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CAMERA DEI DEPUTATI
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N. 1070 |
Onorevoli Colleghi! - Nonostante il costante ed encomiabile impegno delle Forze di polizia nell'azione di contrasto alla criminalità, il numero dei reati nel nostro Paese continua ad essere assai elevato.
1. La presente legge disciplina le attività di sicurezza svolte da soggetti privati, che la legge non riserva alla forza pubblica, volte a prevenire e a contrastare il compimento di crimini contro la persona e contro il legittimo possesso dei beni, anche immateriali. Ai fini della presente legge con il termine sicurezza, se non diversamente specificato, si intende la sicurezza anticrimine.
2. L'attività di prevenzione consiste nel porre in atto servizi e procedure o nel predisporre apparati, impianti o sistemi di sicurezza in modo da scoraggiare il compimento dei reati.
3. L'attività di contrasto viene esercitata da chi svolge servizi di vigilanza o dagli apparati, impianti o sistemi di sicurezza nella flagranza dei reati, si conclude non appena l'attività criminosa ha termine e ha il fine di consentire alla forza pubblica di reprimere il compimento dei reati.
4. Ogni attività repressiva, successiva alla consumazione dei crimini, è di esclusiva competenza dell'autorità giudiziaria e di quella di pubblica sicurezza nei termini e con i controlli previsti dalla legislazione vigente in materia.
5. Nessuna attività di sicurezza può essere svolta da soggetti privati al di fuori delle previsioni della presente legge.
6. Rientrano nelle attività di sicurezza di cui al comma 1 quelle che i soggetti privati svolgono in favore proprio e quelle che svolgono in favore di terzi.
7. I soggetti privati svolgono attività di sicurezza in favore proprio sia di libera
a) servizi di vigilanza;
b) servizi di consulenza;
c) fornitura, installazione e manutenzione di apparati, impianti o sistemi anticrimine.
12. I servizi di vigilanza, disciplinati all'articolo 19, possono essere svolti esclusivamente dagli istituti privati di vigilanza autorizzati ai sensi dell'articolo 13, per il tramite degli agenti di sicurezza di cui all'articolo 17.
13. I servizi di consulenza possono essere svolti esclusivamente dai professionisti di cui all'articolo 20.
14. La fornitura, l'installazione o la manutenzione di apparati, impianti o sistemi anticrimine rispondono ai requisiti e possono essere esercitate solo nelle forme e dalle società di cui al capo III, sezione III.
15. Presso ogni questura è istituito un ufficio per la sicurezza privata, con il compito di vigilare sulle attività di prevenzione e di contrasto del crimine svolte da privati, disciplinato ai sensi dell'articolo 15.
1. Presso il Ministero dell'interno è istituita la commissione permanente per la prevenzione dei crimini e per la sicurezza privata, di seguito denominata «commissione», con il compito di vigilare sul rispetto delle disposizioni della presente legge da parte di tutti i soggetti interessati e di adempiere a tutte le funzioni previste dalla stessa.
2. La commissione è composta da quindici membri, di cui cinque nominati dal Ministro dell'interno, due dagli enti, dagli esercizi e dalle aziende a rischio, uno dai responsabili della sicurezza degli enti, degli esercizi e delle aziende a rischio, uno dai consulenti sulla sicurezza anticrimine, due dai titolari degli istituti privati di vigilanza, due dagli agenti di sicurezza, uno dalle imprese produttrici, importatrici o venditrici di apparati, impianti e sistemi anticrimine e uno dalle società che installano e curano la manutenzione di apparati, impianti e sistemi anticrimine.
3. Tra i cinque membri della Commissione nominati dal Ministro dell'interno, due sono appartenenti all'Amministrazione dello stato e tre estranei alla medesima. I rappresentanti delle altre categorie di cui al comma 2 sono designati a maggioranza dalle rispettive associazioni di categoria o sindacali. Per ciascun componente effettivo è nominato un supplente, che partecipa alle riunioni in caso di impedimento del membro titolare.
4. I membri della commissione agiscono senza vincolo di mandato, nel solo interesse della collettività.
5. La commissione nomina il proprio presidente tra i membri di nomina ministeriale.
6. Le mansioni di segretario sono esercitate da un funzionario del dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno.
1. In ogni regione è istituito un osservatorio regionale sulla sicurezza, di seguito denominato «osservatorio».
2. L'osservatorio rileva in modo analitico i dati relativi ai reati contro la persona e contro il patrimonio commessi nel territorio della regione e individua la dinamica dei flussi criminosi, in modo da consentire alle Forze di polizia e alla commissione di indirizzare le attività di prevenzione ove necessario.
3. All'organizzazione dell'osservatorio provvede l'assessore regionale competente in materia di problemi sociali e sicurezza, che nomina il direttore e il comitato scientifico responsabili della gestione dell'osservatorio, avvalendosi in primo luogo di strutture scientifiche, accademiche e professionali eventualmente presenti sul territorio.
4. L'osservatorio è alimentato dai dati forniti dalle Forze di polizia e dagli uffici giudiziari locali, dalle specifiche ricerche promosse da comuni, province e regione e da ogni altra fonte attendibile proveniente da soggetti privati, quali associazioni di categoria, università, istituti di ricerca, riviste specializzate.
5. Al fine di rendere omogenei e confrontabili i dati dei vari osservatori, la commissione indica periodicamente i criteri secondo i quali i dati devono essere raccolti e pubblicati.
6. I dati degli osservatori sono pubblici.
1. Ogni persona, nel momento in cui ha fondati sospetti che qualcuno intende commettere un reato contro la persona o contro il patrimonio, ai danni della persona stessa, dei suoi congiunti o di chiunque altro, ha il dovere di informare immediatamente l'autorità di pubblica sicurezza, fornendo le motivazioni che hanno originato i sospetti.
2. L'autorità di pubblica sicurezza che riceve le informazioni di cui al comma 1 verbalizza la segnalazione e le relative motivazioni, rilascia copia della medesima al soggetto segnalante e pone in atto tutte le iniziative volte a prevenire, contrastare o reprimere il reato, conformemente alla gravità dello stesso e alle ragionevoli probabilità che esso sia commesso, tenuto conto delle motivazioni ricevute e delle risultanze dell'attività investigativa eventualmente posta in atto.
3. L'autorità di pubblica sicurezza, a seguito delle informazioni di cui al comma 1 o di propria iniziativa, può chiedere a una o più persone di attenersi o di sottostare per un periodo di tempo limitato a particolari procedure cautelative. La richiesta, formulata per iscritto, deve indicare tempi e modi delle procedure cautelative, che non devono comportare oneri per i soggetti destinatari del provvedimento.
4. In aggiunta a quanto richiesto dall'autorità di pubblica sicurezza ai sensi del comma 3 o anche in assenza di specifici sospetti e conseguenti indicazioni dell'autorità, ogni persona è libera di fare ricorso alle attività di sicurezza svolte da soggetti privati disciplinate dalla presente legge.
5. Il Ministero dell'interno, tramite l'Ufficio centrale interforze per la sicurezza individuale del Dipartimento della pubblica
1. Ai fini della presente legge sono da considerare:
a) teoricamente a rischio, tutti gli enti, gli esercizi e le aziende che svolgono o gestiscono attività in relazione alle quali possono essere commessi reati contro la persona o contro il patrimonio proprio o di terzi ricevuto in custodia;
b) effettivamente a rischio:
1) gli enti, gli esercizi e le aziende appartenenti a categorie che svolgono o gestiscono attività in relazione alle quali nel corso degli ultimi cinque anni si sono verificati in media uno o più reati contro la persona all'anno ogni cinquecento punti operativi di enti o aziende appartenenti alla medesima categoria e uno o più reati contro il patrimonio all'anno ogni cento punti operativi di enti, esercizi o aziende appartenenti alla medesima categoria;
2) tutti gli enti, gli esercizi e le aziende presso i quali sono utilizzati o custoditi in via continuativa beni di elevato
3) tutti gli enti, gli esercizi e le aziende presso i quali si svolgono attività soggette a nulla osta di segretezza, che producono beni o forniscono servizi di importanza strategica per l'economia, rilevanti nella costituzione del «sistema Paese», o che possono rappresentare obiettivi strategici per eventuali attentati o interruzione di servizi di pubblica utilità.
2. La determinazione annuale delle categorie da considerare effettivamente a rischio ai sensi del comma 1, lettera b) numero 1), è effettuata dalla commissione in base ai dati sui reati contro la persona e il patrimonio relativi all'anno precedente. In sede di determinazione delle categorie effettivamente a rischio, la commissione tiene discrezionalmente conto, oltre che del numero dei reati, anche della loro gravità.
3. L'elenco degli enti, degli esercizi e delle aziende di cui al comma 1, lettera b), numero 2), è predisposto e tenuto dalla commissione, che lo aggiorna ogniqualvolta ne ravvisa l'opportunità.
4. La rilevazione degli enti, degli esercizi o delle aziende di cui al comma 1, lettera b), numero 3), è effettuata e aggiornata a cura dei Ministeri dello sviluppo economico, dell'istruzione, dell'università e della ricerca, della difesa, delle infrastrutture, dei trasporti, della salute, dei beni e delle attività culturali e delle comunicazioni, ciascuno per la parte di propria competenza.
5. Gli obblighi stabiliti dalla presente legge si applicano solo agli enti, agli esercizi e alle aziende effettivamente a rischio.
6. Il porto d'armi per la difesa personale può essere rilasciato solo alle persone permanentemente a rischio e su loro richiesta. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministero dell'interno, tramite l'Ufficio
1. Le misure generali per la prevenzione dei crimini contro la persona e contro il patrimonio di cui gli enti, gli esercizi e le aziende effettivamente a rischio devono tenere conto si articolano in:
a) programmazione della prevenzione mediante un piano organico che integri in modo coerente gli aspetti logistici, produttivi, organizzativi, normativi, formativi, difensivi e ispettivi;
b) valutazione dei rischi di natura criminosa;
c) eliminazione o riduzione dei rischi alla fonte;
d) eliminazione o riduzione dei rischi residui;
e) sostituzione delle procedure e delle attrezzature con scarsa efficacia difensiva con procedure e attrezzature più adeguate, in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico;
f) adozione di procedure e di attrezzature difensive di tipo il più possibile automatico, che richiedano il minor intervento possibile da parte dei lavoratori dipendenti degli enti, esercizi o aziende a rischio;
g) regolare manutenzione di attrezzature, macchine e impianti aventi finalità di riduzione del rischio o comunque anticrimine, in conformità alle indicazioni dei fabbricanti;
h) informazione, formazione, consultazione e partecipazione dei lavoratori ovvero dei loro rappresentanti sulle questioni riguardanti la sicurezza anticrimine;
i) predisposizione di piani di emergenza per ciascuna ipotesi di rischio criminoso e per ciascun punto operativo, con l'indicazione del comportamento da tenere in caso di rapina, estorsione, sequestro di persona, telefonata anonima, atto vandalico, ricezione di busta o pacco sospetto, rinvenimento di ordigni esplosivi, assalto da parte di dimostranti, furto, truffa, sottrazione di dati, attacco informatico;
l) istruzioni adeguate a tutti i lavoratori;
m) assistenza sanitaria a tutte le vittime di crimini commessi nei locali dell'ente, dell'esercizio o dell'azienda o comunque in relazione all'attività svolta dai medesimi.
2. Le misure relative alla sicurezza anticrimine non devono in nessun caso comportare oneri finanziari per i lavoratori. I corsi di autoistruzione, i corsi in aula e le eventuali esercitazioni pratiche devono essere effettuati durante l'orario lavorativo.
1. L'ente, l'esercizio o l'azienda effettivamente a rischio è tenuto all'osservanza
delle misure generali di tutela previste dall'articolo 6.
2. L'ente, l'esercizio o l'azienda provvede a programmare la prevenzione mediante un piano organico che integri in modo coerente gli aspetti logistici, produttivi, organizzativi, normativi, formativi, difensivi e ispettivi, avvalendosi, se impiega più di cento addetti, dell'opera di un responsabile della sicurezza anticrimine che risponda ai requisiti di cui all'articolo 10 o di un consulente sulla sicurezza anticrimine che risponda ai requisiti di cui all'articolo 20.
3. In relazione alla natura dell'attività svolta, l'ente, l'esercizio o l'azienda valuta i rischi di natura criminosa per le persone e per i beni custoditi o prodotti.
4. All'esito della valutazione di cui al comma 3, l'ente, l'esercizio o l'azienda predispone un documento programmatico contenente:
a) una relazione sulla valutazione dei rischi di natura criminosa per le persone e per i beni custoditi in ciascun punto operativo e in ciascun momento dell'attività svolta per proprio conto all'esterno dei punti operativi. La relazione, controfirmata, se l'ente, l'esercizio o l'azienda impiega più di cento addetti, dal responsabile della sicurezza anticrimine o dal consulente della sicurezza anticrimine, tiene conto di tutti i possibili rischi di natura criminosa, quali rapina, estorsione, sequestro di persona, telefonata anonima, atto vandalico, ricezione di busta o pacco sospetto, rinvenimento di ordigni esplosivi, assalto da parte di dimostranti, furto, truffa, sottrazione di dati, attacco informatico, e ne valuta la probabilità di accadimento sulla base della rischiosità generale dell'area territoriale e sulla base dell'effettivo accadimento dei crimini stessi nei cinque anni precedenti nei punti operativi
b) l'individuazione delle misure di prevenzione, effettuata dal responsabile della sicurezza anticrimine di cui al comma 2 se l'ente, esercizio o azienda impiega più di cento addetti, in conseguenza della valutazione effettuata ai sensi della lettera a) e al fine della eliminazione o riduzione dei rischi alla fonte, nonché della eliminazione o riduzione dei rischi residui. Per rischi alla fonte si intendono quelli derivanti dalla presenza di beni materiali o immateriali di elevato valore, facilmente asportabili, commerciabili o riutilizzabili, ovvero quelli eventualmente derivanti dall'immagine dell'ente, dell'esercizio o dell'azienda. Per eliminazione o riduzione dei rischi alla fonte si intende l'attività procedurale e strumentale volta a rendere indisponibili ai criminali i beni materiali o immateriali dell'ente, dell'esercizio o dell'azienda a rischio, nonché l'attività volta a proteggere i locali e le persone contro ogni tentativo criminoso. Per rischi residui si intendono quelli che l'eliminazione o riduzione dei rischi alla fonte non è in grado di prevenire. Per eliminazione o riduzione dei rischi residui si intende l'attività volta a scoraggiare il compimento dei reati mediante l'utilizzo di procedure e strumenti atti a contrastare attivamente l'azione dei criminali ovvero a produrre prove attraverso le quali risalire all'identità dei medesimi;
c) il programma di attuazione delle misure di cui alla lettera b), dando la precedenza all'eliminazione o riduzione dei rischi alla fonte nelle aree più a rischio.
5. Il documento di cui al comma 4 è custodito presso l'ente, l'esercizio o l'azienda ovvero presso ciascun punto operativo.
6. L'ente, l'esercizio o l'azienda, nella persona del titolare o del legale rappresentante o se impiega più di cento addetti per il tramite del responsabile della sicurezza anticrimine o del consulente della sicurezza anticrimine, adotta le misure necessarie a prevenire il compimento dei crimini in conformità alle valutazioni contenute nel documento di cui al comma 4. In particolare:
a) individua gli strumenti per l'eliminazione o riduzione dei rischi alla fonte;
b) effettua l'acquisto e l'installazione degli strumenti di cui alla lettera a) sulla base del programma predisposto ai sensi del comma 4, lettera c), privilegiando le apparecchiature con il maggiore livello di automatismo, che richiedono il minor intervento possibile da parte del personale dipendente;
c) individua le procedure ottimali di utilizzo degli strumenti per l'eliminazione o riduzione dei rischi alla fonte, avendo cura che nessuna altra procedura in uso relativamente all'attività svolta sia tale da vanificare l'eliminazione o riduzione dei rischi alla fonte ottenuta con gli strumenti installati;
d) affida le attività che continuano a comportare rischi alla fonte o che implicano prevalenti mansioni di prevenzione del crimine ad agenti di sicurezza dipendenti da istituti privati di vigilanza;
e) individua gli strumenti per l'eliminazione o riduzione dei rischi residui, dando la precedenza ai sistemi di segnalazione delle situazioni di pericolo alle centrali operative delle Forze di polizia o degli istituti privati di vigilanza e ai sistemi atti a produrre prove attraverso le quali si può risalire all'identità degli autori dei reati;
f) effettua l'acquisto e l'installazione degli strumenti di cui alla lettera e), privilegiando le apparecchiature con il maggiore
g) individua le procedure ottimali di utilizzo degli strumenti per l'eliminazione o riduzione dei rischi residui;
h) istruisce adeguatamente il personale dipendente sulle modalità di funzionamento degli strumenti di cui alle lettere a), b) e) e f), e sulle procedure previste dalle lettere c) e g);
i) affida a una ditta specializzata e abilitata la manutenzione degli strumenti di cui alle lettere a), b) e) e f), se necessaria e in conformità alle indicazioni dei fabbricanti;
l) stabilisce le norme comportamentali e i piani di emergenza cui i lavoratori dipendenti di ciascun punto operativo devono attenersi in caso di attacco criminoso, privilegiando le procedure atte a salvaguardare l'incolumità fisica delle persone e la repressione dei reati da parte delle forze di polizia;
m) individua i mezzi formativi e informativi più idonei a sensibilizzare i lavoratori dipendenti sulle problematiche della sicurezza anticrimine, fornendo annualmente ai medesimi i dati relativi ai reati commessi ai danni dell'ente, dell'esercizio o dell'azienda in ciascun punto operativo o comunque in relazione all'attività svolta;
n) richiede e verifica l'osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme e delle disposizioni in materia di sicurezza anticrimine e di uso degli strumenti per l'eliminazione o riduzione dei rischi;
o) informa il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza anticrimine delle misure di prevenzione e contrasto adottate ai sensi dell'articolo 11;
p) permette ai lavoratori di verificare, mediante il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza anticrimine di cui all'articolo 11, l'applicazione delle misure di sicurezza anticrimine;
q) tiene un registro nel quale sono annotati cronologicamente tutti i reati commessi in ciascun punto operativo o comunque in relazione all'attività svolta dall'ente, dall'esercizio o dall'azienda, con l'indicazione delle conseguenze per le persone e per i beni e con l'indicazione dei provvedimenti adottati.
7. La valutazione di cui al comma 3 e il documento di cui al comma 4 sono aggiornati annualmente, sulla base dei dati relativi ai reati contro la persona e contro il patrimonio dell'anno precedente.
8. Con decreto del Ministro dell'interno, su proposta della commissione, in relazione alla natura dell'attività svolta sono individuati:
a) le categorie di attività omogenee ai fini della sicurezza anticrimine;
b) i soggetti abilitati a rappresentare collettivamente gli enti, esercizi o aziende per le questioni di carattere generale relative alla sicurezza anticrimine;
c) per gli enti, esercizi o aziende effettivamente a rischio che impiegano meno di cento dipendenti, le procedure standardizzate per gli adempimenti documentali di cui al presente articolo, comprese l'adozione standardizzata della valutazione settoriale del rischio effettuata dagli osservatori e approvata dalla commissione nonché l'individuazione standardizzata degli strumenti per l'eliminazione o riduzione dei rischi alla fonte e dei rischi residui e le relative procedure di utilizzo e servizi di vigilanza alternativi effettuata dalla commissione.
9. Il decreto di cui al comma 8 è emanato entro sei mesi dalla costituzione della commissione.
1. Ogni lavoratore dipendente deve costantemente agire in modo tale da non agevolare, con comportamenti attivi od
a) osservano le norme di sicurezza anticrimine impartite dall'ente, dall'esercizio o dall'azienda;
b) si rifiutano di svolgere attività in contrasto con tali norme, anche se richieste da superiori gerarchici, informando il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza anticrimine di ogni ordine ricevuto in contrasto con le norme di cui alla lettera a);
c) utilizzano correttamente gli apparati, gli impianti e i sistemi di sicurezza anticrimine e compiono tutte le operazioni di propria competenza necessarie a mantenerli efficienti;
d) segnalano tempestivamente agli organismi preposti ogni malfunzionamento degli apparati, impianti e sistemi di sicurezza anticrimine;
e) segnalano tempestivamente ai superiori gerarchici ogni situazione di pericolosità ai fini della sicurezza anticrimine di cui vengono a conoscenza;
f) segnalano alle Forze dell'ordine l'accadimento di ogni reato, direttamente in caso di flagranza o di urgenza e per il tramite dei superiori gerarchici negli altri casi.
1. L'ente, l'esercizio o l'azienda effettivamente a rischio, in caso di affidamento di lavori a imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi, fornisce loro informazioni sui rischi di natura criminosa esistenti nei punti operativi in cui sono incaricati di eseguire i lavori.
2. A fronte di ogni rischio di natura criminosa l'ente, l'esercizio o l'azienda
1. Gli enti, gli esercizi e le aziende effettivamente a rischio che impiegano più di cento addetti si avvalgono dell'opera di un responsabile della sicurezza anticrimine o di un consulente sulla sicurezza anticrimine con i requisiti di cui all'articolo 20.
2. Gli enti, gli esercizi e le aziende effettivamente a rischio che impiegano più di mille addetti si avvalgono dell'opera di un responsabile della sicurezza anticrimine, alle cui dipendenze è posto un dipartimento per la sicurezza anticrimine. L'eventuale ricorso all'opera di un consulente sulla sicurezza anticrimine che risponde ai requisiti di cui all'articolo 20 non esonera gli enti, gli esercizi e le aziende di cui al presente comma dal predetto obbligo.
3. Il responsabile della sicurezza anticrimine svolge le funzioni, riveste il profilo professionale e ha i titoli e le competenze descritti nella norma UNI 10459 e certificati da apposito ente di certificazione professionale.
a) all'analisi del rischio;
b) al censimento delle situazioni e degli eventi;
c) alla ricerca delle più efficaci soluzioni per la prevenzione e il contrasto dei crimini;
d) alla redazione delle norme di sicurezza e alla verifica sulla puntuale applicazione delle stesse da parte di tutti i lavoratori dell'ente, dell'esercizio o dell'azienda effettivamente a rischio o delle imprese appaltatrici dei medesimi;
e) all'acquisto, installazione, collaudo e manutenzione di apparati, impianti e sistemi di sicurezza anticrimine;
f) alla selezione, acquisto e gestione dei servizi di vigilanza adeguati alla prevenzione dei rischi identificati;
g) ad assicurare l'efficienza e l'efficacia dei servizi resi dai fornitori.
7. Il dipartimento per la sicurezza anticrimine è composto da almeno un addetto ogni mille dipendenti, a partire dal milleunesimo dipendente in forza presso l'ente, l'esercizio o l'azienda.
8. Ad enti, esercizi o aziende appartenenti a un medesimo gruppo societario è consentito di avvalersi dell'opera di un unico responsabile della sicurezza anticrimine e di un unico dipartimento per la sicurezza anticrimine, alle dipendenze della società capogruppo o di una società appositamente costituita.
9. Per le attività di natura più strettamente tecnica, quali l'installazione, il collaudo e la manutenzione di apparati, impianti e sistemi di sicurezza anticrimine e gestione dei servizi di vigilanza, il responsabile della sicurezza anticrimine si può avvalere di aziende specializzate.
1. In tutti gli enti, gli esercizi e le aziende a rischio i rappresentanti per la sicurezza individuati ai sensi del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, rivestono anche le funzioni di rappresentanti per la sicurezza anticrimine.
2. Il tempo di lavoro retribuito e gli strumenti per l'espletamento delle funzioni dei rappresentanti di cui al comma 1 sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva.
3. In caso di mancato accordo nella contrattazione collettiva di cui al comma 2, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentite le parti e la commissione, stabilisce con proprio decreto, da emanare entro tre mesi dalla comunicazione del mancato accordo, gli standard relativi alle materie di cui al medesimo comma 2.
4. Il rappresentante per la sicurezza anticrimine:
a) riceve informativa scritta annua da parte dell'ente, dell'esercizio o dell'azienda sulla valutazione del rischio e sulle misure anticrimine di ogni punto operativo;
b) riceve informativa scritta da parte dell'ente, dell'esercizio o dell'azienda, entro due giorni lavorativi, di ogni reato contro la persona o contro il patrimonio compiuto nei locali dell'ente, dell'esercizio o dell'azienda o comunque in relazione all'attività svolta;
c) accede a tutti i punti operativi a rischio dell'ente, dell'esercizio o dell'azienda;
d) comunica all'ente, all'esercizio o all'azienda eventuali rischi individuati nel corso della sua attività;
e) propone annualmente all'ente, all'esercizio o all'azienda integrazioni o modifiche delle misure anticrimine;
f) riceve risposta scritta e motivata da parte dell'ente, dell'esercizio e dell'azienda in ordine all'accoglimento o al respingimento delle proposte di cui alla lettera e).
5. Il rappresentante per la sicurezza anticrimine non può subire pregiudizio alcuno a causa dello svolgimento della propria attività.
1. I beni materiali di elevato valore, facilmente asportabili, commerciabili o riutilizzabili appartenenti a enti, esercizi o aziende a rischio, o dagli stessi custoditi, devono essere adeguatamente protetti contro la rapina e il furto. Il livello di protezione deve essere commisurato alla natura dei beni da proteggere, al loro valore e alla rischiosità del luogo in cui sono custoditi. Il tipo di protezione deve tenere conto della eventuale presenza di persone nell'area in cui si trovano i beni.
2. I beni di cui al comma 1 sono i seguenti:
a) banconote;
b) gioielli e oggetti preziosi;
c) opere d'arte e oggetti d'uso di valore, quali automobili e veicoli in genere, apparecchi elettronici, elettrodomestici, vestiario, medicinali, generi commestibili e di intrattenimento, oggetti di arredamento e da collezione.
3. Le banconote devono essere custodite in modo da non poter essere asportate liberamente e rapidamente da chi non ha titolo per detenerle. I lavoratori di enti, esercizi o aziende a rischio possono custodire o maneggiare liberamente banconote solo all'interno di spazi protetti da barriere antisfondamento con porte azionabili unicamente dall'interno e dotati di impianto d'allarme antirapina collegato con una sala operativa delle Forze dell'ordine. In alternativa, nei punti operativi di enti, esercizi o aziende a rischio in cui vi è scambio di banconote tra clienti e lavoratori, il denaro deve essere immesso, non appena ricevuto in consegna, in appositi contenitori di sicurezza, dai quali non può essere estratto se non con tempi di attesa proporzionati all'importo da prelevare o con l'intervento di un agente di sicurezza addetto al trasporto dei valori. Nei punti operativi di enti, esercizi o aziende a rischio, quando non vi è presenza di persone, le banconote devono essere custodite in camere corazzate o in casseforti corazzate con i requisiti previsti dalle norme UNI EN 1143-1 e EN 1143-2. Contenitori con requisiti inferiori possono essere utilizzati per importi non rilevanti solo se protetti da un impianto d'allarme antifurto collegato con una sala operativa delle Forze dell'ordine o di un istituto privato di vigilanza. Le camere corazzate e le casseforti corazzate al cui interno vengono custodite banconote per importi rilevanti devono essere protette da un impianto di allarme antifurto collegato con una sala operativa delle Forze dell'ordine o di un istituto privato di vigilanza. Nei punti operativi di enti, esercizi o aziende a rischio in cui vi è custodia o maneggio di banconote devono essere presenti impianti televisivi per la ripresa e la registrazione in via continuativa delle immagini sia degli ambienti interni, compresa la
1. L'esercizio dei servizi di vigilanza, sottoposto all'autorizzazione di polizia prevista dal presente capo, è svolto solo in relazione a specifici incarichi di natura contrattuale conferiti dall'avente diritto. Per le attività di protezione delle persone i relativi contratti possono essere stipulati solo dai diretti interessati o, in caso di
a) sono cittadini italiani o di uno Stato membro dell'Unione europea;
b) hanno la capacità di obbligarsi e non sono falliti;
c) hanno le capacità tecniche, ovvero tecniche e direzionali occorrenti in relazione all'attività da esercitare;
d) non hanno riportato condanne, ancorché non definitive, per delitto non colposo, non risultano essere stati destinatari di una misura di prevenzione, anche interdittiva o patrimoniale, o di sicurezza personale, salvi gli effetti della riabilitazione;
e) sono in possesso dei requisiti professionali specificati nella norma UNI 10459 e certificati da apposito ente di certificazione professionale;
f) sono in possesso degli altri requisiti soggettivi indicati dal testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni;
g) non risultano aver esercitato taluna delle attività di cui all'articolo 1 in assenza del titolo autorizzatorio prescritto o aver subìto la revoca dello stesso in data non anteriore al decennio.
3. I requisiti soggettivi di cui al comma 2 si riferiscono altresì al legale rappresentante nel caso di società, all'institore, al direttore tecnico dell'istituto o alla sua articolazione secondaria, agli altri soggetti provvisti di poteri di direzione, amministrazione o gestione, anche parziali, se
1. Il rilascio delle licenze relative all'esercizio di un istituto privato di vigilanza è subordinato all'approvazione, da parte dell'autorità competente al rilascio della licenza, del relativo progetto organizzativo e tecnico-operativo, nonché all'approvazione, da parte del questore, delle regole tecnico-operative del servizio degli agenti di sicurezza.
2. Il progetto, deve contenere:
a) l'indicazione del soggetto che richiede la licenza, unitamente alla composizione dell'assetto proprietario o delle partecipazioni azionarie dell'istituto, all'indicazione delle persone di cui all'articolo 13, comma 3, e, per gli istituti organizzati in forma societaria, di coloro che comunque detengono una quota di partecipazione superiore al 5 per cento o, anche se inferiore, una partecipazione utile ai fini del controllo dell'istituto;
b) l'indicazione delle attività che si intendono esercitare;
c) la documentazione attestante il possesso delle capacità tecniche e direzionali occorrenti, proprie e delle persone preposte alle unità organizzative dell'istituto;
d) l'indicazione del numero degli agenti di sicurezza, del personale tecnico e di supporto che si intendono impiegare;
e) la documentazione attestante la disponibilità di mezzi finanziari, logistici e tecnici occorrenti per l'attività da svolgere e le relative caratteristiche.
3. L'approvazione può essere negata per inadeguatezza del progetto e per gli stessi motivi per i quali può essere negata la licenza.
4. La licenza può essere richiesta contestualmente alla presentazione del progetto o, al più tardi, entro sei mesi dalla sua approvazione.
1. Oltre a quanto già previsto dalla presente legge e dalla ulteriore legislazione vigente in materia, i titolari della licenza e i loro institori sono tenuti a:
a) tenere un registro giornaliero delle operazioni e dei soggetti per conto dei quali esse sono svolte, con le annotazioni dei luoghi e dei beni vigilati o custoditi, nonché con gli elementi essenziali delle relazioni di servizio degli agenti di sicurezza impiegati;
b) comunicare all'ufficio per la sicurezza privata l'elenco completo degli agenti di sicurezza alle proprie dipendenze e a dare notizia, appena si verifichi, di ogni variazione;
c) vigilare scrupolosamente sull'attività del personale impiegato;
d) informare immediatamente le autorità di pubblica sicurezza su quanto comunque abbia attinenza con l'ordine e la sicurezza pubblici nella provincia;
e) assicurare i collegamenti con le centrali operative degli uffici o comandi di polizia competenti per territorio, senza oneri per il bilancio dello Stato;
f) prestare la loro opera a richiesta dell'autorità di pubblica sicurezza.
2. Gli uffici per la sicurezza privata verificano che gli istituti privati di vigilanza assolvano costantemente a tutti i loro obblighi. Possono altresì avvalersi degli accertamenti svolti dagli organi territoriali del Ministero del lavoro e della previdenza sociale competenti a rilevare infrazioni alle disposizioni vigenti in materia di lavoro, di previdenza, di sanità, degli organi paritetici costituiti presso gli enti bilaterali e deputati alla certificazione liberatoria circa la regolarità degli adempimenti retributivi previsti dai contratti collettivi per gli agenti di sicurezza personale e dalle norme previdenziali ed assicurative, nonché, relativamente alla vigilanza sulla qualità dei servizi, dagli organi aventi competenza in materia o aventi compiti di tutela del consumatore e della fede pubblica.
3. Il registro di cui al comma 1 deve essere esibito ad ogni richiesta degli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza incaricati del controllo.
4. L'attività tecnico-operativa degli istituti di cui alla presente legge e il servizio degli agenti di sicurezza sono posti sotto la diretta vigilanza del questore, il quale ha facoltà:
a) di aggiungere alle regole tecnico-operative specifiche prescrizioni per esigenze di ordine e sicurezza pubblici;
b) di far effettuare in qualsiasi momento controlli e ispezioni nei locali e sui mezzi di pertinenza dell'istituto autorizzato e nei luoghi in cui il servizio è svolto;
c) di sospendere cautelarmente dal servizio gli agenti di sicurezza, in caso di grave inosservanza degli obblighi inerenti all'espletamento del servizio;
d) di adottare o di proporre al prefetto l'adozione dei provvedimenti di rispettiva competenza nei confronti dell'istituto e degli agenti di sicurezza disciplinati dalla presente legge.
5. Per l'espletamento dei compiti di cui al comma 4, il questore si avvale degli uffici per la sicurezza privata e può avvalersi, per specifiche attività inerenti ai compiti di istituto, di ufficiali o agenti di pubblica sicurezza di altre Forze di polizia.
6. Gli uffici per la sicurezza privata curano la tenuta della banca dati degli istituti di vigilanza, con il dettaglio delle persone di cui all'articolo 13, comma 3, delle attività autorizzate e dei beni strumentali utilizzati per l'attività di vigilanza. Copia della banca dati e di ogni suo aggiornamento sono trasmessi periodicamente alla commissione, secondo modalità indicate dalla medesima commissione agli uffici per la sicurezza privata.
1. Oltre a quanto previsto dall'articolo 13, le autorizzazioni di polizia previste dalla presente legge sono negate o revocate quando non sono soddisfatte o vengono a mancare le condizioni previste dalla presente legge e possono essere negate o revocate per gravi motivi di ordine e sicurezza pubblici.
2. Costituiscono, altresì, motivo di diniego o di revoca delle licenze previste dalla presente legge, delle relative integrazioni o di taluna di esse:
a) il mancato avvio delle attività autorizzate, decorso un anno dal rilascio della licenza;
b) la mancanza, anche sopravvenuta, dei requisiti professionali e organizzativi occorrenti in rapporto alle attività da svolgere o svolte;
c) la violazione grave o reiterata degli obblighi inerenti alla licenza;
d) il fondato pericolo che l'istituto acquisisca una posizione predominante nel territorio o nel settore di attività.
3. La revoca della licenza, delle relative integrazioni o di taluna di esse è disposta previa comunicazione all'interessato dei motivi e previa valutazione degli elementi addotti a giustificazione nel termine prescritto. La revoca della licenza per l'esercizio di un istituto di vigilanza comporta l'immediata cessazione delle funzioni degli agenti di sicurezza dipendenti dall'istituto.
4. L'autorità di pubblica sicurezza competente può disporre la sospensione del titolo autorizzatorio fino alla conclusione del procedimento di revoca. La stessa autorità può, altresì, disporre la sospensione della licenza, delle relative integrazioni o di taluna di esse, fino ad un massimo di sessanta giorni, per motivate esigenze di ordine pubblico o per violazioni di taluno degli obblighi inerenti alla licenza, previa comunicazione all'interessato dei motivi e previa valutazione degli elementi addotti a giustificazione.
5. Con il provvedimento che ordina la sospensione della licenza, delle relative integrazioni o approvazioni, l'autorità adotta i provvedimenti occorrenti per assicurare la continuità delle attività di vigilanza, a mezzo di commissari straordinari, ovvero autorizzando l'istituto all'esecuzione dei contratti in corso.
1. Possono essere nominate agenti di sicurezza le persone in possesso dei seguenti requisiti:
a) cittadinanza italiana o di uno Stato membro dell'Unione europea;
b) maggiore età;
c) adempimento degli obblighi scolastici e possesso dei requisiti professionali di cui all'articolo 18;
d) idoneità psico-fisica e attitudinale al porto delle armi;
e) assenza di condanne a pena detentiva per delitti non colposi e di misure
f) possesso degli altri requisiti soggettivi indicati dal testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni;
g) tenuta di una condotta idonea a dimostrare l'attuale attitudine e affidabilità ad esercitare i compiti di guardia giurata;
h) iscrizione al Servizio sanitario nazionale e ai servizi assicurativi e antinfortunistici prescritti;
i) frequenza con profitto di appositi corsi professionali teorico-pratici, organizzati dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano.
2. Per tutti gli effetti disciplinati dal presente articolo la sentenza prevista dall'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a quella di condanna.
3. La nomina degli agenti di sicurezza deve essere approvata dal prefetto della provincia in cui ha sede l'istituto privato di vigilanza che la richiede, è valida per un anno e può essere rinnovata. L'approvazione può essere negata nei casi previsti dall'articolo 13, comma 4.
4. Prima di assumere servizio, l'agente di sicurezza presta giuramento davanti al questore della provincia in cui il servizio deve essere svolto o ad un funzionario di polizia delegato, il quale rilascia allo stesso apposito tesserino munito di fotografia, conforme al modello approvato con decreto del Ministro dell'interno, idoneo ad attestare la qualità e l'identità personali dei titolare.
5. L'attività di agente di sicurezza può essere svolta solo alle dipendenze di un istituto privato di vigilanza.
6. Le guardie particolari giurate che, alla data di entrata in vigore della presente legge, risultano destinate da enti pubblici o da altri enti collettivi e privati alla vigilanza o custodia delle loro proprietà mobiliari o immobiliari possono continuare
1. I requisiti professionali minimi degli agenti di sicurezza sono determinati con decreto del Ministro dell'interno, su proposta della commissione.
2. La Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, promuove, su proposta della commissione, l'adozione da parte delle regioni e delle province autonome di una normativa comune per la formazione e la riqualificazione con cadenza biennale degli agenti di sicurezza.
3. L'organizzazione dei corsi di formazione pre-assunzione e di riqualificazione professionale con cadenza biennale, in conformità alla normativa adottata ai sensi del comma 2, è di competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano.
4. Gli oneri relativi all'organizzazione dei corsi di cui al comma 3 sono a carico degli istituti privati di vigilanza.
5. Gli uffici per la sicurezza privata aventi sede nei capoluoghi di regione e nelle province autonome di Trento e di Bolzano provvedono ad accertare che i corsi di cui al
1. Gli istituti privati di vigilanza esercitano le attività di prevenzione e di contrasto dei crimini contro la persona e contro la proprietà per il tramite di agenti di sicurezza. Il personale tecnico e amministrativo dipendente da istituti privati di vigilanza privo di decreto di nomina ad agente di sicurezza non può esercitare attività di prevenzione e di contrasto dei crimini. I superiori gerarchici degli agenti di sicurezza, con funzioni organizzative o ispettive, devono essere anche essi in possesso di decreto di nomina ad agente di sicurezza.
2. Ogni agente di sicurezza è autorizzato ad operare, oltre che nella provincia in cui è stato nominato, in tutte le province in cui opera l'istituto privato di vigilanza da cui dipende.
3. I servizi di vigilanza svolti da agenti di sicurezza si distinguono in:
a) servizi di vigilanza ispettiva;
b) servizi di vigilanza fissa;
c) servizi di vigilanza antirapina;
d) servizi di vigilanza antitaccheggio;
e) servizi di telesorveglianza;
f) servizi di intervento;
g) servizi di custodia valori;
h) servizi di scorta valori;
i) servizi di trasporto valori;
l) servizio di trattamento denaro e beni assimilati;
m) servizi di protezione e scorta persone;
n) servizi d'ordine in luoghi aperti al pubblico;
o) servizi di vigilanza su mezzi di trasporto.
3. I servizi di cui al comma 3, oltre che da appartenenti alle Forze dell'ordine, possono essere svolti solo da agenti di sicurezza.
4. All'agente di sicurezza, con riguardo all'ufficio proprio o al servizio espletato, competono qualifiche e attribuzioni proprie dei pubblici ufficiali e degli agenti di polizia giudiziaria, che svolgono temporaneamente con natura ausiliaria. Quando comandati dall'autorità e per il servizio espletato, competono loro, altresì, le attribuzioni di agenti ausiliari di pubblica sicurezza.
5. Gli agenti di sicurezza non possono essere impiegati in modo difforme rispetto alle relative norme di servizio approvate dal questore. Gli agenti di sicurezza assolvono i compiti di vigilanza, di protezione e di sicurezza previsti dalla presente legge e sono tenuti ad aderire a tutte le richieste ad essi rivolte dagli ufficiali o agenti di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria. Quando dipende da tali richieste, l'eventuale interruzione del normale servizio non può essere censurata dalla direzione dell'istituto privato di vigilanza né invocata dal committente del servizio quale causa di rescissione del contratto.
6. Nell'ambito del servizio in cui sono impiegati, gli agenti di sicurezza svolgono le attività autorizzate, redigono verbali che fanno fede fino a prova contraria, procedono all'arresto, sempre che la legge lo consenta, delle persone colte in flagranza dei delitti e possono trattenerle per il tempo strettamente necessario all'intervento degli organi di polizia. Le persone arrestate sono immediatamente consegnate all'organo di polizia che interviene sul posto, unitamente ai mezzi di prova eventualmente raccolti.
7. Gli uffici per la sicurezza privata istituiti presso ogni questura, sentita la commissione, approvano o determinano, per ogni istituto privato di vigilanza, l'uniforme degli agenti di sicurezza e i segni distintivi di ogni equipaggiamento e veicolo utilizzato dagli istituti privati di vigilanza.
8. Il Ministero dell'interno, su proposta della commissione, stabilisce con decreto, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore
1. Gli enti, gli esercizi e le aziende effettivamente a rischio, fermi restando i termini indicati all'articolo 10, commi 1 e 2, per la nomina dei responsabili della
a) essere cittadino italiano o di uno Stato membro dell'Unione europea;
b) avere la capacità di obbligarsi e non essere fallito;
c) non avere riportato condanne, ancorché non definitive, per delitto non colposo, non essere stato destinatario di una misura di prevenzione, anche interdittiva o patrimoniale, o di sicurezza personale, salvi gli effetti della riabilitazione;
d) essere in possesso dei requisiti professionali specificati nella norma UNI 10459 e certificati da apposito ente di certificazione professionale;
e) non aver esercitato taluna delle attività di cui all'articolo 1 in assenza del titolo autorizzatorio prescritto e non avere subìto la revoca dello stesso in data non anteriore al decennio.
3. Per tutti gli effetti disciplinati dal presente articolo la sentenza prevista dall'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a quella di condanna.
4. L'ufficio per la sicurezza privata istituito presso ogni questura cura la tenuta di una banca dati dei consulenti sulla sicurezza anticrimine autorizzati ad operare. Copia della banca dati e di ogni suo aggiornamento sono trasmessi alla commissione, secondo modalità indicate dalla medesima commissione agli uffici per la sicurezza privata.
5. In presenza di mutamenti palesi e comprovati, in senso negativo, dei requisiti del consulente sulla sicurezza anticrimine,
1. I consulenti sulla sicurezza anticrimine sono abilitati ad esercitare le attività di cui agli articoli 6 e 7 in favore di enti, esercizi o aziende teoricamente od effettivamente a rischio. Possono altresì svolgere attività analoghe in favore di altri soggetti che, pur in assenza di obblighi di legge, richiedono servizi di consulenza anticrimine.
2. Ogni consulente sulla sicurezza anticrimine tiene un registro aggiornato di tutte le consulenze effettuate.
3. Il registro di cui al comma 2 deve essere custodito in modo riservato e può essere esibito, dietro richiesta scritta, solo a chi ha richiesto le consulenze, per la parte di propria competenza, nonché all'ufficio per la sicurezza privata della questura in cui risiede il cliente che ha richiesto la consulenza o in cui risiede il consulente che l'ha effettuata e all'autorità giudiziaria.
4. Non può essere svolta contrattualmente opera di consulenza anticrimine da chi non è in possesso dell'autorizzazione di cui all'articolo 20.
1. Sono definiti apparati, impianti e sistemi anticrimine tutti i dispositivi e i
a) di difesa;
b) di contrasto.
3. Gli apparati, impianti e sistemi anticrimine di difesa si oppongono passivamente, in virtù della loro presenza o resistenza, al compimento dei crimini. A questa categoria appartengono:
a) porte blindate e corazzate;
b) armadi blindati, casseforti e camere corazzate;
c) contenitori blindati per la gestione automatica delle banconote;
d) furgoni blindati;
e) banconi blindati e vetri blindati in genere;
f) tutti i congegni di chiusura, meccanici ed elettronici, utilizzati per l'azionamento dei dispositivi di cui alle lettere a), b), c), d) ed e).
4. Gli apparati, impianti e sistemi anticrimine di contrasto rilevano e segnalano la presenza di situazioni anomale, riconducibili al possibile compimento di un crimine, contrastano attivamente il crimine in atto o consentono di ricavare a posteriori elementi utili per lo svolgimento delle indagini. A questa categoria appartengono:
a) impianti d'allarme, quali sensori e apparecchiature per la rilevazione di situazioni anomale, compresi metal detector e apparecchiature ai raggi x, centraline locali di elaborazione dei segnali, centrali operative di ricezione degli allarmi a distanza;
b) apparecchiature di segnalazione e contrasto locale, quali segnalatori ottico-acustici,
c) impianti televisivi per la trasmissione delle immagini, centrali operative per la ricezione delle immagini a distanza, impianti di videoregistrazione analogica o digitale delle immagini;
d) impianti biometrici per la rilevazione delle impronte digitali o di altri dati somatici caratteristici dell'individuo;
e) sistemi di controllo degli accessi.
1. Gli apparati, impianti e sistemi anticrimine di cui all'articolo 22, per essere messi in commercio, devono essere certificati dagli enti di normazione di riferimento, il Comitato europeo di normazione per il settore elettrotecnico (CENELEC) e il Comitato europeo di normazione (CEN), o, in assenza della normativa europea in materia, dal Comitato elettronico italiano (CEI) o dall'Ente nazionale di unificazione (UNI).
2. In assenza di adeguata normativa tecnica la commissione ne sollecita l'emanazione da parte dei competenti enti di normazione, applicando fino all'avvenuta emanazione criteri sostitutivi o di equivalenza.
1. Ogni impresa che produce importa o vende gli apparati, impianti e sistemi anticrimine di cui all'articolo 22 deve iscrivere la propria ragione sociale e i propri dati caratteristici nella banca dati delle imprese produttrici, importatrici o venditrici di apparati, impianti e sistemi anticrimine istituita presso l'ufficio per la sicurezza privata della questura della provincia in cui l'impresa
a) nominativo e indirizzo del titolare, dei soci e degli amministratori;
b) descrizione degli apparati, impianti e sistemi anticrimine per la produzione, importazione o vendita dei quali si richiede iscrizione al registro.
2. Ogni variazione ai dati di cui al comma 1 deve essere iscritta nella banca dati entro trenta giorni dalla data in cui si verifica.
3. Una sezione speciale della banca dati di cui al comma 1 è riservata alle imprese che svolgono attività di vendita o duplicazione di chiavi.
4. L'ufficio per la sicurezza privata istituito presso ogni questura trasmette copia della banca dati e di ogni suo aggiornamento alla commissione, secondo modalità indicate dalla medesima commissione agli uffici per la sicurezza privata.
1. Gli apparati, impianti e sistemi anticrimine di cui all'articolo 22 possono essere installati o mantenuti unicamente da imprese autorizzate all'esercizio dell'attività di installatore o manutentore di apparati, impianti o sistemi anticrimine.
2. L'autorizzazione all'esercizio dell'attività di installatore o manutentore di apparati, impianti o sistemi anticrimine è rilasciata dall'ufficio per la sicurezza privata della questura della provincia in cui l'impresa ha la sede legale e la direzione.
3. Per il rilascio dell'autorizzazione si tiene conto:
a) dei requisiti personali del titolare dell'impresa, di chi la dirige e di tutto il personale dipendente addetto all'installazione o manutenzione di apparati, impianti o sistemi anticrimine;
b) dei requisiti tecnico-professionali del personale dipendente con compiti di installazione o manutenzione di apparati, impianti o sistemi anticrimine.
4. I requisiti personali di cui al comma 3, lettera a), consistono:
a) nell'essere cittadino italiano o di uno Stato membro dell'Unione europea;
b) nell'avere la capacità di obbligarsi e non essere fallito;
c) nel non avere riportato condanne, ancorché non definitive, per delitto non colposo, non essere stato destinatario di una misura di prevenzione, anche interdittiva o patrimoniale, o di sicurezza personale, salvi gli effetti della riabilitazione;
d) nel non aver esercitato taluna delle attività di cui all'articolo 1 in assenza del titolo autorizzatorio prescritto e nel non avere subìto la revoca dello stesso in data non anteriore al decennio.
5. Per tutti gli effetti disciplinati dal presente articolo la sentenza prevista dall'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a quella di condanna.
6. I requisiti tecnico-professionali di cui al comma 3, lettera b), si intendono riferiti ad almeno un terzo dei dipendenti e consistono nell'essere in possesso di un titolo di studio in campo meccanico, tecnico, elettrotecnico o elettronico, a seconda del tipo di apparecchiature che l'impresa installa o manutiene, e nell'aver maturato esperienza per almeno tre anni in altra impresa installatrice o manutentrice di apparati, impianti o sistemi anticrimine.
7. L'autorizzazione rilasciata ha validità sull'intero territorio nazionale. Può valere per l'installazione o manutenzione di qualunque apparato, impianto o sistema anticrimine o può essere limitata a particolari tipologie.
8. L'ufficio per la sicurezza privata istituito presso ogni questura cura la tenuta di una banca dati delle imprese installatrici o manutentrici di apparati, impianti o sistemi anticrimine alle quali è
1. All'installatore di apparati, impianti e sistemi anticrimine compete di porre in opera i dispositivi in modo che gli stessi rispondano al meglio allo scopo per cui sono installati.
2. La progettazione di impianti complessi per la protezione di siti di enti, esercizi o aziende a rischio è effettuata da chi commissiona il lavoro per il tramite del proprio responsabile della sicurezza anticrimine o di un consulente sulla sicurezza anticrimine.
3. L'installatore, al termine della posa in opera, collauda l'apparato, impianto o sistema anticrimine, redigendo apposito verbale in duplice copia, una per il committente e una per il proprio archivio. Il verbale autocertifica che l'installazione è stata effettuata a regola d'arte. Il collaudo degli impianti complessi per la protezione di siti di enti, esercizi o aziende a rischio
1. Chiunque, avendo notizia che un reato contro la persona o contro il patrimonio sta per essere commesso, omette di informare l'autorità di pubblica sicurezza
1. Alla fornitura dei beni di cui all'articolo 22 e dei servizi di vigilanza, di consulenza, di installazione e manutenzione di apparati, impianti e sistemi anticrimine, resa da istituti, consulenti e imprese autorizzati ai sensi della presente legge, si applica l'imposta sul valore aggiunto in forma ridotta con aliquota pari al 4 per cento.
2. Le spese sostenute per servizi di vigilanza e di consulenza nonché per la fornitura, installazione e manutenzione di apparati, impianti e sistemi anticrimine, e relativamente alle misure di protezione previste dall'articolo 12, sono detraibili dal reddito ai fini dell'imposizione fiscale nella misura del 50 per cento.
3. Al contributo a carico del Fondo istituito ai sensi del comma 350 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, possono accedere anche le piccole e medie imprese commerciali interessate a programmi di spesa per la realizzazione o il potenziamento della sicurezza privata, per il tramite delle rispettive regioni e province autonome territorialmente competenti.
1. La presente legge entra in vigore il primo giorno del sesto mese successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
2. Le attività non sottoposte ad autorizzazione anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge possono essere proseguite per non oltre i sei mesi successivi alla medesima data.
1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge sono abrogate le disposizioni del titolo IV del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, e del titolo IV, paragrafi 20 e 21, del regolamento di cui al regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, relative agli istituti di vigilanza e alle guardie giurate, nonché le disposizioni di cui al regio decreto-legge 26 settembre 1935, n. 1952, convertito dalla legge 19 marzo 1936, n. 508, e al regio decreto-legge 12 novembre 1936, n. 2144, convertito dalla legge 3 aprile 1937, n, 526.
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