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PDL 1446

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1446



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

RIVOLTA, FORLANI, PAOLETTI TANGHERONI, ROMAGNOLI

Riforma della disciplina della cooperazione allo sviluppo

Presentata il 24 luglio 2006

      

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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge nasce dall'esigenza di aggiornare e rendere più efficaci gli aiuti economici e la cooperazione tra l'Italia e i Paesi in via di sviluppo (PVS).
      Questo argomento assume particolare importanza ed interesse in tutte le forze politiche, ancor più oggi, alla luce della difficile situazione internazionale: attualmente più di un miliardo di persone vive in condizioni di povertà assoluta.
      I primi interventi legislativi in materia di cooperazione hanno avuto carattere episodico e parziale (legge 26 ottobre 1962, n. 1594, e legge 28 marzo 1968, n. 380): con essi si prevedeva l'invio di esperti e volontari in servizio civile, la fornitura di attrezzature tecnico-scientifiche, la concessione a società ed enti italiani di contributi a fondo perduto per l'elaborazione di studi e progetti. Il primo intervento di rilievo si è avuto in coincidenza del «secondo decennio per lo sviluppo» proclamato dalle Nazioni Unite (legge 15 dicembre 1971, n. 1222): in esso erano previsti interventi più mirati, ma non ancora inseriti in un progetto organico. Sulla stessa linea d'azione furono anche le due leggi successive (legge 9 febbraio 1979, n. 38, e legge 8 marzo 1985, n. 73, quest'ultima ispirata all'idea di affiancare la tematica dell'aiuto di emergenza con quella della
 

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cooperazione allo sviluppo, ma in una elaborazione ancora embrionale). L'innovazione più vasta nella definizione della cooperazione come «parte integrante della politica estera dell'Italia» si è avuta con la legge 26 febbraio 1987, n. 49: essa disegnava un complesso sistema di organi, procedure e strumenti caratterizzati da una forte autonomia e specialità rispetto alle norme generali, ma già nel 1992 ci si è resi conto che gli investimenti diretti, di portafoglio e prestiti provenivano più spesso dalle associazioni private che dagli aiuti pubblici allo sviluppo (APS) (Angelo Gramigliola, «Cooperazione allo sviluppo modello da cambiare?» Politica Internazionale, n. 3, maggio/giugno 1997).
      L'esigenza di un cambiamento radicale nasce dal fatto che l'Italia ha tradizionalmente destinato una quota molto elevata del suo APS alla cooperazione multilaterale (cioè al finanziamento di organismi, banche e fondi internazionali di sviluppo). Occorre, invece, che il nostro Paese si mostri forte e attivo anche in prima persona. Gli APS, inoltre, devono slegarsi dal semplice concetto di assistenza pubblica ai PVS, per abbracciarne uno più ampio che includa anche considerazioni economico-culturali, geografiche e demografiche ad hoc. Un tale progetto, poi, non può rimanere indifferente a quanto già svolto dalle organizzazioni non governative (ONG), dalle università e, in generale, dalle associazioni di volontariato.
      Non si può, infine, prescindere dal fatto che il quadro delle relazioni internazionali sia profondamente mutato, anche per effetto dei dolorosi avvenimenti mondiali e degli imponenti flussi migratori che dal sud del pianeta si riversano sui Paesi più industrializzati ed economicamente attraenti.
      Tutto ciò porta a concludere che sia necessaria, in primis, la previsione di un organico coordinamento degli interventi, sulla base, da una parte, di una forte programmazione politica e, dall'altra, di una più snella attuazione.
      Sotto il primo aspetto, questa proposta di legge, apportando notevoli cambiamenti rispetto alla legge 26 febbraio 1987, n. 49, affida al Parlamento la responsabilità di esprimere un parere vincolante sulla scelta delle priorità delle aree geografiche e dei singoli Paesi verso i quali promuovere interventi di cooperazione, nonché dei diversi settori nel cui ambito i progetti dovranno essere attuati. Inoltre, vengono date maggiori competenze al Ministero degli affari esteri, viene potenziato il peso dell'unità di valutazione, già presente all'interno della Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo (DGCS), e viene in parte modificato l'organico del Comitato direzionale.
      Relativamente al secondo aspetto, la presente proposta di legge tende a semplificare le procedure d'intervento attraverso l'eliminazione dell'unità tecnica centrale e delle unità tecniche nei Paesi in via di sviluppo, sostituite dalla figura degli addetti alla cooperazione e di un apposito ufficio per la cooperazione, istituito presso l'ambasciata italiana sul territorio del Paese destinatario. Come ogni soggetto che entri a far parte dei piani d'intervento, anche gli addetti alla cooperazione possono, in ogni momento, avvalersi dell'aiuto tecnico dei consulenti, appositamente iscritti in un albo.
      È chiaro che questa proposta di legge costituisce un ulteriore passo in avanti verso la piena ed effettiva efficacia della cooperazione, senza con questo voler assurgere a legge conclusiva, in un settore, quello della cooperazione, in perenne divenire, come sono in perenne divenire e mutare le esigenze dei Paesi in via di sviluppo.
      La presente proposta di legge è divisa in tre capi.
      Il capo I individua i princìpi generali ai quali si deve ispirare la cooperazione allo sviluppo.
      All'articolo 1 si dice che «la cooperazione allo sviluppo è parte inscindibile della politica estera dell'Italia», con ciò volendo sottolineare l'importanza che gli interventi vengano inseriti all'interno delle linee programmatiche previste dal Ministero degli affari esteri.
      L'articolo 2 specifica che la cooperazione allo sviluppo può consistere anche nell'esportazione del know-how imprenditoriale
 

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italiano in materia di rapporti tra le istituzioni pubbliche e il settore privato.
      Un aspetto del tutto nuovo è il criterio di condizionalità previsto dall'articolo 3: riteniamo importante che l'azione di cooperazione non sia a senso unico e che, perciò, il Paese beneficiario si impegni concretamente a rispettare i diritti umani e i princìpi democratici internazionalmente riconosciuti.
      Il Capo II comprende tutti gli aspetti relativi all'individuazione ed elaborazione delle attività di cooperazione.
      Come precedentemente accennato, con l'articolo 4 abbiamo ampliato le competenze del Ministero degli affari esteri, prevedendo che esso si occupi di proporre alle Commissioni competenti di Camera e Senato la scelta delle priorità delle aree geografiche e dei singoli Paesi, oltre che i differenti settori d'intervento; che individui i progetti da realizzare d'intesa con il Paese destinatario e in armonia con altri interventi eventualmente già in atto o in stato di elaborazione a livello internazionale. Il Ministero degli affari esteri si impegna anche a inviare annualmente una relazione consuntiva alle Commissioni parlamentari competenti. Lo stesso dicasi per il Ministero dell'economia e delle finanze, come statuito all'articolo 14, comma 5.
      L'articolo 5 prende in considerazione il campo degli interventi straordinari, considerando come situazioni di emergenza quelle che riguardano tre gravi casi: l'invio di missioni di soccorso nelle aree colpite da carestie e fame, l'avvio di interventi in campo igienico-sanitario nelle aree colpite da calamità e la costruzione di strutture di accoglienza e quanto altro necessario per i rifugiati.
      L'articolo 6 aggiunge alle competenze già previste della DGCS anche il compito di individuare gli addetti alla cooperazione da inviare presso le ambasciate sul territorio del Paese beneficiario, previa delibera del Comitato direzionale, di cui all'articolo 7. Con esso si stabilisce, inoltre, che il Comitato direzionale sia presieduto dal Ministro degli affari esteri o dal Sottosegretario da lui delegato, come era originariamente, ma aggiunge che di esso facciano parte anche il direttore generale del commercio internazionale e il competente vice Ministro dello sviluppo economico. È, infine, stato previsto, come compito aggiuntivo del Comitato direzionale, che quest'ultimo esprima pareri circa l'idoneità delle organizzazioni non governative che entrino a far parte di un progetto di cooperazione.
      Il capo III prende in considerazione i differenti aspetti inerenti le fasi di esecuzione dei progetti di cooperazione. In esso sono contenute le maggiori innovazioni alla legge 26 febbraio 1987, n. 49.
      L'articolo 8 istituisce la figura degli addetti alla cooperazione: essi sono funzionari del Ministero degli affari esteri o distaccati da altro Ministero e dipenderanno dalla DGCS. Il loro compito principale è quello di seguire passo per passo i programmi di intervento servendosi, ove necessario dell'ausilio dei consulenti tecnici. Secondariamente, viene loro concessa autonomia d'azione per interventi che abbiano una previsione di spesa non superiore a 100.000 euro e, comunque, per una cifra che non superi un decimo del valore totale del piano-Paese di competenza.
      I consulenti tecnici di cui si è finora parlato possono inoltrare al direttore generale la domanda di iscrizione all'albo di cui all'articolo 9, presentando idonee garanzie di professionalità. Qualora queste manchino o vengano a mancare nel corso del tempo, la DGCS ha diritto a non accettare la richiesta di iscrizione o di cancellare dall'albo chi abbia perso i requisiti di idoneità.
      L'articolo 10 prende in esame i casi di intervento a livello bilaterale: in esso si dà la possibilità alle imprese di essere esse stesse motori degli interventi di cooperazione, attraverso la proposizione di progetti preliminari adeguatamente giustificati, che vengano poi messi in concorso secondo le procedure d'appalto previste dalla legge. Ciò permette di incentivare l'iniziativa privata, senza però perdere di vista la necessità che gli interventi siano «inscindibili» dalla politica estera italiana, come si era sottolineato all'articolo 1, in ragione del fatto che,
 

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prima che il direttore generale proceda all'individuazione dell'ente appaltante, il Ministero degli affari esteri dovrà valutare la conformità del progetto preliminare alle linee programmatiche proprie e a livello internazionale.
      L'articolo 11 vuole incentivare, a parità di condizioni, le imprese che intendano creare o abbiano già creato rapporti di collaborazione con le imprese del Paese destinatario: ciò, infatti, consente che quest'ultimo tragga beneficio non solo dal progetto a sé stante, ma, a più ampio respiro, anche dalla spinta positiva dell'occupazione e del valore aggiunto locale.
      Le ragioni che sono alla base della presente proposta di legge costituiscono anche la ratio dell'articolo 12; vogliamo che la cooperazione alla sviluppo sia effettiva e perché ciò avvenga è necessario che ogni passo sia monitorato: ex ante, dal Comitato direzionale attraverso il controllo dell'idoneità dei mezzi e del personale destinati alla cooperazione; in itinere, da parte dell'ambasciatore di riferimento, attraverso l'invio al direttore generale, al termine di ogni intervento e comunque ogni anno, di una relazione sullo stato dei lavori e sull'operato degli addetti alla cooperazione; ex post, da parte dell'unità di valutazione, attraverso l'analisi dei risultati ottenuti in relazione ai costi sostenuti e al lavoro del personale impiegato. Anche in questi casi è sempre possibile chiedere l'ausilio dei consulenti tecnici.
      L'articolo 13 prevede l'apertura di un ufficio per la cooperazione, all'interno dell'ambasciata di riferimento, dove gli addetti alla cooperazione, nel caso il loro invio si renda necessario, possano svolgere i propri compiti. Al termine del progetto l'ufficio verrà chiuso.
      Gli articoli successivi seguono a grandi linee quelli della legge 26 febbraio 1987, n. 49, ad eccezione del fatto che è stata eliminata la figura dell'esperto e dei volontari del servizio civile: questi ultimi potranno essere scelti direttamente dal main contractor o entrare a far parte delle ONG nel ruolo di cooperanti (articolo 30); infine, oltre ai doveri contrattualmente previsti per chi viene inviato all'estero, il personale che entri a far parte di un progetto di cooperazione ha il dovere di supportare in ogni suo aspetto l'azione e il prestigio dell'Italia all'estero (articoli 18 e 32).
      È utile sottolineare altri due aspetti innovativi: la durata degli incarichi affidati ai dipendenti pubblici, ai docenti universitari e ai magistrati è direttamente dipendente dal tempo dell'intervento. Inoltre, ad essi potrà essere conferito un successivo nuovo incarico con le stesse caratteristiche solo per un programma d'intervento in un'area geografica diversa da quella in cui si è svolto il precedente (articolo 21).
      Il secondo aspetto innovativo riguarda le ONG (articolo 27): esse devono presentare un bilancio annuale che dimostri la buona e corretta tenuta della contabilità e che evidenzi un'autonoma capacità di finanziamento per un valore pari almeno al 30 per cento dell'investimento necessario per l'intervento; è loro concessa la possibilità di richiedere l'iscrizione in un apposito albo, istituito presso la DGCS, in presenza e costanza dei requisiti di idoneità; infine, il direttore generale promuove almeno una volta all'anno un'assemblea di tutte le ONG iscritte all'albo per discutere consuntivi e programmi della cooperazione italiana.
      In conclusione, appare chiaro che, con la presente proposta di legge, si riporta a tutti gli effetti la cooperazione allo sviluppo nell'ambito delle azioni di politica estera, che vedono l'impegno di tutto il «sistema Italia».
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Capo I
PRINCÌPI GENERALI

Art. 1.

(Finalità).

      1. La cooperazione allo sviluppo è parte inscindibile della politica estera dell'Italia e persegue obiettivi di solidarietà tra i popoli e di piena realizzazione dei diritti fondamentali dell'uomo, ispirandosi ai princìpi sanciti dalla Costituzione, dalle convenzioni elaborate in seno all'Unione europea e dalle Nazioni Unite.
      2. La cooperazione allo sviluppo è finalizzata al soddisfacimento dei bisogni primari e, in primo luogo, alla salvaguardia della vita umana, all'autosufficienza alimentare, alla valorizzazione delle risorse umane, alla conservazione del patrimonio ambientale, all'attuazione e al consolidamento dei processi di sviluppo endogeno e alla crescita economica, sociale e culturale dei Paesi in via di sviluppo. La cooperazione allo sviluppo è altresì finalizzata al miglioramento della condizione femminile e dell'infanzia e al sostegno della promozione della donna.
      3. La cooperazione allo sviluppo comprende le iniziative pubbliche e private, impostate e attuate nei modi previsti dalla presente legge e collocate prioritariamente nell'ambito di programmi plurisettoriali concordati in appositi incontri intergovernativi con i Paesi beneficiari su base pluriennale e secondo criteri di concentrazione geografica.
      4. Rientrano nella cooperazione allo sviluppo gli interventi straordinari destinati a fronteggiare casi di calamità e situazioni di denutrizione e di carenze

 

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igienico-sanitarie che minacciano la sopravvivenza di popolazioni. Costituisce attività di cooperazione allo sviluppo quella rivolta alla rimozione di mine e ordigni bellici dal territorio dei Paesi cooperanti.
      5. Gli stanziamenti per la cooperazione allo sviluppo non possono essere utilizzati, direttamente o indirettamente, per finanziare attività di carattere militare.

Art. 2.
(Attività di cooperazione allo sviluppo).

      1. L'attività di cooperazione allo sviluppo è finanziata a titolo gratuito e con crediti a condizioni particolarmente agevolate. Essa può essere svolta sul piano bilaterale, multilaterale e multi-bilaterale.
      2. Gli stanziamenti destinati alla realizzazione di tale attività sono determinati su base triennale con legge finanziaria. Annualmente viene allegata allo stato di previsione della spesa del Ministero degli affari esteri una relazione previsionale e programmatica del Ministro recante, in particolare, le proposte e le motivazioni per la ripartizione delle risorse finanziarie e la indicazione degli strumenti di intervento.
      3. Nell'attività di cooperazione allo sviluppo rientrano:

          a) l'elaborazione di studi, la progettazione, la fornitura e la costruzione di impianti, infrastrutture, attrezzature e servizi, la realizzazione di progetti di sviluppo integrati e l'attuazione delle iniziative anche di carattere finanziario, atte a consentire il conseguimento delle finalità di cui all'articolo 1;

          b) la partecipazione, anche finanziaria, all'attività e al capitale di organismi, banche e fondi internazionali, impegnati nella cooperazione con i Paesi in via di

 

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sviluppo, nonché nell'attività di cooperazione allo sviluppo dell'Unione europea;

          c) l'impiego di personale qualificato per compiti di assistenza tecnica, amministrazione e gestione, valutazione e monitoraggio dell'attività di cooperazione allo sviluppo;

          d) la formazione professionale e la promozione sociale di cittadini dei Paesi in via di sviluppo in loco, in altri Paesi in via di sviluppo e in Italia, anche ai fini del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, nonché la formazione di personale italiano destinato a svolgere attività di cooperazione allo sviluppo;

          e) il sostegno alla realizzazione di progetti e interventi ad opera di organizzazioni non governative idonee ai sensi dell'articolo 27, anche tramite l'invio di volontari e di proprio personale nei Paesi in via di sviluppo;

          f) l'attuazione di interventi specifici per migliorare la condizione femminile e dell'infanzia, per promuovere lo sviluppo culturale e l'eliminazione di ogni forma di discriminazione sociale della donna attraverso la sua diretta partecipazione in ogni settore d'intervento;

          g) l'adozione di programmi di riconversione agricola per ostacolare la produzione della droga nei Paesi in via di sviluppo;

          h) la promozione di programmi di educazione ai temi dello sviluppo, anche nell'ambito scolastico, e di iniziative volte all'intensificazione degli scambi culturali tra l'Italia e i Paesi in via di sviluppo con particolare riguardo a quelli tra i giovani;

          i) la realizzazione di interventi in materia di ricerca scientifica e tecnologica ai fini del trasferimento di tecnologie ap- propriate

 

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nei Paesi in via di sviluppo per la promozione di uno sviluppo economico endogeno ed ecosostenibile;

          l) l'adozione di strumenti e interventi, anche di natura finanziaria, per favorire gli scambi tra Paesi in via di sviluppo, la stabilizzazione dei mercati regionali e interni nonché la riduzione dell'indebitamento, in armonia con i programmi e l'azione dell'Unione europea;

          m) il sostegno a programmi di informazione e comunicazione per favorire una maggiore partecipazione delle popolazioni ai processi di democrazia e sviluppo dei Paesi beneficiari;

          n) l'utilizzo delle conoscenze e delle tecnologie italiane in grado di intensificare i rapporti eventualmente già instaurati in ambito nazionale tra le istituzioni pubbliche e il settore privato.

      4. Le attività di cui alle lettere a), c), d), e), f), h) e n) del comma 3 possono essere attuate, in conformità con quanto previsto dall'articolo 4, anche utilizzando le strutture pubbliche delle regioni, delle province autonome di Trento e di Bolzano e degli enti locali.

Art. 3.
(Condizioni).

      1. Il rispetto dei diritti umani e dei princìpi democratici riconosciuti a livello internazionale costituisce un criterio di priorità nella scelta del Paese beneficiario ai fini dell'attività di cooperazione allo sviluppo.
      2. Nei casi in cui l'intervento sia finalizzato a incentivare il rispetto dei diritti umani, l'opera di cooperazione non può continuare in assenza di una concreta collaborazione a tal fine da parte del Paese destinatario.

 

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Capo II
INDIVIDUAZIONE ED ELABORAZIONE DELLE ATTIVITÀ DI COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO

Art. 4.
(Competenza del Ministro degli affari esteri).

      1. Il Ministro degli affari esteri è responsabile della politica di cooperazione allo sviluppo.
      2. Nell'ambito della sua responsabilità politica il Ministro degli affari esteri:

          a) propone alle Commissioni parlamentari competenti, che approvano, modificano o respingono entro trenta giorni, salvi i casi previsti dall'articolo 5, la scelta delle priorità delle aree geografiche e dei singoli Paesi, nonché dei diversi settori nel cui ambito deve essere attuata la cooperazione allo sviluppo;

          b) definisce, dopo l'approvazione delle Commissioni parlamentari competenti ai sensi della lettera a), la lista dei progetti da realizzare d'intesa con il Paese beneficiario;

          c) assicura l'armonizzazione dei progetti d'intervento con la politica estera italiana e con i piani di sviluppo già definiti o in via di elaborazione a livello internazionale;

          d) cura i rapporti con gli altri Paesi donatori, con gli organismi multilaterali e con i Paesi cooperanti;

          e) dispone gli interventi umanitari di emergenza;

          f) trasmette annualmente alle Commissioni parlamentari competenti la relazione consuntiva delle attività svolte, integrata dal Ministero dell'economia e delle finanze per le parti di propria competenza;

          g) sulla base degli indirizzi stabiliti negli articoli 1, 2, e 3 e di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze,

 

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promuove e coordina nell'ambito del settore pubblico, nonché tra questo e il settore privato, programmi operativi e ogni altra iniziativa in materia di cooperazione allo sviluppo.

      3. In mancanza di accordo con i Paesi beneficiari e di uniformità agli indirizzi di cooperazione e di coordinamento stabiliti dal Ministero degli affari esteri, le iniziative di cooperazione allo sviluppo non possono essere ammesse ai benefìci previsti dalla presente legge.
      4. In via eccezionale possono essere ammesse ai benefìci previsti dalla presente legge, anche in mancanza di richieste da parte dei Paesi in via di sviluppo interessati, iniziative proposte da organizzazioni non governative purché adeguatamente documentate e motivate da esigenze di carattere umanitario.

Art. 5.
(Interventi straordinari).

      1. Gli interventi straordinari di cui all'articolo 1, comma 4, sono da considerarsi quelli relativi a situazioni di emergenza che implicano:

          a) l'invio di missioni di soccorso e di derrate alimentari in aree colpite da carestie e da fame;

          b) l'avvio di interventi in campo igienico-sanitario in aree colpite da calamità;

          c) la costruzione di strutture di accoglienza per i rifugiati e l'apprestamento di ogni altra necessità per il medesimo fine;

          d) l'impiego, d'intesa con tutti i Ministeri interessati, gli enti locali e gli enti pubblici, dei mezzi e del personale necessario per il tempestivo raggiungimento degli obiettivi di cui alle lettere a), b) e c).

      2. Gli interventi derivanti da calamità o eventi eccezionali possono essere effettuati d'intesa con il Ministro del lavoro e della

 

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previdenza sociale, il quale pone a disposizione personale specializzato e mezzi idonei per farvi fronte. I relativi oneri sono a carico della Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo del Ministero degli affari esteri, di seguito denominata: «Direzione generale».
      3. Le iniziative promosse ai sensi del presente articolo sono deliberate dal Ministro degli affari esteri.
      4. Le attività di cui al presente articolo sono affidate, con il decreto di cui all'articolo 6, comma 2, ad apposita unità operativa della Direzione generale.

Art. 6.
(Direzione generale).

      1. Lo svolgimento delle attività di cooperazione di cui all'articolo 2 è affidato alla Direzione generale, quale organo centrale del Ministero degli affari esteri.
      2. Il Ministro degli affari esteri con proprio decreto determina l'organizzazione della Direzione generale in conformità ai compiti ad essa affidati dalla presente legge.
      3. La Direzione generale opera in conformità con le direttive e le deliberazioni del Comitato direzionale di cui all'articolo 7 e attende alla istruzione delle questioni bilaterali, multilaterali e multi-bilaterali attinenti alla politica di cooperazione allo sviluppo e all'espletamento, in via diretta o indiretta, delle attività necessarie alla realizzazione dei programmi e delle iniziative bilaterali finanziate con le risorse destinate alla cooperazione allo sviluppo, ai sensi degli articoli 1 e 2.
      4. La Direzione generale provvede all'individuazione degli addetti alla cooperazione allo sviluppo di cui all'articolo 8, previa delibera del Comitato direzionale di cui all'articolo 7, da inviare presso le ambasciate presenti nei Paesi destinatari della cooperazione italiana.
      5. La Direzione generale può avvalersi dell'ausilio tecnico di consulenze esterne.

 

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Art. 7.
(Comitato direzionale per la cooperazione allo sviluppo).

      1. È istituito presso il Ministero degli affari esteri il Comitato direzionale per la cooperazione allo sviluppo, di seguito denominato «Comitato direzionale».
      2. Il Comitato direzionale è presieduto dal Ministro degli affari esteri o dal sottosegretario da lui delegato ed è composto da:

          a) il vice Ministro dello sviluppo economico;

          b) i direttori generali del Ministero degli affari esteri;

          c) i direttori generali del Ministero del commercio internazionale;

          d) il capo del Dipartimento per le politiche di sviluppo del Ministero dello sviluppo economico;

          e) il direttore del Mediocredito centrale.

      3. I membri del Comitato direzionale possono farsi rappresentare da loro sostituti allo scopo designati.
      4. Il Comitato direzionale:

          a) definisce le direttive per l'attuazione degli indirizzi di cui all'articolo 2 e delibera la programmazione annuale delle attività da realizzare ai sensi della presente legge;

          b) approva le iniziative di cooperazione allo sviluppo il cui valore supera 1.000.000 di euro;

          c) delibera sull'invio degli addetti alla cooperazione allo sviluppo di cui all'articolo 8;

          d) delibera di volta in volta circa l'esistenza dei presupposti per attivare gli interventi di cui all'articolo 5, ad eccezione di quelli derivanti da calamità naturali;

          e) approva i nominativi dei consulenti tecnici per missioni della durata superiore a un anno;

 

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          f) esprime pareri sulle iniziative suscettibili di essere finanziate con crediti di aiuto;

          g) esprime pareri per il riconoscimento dell'idoneità delle organizzazioni non governative che intendono partecipare alle iniziative di cooperazione allo sviluppo;

          h) delibera in merito ad ogni questione relativa alla cooperazione allo sviluppo che il presidente dello stesso Comitato ritenga opportuno sottoporre al suo esame.

      5. Le delibere del Comitato direzionale sono pubbliche e ne viene data notizia mediante apposito bollettino.
      6. Per l'attuazione dei compiti previsti dal presente articolo il Comitato direzionale può avvalersi dell'ausilio tecnico di consulenze esterne.
      7. Il Comitato direzionale dispone di un ufficio di segreteria.

Capo III
ESECUZIONE DELLE ATTIVITÀ DI COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO

Art. 8.
(Addetti alla cooperazione allo sviluppo).

      1. Gli addetti alla cooperazione allo sviluppo, di seguito denominati «addetti alla cooperazione», sono funzionari del Ministero degli affari esteri o personale distaccato da altro Ministero, dipendenti dalla Direzione generale, inviati nei Paesi destinatari della cooperazione. Essi agiscono in accordo con l'ambasciatore italiano del Paese destinatario, di seguito denominato «ambasciatore di riferimento».
      2. Gli addetti alla cooperazione hanno l'incarico di coordinare gli interventi nei Paesi destinatari, di partecipare alla loro programmazione, di controllare l'effettivo svolgimento dei lavori, di collaborare allo sdoganamento, al controllo, alla custodia e

 

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alla consegna delle attrezzature e dei beni inviati per il progetto di cooperazione, nonché di assicurare l'espletamento di ogni altro compito atto a garantire il buon andamento delle iniziative di cooperazione nel Paese destinatario.
      3. Gli addetti alla cooperazione hanno la possibilità di avvalersi dell'ausilio tecnico di consulenze esterne.
      4. Gli addetti alla cooperazione, nello svolgimento dei propri compiti, possono assumere autonomamente impegni di spesa a valere sui fondi destinati al Paese destinatario, fino a un massimo di 100.000 euro complessivi, e comunque per una cifra che non superi un decimo del valore totale del piano-Paese di competenza, previa autorizzazione dell'ambasciatore di riferimento, che è responsabile della rendicontazione della spesa.

Art. 9.
(Albo dei consulenti tecnici).

      1. Presso la Direzione generale è istituito un albo dei consulenti tecnici, di seguito denominato «albo».
      2. I soggetti, privati o pubblici, che intendano essere iscritti all'albo devono inoltrare apposita domanda al Direttore generale per la cooperazione allo sviluppo del Ministero degli affari esteri, di seguito denominato: «Direttore generale».
      3. La domanda di cui al comma 2 deve contenere l'indicazione della categoria, delle specialità e dei curricula vitae, nonché il certificato di iscrizione all'ordine o all'albo professionale o l'iscrizione alla camera di commercio, industria artigianato e agricoltura ovvero ad omologhe istituzioni europee, oltre ai titoli o ai documenti necessari a dimostrare la capacità tecnica e le esperienze professionali svolte.
      4. I soggetti interessati devono specificare la propria disponibilità a svolgere il lavoro di consulenza tecnica nei Paesi destinatari. Essi devono tempestivamente informare la Direzione generale qualora

 

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intendano cancellare il proprio nominativo dall'albo.
      5. La Direzione generale si riserva il diritto di cancellare dall'albo i nominativi dei soggetti pubblici o privati che hanno ottemperato ai propri impegni in modo non conforme alle finalità e ai princìpi stabiliti dalla presente legge.

Art. 10.
(Interventi bilaterali di cooperazione nei progetti di sviluppo).

      1. Il Ministero degli affari esteri si impegna a rendere pubblici i piani-Paese individuati ai fini degli interventi previsti dalla presente legge.
      2. I soggetti interessati hanno facoltà di proporre al Direttore generale, ai sensi di quanto previsto all'articolo 153 e seguenti del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, un progetto preliminare per l'attuazione dell'intervento, avente i requisiti stabiliti all'articolo 93, comma 3, del medesimo decreto legislativo n. 163 del 2006.
      3. Le forme di pubblicità degli appalti sono regolate secondo le disposizioni previste agli articoli 80 e 122 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.

Art. 11.
(Imprese miste nei Paesi in via di sviluppo).

      1. A valere sul Fondo rotativo di cui all'articolo 15 e con le stesse procedure ivi previste, possono essere concessi crediti agevolati alle imprese italiane con il parziale finanziamento della loro quota di capitale di rischio in imprese miste da realizzare in Paesi in via di sviluppo con partecipazione di investitori, pubblici o privati, del Paese destinatario, nonché di altri Paesi.
      2. La Direzione generale stabilisce:

          a) la quota del Fondo rotativo che può annualmente essere impiegata ai fini di cui al comma 1;

 

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          b) i criteri per la selezione delle iniziative di cui al comma 1 che devono tenere conto, oltre che delle generali priorità geografiche o settoriali della cooperazione allo sviluppo italiana, anche delle garanzie offerte dai Paesi destinatari a tutela degli investimenti stranieri. Tali criteri devono mirare a privilegiare, a parità di altre condizioni, le imprese che intendono collaborare o hanno già collaborato con le imprese eventualmente presenti nel Paese beneficiario al fine di creare o incentivare l'occupazione e il valore aggiunto locale;

          c) le condizioni a cui possono essere concessi i crediti di cui al comma 1.

      3. La quota di cui al comma 1 del Fondo rotativo è trasferita al Mediocredito centrale. Allo stesso è affidata con apposita convenzione, la valutazione, l'erogazione e la gestione dei crediti di cui al presente articolo.

Art. 12.
(Valutazione degli interventi).

      1. La valutazione degli interventi di cui al presente capo avviene con le seguenti modalità temporali:

          a) nella fase iniziale, da parte del Comitato direzionale, attraverso il controllo dell'idoneità dei mezzi e del personale destinati alla cooperazione allo sviluppo;

          b) nella fase di realizzazione, da parte dell'ambasciatore di riferimento attraverso l'invio al Direttore generale, al termine di ogni intervento e comunque ogni anno, di una relazione sullo stato dei lavori e sull'operato degli addetti alla cooperazione;

          c) nella fase finale a intervento concluso, da parte dell'unità di valutazione istituita presso la Direzione generale, attraverso l'analisi dei risultati ottenuti in relazione ai costi sostenuti e all'attività del personale impiegato.

 

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      2. In ogni momento è possibile richiedere l'ausilio dei consulenti tecnici che, ove strettamente necessario, possono essere inviati in missione di valutazione straordinaria nel Paese destinatario.
      3. L'unità di valutazione di cui al comma 1, lettera c), invia, per conoscenza, una propria relazione, con scadenza annuale, alle Commissioni parlamentari competenti.

Art. 13.
(Ufficio per la cooperazione allo sviluppo).

      1. Qualora sia deciso un programma di cooperazione allo sviluppo, nel Paese destinatario dell'intervento è istituito, presso l'ambasciata di riferimento, un ufficio per la cooperazione allo sviluppo. A tale ufficio è assegnato l'addetto alla cooperazione.
      2. Esclusivamente nei casi in cui l'intervento deciso ai sensi del comma 1 richieda un elevato livello di gestione, possono essere inviati più di un addetto alla cooperazione.
      3. Al termine del progetto l'ufficio per la cooperazione allo sviluppo è chiuso.

Art. 14.
(Disponibilità finanziarie).

      1. I mezzi finanziari destinati all'attuazione della presente legge, fatti salvi quelli derivanti da specifiche disposizioni di legge, i crediti di aiuto e i fondi destinati alla partecipazione italiana al capitale di banche e di fondi internazionali, nonché alla cooperazione svolta dall'Unione europea, sono costituiti:

          a) dagli stanziamenti iscritti nell'apposita unità previsionale di base istituita nello stato di previsione del Ministero degli affari esteri da determinare annualmente;

          b) dagli eventuali apporti conferiti in qualsiasi valuta dagli stessi Paesi in via di

 

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sviluppo e da altri Paesi, enti od organismi internazionali per la cooperazione allo sviluppo;

          c) da fondi raccolti con iniziative promosse e coordinate dagli enti locali;

          d) da donazioni, lasciti, legati e liberalità, debitamente accettati;

          e) da qualsiasi altro provento derivante dall'esercizio delle attività della Direzione generale, ivi comprese le eventuali restituzioni comunitarie.

      2. Le somme di cui alle lettere b), c), d) ed e) del comma 1 sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate, con decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, alle pertinenti unità previsionali di base.
      3. Le operazioni effettuate nei confronti delle amministrazioni dello Stato e di organizzazioni non governative riconosciute ai sensi della presente legge che provvedono, secondo modalità stabilite con decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, al trasporto e alla spedizione di beni all'estero in attuazione di finalità umanitarie, comprese quelle dirette a realizzare programmi di cooperazione allo sviluppo, non sono soggette all'imposta sul valore aggiunto; analogo beneficio compete per le importazioni di beni destinati alle medesime finalità.
      4. Il Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto il Ministro degli affari esteri, cura le relazioni con le banche e i fondi di sviluppo a carattere multilaterale, e assicura la partecipazione finanziaria alle risorse di detti organismi nonché la concessione dei contributi obbligatori agli altri organismi multilaterali di aiuto ai Paesi in via di sviluppo.
      5. Il Ministro dell'economia e delle finanze predispone annualmente una relazione programmatica e una relazione consuntiva sulle attività di propria competenza, da inviare alle Commissioni parlamentari competenti.

 

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Art. 15.
(Fondo rotativo presso il Mediocredito centrale).

      1. Il Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta vincolante del Ministro degli affari esteri, autorizza il Mediocredito centrale a concedere, anche in consorzio con enti o banche esteri, a Stati, banche centrali o enti di Stato di Paesi in via di sviluppo, crediti finanziari agevolati a valere sul Fondo rotativo istituito presso lo stesso Mediocredito centrale, di seguito denominato «Fondo rotativo».
      2. I crediti di aiuto di cui al comma 1, anche se associati ad altri strumenti finanziari, possono essere concessi esclusivamente per progetti e programmi di sviluppo rispondenti alle finalità della presente legge. Nel Fondo rotativo confluiscono gli stanziamenti già effettuati ai sensi della legge 24 maggio 1977, n. 227, e della legge 3 gennaio 1981, n. 7.
      3. Ove richiesto dalla natura dei progetti e dei programmi di sviluppo, i crediti di aiuto possono essere destinati, in particolare nei Paesi a più basso reddito, anche al finanziamento di parte dei costi locali e di eventuali acquisti in Paesi terzi di beni inerenti ai progetti approvati, nonché per favorire l'accrescimento della cooperazione tra Paesi in via di sviluppo.

Art. 16.
(Autonomia finanziaria della Direzione
generale).

      1. Alla gestione delle attività dirette alla realizzazione delle finalità della presente legge si provvede, in deroga alle norme sull'amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato, nei limiti stabiliti dalla presente legge.
      2. Presso la Direzione generale è costituito un apposito ufficio di ragioneria, alle dipendenze del Ministero dell'economia e

 

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delle finanze, per l'esercizio delle funzioni proprie delle ragionerie centrali.
      3. La Corte dei conti esercita il controllo di legittimità in via successiva sugli atti della Direzione generale, che è tenuta a inoltrarli contestualmente alla loro definizione.
      4. Al fine di cui al comma 3 è costituito un apposito ufficio della Corte dei conti presso la Direzione generale. Tale ufficio è tenuto ad esercitare il controllo in via successiva entro il termine di sessanta giorni dalla data di ricevimento degli atti della Direzione generale. Entro il suddetto termine l'ufficio deve comunicare alla Direzione generale l'avvenuto visto o le eventuali osservazioni sugli atti sottoposti al controllo.
      5. Le somme non impegnate nell'esercizio di competenza possono essere impegnate nell'esercizio successivo. Il Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro degli affari esteri, può apportare variazioni compensative tra unità previsionali di base, in termini di competenza e di cassa, iscritti nella rubrica dello stato di previsione del Ministero degli affari esteri di cui all'articolo 14, comma 1, lettera a), cui affluiscono i mezzi finanziari già destinati al Fondo rotativo di cui all'articolo 6 della legge 26 febbraio 1987, n 49, e successive modificazioni.

Art. 17.
(Personale addetto alla Direzione generale).

      1. Il personale addetto alla Direzione generale è costituito da:

          a) personale del Ministero degli affari esteri;

          b) magistrati ordinari o amministrativi, avvocati dello Stato, comandati o nominati con le modalità previste dagli ordinamenti delle rispettive istituzioni, nel limite massimo di sette unità;

          c) personale dell'amministrazione dello Stato, degli enti locali e di enti pubblici non economici posto in posizione di fuori ruolo o di comando.

 

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      2. Fino a cinque funzionari della carriera diplomatica possono essere collocati a disposizione per incarichi speciali da svolgere presso la Direzione generale e all'estero.

Art. 18.
(Doveri del personale inviato all'estero).

      1. Il personale inviato all'estero per compiti di cooperazione è tenuto ad assolvere le mansioni ad esso affidate in modo conforme alle finalità della presente legge e agli obblighi contrattualmente assunti. Oltre ai doveri contrattualmente previsti, il personale che entra a far parte di un progetto di cooperazione ha il dovere di sostenere positivamente in ogni suo aspetto l'azione e l'immagine dell'Italia all'estero. Un comportamento differente può considerarsi causa di risoluzione del contratto o eventualmente di richiamo in patria.
      2. Il personale inviato non può in alcun caso essere impiegato in operazioni di polizia o di carattere militare.
      3. Il capo della rappresentanza diplomatica italiana competente per territorio sovrintende al corretto svolgimento delle attività del personale di cui al comma 1, anche ai fini amministrativi e disciplinari, fatta salva la normativa di stato propria di ciascun dipendente, che resta regolata dagli ordinamenti delle amministrazioni di rispettiva appartenenza.

Art. 19.
(Divieto di emolumenti aggiuntivi).

      1. Il personale di cui all'articolo 18 non può percepire nel Paese di impiego alcuna integrazione al trattamento economico corrisposto dall'amministrazione italiana.

 

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Art. 20.
(Attestato finale).

      1. Al termine del servizio, il Ministero degli affari esteri, su richiesta degli interessati, provvede a rilasciare al personale che ha prestato servizio di cooperazione allo sviluppo ai sensi degli articoli 17 e 32 un apposito attestato da cui risultano la regolarità, la durata e la natura del servizio prestato.
      2. L'attestato di cui al comma 1 costituisce titolo preferenziale di valutazione, equiparato a servizio presso la pubblica amministrazione:

          a) nella formazione delle graduatorie dei pubblici concorsi per l'ammissione alle carriere dello Stato o degli enti pubblici;

          b) nell'ammissione agli impieghi privati, compatibilmente con le disposizioni generali vigenti in materia di collocamento.

      3. Il periodo di servizio prestato ai sensi del comma 1 è computato per l'elevazione del limite massimo di età per la partecipazione ai pubblici concorsi.
      4. Salvo più favorevoli disposizioni di legge, le attività di servizio prestate in un Paese in via di sviluppo dal personale di cui al comma 1 sono riconosciute ad ogni effetto giuridico equivalenti per intero ad analoghe attività professionali di ruolo prestate nell'ambito nazionale, in particolare per l'anzianità di servizio, per la progressione della carriera, per il trattamento di quiescenza e previdenza e per l'attribuzione degli aumenti periodici di stipendio.

Art. 21.
(Utilizzazione di dipendenti pubblici, docenti universitari e magistrati).

      1. Il personale dello Stato o di enti pubblici di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), può essere utilizzato nei limiti dei contingenti determinati con decreto

 

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del Ministro degli affari esteri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione.
      2. Nei limiti dei contingenti di cui al comma 1, il personale di cui al medesimo comma è messo a disposizione della Direzione generale:

          a) con decreto del Ministro degli affari esteri, per il personale da esso dipendente;

          b) con decreto del Ministro competente, di concerto con il Ministro degli affari esteri, per il personale dipendente da altre amministrazioni dello Stato;

          c) con decreto del Ministro degli affari esteri, d'intesa con l'ente pubblico interessato, per il personale dipendente da enti pubblici.

      3. La messa a disposizione dei magistrati ordinari è disposta dal Consiglio superiore della magistratura, su richiesta del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro degli affari esteri.
      4. Durante il collocamento a disposizione il personale di cui al comma 1 continua a percepire gli assegni fissi e continuativi spettanti per l'intero a carico dell'amministrazione o dell'ente di appartenenza, ad eccezione delle quote degli assegni familiari, della indennità integrativa speciale, delle indennità inerenti a specifiche funzioni e incarichi ovvero connesse a determinate condizioni ambientali, e comunque degli emolumenti legati all'effettiva prestazione del servizio in Italia.
      5. La durata di ogni incarico è dipendente dal tempo valutato necessario per l'intervento. Decorso tale termine, nessun nuovo incarico può essere conferito alla medesima persona ai sensi del presente articolo se non per un programma d'intervento in un'area geografica differente da quella in cui si è svolto il precedente incarico.
      6. Il Ministero dell'università e della ricerca può autorizzare docenti e ricercatori delle università italiane a usufruire

 

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di un congedo con assegni per la durata dell'incarico conferito ai sensi del presente articolo per esercitare attività di cooperazione allo sviluppo.

Art. 22.
(Dipendenti pubblici).

      1. Gli enti pubblici, previo nulla osta delle amministrazioni vigilanti, compresi le strutture del Servizio sanitario nazionale, gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico e gli istituti zooprofilattici sperimentali, d'intesa con il Ministero degli affari esteri, possono collocare in aspettativa, per un periodo non superiore all'incarico, personale dipendente da essi autorizzato all'espletamento di compiti di cooperazione con i Paesi in via di sviluppo.
      2. Il personale collocato in aspettativa ha diritto agli assegni di cui all'articolo 21, comma 4, a carico dell'amministrazione di appartenenza. Solo per il personale delle istituzioni sanitarie di cui al comma 1, l'intero onere relativo a tali assegni, comprese le indennità di aggiornamento e di rischio, ad esclusione di ogni altra indennità che si considera assorbita dall'indennità di servizio all'estero, è assunto dalla Direzione generale.
      3. Il personale di cui al presente articolo conserva altresì il diritto alle prestazioni assistenziali e previdenziali, i cui contributi sono rimborsati dalla Direzione generale all'amministrazione di appartenenza.

Art. 23.
(Equiparazione del servizio all'estero a quello di istituto).

      1. Salve diverse disposizioni della presente legge, il servizio prestato in Paesi in via di sviluppo dal personale di cui alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 17 è equiparato a tutti gli effetti giuridici, ivi compresi quelli relativi alla progressione di carriera ed al trattamento di quiescenza,

 

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al servizio di istituto prestato nell'ambito delle rispettive amministrazioni di appartenenza.
      2. Ai fini degli aumenti periodici di stipendio, ogni trimestre completo di servizio prestato all'estero è valutato con la maggiorazione di un terzo.
      3. Le disposizioni del presente articolo si applicano altresì agli insegnanti ed al personale docente di ruolo di ogni ordine e grado, destinato a prestare servizio in scuole situate nei Paesi suddetti o che dipendono da tali Paesi ovvero da organismi o enti internazionali.
      4. Il servizio di insegnamento effettuato in un Paese in via di sviluppo è considerato, in relazione al grado documentato dell'insegnamento prestato, come titolo valutabile ad ogni effetto di legge e ai fini dei concorsi per l'insegnamento negli istituti e nelle scuole di istruzione di pari grado in Italia, qualora il personale interessato sia in possesso dei requisiti richiesti dall'ordinamento italiano per tale insegnamento.

Art. 24.
(Trattamento economico all'estero).

      1. Il personale di cui all'articolo 17, comma 1, lettere a) e b), percepisce, durante il servizio all'estero, oltre allo stipendio ed agli assegni fissi e continuativi previsti per l'attività di istituto, un'indennità di servizio all'estero stabilita con decreto del Ministro degli affari esteri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Tale decreto determina altresì ogni altra competenza e provvidenza.
      2. Nel determinare l'ammontare complessivo della retribuzione per il personale di cui all'articolo 17, il Ministro degli affari esteri fa riferimento, per quanto possibile, ai parametri retributivi adottati al riguardo dal Fondo europeo di sviluppo dell'Unione europea per il personale omologo impiegato nei programmi di sviluppo.

 

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Art. 25.
(Congedo e spese di viaggio).

      1. Al personale di cui all'articolo 17, comma 1, lettere a) e b), spetta un congedo ordinario nella misura prevista dai rispettivi ordinamenti, e comunque non inferiore a trentasei giorni all'anno.
      2. Durante il congedo ordinario è corrisposta al predetto personale l'indennità di servizio di cui all'articolo 24.
      3. Al personale di cui al comma 1 spetta il rimborso delle spese di viaggio e di trasporto degli effetti per sé e, qualora il servizio sia di durata superiore a otto mesi, anche per i familiari a carico. La misura e le modalità del rimborso sono stabilite con decreto del Ministro degli affari esteri.

Art. 26.
(Trattamento economico e assicurativo).

      1. Il personale di cui all'articolo 17, comma 1, lettera c), assunto con contratto di diritto privato a tempo determinato può essere utilizzato nei limiti di un contingente stabilito periodicamente con decreto del Ministro degli affari esteri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.
      2. Con le medesime modalità di cui al comma 1 sono stabilite le condizioni generali del contratto e il trattamento economico spettante per le diverse qualificazioni del personale di cui al medesimo comma.
      3. Il trattamento economico di cui al comma 2 deve essere equiparato per quanto possibile al trattamento del personale di corrispondente qualificazione tecnica inviato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, lettera a).
      4. Il personale di cui al comma 1 è iscritto, a carico dell'amministrazione o dell'ente che lo assume, all'assicurazione per invalidità, vecchiaia e superstiti dei lavoratori dipendenti, nonché all'assicurazione

 

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malattie, limitatamente alle prestazioni sanitarie.
      5. I rapporti assicurativi di cui al comma 4 sono regolati da apposite convenzioni concluse dall'amministrazione o dall'ente che procede all'assunzione del personale con gli istituti assicurativi.
      6. I contributi per le assicurazioni sono commisurati ad apposite retribuzioni convenzionali, da stabilire con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro degli affari esteri.
      7. Con apposita convenzione da stipulare con l'Istituto nazionale delle assicurazioni, l'amministrazione o l'ente che ha assunto il personale provvede altresì ad assicurare la liquidazione di un equo indennizzo per lesioni della integrità fisica derivanti da infortuni occorsi e da infermità contratte durante il servizio o a causa di servizio, nonché di una indennità per il caso di morte durante il servizio o a causa del servizio, da corrispondere agli aventi diritto o, in mancanza di essi, ad altra persona designata dal dipendente a contratto.

Art. 27.
(Riconoscimento di idoneità delle organizzazioni governative).

      1. Le organizzazioni non governative, che operano nel campo della cooperazione con i Paesi in via di sviluppo, possono ottenere il riconoscimento di idoneità ai fini di cui all'articolo 29, con decreto del Ministro degli affari esteri, sentito il parere del Comitato direzionale. Tale Comitato esprime pareri obbligatori anche sulle revoche di idoneità, sulle qualificazioni professionali o di mestiere e sulle modalità di selezione, di formazione e perfezionamento tecnico-professionale dei volontari e degli altri cooperanti impiegati dalle organizzazioni non governative.
      2. L'idoneità può essere richiesta per la realizzazione di programmi a breve e medio periodo nei Paesi in via di sviluppo;

 

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per la selezione, la formazione l'impiego dei volontari in servizio civile; per attività di formazione in loco di cittadini dei Paesi in via di sviluppo. Le organizzazioni idonee per una delle suddette attività possono inoltre richiedere l'idoneità per attività di informazione e di educazione allo sviluppo.
      3. Sono fatte salve le idoneità formalmente concesse dal Ministro degli affari esteri prima della data di entrata in vigore della presente legge.
      4. Il riconoscimento di idoneità alle organizzazioni non governative può essere dato per uno o più settori di intervento indicati al comma 2, a condizione che le medesime:

          a) risultino costituite ai sensi degli articoli 14, 36 e 39 del codice civile;

          b) abbiano come fine istituzionale lo svolgimento di attività di cooperazione allo sviluppo in favore delle popolazioni dei Paesi in via di sviluppo;

          c) non perseguano finalità di lucro e prevedano l'obbligo di destinare ogni provento, anche derivante da attività commerciali accessorie o da altre forme di autofinanziamento, per il fine istituzionale di cui alla lettera b);

          d) non abbiano rapporti di dipendenza da enti con finalità di lucro, né siano collegate in alcun modo agli interessi di enti pubblici o privati, italiani o stranieri aventi scopo di lucro;

          e) diano adeguate garanzie in ordine alla realizzazione delle attività previste, disponendo anche delle strutture e del personale qualificato necessari;

          f) documentino esperienza operativa e capacità organizzativa di almeno tre anni, in rapporto ai Paesi in via di sviluppo, nel settore o nei settori per cui si richiede il riconoscimento di idoneità;

          g) dichiarino di accettare controlli periodici all'uopo stabiliti dalla Direzione generale ovvero richiesti dal Comitato direzionale, anche ai fini del mantenimento della qualifica;

 

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          h) presentino regolarmente il bilancio annuale e possano dimostrare la buona e corretta tenuta della contabilità;

          i) dimostrino autonoma capacità di finanziamento per un valore pari almeno al 30 per cento dell'investimento necessario;

          l) si obblighino alla presentazione di una relazione annuale sullo stato di avanzamento dei programmi in corso, da sottoporre ai direttori generali del Ministero degli affari esteri, che fanno parte del Comitato direzionale.

      5. Le organizzazioni non governative sono, a richiesta, iscritte in un apposito albo istituito presso l'unità competente della Direzione generale. Il permanere di tale iscrizione è subordinato alla costanza dei requisiti richiesti dalla presente legge.
      6. Il Direttore generale promuove almeno una volta all'anno l'assemblea di tutte le organizzazioni non governative iscritte all'albo di cui al comma 5 per discutere i consuntivi e i programmi della cooperazione italiana.

Art. 28.
(Effetti dell'idoneità).

      1. Il Comitato direzionale verifica, ai fini dell'ammissione ai benefìci previsti dalla presente legge, la conformità ai criteri stabiliti dalla legge stessa, dei programmi e degli interventi predisposti dalle organizzazioni non governative riconosciute idonee ai sensi dell'articolo 27, in considerazione anche degli eventuali interventi intrapresi in conformità dei piani-Paese e degli eventuali accordi bilaterali conclusi dall'Italia.
      2. Alle organizzazioni non governative di cui al comma 1 possono essere concessi contributi per lo svolgimento di attività di cooperazione dalle stesse promosse, in misura non superiore al 70 per cento dell'importo delle iniziative programmate, che deve essere integrato per

 

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la quota restante da forme autonome, dirette o indirette, di finanziamento, salvo quanto previsto agli articoli 30, comma 3, e 32, comma 3. Ad esse può essere altresì affidato l'incarico di realizzare specifici programmi di cooperazione i cui oneri sono finanziati dalla Direzione generale.
      3. Le modalità di concessione dei contributi e dei finanziamenti nonché la determinazione dei relativi importi sono stabilite con apposita delibera del Comitato direzionale.
      4. Le attività di cooperazione svolte dalle organizzazioni non governative riconosciute idonee sono da considerare, ai fini fiscali, attività di natura non commerciale.

Art. 29.
(Contributi deducibili).

      1. I contributi, le donazioni e le oblazioni erogati da persone fisiche e giuridiche in favore delle organizzazioni non governative idonee ai sensi dell'articolo 27 sono deducibili dal reddito imponibile netto ai sensi di quanto stabilito dal testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni.

Art. 30.
(Cooperanti delle organizzazioni

non governative).

      1. Le organizzazioni non governative riconosciute idonee ai sensi dell'articolo 27 possono impiegare nell'ambito dei programmi riconosciuti conformi alle finalità della presente legge, ove previsto nei programmi stessi, con oneri propri, cittadini italiani maggiorenni in possesso delle conoscenze tecniche, dell'esperienza professionale e delle qualità personali necessarie, per l'espletamento di compiti di rilevante responsabilità tecnica gestionale e organiz- zativa.

 

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Il contratto di cui al presente comma deve essere redatto in conformità ai criteri stabiliti, con apposita deliberazione, dal Comitato direzionale.
      2. La Direzione generale, verificata la conformità nonché la congruità con il programma di cooperazione, registra il contratto attribuendo in tal modo la qualifica di cooperante ai sensi dell'articolo 2. I cooperanti dipendenti dallo Stato o da enti pubblici hanno diritto al collocamento in aspettativa senza assegni per la durata del contratto di cooperazione.
      3. I cooperanti in servizio con contratto di cooperazione registrato presso la Direzione generale possono iscriversi a loro cura alle assicurazioni invalidità, vecchiaia e superstiti dei lavoratori dipendenti, nonché all'assicurazione malattie, limitatamente alle prestazioni sanitarie, ferma restando la natura autonoma del rapporto e l'inesistenza di obblighi contributivi a carico diretto dei cooperanti. Termini e modalità del versamento dei contributi sono definiti con apposito regolamento del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri degli affari esteri e dell'economia e delle finanze, anche in deroga alle disposizioni vigenti in materia per le citate assicurazioni. I contributi sono commisurati ai compensi convenzionali determinati con il medesimo regolamento.
      4. I contributi previdenziali e assistenziali per i cooperanti che si iscrivono alle assicurazioni di cui al comma 3 sono posti integralmente a carico della Direzione generale. I cooperanti ed i loro familiari a carico sono altresì assicurati contro i rischi di infortuni, di morte e di malattia con polizza a loro favore. La Direzione generale provvede al pagamento dei premi secondo i massimali determinati con deliberazione del Comitato direzionale.
      5. I cooperanti hanno altresì diritto al riconoscimento del servizio prestato nei Paesi in via di sviluppo ai sensi dell'articolo 20.
 

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Art. 31.
(Diritti dei cooperanti).

      1. Coloro ai quali è riconosciuta con la registrazione di cui all'articolo 30 la qualifica di cooperanti hanno diritto:

          a) al collocamento in aspettativa senza assegni, se dipendenti di ruolo o non di ruolo da amministrazioni statali o da enti pubblici, nei limiti di appositi contingenti, determinati periodicamente con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con i Ministri degli affari esteri e dell'economia e delle finanze. Il periodo di tempo trascorso in aspettativa è computato per intero ai fini della progressione della carriera, dell'attribuzione degli aumenti periodici di stipendio e del trattamento di quiescenza e previdenza. Il diritto di collocamento in aspettativa senza assegni spetta anche al dipendente il cui coniuge sia in servizio di cooperazione presso un'organizzazione non governativa per un periodo superiore a otto mesi;

          b) al riconoscimento del servizio prestato nei Paesi in via di sviluppo.

      2. Alle imprese private che concedono ai cooperanti da esse dipendenti il collocamento in aspettativa senza assegni è data la possibilità di assumere personale sostitutivo con contratto a tempo determinato.

Art. 32.
(Doveri dei cooperanti).

      1. I cooperanti con contratto di breve durata per i periodi di servizio svolti nei Paesi in via di sviluppo sono soggetti alla vigilanza del capo della rappresentanza italiana competente per territorio, al quale comunicano l'inizio e la fine della loro attività di cooperazione.
      2. I cooperanti di cui al comma 1 devono assolvere alle proprie mansioni con diligenza in modo conforme alla dignità

 

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del proprio compito. In nessun caso essi possono essere impiegati in operazioni di polizia o di carattere militare.
      3. Il Ministro degli affari esteri può disporre la sospensione del versamento dei contributi di cui all'articolo 30, comma 3, dovuti ai cooperanti:

          a) quando amministrazioni, istituti, enti od organismi per i quali i cooperanti prestano la loro opera in un determinato Paese cessano la propria attività, o la riducano tanto da non essere più in grado di servirsi della loro opera;

          b) quando i cooperanti non rappresentano degnamente l'immagine dell'Italia all'estero;

          c) quando le condizioni del Paese nel quale i cooperanti prestano la loro opera mutano in modo da impedire la prosecuzione della loro attività o il regolare svolgimento di essa.

      4. Le organizzazioni non governative riconosciute idonee ai sensi dell'articolo 27 possono risolvere anticipatamente i contratti di cooperazione e disporre il rimpatrio del volontario o del cooperante interessato, in caso di grave inadempienza degli impegni da questi assunti, previa comunicazione delle motivazioni alla Direzione generale e autorizzazione di questa ultima.

Art. 33.
(Banca dati).

      1. È istituita, presso la Direzione generale, una banca dati in cui sono inseriti tutti i contratti, le iniziative, i programmi connessi con l'attività di cooperazione allo sviluppo disciplinata dalla presente legge nonché la relativa documentazione.
      2. L'accesso alla banca dati è pubblico salvo i limiti previsti dal regolamento di cui al comma 3.

 

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      3. Le modalità di accesso alla banca dati sono disciplinate da un apposito regolamento adottato con decreto del Ministro degli affari esteri, di concerto con i Ministri interessati.
      4. La Direzione generale è tenuta comunque a garantire l'accesso alle informazioni di cui al comma 1.

Art. 34.
(Stanziamenti).

      1. Con legge finanziaria è determinata ogni anno l'entità globale dei fondi destinati per il triennio successivo alle attività di cooperazione allo sviluppo bilaterale e multilaterale.
      2. Gli stanziamenti iscritti nel bilancio di previsione dello Stato destinati all'aiuto pubblico alla cooperazione allo sviluppo sono deliberati tenendo conto degli impegni internazionali dello Stato.
      3. Con gli stanziamenti disposti sulla apposita unità previsionale di base di cui all'articolo 14, comma 1, lettera a), la Direzione generale è autorizzata a provvedere alle spese per l'organizzazione, la sistemazione logistica e il funzionamento della Direzione generale stessa e del Comitato direzionale, provvedendo ai relativi fabbisogni anche con l'acquisizione di servizi esterni di carattere tecnico e operativo; per l'indennità di lavoro straordinario del personale dipendente ordinario, comandato e aggiuntivo; per le missioni, all'estero e in Italia, disposte dalla Direzione generale per l'espletamento dei compiti di controllo, di gestione e di valutazione del personale di cui all'articolo 8, nonché per il finanziamento delle visite in Italia di qualificate personalità di Paesi in via di sviluppo e di organismi donatori bilaterali e multilaterali, invitate per la trattazione, con la medesima Direzione generale, dei problemi attinenti, in attuazione della presente legge, alla cooperazione allo sviluppo.

 

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Art. 35.
(Disposizioni finali. Entrata in vigore).

      1. Gli organismi di amministrazione attiva, di controllo e consultivi previsti dalla presente legge sono istituiti entro un mese dalla data della sua entrata in vigore.
      2. La legge 26 febbraio 1987, n. 49, e successive modificazioni, è abrogata.
      3. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.


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