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PDL 711

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 711



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

GIANCARLO GIORGETTI, CAPARINI

Modifica all'articolo 2 del decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 15, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78, in materia di titolarità dei diritti di trasmissione televisiva dei campionati di calcio e di destinazione dei relativi proventi

Presentata il 16 maggio 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - A partire dagli anni novanta, l'industria della televisione ha fondato gran parte del proprio successo commerciale sullo sfruttamento dei diritti televisivi degli eventi sportivi. In particolare, il calcio ha assunto un ruolo strategico per l'economia del settore, superando nel fatturato prodotti d'intrattenimento e cinema. Le televisioni a pagamento, pay TV e pay per view, a differenza delle televisioni generaliste che dipendono dalle inserzioni pubblicitarie, sono strettamente legate alle preferenze e ai consumi degli abbonati: la vendita dei diritti delle partite di calcio oggi ne costituiscono i tre quarti del fatturato.
      In generale, si può affermare che il contenuto calcistico è potenzialmente un fattore determinante ai fini della definizione delle dinamiche concorrenziali nel settore televisivo, poiché il calcio è seguito, con continuità, da un segmento di pubblico con caratteristiche nettamente identificabili.
      L'evento che ha costituito il punto di svolta della nuova struttura dell'industria del calcio è stata la modifica della regolamentazione in materia, intervenuta con il decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 15, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78, dove, all'articolo 2, la cosiddetta «norma Veltroni», ha stabilito
 

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il diritto soggettivo delle società di calcio professionistico nella vendita dei diritti di trasmissione televisiva. La medesima norma ha poi stabilito, per evitare la costituzione di posizioni dominanti, limitazioni quantitative all'esclusiva dei diritti televisivi attraverso il divieto per un medesimo soggetto di acquistare più del sessanta per cento dei diritti criptati della manifestazione calcistica nazionale di maggior valore.
      Da quel momento in avanti le società di calcio di serie A e B hanno potuto gestirsi economicamente sul mercato secondo i principi della libera contrattazione, mentre la Lega calcio ha mantenuto, secondo un accordo interno con le società affiliate, l'incarico di negoziare la contrattazione collettiva dei diritti offerti per l'utilizzo in chiaro ed in differita, operando successivamente una redistribuzione degli introiti parametrata all'audience.
      Si ricorda che la rappresentanza collettiva della Lega, rilasciata su delega da ogni società calcistica, può essere relativa anche alla diffusione radiofonica nazionale ed alla diffusione, sia televisiva che radiofonica, sia in chiaro sia criptata, delle fasi di eliminazione della Coppa Italia.
      Per effetto della contrattazione individuale dei diritti, nel mercato televisivo si è verificato un eccesso di offerta del prodotto calcistico che ha portato alla progressiva diminuzione delle entrate derivanti dallo sfruttamento dei diritti. Contemporaneamente, le nuove prospettive di vendita dei diritti generate dallo sviluppo tecnologico con nuovi terminali di fruizione (INTERNET, telefonia mobile) e le ultime tecniche di trasmissione (digitale terrestre, via cavo e ADSL) hanno allargato la platea dei fornitori di contenuto, incidendo sensibilmente sulle capacità di crescita del settore televisivo satellitare.
      L'intera organizzazione calcistica si è progressivamente evoluta, passando da una dimensione propriamente sportiva ad una fruizione sempre più spettacolare e modellata sulle esigenze e le modalità di visione televisiva. Inoltre, si è creato un forte squilibrio tra le ricche società di serie A, con oltre il 75 per cento degli introiti, e quelle dei club delle serie «minori», con il conseguente depotenziamento dei settori giovanili e del calcio dilettantistico. Il mondo del calcio non è stato il solo a pagare il prezzo di questa alterazione del mercato; essendo i proventi dei concorsi pronostici gestiti dal CONI la principale fonte di finanziamento di molte discipline sportive, la preponderanza delle manifestazioni calcistiche ha avuto importanti ricadute sull'intera organizzazione sportiva nazionale.
      Si deve ricordare come il modello redistributivo delle risorse sia un fattore centrale, in quanto il settore dello sport e in particolare quello del calcio ha una particolarità che consiste nell'essere un settore costretto per le sue caratteristiche intrinseche a cooperare. Questo poiché nel calcio la scarsa competitività dell'avversario arreca un danno anche al suo concorrente. Solo gare equilibrate in campionati competitivi con un risultato finale incerto creano aspettativa nel pubblico e ne influenzano positivamente la partecipazione. Dal momento che i ricavi sono proporzionali al numero dei tifosi e degli spettatori, se ne deduce che le regole ed i meccanismi economici del calcio non possono prescindere da un aspetto cooperativo e mutualistico. Gli stessi ricavi sono anche funzionali agli investimenti (in termini di acquisto di sportivi) che le squadre devono porre in essere per ottenere performance elevate, innescando un circolo vizioso che tutela il dominio monocratico di poche società di vertice.
      In Italia la mutualità si esplica oggi attraverso un accordo interno alla Lega professionisti, che prevede un supporto economico della serie A verso le squadre di serie B e, all'interno della serie A, verso le squadre «minori» attraverso una quota (18 per cento) dei diritti criptati e degli incassi dei biglietti di ciascuna partita che ogni squadra versa alla squadra ospite.
      In Europa sono già in vigore norme che si fondano sul principio di mutualità; per esempio, in Germania i diritti sono gestiti collegialmente e ne beneficia anche il settore dilettantistico, mentre in Inghilterra la distribuzione prevede una quota
 

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paritaria, una in relazione al bacino d'utenza ed una quota che premia i risultati delle squadre.
      Il sistema della contrattazione individuale resta comunque evidentemente inadeguato a risolvere lo stato di profondo disequilibrio del settore calcistico sulla base della sola mutualità. Negli ultimi anni si è affermata la convinzione, diffusamente condivisa anche tra gli addetti al settore, che solo il ritorno alla gestione collettiva di tutti i diritti di trasmissione del calcio potrebbe arginare il divario tra le società calcistiche e, non ultimo, porre un freno al dilagare della monocoltura mediatica del calcio a discapito degli altri sport attualmente esclusi dalla redditizia «industria» dei diritti televisivi.
      La presente proposta di legge interviene in tal senso, abolendo il diritto soggettivo alla vendita dei diritti TV, reintroducendo la contrattazione congiunta da parte della Lega professionisti, rispettivamente di serie A, di serie B e C, e prevedendo una ripartizione paritaria dei ricavi tra le società affiliate. In considerazione delle prospettive evolutive del settore, viene quindi opportunamente specificato come tale norma vada applicata sia alle trasmissioni in chiaro sia a pagamento e ad accesso condizionato, con qualsiasi modalità tecnica presente e futura di accesso ed a prescindere dal terminale di fruizione.
      Infine, la proposta, come segno concreto dell'importanza attribuita all'attività giovanile ed alla promozione dei vivai, riserva una significativa quota parte degli introiti redistribuiti alle singole società, prevedendo che ciascuna società organizzi e finanzi una scuola di aggiornamento tecnico sportivo, ubicata nella città di riferimento della squadra, indirizzata all'addestramento calcistico e sportivo di atleti minori di anni sedici e, in particolare modo, al recupero attraverso l'attività sportiva di giovani con problematiche di disagio sociale.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. All'articolo 2 del decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 15, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78, il comma 1 è sostituito dai seguenti:

      «1. I diritti di trasmissione televisiva delle partite di campionato di calcio di serie A, di serie B e di serie C, sia in chiaro sia a pagamento e ad accesso condizionato, con qualsiasi modalità tecnica presente e futura di accesso ed a prescindere dal terminale di fruizione, sono negoziati congiuntamente per conto delle singole società tramite rispettivamente la Lega nazionale professionisti di serie A, la Lega nazionale professionisti di serie B e la Lega professionisti di serie C. La contrattazione collettiva dei diritti di trasmissione televisiva riguarda la vendita relativa a singoli campionati, ad eventi o a più stagioni calcistiche ed i proventi sono distribuiti dalla Lega tra le società professionistiche affiliate su base paritetica. Per terminale di fruizione si intendono gli apparati tecnici e tecnologici attraverso i quali l'utente finale accede ai contenuti distribuiti dai cosiddetti «broadcaster». Le società di calcio di serie A, di serie B e di serie C non sono titolari dei diritti di trasmissione.
      1-bis. Una quota non inferiore al 10 per cento dei proventi distribuiti alle singole società deve essere destinata al finanziamento di scuole giovanili, ubicate nelle città di riferimento delle società, che organizzino corsi periodici di addestramento sportivo di base e di formazione tecnico-calcistica, aperti ad atleti minori di sedici anni e in particolar modo indirizzati al recupero delle situazioni di disagio sociale».


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