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PDL 1149

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1149



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

D'AGRÒ, ASCIERTO, GIOVANARDI, MILANATO

Disposizioni in materia di utilizzo degli orti e degli scoli e fossi ad uso irriguo o di scarico delle acque meteoriche nella laguna di Venezia

Presentata il 15 giugno 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - La controversia sul regime giuridico delle valli da pesca e dei terreni ricadenti nella conterminazione della laguna veneta ha origini antiche, risalenti addirittura alle disposizioni della Repubblica di Venezia sull'esercizio delle valli.
      La controversia ha poi assunto rilievo giudiziario a seguito di un esposto di alcune associazioni ambientaliste. La questione ha coinvolto oltre quattrocento persone tra coltivatori e vallicoltori ritenuti colpevoli di utilizzazione illegittima di spazi acquei situati all'interno della conterminazione lagunare di Venezia.
      Si tratta, nella stragrande maggioranza dei casi, di piccole estensioni situate all'interno della campagna dell'estuario, da decenni condotte da privati e oggetto di ripetuti passaggi di proprietà in seguito a successione o a regolari compravendite a titolo oneroso, puntualmente annotate dagli uffici erariali e dalle conservatorie dei registri immobiliari.
      È bene precisare che per lo più sono aree di poche centinaia di metri che per altro non fanno parte della laguna veneta, così come definita dalla legge 5 marzo 1963, n. 366, in quanto non hanno alcuna comunicazione con il mare e non sono ricoperte da acque dolci, se non da quelle piovane.
      Le valli da pesca, invece, sono terreni arginati quasi del tutto sommersi da acque salmastre, con immissioni e rilasci regolati da canali e paratoie.

Il ruolo ecologico ed economico delle valli da pesca.

      La vallicoltura è certamente una delle forme integrate di gestione degli ambienti

 

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acquatici costieri più interessanti sul piano ecologico. Tale interesse nasce dal fatto che i benefìci che i produttori si attendono sia sul piano delle produzioni ittiche, sia su quello dell'esercizio venatorio, dipendono dalla capacità di detti ambienti di saper mantenere condizioni di elevata naturalità nelle quali si possano svolgere i cicli naturali delle migrazioni ittiche tra laguna e mare e delle migrazioni autunnali ed invernali degli uccelli acquatici.
      Le valli dell'alto Adriatico sono anche contenitori di elevata biodiversità in tutte le accezioni del termine, che comprende valori che vanno dalla scala genetica alle comunità animali e vegetali, nonché al valore complessivo degli ecosistemi e degli aspetti economici e socio-culturali correlati.
      Le valli, allo stato attuale, sono porzioni confinate di aree lagunari e deltizie attraverso argini in terra. Le valli hanno per lo più una adduzione di acque dolci e una o più chiavi di contatto idraulico con l'ambiente lagunare. In detti ambienti dunque, attraverso la gestione umana, si imitano quei processi di scambio tra ambienti dulcacquicoli e marini che caratterizzavano gran parte delle zone umide costiere prima della bonifica fondiaria e delle generalizzate opere di stabilizzazione delle dinamiche fisiche cui tali aree di transizione sono naturalmente soggette.
      Nelle valli si pratica storicamente una forma di piscicoltura estensiva, che produce pesci di elevata qualità, ma con produttività non sempre competitive. Inoltre, l'aumento incontrollato di uccelli ittiofagi ha reso ancora più precarie le condizioni di tali aree sensibili, inducendo, almeno in una prima fase, alla intensificazione delle produzioni in vasche intensive protette. La tendenza della amministrazione della pesca è stata quella di difendere, dove di sua competenza, gli aspetti legati alla positiva esternalità naturale generata dalle attività vallive sul panorama, sugli ecosistemi, senza assecondare esclusivamente politiche di sviluppo produttivo con intensificazioni che evidenziano costi ambientali crescenti.
      La vallicoltura ha sempre generato apprezzamenti per la qualità delle gestioni ambientali, per gli effetti sul panorama, per la ricchezza di tradizioni che mantiene, generando peraltro conflitti per il discusso stato giuridico della proprietà, soprattutto nella laguna di Venezia.
      Il dissenso è stato talvolta accentuato dai movimenti contro la caccia che contestano l'esercizio venatorio. Tutti condividono, comunque, che le aree destinate ad oasi all'interno delle aziende faunistico-venatorie sono importanti per le specie migratrici in sverno. Tali conflitti, più o meno diffusi, hanno fatto spesso sottovalutare l'importanza ecologica delle valli la cui gestione risulta peraltro onerosa per la necessità di continue opere di manutenzione ordinaria e straordinaria.
      Al fine di non disperdere un capitale ambientale tanto rilevante, che rappresenta gli ultimi residui di zone umide di notevole importanza per tutta la collettività, risulta necessario razionalizzare dal punto di vista normativo, per le varie competenze amministrative, e con le specificità territoriali, oltreché per la legislazione nazionale, la vallicoltura, affinché non permangano aree di squilibrio nelle relazioni tra pubblico e privato. Il processo di modernizzazione che deve caratterizzare il sistema agro-alimentare e le sue relazioni con l'ambiente, per attuare modelli di sviluppo realmente sostenibili sul piano ecologico ed economico, passa anche per la razionalizzazione della vallicoltura.
      Le valli sono un bene esclusivo dell'Italia. È necessario quindi che questo patrimonio non si disperda e che non nascano confusioni tra gestioni come quelle vallive, le quali producono anche servizi oltre che una certa aliquota di prodotti di qualità, con attori pubblici e privati i cui contenziosi di varia natura devono essere sanati alla luce di una soluzione giuridica equa e trasparente.

La problematica giuridica.

      Le valli da pesca, fino all'entrata in vigore del codice della navigazione, sono

 

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state distinte in valli chiuse e valli aperte; le valli chiuse sono possedute a titolo di proprietà privata. Quasi tutti i titoli di proprietà hanno documentazione antica risalente agli Stati preunitari.
      Per effetto dell'entrata in vigore del codice della navigazione si è ritenuto che anche le valli chiuse fossero da ascrivere alla proprietà pubblica. Infatti, la natura pubblica delle valli da pesca trova argomento nell'articolo 28 del codice della navigazione, che ascrive al demanio marittimo «i bacini di acqua salsa o salmastra che almeno durante una parte dell'anno comunicano liberamente col mare». Secondo un'interpretazione letterale della disposizione appena richiamata, e della quale l'amministrazione demaniale ha dovuto tenere conto, con l'entrata in vigore del codice della navigazione sarebbe scomparsa la distinzione tra valli chiuse e valli aperte, con la conseguenza che qualsiasi compendio raggiunto dalle acque lagunari dovrebbe essere considerato demaniale.
      Sul richiamato dato normativo l'amministrazione demaniale ha fondato le argomentazioni a sostegno della demanialità delle valli. Di conseguenza si è proceduto anche penalmente nei confronti di quanti - anche se forniti di titolo di proprietà privata della valle - hanno continuato ad esercitare la pesca nelle valli di loro proprietà, come se avessero occupato illecitamente spazi acquei demaniali ricadenti nella conterminazione lagunare (articolo 1161 del codice della navigazione); tali episodi danno la misura dell'incertezza della materia.
      Non c'è dubbio che la disposizione del codice della navigazione risolve a favore del demanio marittimo le situazioni di fatto nelle quali è controversa la natura del compendio.
      Altra lettura delle disposizioni vigenti riguarda l'applicabilità della innovativa disposizione codicistica a compendi che sono stati considerati di proprietà privata con titoli di proprietà che risalgono agli Stati preunitari: appare evidente dalla interpretazione sistematica del codice della navigazione e dal codice civile, all'epoca vigente, che la destinazione della proprietà privata ad usi pubblici poteva avvenire - e lo può ancora oggi in forza delle disposizioni della Carta costituzionale e del vigente codice civile - soltanto mediante espropriazione per pubblica utilità.
      In mancanza del provvedimento di espropriazione per pubblica utilità, sia esso assunto in via amministrativa o con legge, il regime proprietario non può essere modificato invito domino.
      Una attenta lettura dell'insieme delle disposizioni vigenti che regolano i rapporti tra acque e fondi latistanti consente di pervenire a una soluzione che, senza incrinatura del potere pubblicistico su determinati compendi, consente di contemperare le esigenze della proprietà privata con quelle dell'amministrazione preposte al buon governo delle acque lagunari.
      Se è notorio che nelle valli chiuse è attuata l'alternanza tra utilizzazione agricola e piscicoltura, è altrettanto noto che le valli svolgono una funzione essenziale per il regime idraulico lagunare in quanto hanno attitudine ad essere impiegate come casse di espansione delle piene. Tale funzione non è diversa da quella cui soggiacciono le aree sommergibili latistanti i corsi d'acqua e i laghi; molte aree sommergibili appartengono al demanio idrico, mentre altre sono in proprietà privata. Il regime proprietario privato delle terre rivierasche non elimina la servitù idraulica cui sono destinate le aree sommergibili, e fra queste le golene.
      Gli interventi nelle aree sommergibili dalle acque dolci sono comunque sottoposti alla previa acquisizione del nulla osta idraulico (articolo 2 del testo unico delle disposizioni di legge intorno alle opere idrauliche delle diverse categorie, di cui al regio decreto 25 luglio 1904, n. 523).
      Ritornando alla laguna veneta, si osserva che tale ambiente, pur essendo ascritto al demanio marittimo in forza dell'articolo 28 del codice della navigazione, è affidato alla cura del Magistrato alle acque, non solo in ossequio all'antico ufficio della Repubblica di Venezia, ma anche per l'indissolubile connessione tra acque dolci e acque di origine marina, il
 

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cui rapporto richiede un governo idraulico unitario. Quindi, se la preposizione alla laguna del Magistrato alle acque ha motivazioni di ordine idraulico, appare ragionevole che l'ordinamento - senza favorire usurpazioni di sorta - disponga per la migliore funzionalità idraulica delle acque lagunari; quando tale obiettivo primario e fondamentale sia stato raggiunto, il regime proprietario degli ambienti sottoposti al governo idraulico va risolto secondo le norme generali, evitando che le norme nuove o sopravvenute possano essere interpretate o intese come presupposti espropriativi ope legis, tra l'altro senza indennizzo alcuno.
      Sul punto si osserva che, in non rari casi, l'espropriazione per pubblica utilità di compendi privati è stata decisa con legge, ma è stato sempre salvaguardato il principio dell'indennizzo garantito a livello costituzionale e dalle norme codicistiche attuali e previgenti.
      In materia di demanio è ben noto che l'individuazione delle aree demaniali ha carattere dichiarativo; tuttavia, quando non si tratta di confinazione ma di modifica di status di un insieme di compendi non possono essere ignorati i titoli di proprietà.

*    *    *

      La presente proposta di legge mira a dare una lettura più calibrata delle diverse disposizioni richiamate per fare emergere regole ragionevoli e rispettose dei princìpi costituzionali e l'eventuale acclaramento che la proprietà privata non è di ostacolo alcuno alla tutela dell'ambiente lagunare e al buon governo delle acque.

 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. L'articolo 1 della legge 5 marzo 1963, n. 366, si interpreta nel senso che nel demanio marittimo non rientrano, in quanto non sono in continuo contatto con la laguna ad uso agricolo, tradizionalmente denominati orti, né gli scoli e fossi ad uso irriguo o di scolo delle acque meteoriche, pur ricadenti nella conterminazione della laguna stessa.
      2. Per il rilievo pubblico del loro valore ecologico, la conduzione dei beni di cui al comma 1 rimane vincolata al rispetto delle normative vigenti per la salvaguardia di Venezia e della sua laguna, conformemente alle disposizioni adottate dal Magistrato alle acque nell'esercizio dei poteri di competenza per la sorveglianza e disciplina della laguna di Venezia, al fine di assicurare il buon regime idraulico lagunare.
      3. Qualora il Magistrato alle acque ritenga necessario destinare alla libera espansione della marea alcune aree dei beni immobili di cui al comma 1 e i vincoli derivanti dalla servitù idraulica risultino inadeguati ad assicurare il buon regime delle acque, si applica comunque il disposto dell'articolo 9 della legge 5 marzo 1963, n. 366.


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