Frontespizio Relazione Progetto di Legge

Nascondi n. pagina

Stampa

PDL 1070

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1070



 

Pag. 1

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato ASCIERTO

Nuove norme in materia di sicurezza privata

Presentata il 12 giugno 2006

      

torna su
Onorevoli Colleghi! - Nonostante il costante ed encomiabile impegno delle Forze di polizia nell'azione di contrasto alla criminalità, il numero dei reati nel nostro Paese continua ad essere assai elevato.
      I reati contro il patrimonio, in particolare, raggiungono cifre impressionanti. Ogni anno in Italia vengono commessi circa un milione e mezzo di furti e cinquantamila rapine. Questi i numeri dei delitti denunciati, cui bisogna aggiungere il numero dei delitti che le vittime non denunciano, e che pertanto è ignoto, ma sicuramente anch'esso assai elevato.
      Questa situazione, come si può agevolmente intuire, ingenera nei cittadini una sensazione di sfiducia nelle istituzioni, inducendo spesso una percezione di insicurezza perfino superiore alla reale situazione di pericolosità dell'ambiente in cui si vive.
      Per individuare nuove soluzioni che consentano di migliorare questo stato di cose, occorre riflettere sul fatto che il compimento dei reati è quasi sempre inconsapevolmente agevolato dal comportamento stesso delle vittime, che non pongono in essere quei comportamenti cautelativi che sarebbero in grado di prevenire l'azione delittuosa o quanto meno di minimizzarne gli effetti.
      È dunque giunto il momento di introdurre anche in Italia, come già fatto in altri Paesi europei, una legislazione che comporti una collaborazione attiva da parte dei privati nell'azione di contrasto alla criminalità.
      Nel 1994 il decreto legislativo n. 626 stabilì le misure che devono essere attuate per salvaguardare la salute dei lavoratori.
      Nessuna norma specifica esiste invece per la tutela dei lavoratori dalle azioni criminose, ad esclusione dell'articolo 2087 del codice civile, che recita: «L'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la
 

Pag. 2

tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro».
      Ma il compimento di un furto o di una rapina coinvolge non solo i lavoratori dipendenti. Anche i clienti che si recano in una banca, in un ufficio postale, in una tabaccheria, in una farmacia, possono rimanere coinvolti loro malgrado in eventi delittuosi, così come i titolari degli esercizi commerciali. Talvolta questi fatti degenerano e il delitto contro il patrimonio diventa un vero e proprio delitto contro la persona.
      Neppure le private abitazioni sfuggono all'attacco della delinquenza, in special modo quelle più isolate o quelle presso le quali i banditi presumono di poter asportare oggetti di maggior valore.
      Pur essendo in capo allo Stato il dovere primario di garantire la sicurezza dei cittadini, è da sottolineare che il compimento di un furto, di una rapina o, peggio, il ferimento o l'uccisione di chiunque non sono eventi che riguardano solo le vittime del delitto: sono eventi che hanno rilevanza sociale sia sotto il profilo patrimoniale sia, soprattutto, sotto il profilo dell'ordine e della sicurezza pubblici.
      Ecco perché nessuno deve agevolare, seppur inconsapevolmente, il compimento di un delitto, neppure contro se medesimo, ma, al contrario, deve essere introdotto il principio giuridico opposto, e cioè che ognuno deve proteggere i propri beni e la propria persona in modo da rendere meno agevole il compimento dei delitti.
      Allo sviluppo di tale principio giuridico è dedicato il capo II della presente proposta di legge (attività di sicurezza svolte da privati in favore proprio).
      Il capo III tratta invece delle attività di sicurezza svolte da privati in favore di terzi.
      È qui inserita la nuova normativa relativa alla vigilanza privata. Si tratta di materia che trova ancora la sua regolamentazione nel testo unico delle leggi di pubblica sicurezza del 1931 e che nelle passate legislature non ha ricevuto modifica alcuna nonostante gli innumerevoli progetti di legge presentati al riguardo.
      Non appare più prorogabile l'esigenza di adeguare tale normativa, avuto presente il radicale mutamento dei contesto sociale tra il 1931 e oggi.
      Le nuove norme tendono a professionalizzare maggiormente, e quindi anche a tutelare, i lavoratori di questo settore, introducendo la figura dell'«agente di sicurezza» in luogo della guardia particolare giurata di vecchia memoria.
      A tali figure, che possono svolgere la propria attività unicamente alle dipendenze di un istituto privato di vigilanza, vengono per la prima volta in Italia riconosciute qualifiche e attribuzioni proprie dei pubblici ufficiali e degli agenti di polizia giudiziaria, che svolgono temporaneamente con natura ausiliaria.
      In funzione di questo accresciuto livello giuridico e professionale agli «agenti di sicurezza» è consentito di svolgere anche servizi di protezione e scorta di persone.
      Si tratta di una novità di notevole portata, che regolarizza una situazione di fatto esistente nel nostro Paese, ma legalmente non riconosciuta. Sarà possibile, in virtù di questa innovazione giuridica, impiegare in futuro «agenti di sicurezza» nei servizi di scorta, alleggerendo in misura consistente i compiti che ora gravano sulle Forze di polizia, le quali potranno così dedicare più risorse ad azioni di contrasto del crimine di maggiore complessità.
      Nel medesimo capo III trovano regolamentazione le attività di consulenza anticrimine e quelle di fornitura, installazione e manutenzione di apparati, impianti o sistemi anticrimine.
      Tali attività oggi sono svolte in assenza di ogni regolamentazione, talché a chiunque è consentito di progettare, commercializzare o installare impianti di sicurezza in assenza del benché minimo controllo.
      Da notare che, in assenza di tale regolamentazione, lodevoli enti privati hanno stabilito norme per garantire la qualità di professionisti, di materiali e di apparecchiature. Sennonché tali norme, non avendo alcun carattere di obbligatorietà, sono lasciate alla libera accettazione dei committenti, i quali spesso, per fini
 

Pag. 3

economici, preferiscono ignorarle rivolgendosi a fornitori privi di ogni qualificazione in materia.
      Nel capo I, recante disposizioni di carattere generale, oltre alla definizione di ciò che si deve intendere per «attività di sicurezza privata», è prevista l'istituzione presso il Ministero dell'interno di una commissione permanente per la prevenzione dei crimini e per la sicurezza privata.
      A tale commissione è demandato il compito di vigilare sull'attuazione della legge in via generale e di elaborare proposte tecniche migliorative nel campo della sicurezza affidata ai privati.
      I compiti di vigilanza sui singoli soggetti vengono affidati agli «uffici sicurezza privata» da istituire presso ciascuna questura e destinati ad assorbire attività oggi di competenza della polizia amministrativa.
      Nel medesimo capo I è prevista l'istituzione degli «osservatori regionali sulla sicurezza». Questi organismi hanno lo scopo di ricomprendere e uniformare tutte le iniziative che in questo specifico settore numerose regioni hanno da tempo avviato in assenza di ogni regola, rendendo di fatto non comparabili i dati dalle stesse raccolti.
      Vi è da ritenere che la convergenza di tali osservatori verso modelli uniformi possa notevolmente contribuire a creare una mappatura del crimine ben più dettagliata di quanto oggi non sia disponibile a livello centrale, fornendo alle Forze di polizia un nuovo importante strumento per la loro attività.
      In definitiva, onorevoli colleghi, ci troviamo davanti a un vero e proprio testo unico sulla sicurezza privata, il cui fine non è solo quello di aggiornare norme ormai obsolete, ma anche quello più ambizioso e impegnativo di introdurre nuove efficaci misure per la lotta al crimine, il tutto con lo scopo dichiarato di migliorare le condizioni di sicurezza dei nostri concittadini.

 

Pag. 4


torna su
PROPOSTA DI LEGGE

Capo I
DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 1.
(Attività di sicurezza privata).

      1. La presente legge disciplina le attività di sicurezza svolte da soggetti privati, che la legge non riserva alla forza pubblica, volte a prevenire e a contrastare il compimento di crimini contro la persona e contro il legittimo possesso dei beni, anche immateriali. Ai fini della presente legge con il termine sicurezza, se non diversamente specificato, si intende la sicurezza anticrimine.
      2. L'attività di prevenzione consiste nel porre in atto servizi e procedure o nel predisporre apparati, impianti o sistemi di sicurezza in modo da scoraggiare il compimento dei reati.
      3. L'attività di contrasto viene esercitata da chi svolge servizi di vigilanza o dagli apparati, impianti o sistemi di sicurezza nella flagranza dei reati, si conclude non appena l'attività criminosa ha termine e ha il fine di consentire alla forza pubblica di reprimere il compimento dei reati.
      4. Ogni attività repressiva, successiva alla consumazione dei crimini, è di esclusiva competenza dell'autorità giudiziaria e di quella di pubblica sicurezza nei termini e con i controlli previsti dalla legislazione vigente in materia.
      5. Nessuna attività di sicurezza può essere svolta da soggetti privati al di fuori delle previsioni della presente legge.
      6. Rientrano nelle attività di sicurezza di cui al comma 1 quelle che i soggetti privati svolgono in favore proprio e quelle che svolgono in favore di terzi.
      7. I soggetti privati svolgono attività di sicurezza in favore proprio sia di libera

 

Pag. 5

iniziativa sia in ottemperanza alle disposizioni della presente legge.
      8. Ogni soggetto privato, sia esso persona fisica o giuridica, ha il dovere di non agevolare il compimento di reati, diretti contro se stesso o contro altri, con comportamenti attivi od omissivi, seppure non dolosi.
      9. Le persone fisiche e giuridiche che per circostanze inerenti la propria personalità o per l'attività svolta sono maggiormente soggette al rischio o al timore di subire offese hanno il dovere di porre in atto concrete misure volte a prevenire e a contrastare il compimento di ogni reato, ai sensi di quanto previsto al capo II.
      10. Gli enti, gli esercizi e le aziende a rischio svolgono attività di sicurezza in favore proprio mediante i responsabili della sicurezza anticrimine e i dipartimenti per la sicurezza anticrimine di cui all'articolo 10.
      11. Le attività di sicurezza che i soggetti privati svolgono in favore di terzi sono:

          a) servizi di vigilanza;

          b) servizi di consulenza;

          c) fornitura, installazione e manutenzione di apparati, impianti o sistemi anticrimine.

      12. I servizi di vigilanza, disciplinati all'articolo 19, possono essere svolti esclusivamente dagli istituti privati di vigilanza autorizzati ai sensi dell'articolo 13, per il tramite degli agenti di sicurezza di cui all'articolo 17.
      13. I servizi di consulenza possono essere svolti esclusivamente dai professionisti di cui all'articolo 20.
      14. La fornitura, l'installazione o la manutenzione di apparati, impianti o sistemi anticrimine rispondono ai requisiti e possono essere esercitate solo nelle forme e dalle società di cui al capo III, sezione III.
      15. Presso ogni questura è istituito un ufficio per la sicurezza privata, con il compito di vigilare sulle attività di prevenzione e di contrasto del crimine svolte da privati, disciplinato ai sensi dell'articolo 15.

 

Pag. 6

Art. 2.
(Commissione permanente per la prevenzione dei crimini e per la sicurezza privata).

      1. Presso il Ministero dell'interno è istituita la commissione permanente per la prevenzione dei crimini e per la sicurezza privata, di seguito denominata «commissione», con il compito di vigilare sul rispetto delle disposizioni della presente legge da parte di tutti i soggetti interessati e di adempiere a tutte le funzioni previste dalla stessa.
      2. La commissione è composta da quindici membri, di cui cinque nominati dal Ministro dell'interno, due dagli enti, dagli esercizi e dalle aziende a rischio, uno dai responsabili della sicurezza degli enti, degli esercizi e delle aziende a rischio, uno dai consulenti sulla sicurezza anticrimine, due dai titolari degli istituti privati di vigilanza, due dagli agenti di sicurezza, uno dalle imprese produttrici, importatrici o venditrici di apparati, impianti e sistemi anticrimine e uno dalle società che installano e curano la manutenzione di apparati, impianti e sistemi anticrimine.
      3. Tra i cinque membri della Commissione nominati dal Ministro dell'interno, due sono appartenenti all'Amministrazione dello stato e tre estranei alla medesima. I rappresentanti delle altre categorie di cui al comma 2 sono designati a maggioranza dalle rispettive associazioni di categoria o sindacali. Per ciascun componente effettivo è nominato un supplente, che partecipa alle riunioni in caso di impedimento del membro titolare.
      4. I membri della commissione agiscono senza vincolo di mandato, nel solo interesse della collettività.
      5. La commissione nomina il proprio presidente tra i membri di nomina ministeriale.
      6. Le mansioni di segretario sono esercitate da un funzionario del dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno.

 

Pag. 7


      7. La commissione dura in carica tre anni; scaduto tale termine, il Ministro dell'interno nomina nuovamente i suoi cinque rappresentanti. In attesa della designazione dei nuovi rappresentanti delle associazioni di categoria o sindacali restano in carica i rispettivi membri della precedente commissione.
      8. Ogni componente può ricoprire l'incarico fino a un massimo di tre mandati.
      9. Se un componente si dimette prima della scadenza del mandato, in sua vece subentra il membro supplente, che è a sua volta sostituito da un nuovo membro supplente nominato o designato con le modalità di cui ai commi 2 e 3. Il componente subentrante rimane in carica fino alla scadenza del mandato dell'intera commissione e può successivamente ricoprire l'incarico fino a un massimo di altri due mandati.
      10. La commissione prende le decisioni a maggioranza, stabilisce il calendario dei lavori e organizza la sua attività nel rispetto dei princìpi e delle disposizioni della presente legge.
      11. In caso di assenza o di impedimento del presidente, le sue funzioni sono esercitate dal componente effettivo annualmente delegato dal presidente stesso. Le riunioni della commissione sono valide se è presente la maggioranza dei componenti.
      12. Ai componenti della commissione non appartenenti all'Amministrazione dello Stato sono riconosciuti il rimborso delle spese sostenute per partecipare alle riunioni e un gettone di presenza nella misura stabilita con decreto del Ministro dell'interno.
      13. Alla commissione sono attribuiti una sede e un ufficio di segreteria presso il Ministero dell'interno.
      14. La commissione, nell'ambito delle facoltà di spesa che le sono attribuite annualmente con decreto del Ministro dell'interno, può condurre studi o ricerche, anche avvalendosi dell'opera di esperti esterni, per assolvere nel modo più idoneo alle sue funzioni.
      15. Delle sedute della commissione e del relativo ordine del giorno sono informate
 

Pag. 8

le Autorità indipendenti che esercitano competenze in materia di tutela dei dati personali, di tutela della concorrenza e del mercato e di libertà delle telecomunicazioni, che possono inviare propri rappresentanti, senza diritto di voto.
      16. Le direttive della commissione sono trasmesse, ai fini della loro divulgazione ed applicazione, ai prefetti sotto forma di decreto o di circolare del Ministero dell'interno.

Art. 3.
(Osservatori regionali sulla sicurezza).

      1. In ogni regione è istituito un osservatorio regionale sulla sicurezza, di seguito denominato «osservatorio».
      2. L'osservatorio rileva in modo analitico i dati relativi ai reati contro la persona e contro il patrimonio commessi nel territorio della regione e individua la dinamica dei flussi criminosi, in modo da consentire alle Forze di polizia e alla commissione di indirizzare le attività di prevenzione ove necessario.
      3. All'organizzazione dell'osservatorio provvede l'assessore regionale competente in materia di problemi sociali e sicurezza, che nomina il direttore e il comitato scientifico responsabili della gestione dell'osservatorio, avvalendosi in primo luogo di strutture scientifiche, accademiche e professionali eventualmente presenti sul territorio.
      4. L'osservatorio è alimentato dai dati forniti dalle Forze di polizia e dagli uffici giudiziari locali, dalle specifiche ricerche promosse da comuni, province e regione e da ogni altra fonte attendibile proveniente da soggetti privati, quali associazioni di categoria, università, istituti di ricerca, riviste specializzate.
      5. Al fine di rendere omogenei e confrontabili i dati dei vari osservatori, la commissione indica periodicamente i criteri secondo i quali i dati devono essere raccolti e pubblicati.
      6. I dati degli osservatori sono pubblici.

 

Pag. 9

Capo II
ATTIVITÀ DI SICUREZZA SVOLTE DA PRIVATI IN FAVORE PROPRIO

Art. 4.
(Persone fisiche a rischio e loro doveri
in materia di sicurezza anticrimine).

      1. Ogni persona, nel momento in cui ha fondati sospetti che qualcuno intende commettere un reato contro la persona o contro il patrimonio, ai danni della persona stessa, dei suoi congiunti o di chiunque altro, ha il dovere di informare immediatamente l'autorità di pubblica sicurezza, fornendo le motivazioni che hanno originato i sospetti.
      2. L'autorità di pubblica sicurezza che riceve le informazioni di cui al comma 1 verbalizza la segnalazione e le relative motivazioni, rilascia copia della medesima al soggetto segnalante e pone in atto tutte le iniziative volte a prevenire, contrastare o reprimere il reato, conformemente alla gravità dello stesso e alle ragionevoli probabilità che esso sia commesso, tenuto conto delle motivazioni ricevute e delle risultanze dell'attività investigativa eventualmente posta in atto.
      3. L'autorità di pubblica sicurezza, a seguito delle informazioni di cui al comma 1 o di propria iniziativa, può chiedere a una o più persone di attenersi o di sottostare per un periodo di tempo limitato a particolari procedure cautelative. La richiesta, formulata per iscritto, deve indicare tempi e modi delle procedure cautelative, che non devono comportare oneri per i soggetti destinatari del provvedimento.
      4. In aggiunta a quanto richiesto dall'autorità di pubblica sicurezza ai sensi del comma 3 o anche in assenza di specifici sospetti e conseguenti indicazioni dell'autorità, ogni persona è libera di fare ricorso alle attività di sicurezza svolte da soggetti privati disciplinate dalla presente legge.
      5. Il Ministero dell'interno, tramite l'Ufficio centrale interforze per la sicurezza individuale del Dipartimento della pubblica

 

Pag. 10

sicurezza e con la collaborazione delle prefetture-uffici territoriali del Governo, determina e aggiorna costantemente l'elenco delle persone da considerare permanentemente a rischio per l'attività o la professione svolta o per il patrimonio legittimamente posseduto. Il Ministero dell'interno informa gli interessati dell'avvenuta iscrizione nell'elenco, stabilisce le misure protettive di intesa con i medesimi, sentita eventualmente la commissione, formalizza per iscritto le misure protettive stabilite e rilascia copia delle decisioni assunte ai soggetti interessati. Le misure protettive stabilite non devono comportare oneri per gli interessati, a meno che gli stessi, in sede di formulazione della decisione, abbiano volontariamente optato a favore di misure per la prevenzione del crimine fornite da privati e disciplinate dalla presente legge.

Art. 5.
(Persone giuridiche a rischio).

      1. Ai fini della presente legge sono da considerare:

          a) teoricamente a rischio, tutti gli enti, gli esercizi e le aziende che svolgono o gestiscono attività in relazione alle quali possono essere commessi reati contro la persona o contro il patrimonio proprio o di terzi ricevuto in custodia;

          b) effettivamente a rischio:

              1) gli enti, gli esercizi e le aziende appartenenti a categorie che svolgono o gestiscono attività in relazione alle quali nel corso degli ultimi cinque anni si sono verificati in media uno o più reati contro la persona all'anno ogni cinquecento punti operativi di enti o aziende appartenenti alla medesima categoria e uno o più reati contro il patrimonio all'anno ogni cento punti operativi di enti, esercizi o aziende appartenenti alla medesima categoria;

              2) tutti gli enti, gli esercizi e le aziende presso i quali sono utilizzati o custoditi in via continuativa beni di elevato

 

Pag. 11

valore, tra cui le banche, gli uffici postali, le società che curano il trasporto, la contazione e la custodia di banconote e di altri valori, le gioiellerie e i laboratori di preziosi, i depositi di oggetti d'uso e di macchinari di valore, i musei e gli altri siti in cui sono conservate opere d'arte;

              3) tutti gli enti, gli esercizi e le aziende presso i quali si svolgono attività soggette a nulla osta di segretezza, che producono beni o forniscono servizi di importanza strategica per l'economia, rilevanti nella costituzione del «sistema Paese», o che possono rappresentare obiettivi strategici per eventuali attentati o interruzione di servizi di pubblica utilità.

      2. La determinazione annuale delle categorie da considerare effettivamente a rischio ai sensi del comma 1, lettera b) numero 1), è effettuata dalla commissione in base ai dati sui reati contro la persona e il patrimonio relativi all'anno precedente. In sede di determinazione delle categorie effettivamente a rischio, la commissione tiene discrezionalmente conto, oltre che del numero dei reati, anche della loro gravità.
      3. L'elenco degli enti, degli esercizi e delle aziende di cui al comma 1, lettera b), numero 2), è predisposto e tenuto dalla commissione, che lo aggiorna ogniqualvolta ne ravvisa l'opportunità.
      4. La rilevazione degli enti, degli esercizi o delle aziende di cui al comma 1, lettera b), numero 3), è effettuata e aggiornata a cura dei Ministeri dello sviluppo economico, dell'istruzione, dell'università e della ricerca, della difesa, delle infrastrutture, dei trasporti, della salute, dei beni e delle attività culturali e delle comunicazioni, ciascuno per la parte di propria competenza.
      5. Gli obblighi stabiliti dalla presente legge si applicano solo agli enti, agli esercizi e alle aziende effettivamente a rischio.
      6. Il porto d'armi per la difesa personale può essere rilasciato solo alle persone permanentemente a rischio e su loro richiesta. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministero dell'interno, tramite l'Ufficio

 

Pag. 12

centrale interforze per la sicurezza individuale e con la collaborazione delle prefetture-uffici territoriali del Governo, verifica se chi è titolare di porto d'armi per la difesa personale ha i requisiti di persona permanentemente a rischio. In caso negativo il porto d'armi è ritirato.
      7. Ogni persona che ritiene di essere permanentemente a rischio e che non è iscritta nell'elenco di cui al comma 5 dell'articolo 4, può chiedere all'Ufficio centrale interforze per la sicurezza individuale, tramite la prefettura-ufficio territoriale del Governo della provincia in cui risiede, di ottenere il riconoscimento di persona permanentemente a rischio e le conseguenti misure di protezione. La domanda deve essere corredata da ogni informazione utile a valutare la posizione del richiedente, al quale, entro tre mesi, viene fornita risposta.
      8. L'Ufficio centrale interforze per la sicurezza individuale individua, nell'ambito dell'elenco delle persone permanentemente a rischio, le posizioni di maggiore pericolo effettivo, alle quali è garantito il massimo della protezione. Ai restanti soggetti inseriti nell'elenco le misure di prevenzione sono assicurate in modo proporzionale all'attualità del pericolo che li minaccia.

Art. 6.
(Misure generali di tutela).

      1. Le misure generali per la prevenzione dei crimini contro la persona e contro il patrimonio di cui gli enti, gli esercizi e le aziende effettivamente a rischio devono tenere conto si articolano in:

          a) programmazione della prevenzione mediante un piano organico che integri in modo coerente gli aspetti logistici, produttivi, organizzativi, normativi, formativi, difensivi e ispettivi;

          b) valutazione dei rischi di natura criminosa;

          c) eliminazione o riduzione dei rischi alla fonte;

 

Pag. 13

          d) eliminazione o riduzione dei rischi residui;

          e) sostituzione delle procedure e delle attrezzature con scarsa efficacia difensiva con procedure e attrezzature più adeguate, in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico;

          f) adozione di procedure e di attrezzature difensive di tipo il più possibile automatico, che richiedano il minor intervento possibile da parte dei lavoratori dipendenti degli enti, esercizi o aziende a rischio;

          g) regolare manutenzione di attrezzature, macchine e impianti aventi finalità di riduzione del rischio o comunque anticrimine, in conformità alle indicazioni dei fabbricanti;

          h) informazione, formazione, consultazione e partecipazione dei lavoratori ovvero dei loro rappresentanti sulle questioni riguardanti la sicurezza anticrimine;

          i) predisposizione di piani di emergenza per ciascuna ipotesi di rischio criminoso e per ciascun punto operativo, con l'indicazione del comportamento da tenere in caso di rapina, estorsione, sequestro di persona, telefonata anonima, atto vandalico, ricezione di busta o pacco sospetto, rinvenimento di ordigni esplosivi, assalto da parte di dimostranti, furto, truffa, sottrazione di dati, attacco informatico;

          l) istruzioni adeguate a tutti i lavoratori;

          m) assistenza sanitaria a tutte le vittime di crimini commessi nei locali dell'ente, dell'esercizio o dell'azienda o comunque in relazione all'attività svolta dai medesimi.

      2. Le misure relative alla sicurezza anticrimine non devono in nessun caso comportare oneri finanziari per i lavoratori. I corsi di autoistruzione, i corsi in aula e le eventuali esercitazioni pratiche devono essere effettuati durante l'orario lavorativo.

 

Pag. 14

Art. 7.
(Doveri delle persone giuridiche a rischio in materia di prevenzione delle attività criminose).

      1. L'ente, l'esercizio o l'azienda effettivamente a rischio è tenuto all'osservanza
delle misure generali di tutela previste dall'articolo 6.
      2. L'ente, l'esercizio o l'azienda provvede a programmare la prevenzione mediante un piano organico che integri in modo coerente gli aspetti logistici, produttivi, organizzativi, normativi, formativi, difensivi e ispettivi, avvalendosi, se impiega più di cento addetti, dell'opera di un responsabile della sicurezza anticrimine che risponda ai requisiti di cui all'articolo 10 o di un consulente sulla sicurezza anticrimine che risponda ai requisiti di cui all'articolo 20.
      3. In relazione alla natura dell'attività svolta, l'ente, l'esercizio o l'azienda valuta i rischi di natura criminosa per le persone e per i beni custoditi o prodotti.
      4. All'esito della valutazione di cui al comma 3, l'ente, l'esercizio o l'azienda predispone un documento programmatico contenente:

          a) una relazione sulla valutazione dei rischi di natura criminosa per le persone e per i beni custoditi in ciascun punto operativo e in ciascun momento dell'attività svolta per proprio conto all'esterno dei punti operativi. La relazione, controfirmata, se l'ente, l'esercizio o l'azienda impiega più di cento addetti, dal responsabile della sicurezza anticrimine o dal consulente della sicurezza anticrimine, tiene conto di tutti i possibili rischi di natura criminosa, quali rapina, estorsione, sequestro di persona, telefonata anonima, atto vandalico, ricezione di busta o pacco sospetto, rinvenimento di ordigni esplosivi, assalto da parte di dimostranti, furto, truffa, sottrazione di dati, attacco informatico, e ne valuta la probabilità di accadimento sulla base della rischiosità generale dell'area territoriale e sulla base dell'effettivo accadimento dei crimini stessi nei cinque anni precedenti nei punti operativi

 

Pag. 15

di enti, esercizi o aziende appartenenti alla medesima categoria e ubicati nella medesima area territoriale e in quelli oggetto della valutazione. I dati di rischiosità generale dell'area territoriale e di accadimento dei crimini a danno di enti, esercizi o aziende appartenenti alla medesima categoria sono rilevati da indagini dell'Istituto nazionale di statistica, dagli osservatori, da indagini settoriali eventualmente prodotte dalle associazioni di categoria e da altre eventuali fonti disponibili. La relazione specifica in dettaglio i criteri adottati per la valutazione;

          b) l'individuazione delle misure di prevenzione, effettuata dal responsabile della sicurezza anticrimine di cui al comma 2 se l'ente, esercizio o azienda impiega più di cento addetti, in conseguenza della valutazione effettuata ai sensi della lettera a) e al fine della eliminazione o riduzione dei rischi alla fonte, nonché della eliminazione o riduzione dei rischi residui. Per rischi alla fonte si intendono quelli derivanti dalla presenza di beni materiali o immateriali di elevato valore, facilmente asportabili, commerciabili o riutilizzabili, ovvero quelli eventualmente derivanti dall'immagine dell'ente, dell'esercizio o dell'azienda. Per eliminazione o riduzione dei rischi alla fonte si intende l'attività procedurale e strumentale volta a rendere indisponibili ai criminali i beni materiali o immateriali dell'ente, dell'esercizio o dell'azienda a rischio, nonché l'attività volta a proteggere i locali e le persone contro ogni tentativo criminoso. Per rischi residui si intendono quelli che l'eliminazione o riduzione dei rischi alla fonte non è in grado di prevenire. Per eliminazione o riduzione dei rischi residui si intende l'attività volta a scoraggiare il compimento dei reati mediante l'utilizzo di procedure e strumenti atti a contrastare attivamente l'azione dei criminali ovvero a produrre prove attraverso le quali risalire all'identità dei medesimi;

          c) il programma di attuazione delle misure di cui alla lettera b), dando la precedenza all'eliminazione o riduzione dei rischi alla fonte nelle aree più a rischio.

 

Pag. 16

      5. Il documento di cui al comma 4 è custodito presso l'ente, l'esercizio o l'azienda ovvero presso ciascun punto operativo.
      6. L'ente, l'esercizio o l'azienda, nella persona del titolare o del legale rappresentante o se impiega più di cento addetti per il tramite del responsabile della sicurezza anticrimine o del consulente della sicurezza anticrimine, adotta le misure necessarie a prevenire il compimento dei crimini in conformità alle valutazioni contenute nel documento di cui al comma 4. In particolare:

          a) individua gli strumenti per l'eliminazione o riduzione dei rischi alla fonte;

          b) effettua l'acquisto e l'installazione degli strumenti di cui alla lettera a) sulla base del programma predisposto ai sensi del comma 4, lettera c), privilegiando le apparecchiature con il maggiore livello di automatismo, che richiedono il minor intervento possibile da parte del personale dipendente;

          c) individua le procedure ottimali di utilizzo degli strumenti per l'eliminazione o riduzione dei rischi alla fonte, avendo cura che nessuna altra procedura in uso relativamente all'attività svolta sia tale da vanificare l'eliminazione o riduzione dei rischi alla fonte ottenuta con gli strumenti installati;

          d) affida le attività che continuano a comportare rischi alla fonte o che implicano prevalenti mansioni di prevenzione del crimine ad agenti di sicurezza dipendenti da istituti privati di vigilanza;

          e) individua gli strumenti per l'eliminazione o riduzione dei rischi residui, dando la precedenza ai sistemi di segnalazione delle situazioni di pericolo alle centrali operative delle Forze di polizia o degli istituti privati di vigilanza e ai sistemi atti a produrre prove attraverso le quali si può risalire all'identità degli autori dei reati;

          f) effettua l'acquisto e l'installazione degli strumenti di cui alla lettera e), privilegiando le apparecchiature con il maggiore

 

Pag. 17

livello di automatismo, che richiedono il minor intervento possibile da parte del personale dipendente;

          g) individua le procedure ottimali di utilizzo degli strumenti per l'eliminazione o riduzione dei rischi residui;

          h) istruisce adeguatamente il personale dipendente sulle modalità di funzionamento degli strumenti di cui alle lettere a), b) e) e f), e sulle procedure previste dalle lettere c) e g);

          i) affida a una ditta specializzata e abilitata la manutenzione degli strumenti di cui alle lettere a), b) e) e f), se necessaria e in conformità alle indicazioni dei fabbricanti;

          l) stabilisce le norme comportamentali e i piani di emergenza cui i lavoratori dipendenti di ciascun punto operativo devono attenersi in caso di attacco criminoso, privilegiando le procedure atte a salvaguardare l'incolumità fisica delle persone e la repressione dei reati da parte delle forze di polizia;

          m) individua i mezzi formativi e informativi più idonei a sensibilizzare i lavoratori dipendenti sulle problematiche della sicurezza anticrimine, fornendo annualmente ai medesimi i dati relativi ai reati commessi ai danni dell'ente, dell'esercizio o dell'azienda in ciascun punto operativo o comunque in relazione all'attività svolta;

          n) richiede e verifica l'osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme e delle disposizioni in materia di sicurezza anticrimine e di uso degli strumenti per l'eliminazione o riduzione dei rischi;

          o) informa il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza anticrimine delle misure di prevenzione e contrasto adottate ai sensi dell'articolo 11;

          p) permette ai lavoratori di verificare, mediante il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza anticrimine di cui all'articolo 11, l'applicazione delle misure di sicurezza anticrimine;

 

Pag. 18

          q) tiene un registro nel quale sono annotati cronologicamente tutti i reati commessi in ciascun punto operativo o comunque in relazione all'attività svolta dall'ente, dall'esercizio o dall'azienda, con l'indicazione delle conseguenze per le persone e per i beni e con l'indicazione dei provvedimenti adottati.

      7. La valutazione di cui al comma 3 e il documento di cui al comma 4 sono aggiornati annualmente, sulla base dei dati relativi ai reati contro la persona e contro il patrimonio dell'anno precedente.
      8. Con decreto del Ministro dell'interno, su proposta della commissione, in relazione alla natura dell'attività svolta sono individuati:

          a) le categorie di attività omogenee ai fini della sicurezza anticrimine;

          b) i soggetti abilitati a rappresentare collettivamente gli enti, esercizi o aziende per le questioni di carattere generale relative alla sicurezza anticrimine;

          c) per gli enti, esercizi o aziende effettivamente a rischio che impiegano meno di cento dipendenti, le procedure standardizzate per gli adempimenti documentali di cui al presente articolo, comprese l'adozione standardizzata della valutazione settoriale del rischio effettuata dagli osservatori e approvata dalla commissione nonché l'individuazione standardizzata degli strumenti per l'eliminazione o riduzione dei rischi alla fonte e dei rischi residui e le relative procedure di utilizzo e servizi di vigilanza alternativi effettuata dalla commissione.

      9. Il decreto di cui al comma 8 è emanato entro sei mesi dalla costituzione della commissione.

Art. 8.
(Doveri dei lavoratori dipendenti in materia di prevenzione delle attività criminose).

      1. Ogni lavoratore dipendente deve costantemente agire in modo tale da non agevolare, con comportamenti attivi od

 

Pag. 19

omissivi, seppure non dolosi, il compimento di reati contro le persone e contro il patrimonio dell'ente, esercizio o azienda per cui lavora e contro i beni che vi sono custoditi o prodotti.
      2. In particolare i lavoratori:

          a) osservano le norme di sicurezza anticrimine impartite dall'ente, dall'esercizio o dall'azienda;

          b) si rifiutano di svolgere attività in contrasto con tali norme, anche se richieste da superiori gerarchici, informando il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza anticrimine di ogni ordine ricevuto in contrasto con le norme di cui alla lettera a);

          c) utilizzano correttamente gli apparati, gli impianti e i sistemi di sicurezza anticrimine e compiono tutte le operazioni di propria competenza necessarie a mantenerli efficienti;

          d) segnalano tempestivamente agli organismi preposti ogni malfunzionamento degli apparati, impianti e sistemi di sicurezza anticrimine;

          e) segnalano tempestivamente ai superiori gerarchici ogni situazione di pericolosità ai fini della sicurezza anticrimine di cui vengono a conoscenza;

          f) segnalano alle Forze dell'ordine l'accadimento di ogni reato, direttamente in caso di flagranza o di urgenza e per il tramite dei superiori gerarchici negli altri casi.

Art. 9.
(Contratto d'appalto o contratto d'opera).

      1. L'ente, l'esercizio o l'azienda effettivamente a rischio, in caso di affidamento di lavori a imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi, fornisce loro informazioni sui rischi di natura criminosa esistenti nei punti operativi in cui sono incaricati di eseguire i lavori.
      2. A fronte di ogni rischio di natura criminosa l'ente, l'esercizio o l'azienda

 

Pag. 20

fornisce alle imprese appaltatrici e ai lavoratori autonomi le norme comportamentali da porre in atto.
      3. Le imprese appaltatrici e i lavoratori autonomi, nel momento in cui iniziano a prestare la propria opera presso enti, esercizi o aziende effettivamente a rischio, sono tenuti a informarsi sugli specifici rischi di natura criminosa esistenti nei punti operativi in cui devono eseguire i lavori e sulle norme comportamentali da porre in atto a fronte di ciascuno di essi.
      4. I lavoratori dipendenti dalle imprese appaltatrici e i lavoratori autonomi devono costantemente agire in modo tale da non agevolare, con comportamenti attivi od omissivi, seppure non dolosi, il compimento di reati contro le persone e contro il patrimonio dell'ente, dell'esercizio o dell'azienda presso cui lavorano e contro i beni che vi sono custoditi o prodotti.

Art. 10.
(Responsabili della sicurezza anticrimine e dipartimento per la sicurezza anticrimine).

      1. Gli enti, gli esercizi e le aziende effettivamente a rischio che impiegano più di cento addetti si avvalgono dell'opera di un responsabile della sicurezza anticrimine o di un consulente sulla sicurezza anticrimine con i requisiti di cui all'articolo 20.
      2. Gli enti, gli esercizi e le aziende effettivamente a rischio che impiegano più di mille addetti si avvalgono dell'opera di un responsabile della sicurezza anticrimine, alle cui dipendenze è posto un dipartimento per la sicurezza anticrimine. L'eventuale ricorso all'opera di un consulente sulla sicurezza anticrimine che risponde ai requisiti di cui all'articolo 20 non esonera gli enti, gli esercizi e le aziende di cui al presente comma dal predetto obbligo.
      3. Il responsabile della sicurezza anticrimine svolge le funzioni, riveste il profilo professionale e ha i titoli e le competenze descritti nella norma UNI 10459 e certificati da apposito ente di certificazione professionale.

 

Pag. 21


      4. Il responsabile della sicurezza anticrimine risponde gerarchicamente in modo diretto agli organismi direttivi dell'ente, dell'esercizio o dell'azienda a rischio, per conto dei quali programma e gestisce l'attività di prevenzione e di contrasto dei crimini, di cui all'articolo 7.
      5. Il responsabile della sicurezza anticrimine rappresenta l'ente, l'esercizio o l'azienda a rischio nei confronti della pubblica amministrazione per tutti i problemi relativi alla sicurezza anticrimine. Per gli enti, gli esercizi e le aziende con punti operativi distribuiti in più province o regioni e dotati di un dipartimento per la sicurezza anticrimine, può comunicare ai rappresentanti locali delle Forze dell'ordine il nome di un responsabile d'area per la sicurezza, suo diretto collaboratore nel dipartimento, al quale rivolgersi per ogni necessità relativa alla sicurezza dei punti operativi presenti nell'area.
      6. Il dipartimento per la sicurezza anticrimine è l'organismo tramite il quale il responsabile della sicurezza anticrimine espleta la propria attività negli enti, negli esercizi e nelle aziende effettivamente a rischio che impiegano più di mille addetti. I suoi componenti hanno adeguata competenza tecnica e provvedono:

          a) all'analisi del rischio;

          b) al censimento delle situazioni e degli eventi;

          c) alla ricerca delle più efficaci soluzioni per la prevenzione e il contrasto dei crimini;

          d) alla redazione delle norme di sicurezza e alla verifica sulla puntuale applicazione delle stesse da parte di tutti i lavoratori dell'ente, dell'esercizio o dell'azienda effettivamente a rischio o delle imprese appaltatrici dei medesimi;

          e) all'acquisto, installazione, collaudo e manutenzione di apparati, impianti e sistemi di sicurezza anticrimine;

          f) alla selezione, acquisto e gestione dei servizi di vigilanza adeguati alla prevenzione dei rischi identificati;

          g) ad assicurare l'efficienza e l'efficacia dei servizi resi dai fornitori.

 

Pag. 22

      7. Il dipartimento per la sicurezza anticrimine è composto da almeno un addetto ogni mille dipendenti, a partire dal milleunesimo dipendente in forza presso l'ente, l'esercizio o l'azienda.
      8. Ad enti, esercizi o aziende appartenenti a un medesimo gruppo societario è consentito di avvalersi dell'opera di un unico responsabile della sicurezza anticrimine e di un unico dipartimento per la sicurezza anticrimine, alle dipendenze della società capogruppo o di una società appositamente costituita.
      9. Per le attività di natura più strettamente tecnica, quali l'installazione, il collaudo e la manutenzione di apparati, impianti e sistemi di sicurezza anticrimine e gestione dei servizi di vigilanza, il responsabile della sicurezza anticrimine si può avvalere di aziende specializzate.

Art. 11.
(Consultazione e partecipazione dei lavoratori in materia di sicurezza anticrimine).

      1. In tutti gli enti, gli esercizi e le aziende a rischio i rappresentanti per la sicurezza individuati ai sensi del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, rivestono anche le funzioni di rappresentanti per la sicurezza anticrimine.
      2. Il tempo di lavoro retribuito e gli strumenti per l'espletamento delle funzioni dei rappresentanti di cui al comma 1 sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva.
      3. In caso di mancato accordo nella contrattazione collettiva di cui al comma 2, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentite le parti e la commissione, stabilisce con proprio decreto, da emanare entro tre mesi dalla comunicazione del mancato accordo, gli standard relativi alle materie di cui al medesimo comma 2.
      4. Il rappresentante per la sicurezza anticrimine:

          a) riceve informativa scritta annua da parte dell'ente, dell'esercizio o dell'azienda sulla valutazione del rischio e sulle misure anticrimine di ogni punto operativo;

 

Pag. 23

          b) riceve informativa scritta da parte dell'ente, dell'esercizio o dell'azienda, entro due giorni lavorativi, di ogni reato contro la persona o contro il patrimonio compiuto nei locali dell'ente, dell'esercizio o dell'azienda o comunque in relazione all'attività svolta;

          c) accede a tutti i punti operativi a rischio dell'ente, dell'esercizio o dell'azienda;

          d) comunica all'ente, all'esercizio o all'azienda eventuali rischi individuati nel corso della sua attività;

          e) propone annualmente all'ente, all'esercizio o all'azienda integrazioni o modifiche delle misure anticrimine;

          f) riceve risposta scritta e motivata da parte dell'ente, dell'esercizio e dell'azienda in ordine all'accoglimento o al respingimento delle proposte di cui alla lettera e).

      5. Il rappresentante per la sicurezza anticrimine non può subire pregiudizio alcuno a causa dello svolgimento della propria attività.

Art. 12.
(Requisiti di protezione anticrimine dei beni materiali a rischio rapina e furto di enti, esercizi o aziende a rischio).

      1. I beni materiali di elevato valore, facilmente asportabili, commerciabili o riutilizzabili appartenenti a enti, esercizi o aziende a rischio, o dagli stessi custoditi, devono essere adeguatamente protetti contro la rapina e il furto. Il livello di protezione deve essere commisurato alla natura dei beni da proteggere, al loro valore e alla rischiosità del luogo in cui sono custoditi. Il tipo di protezione deve tenere conto della eventuale presenza di persone nell'area in cui si trovano i beni.
      2. I beni di cui al comma 1 sono i seguenti:

          a) banconote;

          b) gioielli e oggetti preziosi;

 

Pag. 24

          c) opere d'arte e oggetti d'uso di valore, quali automobili e veicoli in genere, apparecchi elettronici, elettrodomestici, vestiario, medicinali, generi commestibili e di intrattenimento, oggetti di arredamento e da collezione.

      3. Le banconote devono essere custodite in modo da non poter essere asportate liberamente e rapidamente da chi non ha titolo per detenerle. I lavoratori di enti, esercizi o aziende a rischio possono custodire o maneggiare liberamente banconote solo all'interno di spazi protetti da barriere antisfondamento con porte azionabili unicamente dall'interno e dotati di impianto d'allarme antirapina collegato con una sala operativa delle Forze dell'ordine. In alternativa, nei punti operativi di enti, esercizi o aziende a rischio in cui vi è scambio di banconote tra clienti e lavoratori, il denaro deve essere immesso, non appena ricevuto in consegna, in appositi contenitori di sicurezza, dai quali non può essere estratto se non con tempi di attesa proporzionati all'importo da prelevare o con l'intervento di un agente di sicurezza addetto al trasporto dei valori. Nei punti operativi di enti, esercizi o aziende a rischio, quando non vi è presenza di persone, le banconote devono essere custodite in camere corazzate o in casseforti corazzate con i requisiti previsti dalle norme UNI EN 1143-1 e EN 1143-2. Contenitori con requisiti inferiori possono essere utilizzati per importi non rilevanti solo se protetti da un impianto d'allarme antifurto collegato con una sala operativa delle Forze dell'ordine o di un istituto privato di vigilanza. Le camere corazzate e le casseforti corazzate al cui interno vengono custodite banconote per importi rilevanti devono essere protette da un impianto di allarme antifurto collegato con una sala operativa delle Forze dell'ordine o di un istituto privato di vigilanza. Nei punti operativi di enti, esercizi o aziende a rischio in cui vi è custodia o maneggio di banconote devono essere presenti impianti televisivi per la ripresa e la registrazione in via continuativa delle immagini sia degli ambienti interni, compresa la

 

Pag. 25

zona delle casse, sia degli ambienti esterni. L'osservazione delle immagini in diretta è consentita, oltre che agli ufficiali o agli agenti di pubblica sicurezza, solo ad agenti di sicurezza esclusivamente per finalità di contrasto dei crimini. L'utilizzo delle immagini registrate è riservato alle Forze di polizia per indagini di polizia giudiziaria.
      4. La lavorazione, il commercio e la custodia di gioielli e di oggetti preziosi sono consentiti solo all'interno di spazi protetti da barriere antisfondamento, dotati di impianto di ripresa e di registrazione delle immagini e di allarme antirapina collegato con una sala operativa delle Forze dell'ordine, con porte azionabili unicamente dall'interno. L'accesso a chi non è conosciuto deve essere consentito solo previo accertamento dell'identità. Il procedimento di identificazione e di apertura dall'interno può essere sostituito con altro sistema di controllo approvato dalla commissione. Nei punti operativi di enti, esercizi o aziende a rischio in cui si effettua la lavorazione, il commercio e la custodia di gioielli e di oggetti preziosi, tali valori, quando non vi è presenza di persone, devono essere custoditi in casseforti corazzate con i requisiti previsti dalle norme UNI EN 1143-1.
      5. Gli oggetti d'uso di valore e le opere d'arte devono essere custoditi in modo da non poter essere asportati liberamente, rapidamente e in assenza di azioni di contrasto da chi non ha titolo per detenerli. Ogni singolo oggetto od opera d'arte di valore consistente non può essere assicurato contro il furto se non è protetto da un impianto o congegno antifurto. Non si dà luogo a rimborso assicurativo se risulta provato che l'impianto o congegno antifurto posto a protezione era inefficiente o non era attivo al momento della sottrazione. I magazzini, depositi o musei in cui sono custoditi ingenti quantitativi di oggetti d'uso di valore od opere d'arte devono essere protetti con misure fisiche contro l'intrusione e con misure elettroniche per la segnalazione d'allarme. I mezzi di trasporto a bordo dei quali sono abitualmente caricati oggetti d'uso di valore
 

Pag. 26

od opere d'arte devono essere protetti con un impianto antifurto. Il Ministro dell'interno, su proposta della commissione, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, stabilisce, per decreto, per ogni categoria di oggetto d'uso di valore od opera d'arte, il tipo e il livello minimo di impianto o congegno antifurto da realizzare affinché il bene sia assicurabile, e specifica le misure fisiche ed elettroniche minime da realizzare a protezione dei magazzini, depositi o musei in cui sono custoditi ingenti quantitativi di oggetti d'uso di valore od opere d'arte nonché la tipologia minima di impianto antifurto per la protezione dei mezzi di trasporto.
      6. Le opere d'arte devono essere protette, oltre che contro il furto, anche contro gli atti vandalici.
      7. Gli uffici per la sicurezza privata di ogni questura effettuano controlli per verificare che i beni di cui al comma 2 siano protetti ai sensi di quanto stabilito ai commi 3, 4, 5 e 6.
      8. Le misure protettive stabilite ai sensi dei commi 3, 4, 5 e 6 devono essere attuate entro tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

Capo III
ATTIVITÀ DI SICUREZZA SVOLTE DA PRIVATI IN FAVORE DI TERZI

Sezione I
SERVIZI DI VIGILANZA

Art. 13.
(Disciplina generale delle autorizzazioni).

      1. L'esercizio dei servizi di vigilanza, sottoposto all'autorizzazione di polizia prevista dal presente capo, è svolto solo in relazione a specifici incarichi di natura contrattuale conferiti dall'avente diritto. Per le attività di protezione delle persone i relativi contratti possono essere stipulati solo dai diretti interessati o, in caso di

 

Pag. 27

minori, da chi esercita la patria potestà. Per le attività di tutela del patrimonio i relativi contratti possono essere stipulati solo dai soggetti che hanno, a qualsiasi titolo, la piena disponibilità dei beni da vigilare o custodire. Sono fatte salve le disposizioni di legge vigenti che consentono o prescrivono specifiche attività di autotutela o di prevenzione.
      2. Possono ottenere l'autorizzazione per l'esercizio di un istituto privato di vigilanza coloro che:

          a) sono cittadini italiani o di uno Stato membro dell'Unione europea;

          b) hanno la capacità di obbligarsi e non sono falliti;

          c) hanno le capacità tecniche, ovvero tecniche e direzionali occorrenti in relazione all'attività da esercitare;

          d) non hanno riportato condanne, ancorché non definitive, per delitto non colposo, non risultano essere stati destinatari di una misura di prevenzione, anche interdittiva o patrimoniale, o di sicurezza personale, salvi gli effetti della riabilitazione;

          e) sono in possesso dei requisiti professionali specificati nella norma UNI 10459 e certificati da apposito ente di certificazione professionale;

          f) sono in possesso degli altri requisiti soggettivi indicati dal testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni;

          g) non risultano aver esercitato taluna delle attività di cui all'articolo 1 in assenza del titolo autorizzatorio prescritto o aver subìto la revoca dello stesso in data non anteriore al decennio.

      3. I requisiti soggettivi di cui al comma 2 si riferiscono altresì al legale rappresentante nel caso di società, all'institore, al direttore tecnico dell'istituto o alla sua articolazione secondaria, agli altri soggetti provvisti di poteri di direzione, amministrazione o gestione, anche parziali, se

 

Pag. 28

esistenti, e di quelli che possono determinarne in qualsiasi modo scelte e indirizzi.
      4. L'autorizzazione può essere negata quando gli interessati sono sottoposti a procedimento penale per uno dei reati previsti dall'articolo 15, comma 4-bis, della legge 19 marzo 1990, n. 55, se nei loro confronti è stata esercitata l'azione penale. Nei medesimi casi di cui al presente comma la licenza già rilasciata può essere revocata.
      5. Per tutti gli effetti disciplinati dal presente articolo la sentenza prevista dall'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a quella di condanna.
      6. Le licenze per l'esercizio di un istituto privato di vigilanza hanno validità sino a revoca o sino a restituzione delle stesse da parte del titolare.
      7. Nel caso di morte del titolare, l'erede, ovvero, se si tratta di un istituto esercitato in forma societaria, colui che vi subentra quale legale rappresentante, possono continuare ad esercitare l'attività per un periodo non superiore a sei mesi dalla data della morte, previa comunicazione all'autorità competente al rilascio della licenza. Entro tale termine deve essere richiesta una nuova licenza per la prosecuzione dell'attività. La competente autorità di pubblica sicurezza può ordinare la cessazione immediata dell'attività se l'interessato o il rappresentante esercente è privo dei requisiti soggettivi di cui al presente articolo.
      8. Il rilascio della licenza è subordinato alla stipula con primaria compagnia assicuratrice di una polizza assicurativa per la responsabilità civile e per gli inadempimenti contrattuali vincolata a favore dei clienti che richiedono i servizi. La commissione stabilisce il testo standard della polizza di intesa con le associazioni di categoria della vigilanza, delle compagnie assicuratrici e dei consumatori.
      9. La polizza di cui al comma 8, stipulata in via previsionale all'atto dell'inizio dell'attività, viene aggiornata ad ogni servizio assunto, con il massimale stabilito di comune accordo tra l'istituto privato di vigilanza e il cliente richiedente il servizio.
 

Pag. 29


      10. La licenza per l'esercizio dei servizi di vigilanza è rilasciata dal prefetto della provincia in cui ha sede la direzione operativa dell'istituto privato di vigilanza. Può essere rilasciata per tutti i servizi di cui all'articolo 19, comma 3, o solo per alcuni di essi, a seconda della richiesta avanzata e del contenuto del progetto organizzativo e tecnico-operativo presentato.
      11. Le attività autorizzate sono svolte entro l'ambito provinciale, ad eccezione dei servizi di scorta valori, di trasporto valori, di protezione e scorta persone, di vigilanza su mezzi di trasporto, di cui all'articolo 19, comma 3, i quali iniziano nella provincia in cui l'istituto è autorizzato ad operare e possono concludersi in un'altra provincia. In caso di ripetitività dello svolgimento di tali servizi in altre province, il titolare della licenza richiede il rilascio di una nuova licenza in tali province. Relativamente al servizio di telesorveglianza, per svolgimento del servizio si intende l'attività di ricezione dei segnali di allarme, la cui provenienza non ha limiti territoriali.
      12. Il titolare di una licenza può presentare richiesta per il rilascio di licenze in altre province. In tale caso il rilascio è subordinato all'approvazione del progetto organizzativo e tecnico-operativo di cui all'articolo 14 e all'approvazione, da parte del questore, delle regole tecnico-operative del servizio degli agenti di sicurezza.
      13. In aggiunta agli altri requisiti, il rilascio di ogni licenza è subordinato al numero di agenti di sicurezza già autorizzati ad operare nella provincia, che non può essere superiore ad uno ogni 350 abitanti.
      14. La disposizione del comma 13 non si applica in caso di licenze richieste unicamente per i servizi di telesorveglianza, di custodia valori e di trattamento denaro e beni assimilati.
      15. Oltre a quanto previsto per taluna delle attività disciplinate dalla presente legge, l'autorità di pubblica sicurezza competente al rilascio delle licenze può imporre le prescrizioni necessarie nel pubblico
 

Pag. 30

interesse e, per motivate esigenze di ordine e sicurezza pubblici, può vietare il compimento di talune operazioni, nonché l'espletamento, nei confronti di determinati soggetti, di alcune attività. Essa può prescrivere, inoltre, limiti all'assunzione, aggregazione o cessione temporanea di agenti di sicurezza.
      16. Le licenze relative all'esercizio di un istituto privato di vigilanza non sono cedibili. Il titolare, in caso di cessazione della sua attività, è tenuto a restituire la licenza al prefetto che l'ha rilasciata.

Art. 14.
(Progetto organizzativo
e regole tecnico-operative).

      1. Il rilascio delle licenze relative all'esercizio di un istituto privato di vigilanza è subordinato all'approvazione, da parte dell'autorità competente al rilascio della licenza, del relativo progetto organizzativo e tecnico-operativo, nonché all'approvazione, da parte del questore, delle regole tecnico-operative del servizio degli agenti di sicurezza.
      2. Il progetto, deve contenere:

          a) l'indicazione del soggetto che richiede la licenza, unitamente alla composizione dell'assetto proprietario o delle partecipazioni azionarie dell'istituto, all'indicazione delle persone di cui all'articolo 13, comma 3, e, per gli istituti organizzati in forma societaria, di coloro che comunque detengono una quota di partecipazione superiore al 5 per cento o, anche se inferiore, una partecipazione utile ai fini del controllo dell'istituto;

          b) l'indicazione delle attività che si intendono esercitare;

          c) la documentazione attestante il possesso delle capacità tecniche e direzionali occorrenti, proprie e delle persone preposte alle unità organizzative dell'istituto;

 

Pag. 31

          d) l'indicazione del numero degli agenti di sicurezza, del personale tecnico e di supporto che si intendono impiegare;

          e) la documentazione attestante la disponibilità di mezzi finanziari, logistici e tecnici occorrenti per l'attività da svolgere e le relative caratteristiche.

      3. L'approvazione può essere negata per inadeguatezza del progetto e per gli stessi motivi per i quali può essere negata la licenza.
      4. La licenza può essere richiesta contestualmente alla presentazione del progetto o, al più tardi, entro sei mesi dalla sua approvazione.

Art. 15.
(Disciplina delle attività autorizzate).

      1. Oltre a quanto già previsto dalla presente legge e dalla ulteriore legislazione vigente in materia, i titolari della licenza e i loro institori sono tenuti a:

          a) tenere un registro giornaliero delle operazioni e dei soggetti per conto dei quali esse sono svolte, con le annotazioni dei luoghi e dei beni vigilati o custoditi, nonché con gli elementi essenziali delle relazioni di servizio degli agenti di sicurezza impiegati;

          b) comunicare all'ufficio per la sicurezza privata l'elenco completo degli agenti di sicurezza alle proprie dipendenze e a dare notizia, appena si verifichi, di ogni variazione;

          c) vigilare scrupolosamente sull'attività del personale impiegato;

          d) informare immediatamente le autorità di pubblica sicurezza su quanto comunque abbia attinenza con l'ordine e la sicurezza pubblici nella provincia;

          e) assicurare i collegamenti con le centrali operative degli uffici o comandi di polizia competenti per territorio, senza oneri per il bilancio dello Stato;

 

Pag. 32

          f) prestare la loro opera a richiesta dell'autorità di pubblica sicurezza.

      2. Gli uffici per la sicurezza privata verificano che gli istituti privati di vigilanza assolvano costantemente a tutti i loro obblighi. Possono altresì avvalersi degli accertamenti svolti dagli organi territoriali del Ministero del lavoro e della previdenza sociale competenti a rilevare infrazioni alle disposizioni vigenti in materia di lavoro, di previdenza, di sanità, degli organi paritetici costituiti presso gli enti bilaterali e deputati alla certificazione liberatoria circa la regolarità degli adempimenti retributivi previsti dai contratti collettivi per gli agenti di sicurezza personale e dalle norme previdenziali ed assicurative, nonché, relativamente alla vigilanza sulla qualità dei servizi, dagli organi aventi competenza in materia o aventi compiti di tutela del consumatore e della fede pubblica.
      3. Il registro di cui al comma 1 deve essere esibito ad ogni richiesta degli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza incaricati del controllo.
      4. L'attività tecnico-operativa degli istituti di cui alla presente legge e il servizio degli agenti di sicurezza sono posti sotto la diretta vigilanza del questore, il quale ha facoltà:

          a) di aggiungere alle regole tecnico-operative specifiche prescrizioni per esigenze di ordine e sicurezza pubblici;

          b) di far effettuare in qualsiasi momento controlli e ispezioni nei locali e sui mezzi di pertinenza dell'istituto autorizzato e nei luoghi in cui il servizio è svolto;

          c) di sospendere cautelarmente dal servizio gli agenti di sicurezza, in caso di grave inosservanza degli obblighi inerenti all'espletamento del servizio;

          d) di adottare o di proporre al prefetto l'adozione dei provvedimenti di rispettiva competenza nei confronti dell'istituto e degli agenti di sicurezza disciplinati dalla presente legge.

 

Pag. 33

      5. Per l'espletamento dei compiti di cui al comma 4, il questore si avvale degli uffici per la sicurezza privata e può avvalersi, per specifiche attività inerenti ai compiti di istituto, di ufficiali o agenti di pubblica sicurezza di altre Forze di polizia.
      6. Gli uffici per la sicurezza privata curano la tenuta della banca dati degli istituti di vigilanza, con il dettaglio delle persone di cui all'articolo 13, comma 3, delle attività autorizzate e dei beni strumentali utilizzati per l'attività di vigilanza. Copia della banca dati e di ogni suo aggiornamento sono trasmessi periodicamente alla commissione, secondo modalità indicate dalla medesima commissione agli uffici per la sicurezza privata.

Art. 16.
(Diniego, sospensione
e revoca delle autorizzazioni).

      1. Oltre a quanto previsto dall'articolo 13, le autorizzazioni di polizia previste dalla presente legge sono negate o revocate quando non sono soddisfatte o vengono a mancare le condizioni previste dalla presente legge e possono essere negate o revocate per gravi motivi di ordine e sicurezza pubblici.
      2. Costituiscono, altresì, motivo di diniego o di revoca delle licenze previste dalla presente legge, delle relative integrazioni o di taluna di esse:

          a) il mancato avvio delle attività autorizzate, decorso un anno dal rilascio della licenza;

          b) la mancanza, anche sopravvenuta, dei requisiti professionali e organizzativi occorrenti in rapporto alle attività da svolgere o svolte;

          c) la violazione grave o reiterata degli obblighi inerenti alla licenza;

          d) il fondato pericolo che l'istituto acquisisca una posizione predominante nel territorio o nel settore di attività.

 

Pag. 34

      3. La revoca della licenza, delle relative integrazioni o di taluna di esse è disposta previa comunicazione all'interessato dei motivi e previa valutazione degli elementi addotti a giustificazione nel termine prescritto. La revoca della licenza per l'esercizio di un istituto di vigilanza comporta l'immediata cessazione delle funzioni degli agenti di sicurezza dipendenti dall'istituto.
      4. L'autorità di pubblica sicurezza competente può disporre la sospensione del titolo autorizzatorio fino alla conclusione del procedimento di revoca. La stessa autorità può, altresì, disporre la sospensione della licenza, delle relative integrazioni o di taluna di esse, fino ad un massimo di sessanta giorni, per motivate esigenze di ordine pubblico o per violazioni di taluno degli obblighi inerenti alla licenza, previa comunicazione all'interessato dei motivi e previa valutazione degli elementi addotti a giustificazione.
      5. Con il provvedimento che ordina la sospensione della licenza, delle relative integrazioni o approvazioni, l'autorità adotta i provvedimenti occorrenti per assicurare la continuità delle attività di vigilanza, a mezzo di commissari straordinari, ovvero autorizzando l'istituto all'esecuzione dei contratti in corso.

Art. 17.
(Nomina degli agenti di sicurezza).

      1. Possono essere nominate agenti di sicurezza le persone in possesso dei seguenti requisiti:

          a) cittadinanza italiana o di uno Stato membro dell'Unione europea;

          b) maggiore età;

          c) adempimento degli obblighi scolastici e possesso dei requisiti professionali di cui all'articolo 18;

          d) idoneità psico-fisica e attitudinale al porto delle armi;

          e) assenza di condanne a pena detentiva per delitti non colposi e di misure

 

Pag. 35

di prevenzione, anche patrimoniali o interdittive, salvi gli effetti della riabilitazione;

          f) possesso degli altri requisiti soggettivi indicati dal testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni;

          g) tenuta di una condotta idonea a dimostrare l'attuale attitudine e affidabilità ad esercitare i compiti di guardia giurata;

          h) iscrizione al Servizio sanitario nazionale e ai servizi assicurativi e antinfortunistici prescritti;

          i) frequenza con profitto di appositi corsi professionali teorico-pratici, organizzati dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano.

      2. Per tutti gli effetti disciplinati dal presente articolo la sentenza prevista dall'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a quella di condanna.
      3. La nomina degli agenti di sicurezza deve essere approvata dal prefetto della provincia in cui ha sede l'istituto privato di vigilanza che la richiede, è valida per un anno e può essere rinnovata. L'approvazione può essere negata nei casi previsti dall'articolo 13, comma 4.
      4. Prima di assumere servizio, l'agente di sicurezza presta giuramento davanti al questore della provincia in cui il servizio deve essere svolto o ad un funzionario di polizia delegato, il quale rilascia allo stesso apposito tesserino munito di fotografia, conforme al modello approvato con decreto del Ministro dell'interno, idoneo ad attestare la qualità e l'identità personali dei titolare.
      5. L'attività di agente di sicurezza può essere svolta solo alle dipendenze di un istituto privato di vigilanza.
      6. Le guardie particolari giurate che, alla data di entrata in vigore della presente legge, risultano destinate da enti pubblici o da altri enti collettivi e privati alla vigilanza o custodia delle loro proprietà mobiliari o immobiliari possono continuare

 

Pag. 36

a prestare la loro opera per un periodo massimo di tre anni. Allo scadere di tale termine gli enti o i privati possono affidare i servizi resi dalle predette guardie a un istituto privato di vigilanza, richiedendo allo stesso di assumere alle proprie dipendenze le guardie addette se non intendono impiegarle in altre mansioni.
      7. L'ufficio per la sicurezza privata istituito presso ogni questura cura la tenuta di una banca dati degli agenti di sicurezza dipendenti da istituti privati di vigilanza autorizzati ad operare nella provincia. Copia della banca dati e di ogni suo aggiornamento sono trasmessi alla commissione, secondo modalità indicate dalla medesima commissione agli uffici per la sicurezza privata.
      8. All'agente di sicurezza che cambia istituto di vigilanza nell'ambito della medesima provincia o in una provincia diversa spetta di diritto la nuova nomina, previo accertamento sulla correttezza del comportamento tenuto nello svolgimento dei servizi presso l'istituto di provenienza. L'accertamento è effettuato dall'ufficio per la sicurezza privata della questura nel cui ambito territoriale ha sede l'istituto di vigilanza alle cui dipendenze ha operato l'agente di sicurezza. Il diritto alla nuova nomina è mantenuto per un anno dalla data di cessazione del precedente rapporto di lavoro presso un istituto di vigilanza. In tale caso l'ufficio per la sicurezza privata della questura verifica anche la correttezza del comportamento tenuto dopo la cessazione del rapporto di lavoro.
      9. Nella selezione degli aspiranti agenti di sicurezza gli istituti privati di vigilanza sono tenuti a privilegiare gli appartenenti alle Forze armate congedati senza demerito dopo una ferma almeno triennale, in possesso di un'attestazione professionale rilasciata dal comando di appartenenza e coloro che hanno prestato servizio per almeno un anno, senza demerito, nelle Forze di polizia o nella polizia municipale.
      10. La nomina ad agente di sicurezza comporta il rilascio del porto d'armi previo pagamento della tassa di concessione governativa in misura ridotta, ai sensi di
 

Pag. 37

quanto previsto dall'articolo 4 della Tariffa allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 641, come sostituita dal decreto del Ministro delle finanze 28 dicembre 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 303 del 30 dicembre 1995, e successive modificazioni. Gli oneri relativi all'acquisto delle armi, alle tasse di concessione, alle visite mediche e alle esercitazioni pratiche di tiro sono a carico degli istituti privati di vigilanza.
      11. In presenza di mutamenti palesi e comprovati, in senso negativo, dei requisiti personali dell'agente di sicurezza, l'ufficio per la sicurezza privata provvede a revocare la nomina e il porto d'armi. La revoca della nomina ad agente di sicurezza e del porto d'armi hanno valore su tutto il territorio nazionale.

Art. 18.
(Requisiti professionali
degli agenti di sicurezza).

      1. I requisiti professionali minimi degli agenti di sicurezza sono determinati con decreto del Ministro dell'interno, su proposta della commissione.
      2. La Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, promuove, su proposta della commissione, l'adozione da parte delle regioni e delle province autonome di una normativa comune per la formazione e la riqualificazione con cadenza biennale degli agenti di sicurezza.
      3. L'organizzazione dei corsi di formazione pre-assunzione e di riqualificazione professionale con cadenza biennale, in conformità alla normativa adottata ai sensi del comma 2, è di competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano.
      4. Gli oneri relativi all'organizzazione dei corsi di cui al comma 3 sono a carico degli istituti privati di vigilanza.
      5. Gli uffici per la sicurezza privata aventi sede nei capoluoghi di regione e nelle province autonome di Trento e di Bolzano provvedono ad accertare che i corsi di cui al

 

Pag. 38

comma 3 siano frequentati con profitto dagli aspiranti agenti di sicurezza e dagli agenti di sicurezza già in servizio relativamente ai corsi di riqualificazione.

Art. 19.
(Impiego degli agenti di sicurezza),

      1. Gli istituti privati di vigilanza esercitano le attività di prevenzione e di contrasto dei crimini contro la persona e contro la proprietà per il tramite di agenti di sicurezza. Il personale tecnico e amministrativo dipendente da istituti privati di vigilanza privo di decreto di nomina ad agente di sicurezza non può esercitare attività di prevenzione e di contrasto dei crimini. I superiori gerarchici degli agenti di sicurezza, con funzioni organizzative o ispettive, devono essere anche essi in possesso di decreto di nomina ad agente di sicurezza.
      2. Ogni agente di sicurezza è autorizzato ad operare, oltre che nella provincia in cui è stato nominato, in tutte le province in cui opera l'istituto privato di vigilanza da cui dipende.
      3. I servizi di vigilanza svolti da agenti di sicurezza si distinguono in:

          a) servizi di vigilanza ispettiva;

          b) servizi di vigilanza fissa;

          c) servizi di vigilanza antirapina;

          d) servizi di vigilanza antitaccheggio;

          e) servizi di telesorveglianza;

          f) servizi di intervento;

          g) servizi di custodia valori;

          h) servizi di scorta valori;

          i) servizi di trasporto valori;

          l) servizio di trattamento denaro e beni assimilati;

          m) servizi di protezione e scorta persone;

          n) servizi d'ordine in luoghi aperti al pubblico;

          o) servizi di vigilanza su mezzi di trasporto.

 

Pag. 39

      3. I servizi di cui al comma 3, oltre che da appartenenti alle Forze dell'ordine, possono essere svolti solo da agenti di sicurezza.
      4. All'agente di sicurezza, con riguardo all'ufficio proprio o al servizio espletato, competono qualifiche e attribuzioni proprie dei pubblici ufficiali e degli agenti di polizia giudiziaria, che svolgono temporaneamente con natura ausiliaria. Quando comandati dall'autorità e per il servizio espletato, competono loro, altresì, le attribuzioni di agenti ausiliari di pubblica sicurezza.
      5. Gli agenti di sicurezza non possono essere impiegati in modo difforme rispetto alle relative norme di servizio approvate dal questore. Gli agenti di sicurezza assolvono i compiti di vigilanza, di protezione e di sicurezza previsti dalla presente legge e sono tenuti ad aderire a tutte le richieste ad essi rivolte dagli ufficiali o agenti di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria. Quando dipende da tali richieste, l'eventuale interruzione del normale servizio non può essere censurata dalla direzione dell'istituto privato di vigilanza né invocata dal committente del servizio quale causa di rescissione del contratto.
      6. Nell'ambito del servizio in cui sono impiegati, gli agenti di sicurezza svolgono le attività autorizzate, redigono verbali che fanno fede fino a prova contraria, procedono all'arresto, sempre che la legge lo consenta, delle persone colte in flagranza dei delitti e possono trattenerle per il tempo strettamente necessario all'intervento degli organi di polizia. Le persone arrestate sono immediatamente consegnate all'organo di polizia che interviene sul posto, unitamente ai mezzi di prova eventualmente raccolti.
      7. Gli uffici per la sicurezza privata istituiti presso ogni questura, sentita la commissione, approvano o determinano, per ogni istituto privato di vigilanza, l'uniforme degli agenti di sicurezza e i segni distintivi di ogni equipaggiamento e veicolo utilizzato dagli istituti privati di vigilanza.
      8. Il Ministero dell'interno, su proposta della commissione, stabilisce con decreto, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore

 

Pag. 40

della presente legge, le disposizioni generali e le misure minime di sicurezza per lo svolgimento dei servizi di vigilanza, comprese quelle relative all'equipaggiamento, all'armamento, ai mezzi di protezione e ai supporti tecnici e logistici di cui gli agenti di sicurezza devono disporre nell'esercizio di ciascuna tipologia di servizio. Per il servizio di intervento il decreto detta, altresì, le disposizioni per l'individuazione del raggio di azione entro cui può essere reso, tenuto conto delle distanze, dei tempi di percorrenza e del numero degli obiettivi da vigilare. Con lo stesso decreto sono altresì stabilite le modalità e la frequenza delle esercitazioni pratiche di tiro per gli agenti di sicurezza e le tipologie dei servizi per i quali non sono richiesti l'uso dell'uniforme e il porto delle armi.
      9. Gli istituti privati di vigilanza possono assumere, oltre agli agenti di sicurezza, personale da destinare all'effettuazione di servizi diversi da quelli di vigilanza, sempre che rientrino nell'oggetto sociale e nelle possibilità operative dell'impresa.
      10. Il rapporto di lavoro dei dipendenti dagli istituti privati di vigilanza è regolato da un contratto collettivo nazionale di lavoro, la cui formulazione deve tenere conto, oltre che della specificità del settore nelle attività di vigilanza, anche delle indicazioni fornite dalla commissione.
      11. Il lavoro svolto dagli agenti di sicurezza è da considerare particolarmente usurante. Allo stesso si applicano pertanto i benefìci previsti dalla legislazione vigente in materia.

Sezione II
ATTIVITÀ DI CONSULENZA

Art. 20.
(Autorizzazione all'esercizio dell'attività di consulente sulla sicurezza anticrimine).

      1. Gli enti, gli esercizi e le aziende effettivamente a rischio, fermi restando i termini indicati all'articolo 10, commi 1 e 2, per la nomina dei responsabili della

 

Pag. 41

sicurezza anticrimine e per la costituzione dei dipartimenti per la sicurezza anticrimine, si avvalgono, per l'assolvimento dei doveri previsti dagli articoli 6 e 7, dell'opera di consulenti sulla sicurezza anticrimine in possesso di autorizzazione rilasciata dall'ufficio per la sicurezza privata della questura della provincia in cui il consulente risiede.
      2. L'autorizzazione ad esercitare l'attività di consulente sulla sicurezza anticrimine è subordinata all'accertamento dei seguenti requisiti:

          a) essere cittadino italiano o di uno Stato membro dell'Unione europea;

          b) avere la capacità di obbligarsi e non essere fallito;

          c) non avere riportato condanne, ancorché non definitive, per delitto non colposo, non essere stato destinatario di una misura di prevenzione, anche interdittiva o patrimoniale, o di sicurezza personale, salvi gli effetti della riabilitazione;

          d) essere in possesso dei requisiti professionali specificati nella norma UNI 10459 e certificati da apposito ente di certificazione professionale;

          e) non aver esercitato taluna delle attività di cui all'articolo 1 in assenza del titolo autorizzatorio prescritto e non avere subìto la revoca dello stesso in data non anteriore al decennio.

      3. Per tutti gli effetti disciplinati dal presente articolo la sentenza prevista dall'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a quella di condanna.
      4. L'ufficio per la sicurezza privata istituito presso ogni questura cura la tenuta di una banca dati dei consulenti sulla sicurezza anticrimine autorizzati ad operare. Copia della banca dati e di ogni suo aggiornamento sono trasmessi alla commissione, secondo modalità indicate dalla medesima commissione agli uffici per la sicurezza privata.
      5. In presenza di mutamenti palesi e comprovati, in senso negativo, dei requisiti del consulente sulla sicurezza anticrimine,

 

Pag. 42

l'ufficio per la sicurezza privata che l'aveva rilasciata provvede a revocare l'autorizzazione all'esercizio dell'attività.
      6. L'autorizzazione di cui al comma 2 e la relativa revoca disposta ai sensi del comma 5 hanno validità sull'intero territorio nazionale.

Art. 21.
(Attività dei consulenti
sulla sicurezza anticrimine).

      1. I consulenti sulla sicurezza anticrimine sono abilitati ad esercitare le attività di cui agli articoli 6 e 7 in favore di enti, esercizi o aziende teoricamente od effettivamente a rischio. Possono altresì svolgere attività analoghe in favore di altri soggetti che, pur in assenza di obblighi di legge, richiedono servizi di consulenza anticrimine.
      2. Ogni consulente sulla sicurezza anticrimine tiene un registro aggiornato di tutte le consulenze effettuate.
      3. Il registro di cui al comma 2 deve essere custodito in modo riservato e può essere esibito, dietro richiesta scritta, solo a chi ha richiesto le consulenze, per la parte di propria competenza, nonché all'ufficio per la sicurezza privata della questura in cui risiede il cliente che ha richiesto la consulenza o in cui risiede il consulente che l'ha effettuata e all'autorità giudiziaria.
      4. Non può essere svolta contrattualmente opera di consulenza anticrimine da chi non è in possesso dell'autorizzazione di cui all'articolo 20.

Sezione III
ATTIVITÀ DI FORNITURA, INSTALLAZIONE E MANUTENZIONE DI APPARATI, IMPIANTI E SISTEMI ANTICRIMINE

Art. 22.
(Definizione di apparato, impianto
e sistema anticrimine).

      1. Sono definiti apparati, impianti e sistemi anticrimine tutti i dispositivi e i

 

Pag. 43

congegni diversi dalle armi progettati, costruiti e installati con la finalità di opporre resistenza al compimento dei crimini, di segnalare che un crimine è in corso di consumazione o di ricostruire a posteriori lo svolgimento di un crimine.
      2. Gli apparati, impianti e sistemi anticrimine hanno finalità:

          a) di difesa;

          b) di contrasto.

      3. Gli apparati, impianti e sistemi anticrimine di difesa si oppongono passivamente, in virtù della loro presenza o resistenza, al compimento dei crimini. A questa categoria appartengono:

          a) porte blindate e corazzate;

          b) armadi blindati, casseforti e camere corazzate;

          c) contenitori blindati per la gestione automatica delle banconote;

          d) furgoni blindati;

          e) banconi blindati e vetri blindati in genere;

          f) tutti i congegni di chiusura, meccanici ed elettronici, utilizzati per l'azionamento dei dispositivi di cui alle lettere a), b), c), d) ed e).

      4. Gli apparati, impianti e sistemi anticrimine di contrasto rilevano e segnalano la presenza di situazioni anomale, riconducibili al possibile compimento di un crimine, contrastano attivamente il crimine in atto o consentono di ricavare a posteriori elementi utili per lo svolgimento delle indagini. A questa categoria appartengono:

          a) impianti d'allarme, quali sensori e apparecchiature per la rilevazione di situazioni anomale, compresi metal detector e apparecchiature ai raggi x, centraline locali di elaborazione dei segnali, centrali operative di ricezione degli allarmi a distanza;

          b) apparecchiature di segnalazione e contrasto locale, quali segnalatori ottico-acustici,

 

Pag. 44

mazzette fumogene, apparati produttori di nebbia artificiale e altri sistemi atti a contrastare attivamente il compimento dei crimini;

          c) impianti televisivi per la trasmissione delle immagini, centrali operative per la ricezione delle immagini a distanza, impianti di videoregistrazione analogica o digitale delle immagini;

          d) impianti biometrici per la rilevazione delle impronte digitali o di altri dati somatici caratteristici dell'individuo;

          e) sistemi di controllo degli accessi.

Art. 23.
(Omologazione e vendita degli apparati,
impianti e sistemi anticrimine).

      1. Gli apparati, impianti e sistemi anticrimine di cui all'articolo 22, per essere messi in commercio, devono essere certificati dagli enti di normazione di riferimento, il Comitato europeo di normazione per il settore elettrotecnico (CENELEC) e il Comitato europeo di normazione (CEN), o, in assenza della normativa europea in materia, dal Comitato elettronico italiano (CEI) o dall'Ente nazionale di unificazione (UNI).
      2. In assenza di adeguata normativa tecnica la commissione ne sollecita l'emanazione da parte dei competenti enti di normazione, applicando fino all'avvenuta emanazione criteri sostitutivi o di equivalenza.

Art. 24.
(Imprese produttrici, importatrici o venditrici di apparati, impianti e sistemi anticrimine).

      1. Ogni impresa che produce importa o vende gli apparati, impianti e sistemi anticrimine di cui all'articolo 22 deve iscrivere la propria ragione sociale e i propri dati caratteristici nella banca dati delle imprese produttrici, importatrici o venditrici di apparati, impianti e sistemi anticrimine istituita presso l'ufficio per la sicurezza privata della questura della provincia in cui l'impresa

 

Pag. 45

ha sede legale e direzione. I dati caratteristici consistono in:

          a) nominativo e indirizzo del titolare, dei soci e degli amministratori;

          b) descrizione degli apparati, impianti e sistemi anticrimine per la produzione, importazione o vendita dei quali si richiede iscrizione al registro.

      2. Ogni variazione ai dati di cui al comma 1 deve essere iscritta nella banca dati entro trenta giorni dalla data in cui si verifica.
      3. Una sezione speciale della banca dati di cui al comma 1 è riservata alle imprese che svolgono attività di vendita o duplicazione di chiavi.
      4. L'ufficio per la sicurezza privata istituito presso ogni questura trasmette copia della banca dati e di ogni suo aggiornamento alla commissione, secondo modalità indicate dalla medesima commissione agli uffici per la sicurezza privata.

Art. 25.
(Autorizzazione all'esercizio dell'attività di installatore o manutentore di apparati, impianti o sistemi anticrimine).

      1. Gli apparati, impianti e sistemi anticrimine di cui all'articolo 22 possono essere installati o mantenuti unicamente da imprese autorizzate all'esercizio dell'attività di installatore o manutentore di apparati, impianti o sistemi anticrimine.
      2. L'autorizzazione all'esercizio dell'attività di installatore o manutentore di apparati, impianti o sistemi anticrimine è rilasciata dall'ufficio per la sicurezza privata della questura della provincia in cui l'impresa ha la sede legale e la direzione.
      3. Per il rilascio dell'autorizzazione si tiene conto:

          a) dei requisiti personali del titolare dell'impresa, di chi la dirige e di tutto il personale dipendente addetto all'installazione o manutenzione di apparati, impianti o sistemi anticrimine;

 

Pag. 46

          b) dei requisiti tecnico-professionali del personale dipendente con compiti di installazione o manutenzione di apparati, impianti o sistemi anticrimine.

      4. I requisiti personali di cui al comma 3, lettera a), consistono:

          a) nell'essere cittadino italiano o di uno Stato membro dell'Unione europea;

          b) nell'avere la capacità di obbligarsi e non essere fallito;

          c) nel non avere riportato condanne, ancorché non definitive, per delitto non colposo, non essere stato destinatario di una misura di prevenzione, anche interdittiva o patrimoniale, o di sicurezza personale, salvi gli effetti della riabilitazione;

          d) nel non aver esercitato taluna delle attività di cui all'articolo 1 in assenza del titolo autorizzatorio prescritto e nel non avere subìto la revoca dello stesso in data non anteriore al decennio.

      5. Per tutti gli effetti disciplinati dal presente articolo la sentenza prevista dall'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a quella di condanna.
      6. I requisiti tecnico-professionali di cui al comma 3, lettera b), si intendono riferiti ad almeno un terzo dei dipendenti e consistono nell'essere in possesso di un titolo di studio in campo meccanico, tecnico, elettrotecnico o elettronico, a seconda del tipo di apparecchiature che l'impresa installa o manutiene, e nell'aver maturato esperienza per almeno tre anni in altra impresa installatrice o manutentrice di apparati, impianti o sistemi anticrimine.
      7. L'autorizzazione rilasciata ha validità sull'intero territorio nazionale. Può valere per l'installazione o manutenzione di qualunque apparato, impianto o sistema anticrimine o può essere limitata a particolari tipologie.
      8. L'ufficio per la sicurezza privata istituito presso ogni questura cura la tenuta di una banca dati delle imprese installatrici o manutentrici di apparati, impianti o sistemi anticrimine alle quali è

 

Pag. 47

stata rilasciata autorizzazione ad operare. Copia della banca dati e di ogni suo aggiornamento sono trasmessi alla commissione secondo modalità indicate dalla medesima commissione agli uffici per la sicurezza privata.
      9. In presenza di mutamenti palesi e comprovati, in senso negativo, dei requisiti personali di un dipendente dell'impresa per l'installazione o manutenzione di apparati, impianti o sistemi anticrimine, l'ufficio per la sicurezza privata ne richiede l'immediato allontanamento dall'attività installativa o manutentiva.
      10. In presenza di mutamenti palesi e comprovati, in senso negativo, dei requisiti personali del titolare dell'impresa per l'installazione o manutenzione di apparati, impianti o sistemi anticrimine, l'ufficio per la sicurezza privata che l'aveva rilasciata provvede a revocare l'autorizzazione all'esercizio dell'attività. La revoca dell'autorizzazione ha valore su tutto il territorio nazionale.

Art. 26.
(Attività di installazione o manutenzione di apparati, impianti e sistemi anticrimine).

      1. All'installatore di apparati, impianti e sistemi anticrimine compete di porre in opera i dispositivi in modo che gli stessi rispondano al meglio allo scopo per cui sono installati.
      2. La progettazione di impianti complessi per la protezione di siti di enti, esercizi o aziende a rischio è effettuata da chi commissiona il lavoro per il tramite del proprio responsabile della sicurezza anticrimine o di un consulente sulla sicurezza anticrimine.
      3. L'installatore, al termine della posa in opera, collauda l'apparato, impianto o sistema anticrimine, redigendo apposito verbale in duplice copia, una per il committente e una per il proprio archivio. Il verbale autocertifica che l'installazione è stata effettuata a regola d'arte. Il collaudo degli impianti complessi per la protezione di siti di enti, esercizi o aziende a rischio

 

Pag. 48

è effettuato da chi commissiona il lavoro per il tramite del proprio responsabile della sicurezza anticrimine o di un consulente sulla sicurezza anticrimine.
      4. Al manutentore di apparati, impianti e sistemi anticrimine compete di garantire che i dispositivi a lui affidati rispondano al meglio allo scopo per cui sono stati installati.
      5. Ai fini di cui al comma 4, il manutentore effettua gli interventi alle cadenze previste o direttamente su chiamata e, al termine degli stessi, redige apposito verbale in duplice copia, una per il committente e una per il proprio archivio. Per gli impianti che lo prevedono, i controlli e gli interventi possono essere effettuati a distanza, mediante attività di telecontrollo e di telegestione; in tale caso il manutentore ha l'obbligo di effettuare una stampa dei valori registrati e degli eventuali interventi correttivi.
      6. L'installatore o manutentore di apparati, impianti o sistemi anticrimine è tenuto a non divulgare alcuna notizia inerente all'attività svolta.
      7. L'archivio delle installazioni e manutenzioni, di cui ai commi 3 e 5, deve essere custodito in modo riservato e può essere esibito, dietro richiesta scritta, solo a chi ha richiesto le attività di installazione o manutenzione, per la parte di propria competenza, nonché all'ufficio per la sicurezza privata della questura in cui risiede il cliente che ha richiesto l'installazione o manutenzione o in cui risiede l'impresa che l'ha effettuata e all'autorità giudiziaria.

Capo IV
DISPOSIZIONI DIVERSE E FINALI

Art. 27.
(Disposizioni penali).

      1. Chiunque, avendo notizia che un reato contro la persona o contro il patrimonio sta per essere commesso, omette di informare l'autorità di pubblica sicurezza

 

Pag. 49

è punito, se il reato viene effettivamente commesso, con la reclusione da un mese a due anni e con la multa fino a 10.000 euro.
      2. L'inosservanza dei provvedimenti dell'autorità conseguenti alla denuncia di possibile reato è punita, se agevola il compimento del reato, con la reclusione da un mese a un anno e con la multa fino a 5.000 euro.
      3. Le persone fisiche a rischio che non osservano le misure protettive stabilite sono punite, se l'inosservanza agevola il compimento di reati, con la reclusione da un mese a un anno e con la multa fino a 5.000 euro.
      4. Il titolare o il legale rappresentante di un ente, di un esercizio o di un'azienda effettivamente a rischio che non osserva le misure generali di tutela di cui all'articolo 6 e i requisiti di protezione anticrimine stabiliti dall'articolo 12 è punito con la reclusione da due mesi a due anni e con la multa fino a 100.000 euro.
      5. Il lavoratore impiegato presso un ente un esercizio o un'azienda effettivamente a rischio, anche in virtù di contratto d'appalto o di contratto d'opera, che agevola con il suo comportamento attivo od omissivo, seppure non doloso, il compimento di un reato o ne rende più cospicuo ricavato è punito con la reclusione da uno a tre mesi e con la multa fino a 5.000 euro, a condizione che l'ente, l'esercizio o l'azienda gli abbia fornito norme indicanti con chiarezza il corretto comportamento da tenere.
      6. Il responsabile della sicurezza anticrimine di un ente, di un esercizio o di un'azienda a rischio che non ottempera agli obblighi di cui all'articolo 10 e ai requisiti di protezione anticrimine stabiliti dall'articolo 12 è punito con la reclusione da uno a tre mesi e con la multa fino a 5.000 euro.
      7. L'esercizio senza licenza delle attività di vigilanza previste dalla presente legge è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa fino a 100.000 euro.
      8. L'inosservanza dei provvedimenti amministrativi adottati dall'autorità competente a seguito di abuso del titolo autorizzatorio
 

Pag. 50

di attività di vigilanza, ovvero dei provvedimenti adottati a seguito di inosservanza degli obblighi o delle prescrizioni inerenti all'attività di vigilanza soggetta ad autorizzazione, è punita con le pene previste dal comma 7 ridotte da un terzo alla metà.
      9. Le pene di cui al comma 7 si applicano anche nei confronti di chiunque si avvale, per l'espletamento di attività di vigilanza previste dalla presente legge o per lo svolgimento di attività di vigilanza in violazione della medesima legge, dell'opera di persone prive del titolo autorizzatorio prescritto.
      10. L'agente di sicurezza che, nell'espletamento delle sue mansioni, agevola con comportamento attivo od omissivo, seppure non doloso, il compimento di un reato o ne rende più cospicuo il ricavato è punito con la reclusione da uno a tre mesi e con la multa fino a 5.000 euro, a condizione che l'istituto privato di vigilanza da cui dipende gli abbia fornito norme indicanti con chiarezza il corretto comportamento da tenere.
      11. L'esercizio senza autorizzazione dell'attività di consulente sulla sicurezza anticrimine prevista dalla presente legge è punito con la reclusione da due mesi a un anno e con la multa fino a 20.000 euro.
      12. Chiunque vende apparati, impianti o sistemi anticrimine privi delle prescritte certificazioni è punito con la reclusione da uno a sei mesi e con la multa fino a 10.000 euro.
      13. Le pene di cui al comma 12 si applicano anche nei confronti di chiunque produce, importa o vende apparati, impianti o sistemi anticrimine senza iscrivere il proprio nome nel registro delle imprese produttrici, importatrici o venditrici di apparati, impianti e sistemi anticrimine.
      14. L'esercizio senza autorizzazione dell'attività di installatore o manutentore di apparati, impianti e sistemi anticrimine è punito con la reclusione da due mesi a un anno e con la multa fino a 20.000 euro.
      15. L'installatore o manutentore di apparati, impianti o sistemi anticrimine che agevola con comportamento attivo od omissivo, seppure non doloso, il compimento
 

Pag. 51

di un reato o ne rende più cospicuo il ricavato a causa di difettosa opera di installazione o manutenzione è punito con la reclusione da uno a tre mesi e con la multa fino a 5.000 euro.

Art. 28.
(Agevolazioni fiscali e finanziarie).

      1. Alla fornitura dei beni di cui all'articolo 22 e dei servizi di vigilanza, di consulenza, di installazione e manutenzione di apparati, impianti e sistemi anticrimine, resa da istituti, consulenti e imprese autorizzati ai sensi della presente legge, si applica l'imposta sul valore aggiunto in forma ridotta con aliquota pari al 4 per cento.
      2. Le spese sostenute per servizi di vigilanza e di consulenza nonché per la fornitura, installazione e manutenzione di apparati, impianti e sistemi anticrimine, e relativamente alle misure di protezione previste dall'articolo 12, sono detraibili dal reddito ai fini dell'imposizione fiscale nella misura del 50 per cento.
      3. Al contributo a carico del Fondo istituito ai sensi del comma 350 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, possono accedere anche le piccole e medie imprese commerciali interessate a programmi di spesa per la realizzazione o il potenziamento della sicurezza privata, per il tramite delle rispettive regioni e province autonome territorialmente competenti.

Art. 29.
(Disposizioni transitorie e finali).

      1. La presente legge entra in vigore il primo giorno del sesto mese successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
      2. Le attività non sottoposte ad autorizzazione anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge possono essere proseguite per non oltre i sei mesi successivi alla medesima data.

 

Pag. 52


      3. Le licenze rilasciate in applicazione delle disposizioni vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge continuano ad avere efficacia fino alla data del rinnovo, che è disposto con le modalità previste dalla presente legge.

Art. 30.
(Abrogazioni).

      1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge sono abrogate le disposizioni del titolo IV del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, e del titolo IV, paragrafi 20 e 21, del regolamento di cui al regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, relative agli istituti di vigilanza e alle guardie giurate, nonché le disposizioni di cui al regio decreto-legge 26 settembre 1935, n. 1952, convertito dalla legge 19 marzo 1936, n. 508, e al regio decreto-legge 12 novembre 1936, n. 2144, convertito dalla legge 3 aprile 1937, n,  526.


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
torna su