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PDL 579

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 579



 

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PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE

d'iniziativa del deputato GRILLINI

Modifica all'articolo 3 della Costituzione in materia di non discriminazione tra i cittadini

Presentata il 9 maggio 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - Negli ultimi anni si è sempre più fatta strada nella coscienza civile e giuridica dell'Occidente l'idea che i princìpi di uguaglianza formale di fronte alla legge, di pari dignità sociale e di libertà individuale, storicamente affermatisi come naturale pertinenza dei maschi bianchi cristiani adulti sani ed eterosessuali, debbano essere riconosciuti come il fondamento stesso della convivenza civile nei nostri Paesi, ed estesi quindi anche a tutti gli individui appartenenti a gruppi sociali che ne erano stati inizialmente esclusi, o che ne godevano solo in misura limitata.
      In questo progressivo allargamento della sfera dei soggetti titolari di diritti di libertà può essere vista l'originalità stessa e la peculiarità della storia della democrazia liberale.
      All'epoca in cui la Costituzione fu approvata, l'esperienza della dittatura, delle leggi fasciste di discriminazione razziale contro gli ebrei e della discriminazione di cui avevano sofferto gli appartenenti alle minoranze linguistiche aveva suggerito di ribadire solennemente nell'articolo 3 il ripudio di ogni discriminazione che fosse fondata, fra l'altro, sulla razza, sulla lingua e sulla religione.
      Anche allora tale elenco avrebbe potuto perfino essere considerato superfluo, e avrebbe potuto essere ritenuta a rigore sufficiente a produrre i desiderati effetti normativi la sola prima parte di quell'articolo: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali di fronte alla legge». Se i costituenti vollero aggiungere le parole «senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche», ciò fu perché il testo della Costituzione doveva segnare una soluzione di continuità con un passato dittatoriale e totalitario, e indicare il nuovo terreno su cui ricostruire l'identità liberale e democratica della nazione, che rinnovava così l'aspirazione risorgimentale a reintegrarsi nell'Occidente e nell'Europa civile.
 

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      I costituenti vollero peraltro che quell'elenco non fosse da ritenere esaustivo, e vi aggiunsero una clausola generale e conclusiva: senza distinzione, anche, di «condizioni personali e sociali». Gli ulteriori espressi divieti di discriminazione che con la presente proposta di legge costituzionale si intendono aggiungere si dovrebbero quindi in teoria ritenere anch'essi già coperti dalla formulazione vigente: caratteristiche genetiche, età, orientamento sessuale e condizioni fisiche e di salute costituendo appunto altrettante «condizioni personali». E anche il rispetto degli impegni internazionali dell'Italia in materia di diritti umani dovrebbe in teoria concorrere a garantire tale risultato.
      Sono tuttavia la realtà della nostra vita sociale e il persistere di pesanti discriminazioni, non solo determinate dal pregiudizio, ma spesso anche dalla legge, che colpiscono, in quanto tali, persone anziane o giovani, omosessuali o transessuali, handicappati fisici o psichici, a suggerire di estendere anche a queste tre categorie di individui un espresso divieto di discriminazioni giuridiche.
      Lo suggerisce l'opportunità di non scaricare solo sui giudici, e in ultima istanza sulla Corte costituzionale, la responsabilità di assumere decisioni che hanno un'evidente rilevanza etico-politica e che rispecchiano l'evoluzione della nostra coscienza civile; lo suggerisce l'aumento delle aspettative di durata della vita e il mutamento della composizione anagrafica della nostra società, che impongono una rinegoziazione del patto non scritto fra le generazioni; lo suggerisce l'acquisita consapevolezza da parte della coscienza civile e giuridica europea che i problemi posti dalla condizione omosessuale nella società sono nient'altro che semplici problemi di diritti umani, di libertà, di uguaglianza formale e sostanziale e di pari dignità sociale, fin qui terribilmente misconosciuti; lo suggerisce la sempre più acuta coscienza del dovere civico e morale di assicurare agli handicappati le condizioni formali e materiali necessarie per poter godere nella più ampia misura possibile dei diritti e delle opportunità garantiti agli altri consociati.
      E non meno importante, in prospettiva, appare l'obiettivo di prevenire le possibili gravissime discriminazioni che potrebbero essere consentite dalla mappatura e dalla conoscenza del patrimonio genetico individuale: tale conoscenza, se consentirà di prevenire e curare malattie gravi e invalidanti, potrebbe consentire infatti anche di prevedere la probabilità che l'individuo contragga nel corso della sua vita malattie o handicap talvolta incurabili allo stato attuale delle conoscenze, e costituire così la premessa di nuove minacce di discriminazione e di esclusione sociale.
      È per questi motivi che le più recenti carte dei diritti e tutti i progetti di aggiornamento delle carte dei diritti nazionali e internazionali vigenti si preoccupano di ricomprendere proprio le clausole antidiscriminatorie che con la presente proposta di legge costituzionale si chiede che anche la Costituzione italiana possa finalmente includere. Con l'integrazione che viene qui proposta, i casi in cui è vietata ogni discriminazione espressamente citati dalla Costituzione verrebbero a coincidere con quelli previsti dall'articolo 13 del Trattato di Amsterdam e dall'articolo 21 della «Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea» di Nizza, che dettano le regole per l'adozione di normative antidiscriminatorie comunitarie, compreso il caso relativo al patrimonio genetico, introdotto dalla citata Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.
      La posizione in cui si propone di collocare le nuove clausole antidiscriminatorie nell'ambito dell'elenco recato dall'articolo 3 muove dal criterio di seguire l'intento originario del costituente del 1948, che aveva anteposto le clausole che vietano discriminazioni fondate su caratteri relativi all'identità degli individui, non modificabili per loro volontà (sesso, razza) a quelle che vietano discriminazioni fondate su caratteristiche originariamente non oggetto di libera scelta, ma successivamente modificabili per volontà dell'individuo interessato (lingua, religione) e a quelle che vietano di discriminare sulla base di scelte liberamente effettuate dall'individuo nell'esercizio delle libertà costituzionalmente
 

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garantite (opinioni politiche). Si propone quindi che le nuove clausole, tutte riferentisi a fattispecie classificabili nel primo gruppo, vengano inserite immediatamente dopo le prime due.
      È appena il caso di ricordare in questa sede che, secondo una pacifica e consolidatissima giurisprudenza costituzionale, il principio di non discriminazione non richiede che il medesimo regolamento giuridico venga applicato in modo identico a tutte le fattispecie considerate, ma che situazioni giuridiche fra loro identiche vengano trattate in modo identico e che situazioni giuridiche fra loro diverse vengano trattate in modo diversificato. Quel che il principio di uguaglianza formale richiede è che un trattamento discriminatorio non possa essere previsto in violazione dei divieti costituzionali e senza che esso sia giustificato dal criterio della «ragionevolezza», di cui è giudice la Corte costituzionale.
      In un momento in cui una parte considerevole del Paese nutre, a torto o a ragione, inedite preoccupazioni per la qualità e la saldezza della democrazia e per la garanzia delle libertà e dei diritti costituzionali, il rafforzamento dei diritti individuali di libertà potrebbe rinsaldare la fiducia nelle istituzioni repubblicane e il «patriottismo costituzionale» degli italiani; e, non da ultimo, le credenziali liberali e democratiche e il buon nome del Paese nel nostro continente, anch'essi purtroppo, a torto o a ragione, rimessi pesantemente in discussione negli ultimi tempi.
 

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PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE

Art. 1.

      1. All'articolo 3, primo comma, della Costituzione, dopo le parole: «di razza,» sono inserite le seguenti: «di caratteristiche genetiche, di età, di orientamento sessuale, di condizioni fisiche o di salute,».


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