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CAMERA DEI DEPUTATI
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N. 1024 |
di categoria A: terreni a destinazione boschiva e pascoliva, alienabili con autorizzazione regionale;
di categoria B: terreni a destinazione agricola, ripartiti tra le famiglie di coltivatori diretti, appartenenti alla collettività e assegnati in enfiteusi. Sono alienabili solo dopo l'affrancamento;
non assegnati ad alcuna categoria: terreni non alienabili e non usucapibili prima dell'assegnazione a categoria. Eventuali atti di mutamento di destinazione o di alienazione sono nulli;
la cui occupazione è stata legittimata: una minoranza di fondi appartenenti ai comuni o ad altre collettività, la cui occupazione abusiva è stata consentita legalmente con l'imposizione di un canone
È fuor di dubbio che gli usi civici non abbiano più, nella società moderna, il valore sociale che era alla base della loro istituzione e costituiscano un vincolo immotivato e anacronistico ad attività imprenditoriali e private imposte dall'attuale situazione dello sviluppo economico e dal diritto alla realizzazione, per esempio, di abitazioni di edilizia popolare ed economica, che rappresenta un moderno concetto di uso civico.
Né vale l'argomentazione che il mantenimento degli usi civici scongiuri l'uso indiscriminato del territorio; altre norme e altri vincoli hanno oggigiorno questa funzione.
A questa valutazione di merito si aggiunga quella relativa alla complicazione burocratica dell'espletamento delle pratiche relative all'affrancamento dei beni gravati da uso civico, che rende ancora più anacronistico il mantenimento dell'istituto, in un momento storico nel quale la semplificazione burocratica e amministrativa sta entrando, anche se a fatica, nella prassi dei rapporti tra la pubblica amministrazione e i cittadini.
Le regioni ben raramente hanno applicato il disposto citato che prevedeva la devoluzione ai comuni delle competenze in materia di usi civici. Solo la regione Abruzzo è stata pioniera in questo campo (legge 3 marzo 1988, n. 25), introducendo la declassificazione e la convalida di atti invalidi, norme ritenute corrette dalla Corte costituzionale, che ha ritenuto sostanzialmente legittimo il principio che tali beni possano essere considerati commerciabili e alienabili secondo il diritto comune.
È, perciò, ormai urgente fare chiarezza, eliminare le norme anacronistiche, semplificare le procedure e, soprattutto, devolvere «quel che resta» degli usi civici ai comuni, che sono le sole amministrazioni in grado e in diritto di valutare e decidere in materia.
Gli scopi della presente proposta di legge sono, quindi, essenzialmente:
l'affidamento della competenza sugli usi civici al comune, che diventa pertanto il livello amministrativo legittimato a sopprimere, mantenere e regolamentare l'istituto sul proprio territorio;
l'accertamento in tempi brevi dei diritti collettivi ancora vantati;
la legittimazione, a discrezione del comune, delle situazioni pregresse, verificatesi anche in deroga alla legislazione vigente, caratterizzate da assenza di dolo;
la soppressione dei commissari agli usi civici, attribuendo la funzione giurisdizionale al giudice ordinario, in ossequio a quanto disposto dall'articolo 102 e dalla VI disposizione transitoria e finale della Costituzione, che prescrivono il divieto delle giurisdizioni speciali e la revisione di quelle esistenti.
Nella proposta di legge, l'articolo 1 definisce le finalità della legge; l'articolo 2 stabilisce le competenze della regione e, soprattutto, del comune, che diventa, a tutti gli effetti, il titolare delle competenze in materia; l'articolo 3 disciplina in tempi certi (un anno) il censimento dei diritti ancora legittimamente pretesi; l'articolo 4 detta norme in merito alla legittimazione di usufrutti abusivi; l'articolo 5 precisa la validità degli atti di legittimazione di usufrutto di beni civici, nei casi di non rispetto dei termini da parte degli aventi causa ed, inoltre, l'inammissibilità di legittimazione di usi civici relativi a particolari terreni (cave e risorse minerarie); l'articolo 6 stabilisce l'entità dei canoni e il loro affrancamento; l'articolo 7 sopprime i commissari ed elimina le promiscuità di diritti tra comuni diversi; l'articolo 8 stabilisce che il contenzioso è regolato dal codice civile e devoluto al giudice ordinario; l'articolo 9, infine, elenca le norme abrogate e fissa l'entrata in vigore della legge.
1. La presente legge disciplina la gestione dei beni civici, ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione, per quanto riguarda il censimento, la conservazione, la cancellazione e l'usufrutto dei beni civici.
2. Ai fini di cui al comma 1, sono beni civici comunque denominati quelli appartenenti a qualunque titolo ad una comunità di abitanti e, in particolare, i beni provenienti dall'attuazione della legge 16 giugno 1927, n. 1766, e del relativo regolamento di esecuzione, di cui al regio decreto 26 febbraio 1928, n. 332.
1. La gestione dei beni civici esistenti nel proprio territorio è di competenza dei comuni per quanto riguarda il censimento, la cancellazione, la conservazione e l'usufrutto degli stessi.
2. Restano ferme le attribuzioni in materia di usi civici delle regioni e delle province a statuto speciale.
1. Chiunque abbia esercitato con atto riconosciuto legalmente, in data non successiva al 31 luglio 2005, sia individualmente sia collettivamente, diritti di uso civico su terreni di proprietà pubblica o privata o collettiva, comunque denominata, qualora intenda mantenere tale diritto deve farne richiesta al comune ove è sito il terreno, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge.
2. Le richieste di cui al comma 1 che riguardino la generalità degli abitanti del
1. L'usufrutto in atto di terre oggetto di uso civico, comunque classificate, può essere legittimato, su istanza degli usufruttuari abusivi, con le modalità di cui all'articolo 3, qualora l'usufrutto sia in atto al momento della richiesta e lo sia stato per un periodo di almeno venti anni antecedentemente alla data di entrata in vigore della presente legge.
2. La legittimazione di cui al comma 1, previa esposizione per due mesi della richiesta all'albo pretorio, è concessa o negata entro il mese successivo dal consiglio comunale.
1. I diritti di uso civico, a qualsiasi titolo registrati, non accertati secondo le disposizioni di cui agli articoli 2, 3 e 4, decadono.
2. I comuni sono obbligati a indicare l'esistenza di usi civici nel certificato rilasciato ai sensi dell'articolo 30 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e successive modificazioni. L'omessa indicazione dell'esistenza dell'uso civico certificato lo rende inopponibile a chi acquisisca diritti relativi al terreno in forza di titolo cui il medesimo certificato risulti allegato, nonché ai suoi eredi o aventi causa.
3. L'usufrutto di beni civici, interessati da attività di escavazione, dalla presenza di attività minerarie, comprese le acque, o che siano parte di un comprensorio unitario di demanio collettivo, è escluso dalla legittimazione.
4. La legittimazione di cui agli articoli 3 e 4 si intende comunque riconosciuta qualora il consiglio comunale non abbia deliberato sulle istanze entro il termine previsto negli stessi articoli.
5. La trascrizione, oltre il termine previsto, di atti di legittimazione di usufrutto di beni civici, ai sensi degli articoli 3 e 4, presso l'ufficio tecnico erariale competente per territorio, è nulla.
1. Il canone enfiteutico, dovuto per usufrutto di terre civiche, è pari al reddito
1. Con effetto immediato dalla data di entrata in vigore dalla presente legge sono soppressi i commissariati per la liquidazione degli usi civici. Le pratiche pendenti presso i commissariati per la liquidazione degli usi civici, alla data di entrata in vigore della presente legge, sono trasmesse al giudice competente per territorio, nel quale sono situati i beni.
2. Le promiscuità tra comuni o tra frazioni di comuni in materia di usi civici sono sciolte alla data di entrata in vigore della presente legge e la titolarità dei diritti e dei beni civici spetta al comune nel quale sono localizzati. Il comune che acquisisce i diritti è tenuto a corrispondere al comune o alla frazione cedente una somma di denaro corrispondente al valore dei diritti ceduti, secondo il principio dell'affrancamento di cui all'articolo 6, comma 3.
1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, gli atti aventi per oggetto terre civiche sono di competenza del giudice ordinario e ad essi si applicano le norme generali del codice civile, in particolare l'articolo 2652, primo comma, numero 6).
2. Tutti i procedimenti già pendenti, alla data di entrata in vigore della presente legge, presso gli uffici dei commissari per la liquidazione degli usi civici devono essere definiti nel termine perentorio di un anno. Decorso tale termine, i procedimenti non conclusi sono dichiarati estinti.
3. Le richieste di cui agli articoli 3 e 4, affisse in copia all'albo pretorio per la durata di due mesi, possono essere impugnate dinanzi al giudice competente per territorio entro i due mesi successivi mediante ricorso notificato al proprietario e al comune. Il giudice decide entro tre mesi, decorsi i quali il procedimento è considerato estinto.
4. Contro le decisioni negative sulle istanze di cui agli articoli 3 e 4 da parte del consiglio comunale è ammessa impugnazione dinanzi al giudice competente, che decide entro tre mesi, decorsi i quali il procedimento è considerato estinto.
5. Per le controversie non espressamente contemplate dalla presente legge si applicano le norme del codice civile.
6. La trascrizione degli atti di legittimazione di usufrutto di beni civici di cui agli articoli 3 e 4 ha effetto sanante di controversie e di inadempienze pregresse.
1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge sono abrogati:
a) la legge 16 giugno 1927, n. 1766;
b) la legge 10 luglio 1930, n. 1078;
c) il decreto legislativo 2 marzo 1948, n. 141;
d) la legge 17 aprile 1957, n. 278;
e) l'articolo 66 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616;
f) il comma 5 dell'articolo 11 della legge 6 dicembre 1991, n. 394;
g) l'articolo 12 della legge 31 gennaio 1994, n. 97.
2. La presente legge entra in vigore decorsi tre mesi dalla data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
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