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PDL 1588

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1588



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

NICOLA ROSSI, MERLONI, ARMOSINO, BALDUCCI, BENVENUTO, BOATO, BRANDOLINI, BUCCHINO, BUGLIO, CANCRINI, CASTAGNETTI, CHIAROMONTE, CIALENTE, CORDONI, LIONELLO COSENTINO, CREMA, CRISCI, CUPERLO, DATO, DUILIO, FEDI, FERRARI, FINCATO, FISTAROL, FOGLIARDI, FRANCI, GALEAZZI, GOZI, GRASSI, INCOSTANTE, LAGANÀ FORTUGNO, LO MONTE, LULLI, LUSETTI, MARAN, MARGIOTTA, MARTELLA, MARTINELLO, MIGLIOLI, MISIANI, MUSI, NACCARATO, PERTOLDI, PISCITELLO, QUARTIANI, RAISI, RAITI, ROSSI GASPARRINI, ROTONDO, RUGGERI, SAGLIA, SAMPERI, SANGA, SANZA, SATTA, SERVODIO, SPINI, STRIZZOLO, TESSITORE, TESTA, TOMASELLI, TURCO, VANNUCCI, VELO, VENTURA, VILLARI, VIOLANTE

Disposizioni in materia di rapporti tra la pubblica amministrazione e i cittadini

Presentata il 3 agosto 2006

      

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Onorevoli Colleghi! - È arrivato il momento di andare oltre il mantra della semplificazione degli adempimenti amministrativi che - con risultati piuttosto deludenti - ci ha accompagnato nell'ultimo decennio. Ogni attività di semplificazione richiede una qualche volontà da parte del soggetto che dovrebbe porla in essere ed è, a tutt'oggi, piuttosto chiaro che la nostra pubblica amministrazione ha ben poche intenzioni, e forse nessun incentivo, a semplificare se stessa e il proprio operato. Un quotidiano nazionale (Il Sole 24 Ore, 1o agosto 2006) valutava recentemente in meno del 15 per cento la quota di amministrazioni (centrali, regionali o locali) caratterizzate da una propensione alta o medio-alta alla semplificazione.
      Ciò non deve sorprendere. La nostra pubblica amministrazione sembra, spesso e volentieri, costruita intorno ad un semplice
 

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principio: «qui non si assumono responsabilità». Talché la interminabile sequenza di certificati che, ad esempio, caratterizza l'inizio di un'attività imprenditoriale, commerciale o artigianale non è altro che il risultato dello sforzo certosino di una pluralità di pubblici funzionari di assumere decisioni solo in presenza di elementi giustificativi riconducibili ad un'altra amministrazione. Lo sforzo cessa nel momento in cui ogni snodo della sequenza decisionale è in grado di rimandare ad un altro snodo della stessa sequenza l'origine e il fondamento della decisione. Tutto ciò si traduce in una «catena di Sant'Antonio» in cui il cittadino - trasformato spesso in un inconsapevole e impotente intermediario fra amministrazioni - si perde e l'economia muore.
      Ma la radice del problema non è esclusivamente interna alla macchina amministrativa. Questa è anzi, spesso e volentieri, vittima di una vera e propria «incontinenza» normativa che affligge il nostro legislatore e che somma, senza sosta, richieste a richieste, procedure a procedure, adempimenti ad adempimenti, fino a caricare sulle spalle dei cittadini italiani oneri indiretti - e non visibili nei numeri sulla pressione fiscale - prossimi a un punto di prodotto interno lordo. Questa incontinenza normativa - frutto di una assenza evidente di vincoli politici stringenti - sembra non conoscere limiti di schieramento politico ed emerge quando meno la si aspetta. Valga per tutti l'esempio del recente decreto-legge n. 223 del 2006, recante disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale, in corso di conversione alla data di presentazione di questa proposta di legge, che, nonostante lo spirito che in larga misura lo ispira, finisce per abolire circa cinque tipologie di adempimenti e per introdurne più o meno una quindicina.
      La presente proposta di legge, senza alcuna pretesa di esaustività, si propone di incidere in maniera per quanto possibile puntuale sui due fenomeni citati, rivedendo e rendendo più cogente la normativa vigente per quanto riguarda il primo punto o innovando radicalmente rispetto all'esistente per quanto riguarda il secondo punto.
      L'articolo 1 (certezza dei tempi dell'azione amministrativa) è finalizzato a facilitare i rapporti tra pubblica amministrazione e cittadini, apportando alcune modifiche all'articolo 2 della legge sul procedimento amministrativo (legge n. 241 del 1990), che già prevede l'obbligo per le amministrazioni di non richiedere al privato informazioni o certificazioni in possesso dell'amministrazione stessa o direttamente acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni, e già prevede anche la possibilità di sospendere i termini del procedimento per una sola volta con richiesta istruttoria. Con le modifiche proposte, si stabilisce, innanzitutto, che le amministrazioni comunichino al cittadino preventivamente e in via generale l'elenco di atti e di documenti che questi deve presentare ai fini dell'esame della sua richiesta (escludendo sempre quelli in possesso dell'amministrazione o che questa è tenuta ad acquisire presso altre pubbliche amministrazioni). Ciò consentirà al cittadino di conoscere preventivamente per ogni procedimento la documentazione da produrre, evitando che i tempi del procedimento si possano allungare attraverso richieste istruttorie, che a volte possono essere meramente dilatorie. Sotto un altro profilo, il cittadino viene garantito dalla previsione che la pubblica amministrazione non potrà richiedere una documentazione diversa da quella indicata in via generale nel predetto elenco e potrà formulare richieste istruttorie solo in caso di assenza della documentazione inclusa nell'elenco, dovendo comunque concludere il procedimento entri i termini prescritti in caso di mancata richiesta istruttoria. La ratio è quella di mettere preventivamente il cittadino in grado di conoscere per ogni procedimento tutta la documentazione da produrre, garantendogli la conclusione del procedimento entro i termini previsti in caso di assolvimento dell'onere di produrre
 

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la documentazione indicata in via preventiva.
      L'articolo 2 (responsabilità delle pubbliche amministrazioni per i ritardi nell'azione amministrativa) disciplina la responsabilità delle pubbliche amministrazioni per i ritardi nell'azione amministrativa, introducendo per il semplice ritardo forme di indennizzo automatico e forfetario previste già come criterio di delega dall'articolo 17, comma 1, lettera f), della legge n. 59 del 1997. Tale indennizzo non fa venire meno l'eventuale risarcimento del maggior danno, da provare secondo i criteri ordinari e risarcibile anche se il provvedimento richiesto non spettava al richiedente, qualora questi dimostri di aver subìto comunque un pregiudizio. Si noti che per tali fattispecie l'orientamento prevalente ammette il risarcimento del danno da ritardo riconosciuto solo se il cosiddetto «bene della vita» richiesto spettava (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria n. 7 del 2005), disconoscendo che anche il tempo è per il privato un «bene della vita».
      L'articolo 3 (detraibilità delle spese di adeguamento a nuove normative) mira a rendere esplicito il costo per la collettività presente in nuovi adempimenti burocratici e si propone di ripartirlo fra Stato e cittadini. Come? Non già impedendo che vengano attivate nuove procedure (che, come nel caso del decreto-legge citato possono anche trovare una giustificazione), ma chiedendo che ogni provvedimento normativo che prevede nuovi adempimenti contenga una stima degli oneri per le imprese degli adempimenti stessi e ne restituisca la metà, sotto forma di credito d'imposta, alle imprese stesse. Così facendo si renderebbe esplicita, da un lato, la similarità fra nuove imposte e nuovi adempimenti burocratici e, dall'altro, si costringerebbe il legislatore a scegliere fra nuovi adempimenti burocratici e altre modalità di utilizzo delle risorse pubbliche. Conseguentemente, lo stesso articolo prevede che ogni legge che comporta nuovi adempimenti burocratici e conseguentemente maggiori costi per il privato debba riconoscere a quest'ultimo un credito d'imposta pari al 50 per cento di tali maggiori costi e quindi, comportando minori entrate, debba reperire le relative risorse ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione.
      La presente proposta di legge non comporta nuovi oneri per il bilancio, in quanto l'articolo 1 introduce norme sul procedimento amministrativo; l'articolo 2 disciplina i casi patologici di ritardi nell'azione amministrativa (che oggi comportano obblighi risarcitori e il sostenimento di spese di giudizio per i numerosi ricorsi proposti avverso il silenzio della pubblica amministrazione), introducendo un meccanismo che, disincentivando i ritardi, può comportare anche un risparmio di spesa per le pubbliche amministrazioni; l'articolo 3, prevedendo la detraibilità dei costi sostenuti dal cittadino per adeguamenti a nuove normative, non determina di per sé alcuna minore entrata, ma si limita a «costringere» il legislatore a reperire le risorse in caso di approvazione di nuove leggi che comportano aggravamenti per il cittadino (disincentivando anche in questo caso tali aggravamenti).
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Certezza dei tempi dell'azione
amministrativa).

      1. All'articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) dopo il comma 3 è inserito il seguente:

      «3-bis. La pubblica amministrazione è tenuta a fornire con ogni strumento di comunicazione, anche tramite gli uffici per le relazioni con il pubblico, l'elenco dettagliato ed esaustivo della documentazione e degli atti pubblici o privati, predisposto dal dirigente di ciascuna unità organizzativa di cui all'articolo 4, da presentare all'atto dell'istanza ai fini dell'adozione di ogni tipo di provvedimento amministrativo richiesto. Tale elenco non può includere documenti attestanti atti, fatti, qualità e stati soggettivi, necessari per l'istruttoria del procedimento, in possesso dell'amministrazione procedente, ovvero detenuti, istituzionalmente, da altre pubbliche amministrazioni. L'amministrazione procedente può richiedere agli interessati i soli elementi necessari per la ricerca di tali documenti»;

          b) dopo il comma 4 è inserito il seguente:

      «4-bis. La pubblica amministrazione non può richiedere, per la definizione del procedimento, documentazione diversa da quella elencata secondo le modalità di cui al comma 3-bis. L'eventuale documentazione mancante o incompleta rispetto all'elenco stabilito è richiesta ai sensi del comma 4, con atto motivato del responsabile del procedimento, entro un termine fissato da ciascuna amministrazione con le modalità di cui al comma 2 o entro il termine di quindici giorni nel caso in cui l'amministrazione non abbia provveduto

 

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alla fissazione del termine. Decorso tale termine senza che il responsabile del procedimento abbia richiesto l'integrazione della documentazione, da essa si prescinde ai fini dell'adozione del provvedimento».

Art. 2.
(Responsabilità delle pubbliche amministrazioni per i ritardi nell'azione amministrativa).

      1. Le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, sono tenute al rispetto dei termini del procedimento fissati dall'articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, come modificato dall'articolo 1 della presente legge, e devono corrispondere, fatto salvo l'eventuale maggior danno derivato dal ritardo risarcibile ai sensi del comma 3 del presente articolo, un indennizzo automatico e forfetario a favore dei soggetti richiedenti il provvedimento, in caso di mancato rispetto di tali termini, di mancata o ritardata adozione del provvedimento, di ritardato o incompleto assolvimento degli obblighi e delle prestazioni da parte della pubblica amministrazione, di non adozione del provvedimento favorevole a causa dell'assenza di documentazione risultata determinante per il completamento dell'istruttoria, che l'amministrazione avrebbe dovuto acquisire ai sensi del citato articolo 2 della legge n. 241 del 1990.
      2. Con decreto del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione sono stabilite le modalità di pagamento dell'indennizzo di cui al comma 1, sono individuati gli uffici che assolvono all'obbligo di corrispondere l'indennizzo e sono altresì stabilite le modalità per assicurare la massima pubblicità e conoscenza da parte del pubblico delle misure adottate e la massima celerità nella corresponsione dell'indennizzo stesso.
      3. Le amministrazioni di cui al comma 1 sono tenute a risarcire il danno derivato al privato per la mancata o ritardata

 

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adozione del provvedimento amministrativo. Il risarcimento del danno è dovuto anche qualora il provvedimento amministrativo richiesto non poteva essere legittimamente rilasciato, nel caso in cui il privato dimostri di aver subìto un danno a causa della ritardata conoscenza della non spettanza del provvedimento richiesto.
      4. Sulle domande di risarcimento del danno da ritardo provvede il giudice amministrativo ai sensi dell'articolo 35 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80, e successive modificazioni. Le controversie relative alla corresponsione dell'indennizzo di cui al comma 1 sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
      5. Le amministrazioni di cui al comma 1 sono tenute ad aggiornare le informazioni contenute nei pubblici registri tenuti dalle medesime, ovvero la documentazione da loro istituzionalmente detenuta nel termine perentorio di quindici giorni dal ricevimento da parte di cittadini e imprese della documentazione attestante la variazione di atti, fatti, qualità e stati soggettivi inerenti la persona fisica o giuridica che li comunica, fatti salvi i termini più brevi già previsti. Qualora l'aggiornamento di cui al periodo precedente sia effettuato oltre il termine ivi indicato, o il minor termine eventualmente previsto, l'amministrazione cui compete l'aggiornamento risponde dei danni subìti da terzi che abbiano fatto affidamento su informazioni non aggiornate e che l'amministrazione medesima è tenuta a fornire al richiedente.

Art. 3.
(Detraibilità delle spese di adeguamento a nuove normative).

      1. Ogni disposizione di legge o di regolamento che comporta per il cittadino e le imprese nuovi e maggiori costi per l'adeguamento alla nuova disciplina deve indicare la quantificazione, anche forfetaria, di tali costi ai fini della detraibilità prevista dal comma 2.

 

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      2. È riconosciuto a tutte le persone fisiche e giuridiche un credito d'imposta in misura pari al 50 per cento del costo corrente determinato ai sensi del comma 1 per il numero di anni necessari per ammortizzare l'onere economico sostenuto.
      3. Nel caso in cui una legge o un regolamento, che comporti costi di adeguamento per il cittadino e le imprese, non contenga la quantificazione di cui al comma 1, il credito d'imposta previsto dal comma 2 è riconosciuto secondo le modalità stabilite con il regolamento adottato ai sensi del comma 5.
      4. Ogni disposizione di legge che comporta per il privato e per le imprese costi di adeguamento con conseguente credito d'imposta, deve indicare, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, i mezzi per farvi fronte. Il Ministero dell'economia e delle finanze e le Commissioni parlamentari competenti in materia di bilancio, nell'ambito delle rispettive competenze, verificano nel corso dell'iter di formazione delle leggi il rispetto delle disposizioni di cui al presente articolo.
      5. Entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, è adottato il regolamento di attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo.


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