'intervento normativo e delle situazioni di fatto che giustificano l'innovazione della legislazione vigente; accertamento dell'esistenza nella materia oggetto dell'intervento di riserve assoluta o relativa di legge e di precedenti norme di delegificazione.

        In materia di cittadinanza non sussiste alcuna specifica riserva di legge. L'articolo 10 della Costituzione demanda alla legge il compito di regolare la condizione giuridica dello straniero; l'articolo 22, poi, prevede soltanto che «nessuno può essere privato della cittadinanza [...] per motivi politici».
        Il presente disegno di legge contiene una rimodulazione dei casi di acquisto della cittadinanza italiana, adeguandoli all'attuale contesto socio-culturale nazionale e internazionale.

B) Incidenza delle norme proposte sulle leggi e i regolamenti vigenti.

        Il disegno di legge in esame modifica gli articoli 1, 4, 5, 9 e 10 della legge 5 febbraio 1992, n. 91. Tali modifiche richiederanno un adeguamento del regolamento di attuazione della medesima legge 5 febbraio 1992, n. 91, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 12 ottobre 1993, n. 572.

C) Analisi della compatibilità dell'intervento con l'ordinamento comunitario.

        Non si ravvisano elementi di contrasto al riguardo. La nuova normativa si muove nello spirito della Convenzione europea sulla cittadinanza - sottoscritta dall'Italia a Strasburgo nel 1997 e in attesa di ratifica - che invita gli Stati contraenti a facilitare l'acquisto della cittadinanza a favore degli stranieri, in possesso di determinati requisiti, soggiornanti sul loro territorio.

D) Analisi della compatibilità con le competenze delle regioni ordinarie e a statuto speciale.

        Non si ravvisano elementi di contrasto al riguardo. L'articolo 117, comma 2, lettera i), della Costituzione attribuisce allo Stato competenza esclusiva in tema di cittadinanza.

E) Verifica della coerenza con le fonti legislative primarie che dispongono il trasferimento di funzioni alle regioni e agli enti locali.

        Le disposizioni del presente provvedimento non inficiano l'autonomia degli enti locali.

 

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2. Elementi di drafting e linguaggio normativo.

        Il provvedimento:

            contiene riferimenti legislativi corretti;

            non introduce nuove definizioni normative;

            non reca abrogazioni implicite di norme vigenti;

            non richiede previsione di delega per la redazione di un testo unico nella materia in oggetto.

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ANALISI DELL'IMPATTO DELLA REGOLAMENTAZIONE (AIR)

A) Destinatari dell'intervento.

        Destinatari del provvedimento sono gli stranieri nati o residenti in Italia che siano in possesso dei requisiti stabiliti dalla presente legge per il conseguimento della cittadinanza italiana.

B) Obiettivi e risultati attesi.

        L'emanazione delle nuove disposizioni ha lo scopo di semplificare le condizioni e i requisiti per l'acquisto della cittadinanza italiana per gli stranieri nati sul territorio nazionale o giunti in Italia in età minore e per la concessione della cittadinanza stessa agli stranieri extracomunitari maggiorenni residenti nel nostro Paese.
        In tutte le fattispecie in precedenza menzionate, l'acquisto della cittadinanza è subordinato al ricorrere di elementi che dimostrino un radicamento del richiedente sul territorio nazionale.
        I mezzi per la concreta realizzazione delle previsioni normative in esame verranno specificati con successivo decreto del Presidente della Repubblica.
        Il provvedimento apporta modifiche agli articoli 1, 4, 5, 9 e 10 della legge 5 febbraio 1992, n. 91. All'articolo 1 della citata legge vengono introdotte ulteriori ipotesi di acquisto della cittadinanza iure soli; all'articolo 4 viene sostituito il comma 2 con una disposizione che contempla fattispecie acquisitive della cittadinanza per i minori stranieri che si trovino in determinati condizioni; all'articolo 5 vengono modificati i termini per l'acquisto della cittadinanza per matrimonio prevedendo, altresì, che il regime matrimoniale sussista anche al momento dell'adozione del relativo decreto; all'articolo 9, comma 1, viene ridotto a cinque anni, per gli stranieri extracomunitari, il periodo di residenza legale necessario per poter richiedere la cittadinanza.
        Viene, infine, introdotta una disposizione relativa alla verifica dell'integrazione dello straniero nel territorio dello Stato, demandando a un decreto del Presidente della Repubblica l'attuazione della presente legge. Allo stesso regolamento fa rinvio la disposizione di modifica dell'articolo 10 della legge n. 91 del 1992, in materia di giuramento.

C) Impatto sull'organizzazione e sull'attività delle pubbliche amministrazioni.

        Non si prevede l'istituzione di nuove strutture amministrative.
        Il provvedimento comporta oneri finanziari, ma solo in relazione alle maggiorazioni pensionistiche previste dall'articolo 38, comma 9, della legge 27 dicembre 2002, n. 289.

 

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D) Verifica dell'esistenza a carico di cittadini e delle imprese di oneri finanziarie, organizzativi e di adempimenti burocratici.

        Le disposizioni del presente disegno di legge non determinano nuovi oneri finanziari, organizzativi o burocratici a carico di soggetti privati.

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RELAZIONE TECNICA
(Articolo 11-ter, comma 2, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni).

        Per quanto concerne gli effetti finanziari, occorre precisare che il provvedimento non comporta oneri aggiuntivi sul piano della spesa assistenziale, in quanto, ai fini del conseguimento della cittadinanza da parte dello straniero o del minore figlio dello straniero è richiesto - a seconda dei casi al diretto interessato o al genitore - il possesso dei requisiti di legale soggiorno e reddituali necessari per il conseguimento del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, titolo analogo alla carta di soggiorno che, ai sensi dell'articolo 80, comma 19, della legge n. 388 del 2000, già conferisce allo straniero il pieno godimento dei diritti sociali.
        Sul piano della spesa previdenziale, deve invece tenersi conto degli oneri derivanti dalla maggiorazione pensionistica di cui all'articolo 38, comma 9, della legge 27 dicembre 2002, n. 289.
        La maggiorazione pensionistica prevista dalla citata legge n. 289 del 2002 è concessa ai pensionati residenti all'estero in possesso del requisito della cittadinanza italiana.
        Pertanto, gli ampliamenti delle possibilità di acquisizione della cittadinanza previsti dal provvedimento possono determinare maggiori oneri in conseguenza del seguente evento: un soggetto straniero in possesso dei requisiti anagrafici richiesti (età di almeno settanta anni, ridotta di un anno per ogni cinque anni di contribuzione in Italia), nonché di requisiti reddituali fissati dalla legge, avente diritto a un trattamento pensionistico in Italia che, una volta conseguita la cittadinanza italiana, torna a risiedere nel paese di origine (o in altro Stato estero), acquistando così il diritto alla maggiorazione.
        Questo fenomeno può riguardare coloro, tra i 556.000 stranieri attualmente titolari di carta di soggiorno, in possesso dei requisiti anagrafici e reddituali di legge, che hanno diritto a una pensione e che, in quanto legalmente soggiornanti da non meno di cinque anni, potrebbero acquisire immediatamente la cittadinanza e trasferirsi all'estero, maturando così il diritto alla maggiorazione.

Calcolo degli oneri.

        Data una maggiorazione pensionistica annua che - tenendo conto del fatto che l'articolo 38 della legge n. 289 del 2002 fissa il principio del «reddito equivalente», nei diversi Paesi, all'importo di 516 euro mensili - si ipotizza mediamente pari a circa 1.600 euro pro capite, e nell'ipotesi di un numero di beneficiari pari a circa 120 unità, ne consegue un onere stimato in circa 200.000 euro annui a decorrere dall'anno 2007. Per l'anno 2006 non si prevedono oneri, anche in considerazione dei tempi necessari per le pratiche amministrative connesse al riconoscimento della cittadinanza.

 

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        Si prevede un impatto limitato sulla spesa per maggiorazioni pensionistiche recato dalle nuove disposizioni sulla cittadinanza, in considerazione dei requisiti anagrafici e reddituali richiesti, nonché della condizione dell'acquisizione della residenza in un Paese estero.
        I predetti oneri, decorrenti dall'anno 2007, sono ipotizzati costanti nel tempo, ritenendo che, negli anni successivi, i nuovi ingressi siano compensati dalle eliminazioni (dovute sia ai decessi sia all'eventuale rientro in Italia dei pensionati). Inoltre, negli anni successivi al 2007, si dovrebbe rilevare una riduzione dei nuovi benefìci concessi, conseguente alle disposizioni più restrittive sulla concessione della cittadinanza al coniuge, previste dall'articolo 3 del provvedimento.

 
(importi in migliaia di euro)
2006
-
2007
-200
2008
-200
2009
-200
2010
-200
2011
-200
2012
-200
2013
-200
2014
-200
2015
-200
 

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DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.
(Nascita).

      1. Al comma 1 dell'articolo 1 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, sono aggiunte, in fine, le seguenti lettere:

          «b-bis) chi è nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri di cui almeno uno sia residente legalmente in Italia senza interruzioni da almeno cinque anni al momento della nascita e in possesso del requisito reddituale per il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo;

            b-ter) chi è nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri di cui almeno uno, legalmente residente, sia nato in Italia e in possesso del requisito reddituale per il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo».

      2. Dopo il comma 1 dell'articolo 1 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, come modificato dal comma 1 del presente articolo, è inserito il seguente:

      «1-bis. Nei casi di cui alle lettere b-bis) e b-ter) del comma 1, entro un anno dal compimento della maggiore età il soggetto può rinunciare, se in possesso di altra cittadinanza, alla cittadinanza italiana».

Art. 2.
(Minori).

      1. Il comma 2 dell'articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, è sostituito dai seguenti:

      «2. Il minore figlio di genitori stranieri, di cui almeno uno residente legalmente in Italia senza interruzioni da almeno cinque anni e in possesso del requisito reddituale

 

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per il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, che, anch'esso legalmente residente in Italia senza interruzioni per un periodo non inferiore a cinque anni, vi abbia frequentato un ciclo scolastico o un corso di formazione professionale o vi abbia svolto regolare attività lavorativa per almeno un anno diviene cittadino italiano su istanza dei genitori o del genitore esercente la potestà genitoriale secondo l'ordinamento del Paese di origine. Entro un anno dal compimento della maggiore età il soggetto può rinunciare, se in possesso di altra cittadinanza, alla cittadinanza italiana.
      2-bis. Alle medesime condizioni di cui al comma 2, qualora alla maggiore età lo straniero risieda legalmente nel territorio da almeno cinque anni, diviene cittadino italiano ove dichiari entro un anno dalla suddetta data di voler acquistare la cittadinanza italiana».

Art. 3.
(Matrimonio).

      1. L'articolo 5 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, è sostituito dal seguente:

      «Art. 5. - 1. Il coniuge, straniero o apolide, di cittadino italiano acquista la cittadinanza italiana quando, dopo il matrimonio, risieda legalmente da almeno due anni nel territorio della Repubblica, ovvero dopo tre anni se all'estero, qualora, al momento dell'adozione del decreto di cui all'articolo 7, comma 1, non sia intervenuto scioglimento, annullamento o cessazione degli effetti civili del matrimonio e non sussista separazione personale dei coniugi».

Art. 4.
(Concessione della cittadinanza).

      1. L'alinea del comma 1 dell'articolo 9 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, è sostituito dal seguente:

      «1. La cittadinanza italiana può essere concessa con decreto del Presidente della

 

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Repubblica, su proposta del Ministro dell'interno, ai soggetti di seguito indicati e in possesso del requisito reddituale, non inferiore a quello richiesto per il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, come determinato con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze».

      2. La lettera f) del comma 1 dell'articolo 9 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, è sostituita dalla seguente:

          «f) allo straniero che risiede legalmente da almeno cinque anni nel territorio della Repubblica».

Art. 5.
(Regolamento di esecuzione).

      1. Dopo l'articolo 9 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, come modificato dall'articolo 4 della presente legge, è inserito il seguente:

      «Art. 9-bis. - 1. L'acquisizione della cittadinanza italiana nelle ipotesi di cui agli articoli 5 e 9, comma 1, lettera f), è comunque sottoposta alla verifica della reale integrazione linguistica e sociale dello straniero nel territorio dello Stato.
      2. Con regolamento di esecuzione della presente legge, adottato, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, su proposta del Ministro dell'interno, sono definiti i termini e le modalità per la presentazione delle istanze, gli organi competenti a riceverle nonché la documentazione da produrre, ivi compresa quella ritenuta idonea a comprovare la sussistenza del requisito di cui al comma 1, e sono armonizzate le norme contenute nel decreto del Presidente della Repubblica 12 ottobre 1993, n. 572, e successive modificazioni».

 

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Art. 6.
(Giuramento).

      1. L'articolo 10 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, è sostituito dal seguente:

      «Art. 10. - 1. Entro sei mesi dalla notifica del decreto di conferimento della cittadinanza, la persona a cui lo stesso si riferisce deve prestare giuramento secondo le modalità e i contenuti stabiliti nel regolamento di cui al comma 2 dell'articolo 9-bis.
      2. Il decreto di conferimento della cittadinanza non ha effetto se il giuramento non è prestato entro il termine di cui al comma 1».

Art. 7.
(Copertura finanziaria).

      1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, valutato in 200.000 euro annui a decorrere dall'anno 2007, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2006-2008, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2006, utilizzando per l'anno 2007 la proiezione di parte dell'accantonamento relativo al Ministero dell'interno e per l'anno 2008 la proiezione di parte dell'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
      2. L'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) provvede al monitoraggio degli oneri finanziari derivanti dalle disposizioni introdotte dalla presente legge, informando tempestivamente il Ministro del lavoro e della previdenza sociale e il Ministro dell'economia e delle finanze, anche ai fini dell'adozione dei provvedimenti correttivi di cui all'articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978,

 

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n. 468, e successive modificazioni. Gli eventuali decreti emanati, ai sensi dell'articolo 7, comma 2, numero 2), della citata legge n. 468 del 1978, prima della data di entrata in vigore dei provvedimenti o delle misure di cui al presente comma sono tempestivamente trasmessi alle Camere, corredati da apposite relazioni illustrative.


Frontespizio Relazione Analisi tecnico-normativa Analisi dell'impatto della regolamentazione (AIR) Relazione Tecnica Progetto di Legge
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