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PDL 1300

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1300



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato PELLEGRINO

Modifica all'articolo 441 del codice di procedura penale
in materia di svolgimento del giudizio abbreviato

Presentata il 5 luglio 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - Il comma 5 dell'articolo 441 del codice di procedura penale, che la presente proposta di legge intende novellare, costituisce una parte importante della disciplina dello svolgimento del giudizio abbreviato, come rimodellata dalla legge n. 479 del 1999. In base al disposto del citato comma 5, il giudice, obbligato a disporre l'accesso al rito, sulla scorta della presentazione di una richiesta «semplice» ai sensi dell'articolo 438, comma 1, del suddetto codice, ove venga a trovarsi nell'impossibilità di decidere sulla base delle risultanze degli atti, può provvedere ad assumere «anche d'ufficio, gli elementi necessari ai fini della decisione»; viene così attivato un potere-dovere di carattere residuale, legittimamente esercitabile ogni qual volta appaia imprescindibile acquisire prove che colmino le lacune dell'accertamento giudiziale consentendo l'emissione di una pronuncia sul merito della regiudicanda.
      Va rilevato, però, che il riconoscimento in capo al giudice del potere di iniziativa istruttoria non ha mancato di suscitare il timore di un possibile ritorno «verso un'esasperata inquisitorietà» (Frigo, Il tramonto della collegialità oscura le garanzie, in Guida dir., 2000, n. 1).
      Non vi è dubbio, come acutamente osservato da un'autorevole dottrina, che «allorquando un sistema processuale, sia pure per realizzare esigenze di maggiore garanzia, attribuisce al Giudice compiti che naturalmente devono essere assegnati alle parti, si determina un inequivocabile orientamento del processo verso schemi
 

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inquisitori» (Tranchina, Nostalgie inquisitorie nel «sistema accusatorio» del nuovo codice di procedura penale, in Leg. pen., 1989, p. 391).
      In ogni caso, non sembra che la duplice valutazione giudiziale, circa la indecidibilità allo stato degli atti e la necessità di assumere gli elementi di prova, possa avvenire al termine del giudizio. Altrimenti, non si spiegherebbe la collocazione del meccanismo di integrazione probatoria all'interno della norma dedicata allo «svolgimento del giudizio abbreviato» e, nel contempo, l'inclusione nel successivo disposto dell'articolo 442 del codice di procedura penale delle disposizioni relative alla «decisione» ovvero alla modalità di conclusione del giudizio abbreviato. Se il legislatore avesse inteso introdurre un'illimitata facoltà (nel tempo) di ricorrere, da parte del giudicante, all'integrazione probatoria officiosa, avrebbe probabilmente optato per una collocazione del peculiare meccanismo di assunzione della prova (anche) all'interno della disciplina della decisione, quantomeno prevedendo una possibilità residuale di assunzione di elementi di prova, in luogo della normale definizione decisoria.
      In realtà, alla luce della modulazione del giudizio, necessariamente contratta, in linea con l'eccezionalità del ricorso all'integrazione probatoria, il legislatore del 1999 sembra aver lasciato al giudicante uno spazio decisorio in merito a una valutazione di indecidibilità allo stato degli atti rigorosamente circoscritto allo svolgimento del giudizio. Deve escludersi, di contro, che possa verificarsi un revirement da parte del giudicante, in materia di attivazione dei poteri istruttori officiosi, all'esito della discussione delle parti, in prossimità della decisione.
      Un ulteriore argomento testuale milita nel senso anzidetto.
      Sempre nel corpo dell'articolo 442 del codice di procedura penale (comma 1-bis) sono indicati gli elementi utilizzabili ai fini della deliberazione della sentenza, tra cui figurano «le prove assunte nell'udienza». Tale disposizione segue quella del comma 1, dedicata alla fase della discussione delle parti: non a caso il legislatore ha incluso tra gli elementi utilizzabili ai fini della deliberazione «le prove assunte nell'udienza» - ovvero nel corso della stessa - e non al termine delle attività processuali (limite segnato dallo «spartiacque» della discussione). Il che lascia intendere che l'udienza camerale prevista per il giudizio abbreviato segua un tassativo e predeterminato ordine di svolgimento, la cui sequenza prevede la richiesta ai sensi dell'articolo 438, seguita dal necessario provvedimento con cui si dispone la celebrazione del giudizio, l'eventuale integrazione probatoria officiosa disposta dal giudicante, la discussione delle parti e la conseguente decisione. Tertium non datur, pena il sacrificio delle esigenze di economia del rito.
      Non vi è dubbio che sussista un parallelismo tra la richiamata disposizione dell'articolo 441, comma 5, e l'articolo 507 del codice di procedura penale. Di guisa che, prendendo le mosse dalla ratio dell'articolo 507, e dall'interpretazione giurisprudenziale che su di essa si è andata formando, pare evidente che alla base della decisione di integrazione probatoria debba sussistere una «assoluta» necessità di colmare determinate lacune probatorie, al fine di consentire al giudicante di disporre di un compiuto orizzonte cognitivo. Le valutazioni giudiziali circa la pertinenza-rilevanza dell'elemento di prova da assumere, che trovano una conseguente specificazione nel giudizio di assoluta necessità, appaiono dunque riferirsi non alla prova «incerta», ma alla prova suscettibile di completamento.
      Ed è alla giurisprudenza della Suprema Corte in tema di articolo 507 del codice di procedura penale che occorre riferirsi per poter valutare la congruità della valutazione giudiziale circa la necessità dell'integrazione probatoria. Secondo le Sezioni unite (6 novembre 1992, Martin), essa non è ammessa per consentire al giudice di «verificare una propria ipotesi ricostruttiva sulla base di mezzi di prova non dotati di sicura
 

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concludenza», potendo risultare tale attività «disarmonica in un processo di parti»; risultando invece conforme a tale modello processuale «l'assunzione di una prova il cui valore dimostrativo in base agli atti si imponga con evidenza»; di modo che l'intervento del giudice non può che apparire «residuale» e «suppletivo» laddove occorra incrementare il materiale istruttorio disponibile.
      Tuttavia, si è più volte verificato, in diverse sedi di tribunale, che i giudici abbiano disposto una integrazione probatoria solo all'esito della discussione delle parti, pregiudicando, in tale modo, i diritti e le garanzie dell'imputato. A tali situazioni la presente proposta di legge intende porre rimedio, apportando le necessarie modifiche al citato comma 5 dell'articolo 441 del codice di procedura penale.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Il comma 5 dell'articolo 441 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

      «5. Quando il giudice ritiene di non poter decidere allo stato degli atti assume, anche d'ufficio, prima della discussione delle parti, gli elementi necessari ai fini della decisione. Resta salva in tale caso l'applicabilità dell'articolo 423».


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